Prospettive assistenziali, n. 86, aprile-giugno 1989

 

 

SENTENZA SUL DIRITTO ALLA PENSIONE SOCIALE NEI CASI DI PRESTAZIONE ECONOMICA COMUNALE

 

 

Il Pretore di Torino, Sezione Lavoro, ha pronunciato la seguente sentenza nella causa iscritta al R.G.L. n. 343/86 promossa da D.B.L. elettivamente domiciliata in Torino, Via Avogadro n. 16, presso lo studio del Dott. proc. Roberto Martelli, che la rappresenta e difende per delega a margi­ne del ricorso introduttivo, ricorrente contro INPS - Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, in persona del suo Presidente pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv.to Lita Palmas per pro­cura generale alle liti del 25-2-81 a rogito notaio Giovanni Moscatelli di Roma, elettivamente do­miciliato in Torino, via Roma n. 222, presso l'Uffi­cio legale della Sede provinciale dell'Istituto, resistente.

 

Oggetto: ripristino pensione sociale.

 

CONCLUSIONI DELLE PARTI

 

Per la ricorrente: «Voglia il Pretore Ill.mo contrariis rejectis, previa se del caso ammissione di prove per interrogatorio e testi sulle circostanze dedotte nelle premesse, previa se del caso infor­mativa presso il Comune di Torino, relativamente al sussidio erogato, dichiarare che la ricorrente è in possesso dei requisiti richiesti dalla legge per l'erogazione della pensione sociale e, conse­guentemente, condannare l'INPS in persona del suo Direttore pro tempore a ripristinare alla ricor­rente D.B.L., la pensione cat. PS n. 00753422, con decorrenza dal gennaio 1985, epoca della sospen­sione, condannando inoltre l'INPS al pagamento in favore della ricorrente dei ratei non percetti dalla sospensione logica, con gli interessi legali dalle singole scadenze al saldo. Con ogni prov­vedimento conseguente ed inerente. Col favore di spese».

Per il resistente: «Voglia il Pretore, respinta ogni contraria istanza, eccezione, e deduzione, assolvere l'INPS dalle domande tutte proposte da D.B.L. con ricorso notificato il 28-1-86».

 

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

 

Con ricorso depositato in Cancelleria il 14-1-86, D.B.L. conveniva in giudizio l'INPS per sentire accogliere le conclusioni in epigrafe trascritte.

Esponeva di essere titolare di pensione sociale (cat. PS n. 0753422) dell'ammontare per l'anno 1984 di L. 2.525.000 erogata dall'INPS; che nel 1984, non riuscendo a sopravvivere col suindicato reddito, aveva chiesto ed ottenuto dal Comune di Torino un sussidio continuativo di integrazione al minimo vitale pari, per l'intero anno, a Lire 2.664.000 circa; che, nel compilare il modello RED, richiesto dall'INPS per accertare il reddito conseguito da essa pensionata, aveva erronea­mente indicato tra i propri redditi anche il sussi­dio ricevuto dal Comune di Torino, che, invece, secondo le istruzioni del modulo stesso non anda­va indicato; che pertanto l'INPS, nell'erronea pre­sunzione che essa D.B.L. possedesse redditi su­periori a quanto previsto dalla legge per l'eroga­zione della pensione sociale, aveva sospeso, a partire da gennaio 1985, l'erogazione della pen­sione stessa, non accettando neppure un nuovo modello RED compilato correttamente; che la propria posizione, in conseguenza di ciò, era di­ventata oltremodo precaria, dovendo essa soprav­vivere col solo sussidio comunale, stante l'assen­za di qualsiasi altro reddito.

L'INPS si costituiva in giudizio e contestava la fondatezza della domanda avversaria, chie­dendone la reiezione. Asseriva in particolare che la revoca della pensione sociale era stata dispo­sta in quanto il reddito derivante alla D.B.L. dall'assegno comunale (L. 2.664.000) superava il li­mite di compatibilità con la pensione stessa, che per l'anno 1984 era pari a L. 2.571.300.

Espletata l'istruttoria, all'udienza del 13-10-86, previa discussione orale, la causa veniva decisa come da dispositivo del quale veniva data imme­diata lettura.

 

MOTIVI DELLA DECISIONE

 

La domanda della ricorrente appare fondata in merito accoglimento.

La D.B.L., titolare di pensione sociale e priva di altri redditi, nel 1984 ha chiesto ed ottenuto dal Comune di Torino un sussidio continuativo di « Integrazione al minimo vitale ».

Il Comune, cioè, ha ritenuto (in base ai criteri fissati da una propria deliberazione consiliare del 14-2-84 sostitutiva di altra precedente delibera­zione del 22-5-78) che il reddito della ricorrente fosse insufficiente a soddisfare i più elementari bisogni della vita ed ha quindi provveduto ad ero­garle un sussidio che, integrando la pensione sociale già in godimento della D.B.L., potesse garantire alla stessa di far fronte alle proprie esigenze fondamentali (alimentazione; abbiglia­mento, spese generali, vita di relazione).

L'INPS, ritenendo che il predetto sussidio (pa­ri nel 1984 a complessive L. 2.664.000) fosse in­compatibile con la pensione sociale, ha revocato la pensione con decorrenza dal mese di gennaio 1985.

Ritiene il Pretore che il provvedimento adottato dall'INPS sia illegittimo.

L'art. 26 della legge 30 aprile 1969, n. 153 (nel testo modificato dall'art. 3 del D.L. 2 marzo 1974, n. 30, convertito, con modificazioni, dalla legge 16 aprile 1974, n. 114) e l'art. 3 della legge 3 giu­gno 1975, n. 160, che regolano la materia, per la parte che qui interessa dispongono che:

1) Non hanno diritto alla pensione sociale:

a. Coloro che posseggono redditi propri as­soggettabili all'imposta sul reddito delle persone fisiche - esclusi gli assegni familiari ed il red­dito della casa di abitazione - per un ammontare superiore all'importo della pensione stessa;

b. Coloro che hanno titolo o rendite o pre­stazioni economiche previdenziali ed assisten­ziali, fatta eccezione per gli assegni familiari, erogate con carattere di continuità dallo Stato o da altri Enti pubblici o da Stati esteri (sempre che il loro ammontare superi l'importo della pensione sociale);

c. Coloro che percepiscono pensioni di guer­ra (di ammontare superiