Prospettive assistenziali, n. 88, ottobre-dicembre 1989

 

 

HANDICAPPATI E SOCIETÀ: QUALI VALORI, QUALI DIRITTI, QUALI DOVERI

 

 

Il documento è sottoscritto da Angelini Paola, Comitato '80 contro l'emarginazione, Potenza; Armellin Lino, Deputato DC; Bartoli Andrea, Centro studi e programmi sociali sanitari (CSPSS); Bat­taglia Augusto, Comunità di Capodarco; Bebel Tarantelli Carol, Deputato SI; D. Benzi Oreste, Associazione Papa Giovanni XXIII di Rimini; Ber­tone Pinuccia, Deputato SI; Breda Maria Grazia, CSA (Coordinamento sanità e assistenza fra i movimenti di base, Torino); Bentivogli Franco, Segretario Confederale CISL; Benvenuto Giorgio, Segretario Generale UIL; Bianchi Giovanni, Pre­sidente Nazionale ACLI; Bobba Gigi, Segretario Nazionale ACLI; Bonini Giorgio, Coordinamento Enti Servizio Civile, Modena; Carboni Gloria, Le­ga Nazionale per l'emancipazione degli handicap­pati; Chiodini Anna, AR!FFAS di Bologna; Coca­nari Flavio, Responsabile dei problemi dell'handi­cap, CISL; Colombini Leda, Deputato PCI; Con­sorti P. Luigi, Coordinamento romano amici degli handicappati; Contardi Anna, Associazione Bam­bini Down; Coppola Celso, Dirigente di servizio sociale de! Ministero di grazia e giustizia; De Giuseppe Giorgio, Deputato DC; Di Marzio Silvia, Comunità S. Egidio; Dignani Wanda, Deputato PCI; Faloppa Marisa, Presidente Comitato per la integrazione scolastica, Torino; Ferraquti Isa, De­putato PCI; Filippi Maria, Presidente Nazionale Coordinamento Donne Acliste; Garavaglia Maria­pia, Sottosegretario alla Sanità; Giordano Gabriel­la, AIAS; Grimaldi Roberto. Lena Nazionale per il diritto al lavoro degli handicappati; Guidetti Ser­ra Bianca, Deputato; Guidi Antonio, Ufficio Han­dicap CGIL; Lama Luciano, Senatore PCI; Lucà Mimmo, Vice - Presidente Nazionale Patronato ACLI; Mancinelli Mario, Fondazione Camminiamo Insieme, Salerno; Manqo Luisa, ISTISSS; Marini Franco, Segretario Generale CISL; Meggiolaro Paolo, Associazione Papa Giovanni XXIII, Rimini; Migliasso Angela, Deputato PCI; Don Monterub­bianesi Franco, Comunità di Capodarco, Nocera Salvatore, Movimento Apostolico Ciechi; Pancal­di Andrea, Rassegna Stampa Handicap; Panizza Giacomo, Comunità Progetto Sud; Sac. Pasini Giuseppe, Direttore Caritas Italiana; Passuello Franco, Vice Presidente Nazionale ACLI; Piro Franco. Deputato PSI; Prato Giuseppe, Commis­sione Scuola PLI; Rizzi Michele, Segretario Na­zionale Gioventù Aclista; Rollero Piero, Ispettore tecnico periferico Gruppo H Provveditorato, Tori­no; Salatini Mimma, Associazione Italiana Scle­rosi Multipla; Schirripa Giorgio, Gruppo Infanzia Psichiatria Democratica; Selleri Gianni, ANIEP; Serra Teresa, AIAS; Staglianb Igor, Consigliere Regionale DP; Svevo Maria Paola, Movimento Femminile DC; Tavazza Luciano, Presidente Na­zionale MOVI; Tedesco Giglia, Senatore PCI; To­massini Rita, Responsabile dei problemi dell'han­dicap UIL; Tortello Mario, Direttore «Quaderni promozione sociale»; Trentin Bruno, Segretario Generale CGIL; Zagaria Enza, Lega Nazionale per il diritto al lavoro degli handicappati.

 

 

PREMESSA

 

Il presente documento vuole essere un con­tributo per la riaffermazione dei diritti di citta­dinanza degli handicappati. Un fondamento uni­tario da cui partire per affrontare i singoli pro­blemi. Anche se alcune affermazioni possono apparire scontate, nella realtà attuale non lo sono. Il tentativo consiste nel cercare di rilan­ciare la cultura dell'integrazione, che non è an­cora patrimonio comune né per gli addetti ai la­vori né tanto meno per la gente comune.

Negli scorsi anni si è vissuta una fase che ha dato un grande impulso all'inserimento sociale degli handicappati, forte anche di una grossa spinta culturale e politica propria di quell'epo­ca che aveva coinvolto anche il mondo del lavo­ro e del sindacato.

Oggi assistiamo invece ad un ritorno all'iso­lamento, con un forte richiamo all'istituto, spe­cialmente al Sud (ma il Nord non è escluso), poiché rappresenta spesso l'unica risposta pre­sente. Ma non è più accettabile, oggi, il ritorno alle «scuole speciali», sia pur cammuffate sotto il nome di centri particolarmente attrezzati s specialistici.

Le lunghe battaglie e le fatiche di questi ulti­mi vent'anni hanno lasciato segni positivi e le esperienze di integrazione lavorativa e scolasti­ca non mancano, così come non mancano am­ministrazioni che hanno programmato servizi socio-assistenziali capaci di offrire una reale e concreta alternativa all'istituto.

Proprio perché il momento attuale non è par­ticolarmente «trainante» rispetto a questi temi, si avverte l'urgenza di ribadire con forza valori e principi che hanno guidato finora il cammino dell'integrazione e dell'inserimento sociale e lavorativo degli handicappati. Essi non sono né sminuiti nel loro significato, né mutati; anzi, sono stati rafforzati in questi anni dalla concre­tezza delle situazioni sperimentate, che dimo­strano pertanto che l'inserimento degli handi­cappati è, oltre che giusto, fattibile!

Fulcro culturale attorno al quale ricostruire la cultura dell'integrazione delle persone han­dicappate è il «DIRITTO AL LAVORO», dal quale prendono forma e consistenza i! diritto alla for­mazione professionale, alla scuola, ai servizi di territorio, al poter restare il più a lungo possibile a casa propria, nel proprio ambiente.

Politici, amministratori, sindacato, ma anche insegnanti, operatori, datori di lavoro, persone comuni... devono «risentire» la validità dell'in­serimento e operare scelte che permettano agli handicappati e alle loro famiglie di vivere nelle migliori condizioni possibili.

 

1. Il lavoro è un valore che contribuisce a rea­lizzare la persona umana, oltre che a fornir­le la possibilità di sostentamento, di produ­zione di materiali e quindi di autonomia.

Il diritto al lavoro è sancito all'art. 4 della no­stra Costituzione, che pone tutti i cittadini su un piano di pari dignità e pari opportunità.

Tutti i cittadini hanno diritti e doveri da assol­vere nei confronti dello Stato e tutti sono chia­mati a partecipare alla costruzione della società; tutti, compresi quindi i cittadini handicappati, secondo le loro potenzialità e !e loro capacità lavorative.

Lo Stato deve intervenire nella tutela dei cit­tadini deboli e cioè privi di sufficiente autono­mia e garantire loro una esistenza dignitosa at­traverso un sistema coordinato di servizi sociali alla persona e alla famiglia.

Cittadino debole è colui che, per le sue con­dizioni fisiche e/o psichiche non è in grado di provvedere a se stesso e né sarà mai in grado di poter svolgere alcuna attività lavorativa, an­che semplice, che gli permetta di essere indi­pendente e autonomo.

 

2. La società deve saper garantire a tutti i cit­tadini in grado di fornire prestazioni lavora­tive, piene o ridotte, il posto di lavoro e co­munque la possibilità di un'occupazione confacente alle attitudini personali. In par­ticolare il diritto al lavoro va difeso e so­stenuto ancor più oggi per il cittadino han­dicappato.

Se riconosciamo la centralità del lavoro per il benessere individuale e sociale della persona, a maggior ragione va ribadito i! principio dell'in­serimento della persona handicappata a pieno titolo nella società attraverso il lavoro, il solo mezzo che permette il raggiungimento di una vera autonomia, nonché fattore determinante per la realizzazione della persona.

Anche di fronte alla crisi attuale del lavoro non si può accettare come inevitabile il non in­serimento e l'espulsione dalle aziende ed enti dei lavoratori handicappati, la rinuncia all'affer­mazione del diritto a rivendicare posti di lavoro per handicappati, la restrizione applicativa della normativa vigente (che ha escluso gli handicap­pati psichici), l'accettazione passiva di risposte puramente assistenziali che sacrificano le possi­bilità lavorative del cittadino handicappato.

L'ideologia dell'assistenzialismo permea an­cora troppo spesso le proposte di vita e le scel­te politiche per gli handicappati e ciò domina in particolare nel campo lavoro.

 

3. Va rifiutata la sola, semplice e facile mo­netizzazione dell'handicap, quando l'handi­cap non elimina la capacità lavorativa del­la persona. Ciò porta all'annullamento del diritto della persona a sentirsi viva, parte­cipe e protagonista secondo le sue possi­bilità e quelle della società in cui vive.

L'impostazione economicistica dominante, l'attuale crisi dell'occupazione non prendono in considerazione tali esigenze. Esse si basano sul­la logica della produttività che viene contestata alla persona handicappata.

Difendere e proteggere socialmente il lavo­ratore handicappato equivale oggi a battersi per il riconoscimento delle sue possibilità lavorati­ve e della sua produttività.

 

4. Ai fini del collocamento al lavoro è indi­spensabile superare il concetto limitativo dell'invalidità e sostituirlo con il concetto di capacità lavorativa.

Quando si parla di soggetti con handicap ci si riferisce ancor oggi sempre e solo alla loro per­centuale di invalidità ritenendo che quanto più è alta tale percentuale, tanto più il soggetto ha ridotte capacità lavorative. Si tratta di ribaltare tale idea, che riversa negative conseguenze sul collocamento di queste persone.

Quale «garanzia» di produttività ai fini dell'in­serimento lavorativo e dell'acquisizione di un posto di lavoro occorre far riferimento al grado di capacità lavorativa della persona handicappa­ta da verificare nel percorso formativo, che per­mette di individuare le mansioni che è in grado di svolgere in determinate situazioni (scelta mi­rata del posto di lavoro).

Ricordiamo che trasferire le risorse economi­che dall'area assistenziale a quella de! sostegno al lavoro, significa compiere una positiva opera­zione sociale ed economica.

Bisogna impedire ad ogni costo che la perso­na handicappata sia costretta a chiudersi in casa più degli altri, o, peggio, ad essere costretta al ricovero in istituto (o in cronicari o in strutture o centri «scientifici»), vedendo negate la possi­bilità di recupero della sua dignità sociale anche attraverso il lavoro.

 

5. Riconoscere che la persona handicappata può avere piena o ridotta capacità lavorati­va ripropone la centralità del diritto allo studio e alla formazione professionale

Molti sono gli handicappati che proseguono gli studi dopo la scuola dell'obbligo, frequentan­do le normali scuole medie superiori e l'univer­sità. Altri handicappati scelgono la formazione professionale, all'interno della quale devono avere l'opportunità di poter accedere ad attività formative, che si svolgono nei normali centri di formazione professionale:

- nelle classi normali, mediante l'integrazio­ne nei corsi previsti dalla normativa regionale, quando sono in grado di poter conseguire la qualifica;

- nei corsi prelavorativi (o preprofessionali), con insegnamento differenziato e prevalenza di tirocinio in azienda, quando non sono in grado di raggiungere la qualifica, ma possiedono capa­cità lavorative che, se potenziate, possono mi­gliorare le loro opportunità dì inserimento lavo­rativo;

- in attività specifiche quando minorazioni fisiche e/o sensoriali richiedono tecnologie e metodologie didattiche particolari.

 

6. L'impegno della scuola non può limitarsi all'età dell'obbligo tanto più dopo la sen­tenza della Corte Costituzionale n. 275/87

Il principio sancito con apposita legislazione di inserire gli handicappati nella scuola di tutti, rischia di vanificarsi se la scuola superiore e la formazione professionale non colmeranno le gra­vi carenze e i ritardi che si registrano, con la conseguenza che una grossa percentuale di han­dicappati (dopo la scuola dell'obbligo) avranno come prospettiva il rientro in famiglia o l'affida­mento ai servizi assistenziali.

 

7. Tutta la comunità sociale deve farsi carico della promozione dell'integrazione della persona handicappata. Tale impegno (che prevede sostegno e aiuti alle famiglie con figli handicappati) può verificarsi solo in una società in cui i valori e i diritti umani della persona hanno ancora un significato reale e non siano considerati, come sta succedendo, sogno di illusi e spreco di de­naro.

È necessario un cambiamento profondo della prassi quotidiana, nella scuola, nel lavoro che parta dalla convinzione che devono essere aper­te a tutti le possibilità di crescita e che ogni persona per svilupparsi deve essere innanzitut­to riconosciuta nella propria realtà, con le pro­prie caratteristiche, le proprie abilità e anche i propri limiti: allora ci sarà posto per tutti.

 

8. La scuola dell'obbligo ha un ruolo determi­nante nel processo di integrazione della persona handicappata. Le strutture forma­tive (asili nido, scuole materne, elementari, medie) rappresentano l'istituzione che per prima ha aperto le barriere dell'isolamento e tradotto in normativa la filosofia dell'in­tegrazione

Sono ancora diffusi atteggiamenti di rifiuto o di paura di fronte all'handicap che vengono espressi generalmente con comportamenti che favoriscono l'isolamento del bambino handicap­pato o, peggio, trasformano l'inserimento in «parcheggio», non promuovendo di certo quel processo di socializzazione che sta alla base dell'integrazione scolastica degli handicappati.

Affrontare il problema che crea il bambino handicappato, in particolare l'handicappato psi­chico a scuola, ci richiede anche in questo caso un approccio che si fonda non solo su principi legati alla valutazione dell'apprendimento effet­tivo, ma anche e soprattutto su un piano di valo­ri e su un piano organizzativo. È urgente infatti un esame delle difficoltà strutturali ed organiz­zative, evidenziandone gli sbocchi.

L'handicappato a scuola con gli altri va vissu­to per quella feconda possibilità di crescita e sensibilizzazione a valori di uguaglianza e di so­lidarietà che la sua presenza stimola, e non co­me colui che frena il cammino scolastico, come molti temono. È pure dimostrato che l'introdu­zione nella scuola di diverse innovazioni e rifor­me organizzative e didattiche è avvenuta e av­viene proprio grazie all'integrazione scolastica degli handicappati, che si rivela a vantaggio di tutti gli alunni.

 

9. Non si può proclamare il valore intangibile della vita senza poi impegnarci a qualifica­re in umanità e dignità quella dei portatori di handicap.

Alla famiglia con figli handicappati la comu­nità deve saper offrire adeguate risorse nel con­testo sociale di appartenenza. Vanno valorizzate e promosse tutte le iniziative che favoriscono la permanenza della persona handicappata, anche grave, nel suo ambiente familiare e sociale, per evitare il più possibile il ricorso al ricovero in istituto, che danneggia in modo irreversibile, secondo quanto ampiamente dimostrato da tem­po, la sua persona.

Gli interventi alternativi al ricovero in istitu­to hanno il merito culturale e sociale di riporta­re sul territorio le problematiche dell'handicap­pato anche grave, di non sradicarlo dal suo con­testo di vita, di creare solidarietà tra le persone, di promuovere e realizzare l'integrazione proprio nel luogo e nell'ambiente in cui gli handicappati e le loro famiglie vivono.

Tutto questo ha evidentemente bisogno di un supporto legislativo e istituzionale, di risorse economiche e stanziamenti che vanno trasferiti dal capitolo dei ricoveri a quello delle strutture alternative, di scelte politiche che garantiscano la realizzazione concreta degli interessi dei debo­li, specialmente delle persone che non sono in grado di difendersi da sole.

 

10 La comunità che sa offrire il meglio ai pro­pri membri investe senza riserve risorse nel settore della prevenzione

La prevenzione occupa un posto rilevante. Es­sa va sempre più diretta a migliorare le condi­zioni sanitarie e ambientali prima e durante la gravidanza, al momento della nascita, nei primi mesi di vita, ad estendere l'informazione sanita­ria, ad assicurare le condizioni necessarie ad ogni persona per uno sviluppo sano ed armo­nioso.

Per la persona handicappata prevenzione è, oltre a quanto detto, eliminazione delle barriere architettoniche, accessibilità ai mezzi di tra-, sporto, inserimento scolastico e lavorativo, pos­sibilità di fruire (nelle situazioni di handicap psico/fisico grave) di centri di attività occupa­zionali, di riabilitazioni sanitarie senza doversi allontanare dal proprio ambiente familiare e so­ciale.

 

11. Eliminare ogni impedimento alla realizza­zione personale e all'autonomia del porta­tore di handicap (fisico, psichico, sensoria­le) è un modo per riabilitare globalmente la persona.

La riabilitazione è un capitolo importante nel­la storia delle persone handicappate. Spesso la famiglia o gli operatori per primi hanno accen­tuato i loro interventi sugli handicap al fine di recuperare le funzioni colpite, finendo purtroppo col trascurare altre esigenze fondamentali della persona.

La riabilitazione va realizzata, ma individuan­do le esigenze complessive della persona vista nella sua unità. È necessario per questo supera­re l'attuale frammentazione degli interventi. Di fatto oggi si è concordi nel ritenere che è indi­spensabile l'inserimento sociale.

La riabilitazione funzionale è un atto tecnico, che da solo non può assolvere all'insieme delle azioni e degli interventi che sono necessari alla realizzazione personale e all'autonomia della persona portatrice di handicap.

Anche in questo caso è importante non crea­re strutture speciali, ma modificare le strutture cosiddette «normali» in modo da adeguarle e renderle accessibili a tutti.

 

12. Di fondamentale importanza è la formazio­ne di base e permanente degli operatori della sanità, della scuola, nella formazione professionale...

La formazione e l'aggiornamento sono certa­mente necessari per acquisire una idonea pro­fessionalità; tuttavia non si può delegare tutto alla preparazione degli operatori.

Resta fondamentale l'esigenza dell'informa­zione e del coinvolgimento della comunità affin­ché ogni decisione (tecnica o politica) sia dav­vero orientata al miglioramento della vita della persona handicappata.

 

13. Grande impulso va dato alla ricerca che do­vrebbe comprendere non solo il settore sa­nitario, ma estendersi a tutti i momenti del­la vita della persona handicappata

Idee nuove, creatività, verifiche dell'efficien­za degli interventi, sono elementi indispensabili per rimuovere gli ostacoli all'integrazione reale della persona handicappata. È importante solle­citare e incentivare studiosi e ricercatori nella progettazione, ideazione e promozione di am­bienti e oggetti che siano a portata anche dell'handicappato. Né va sottovalutata la ricerca intesa come studio di progetti finalizzati a per­corsi scolastici-formativi più rispondenti alle esigenze delle persone handicappate e allo stu­dio di progetti per favorirne l'inserimento al la­voro.

 

14. Ogni persona, i gruppi, le associazioni pos­sono svolgere un ruolo fondamentale di sti­molo nei confronti dei partiti, dei sindacati e delle istituzioni per il riconoscimento dei diritti della persona handicappata

La partecipazione e il coinvolgimento di quanti credono nell'importanza di una società in cui abbia ancora senso parlare di valore della per­sona, in quanto tale, può diventare determinante e decisiva nei confronti di chi ci amministra.

È urgente e indispensabile creare una presen­za qualificata e organizzata di persone che ac­cettano di svolgere un'azione di promozione e di verifica, per mantenere vivo il rispetto dei prin­cipi su cui si fonda il diritto all'inserimento sco­lastico, lavorativo e sociale degli handicappati.

 

 

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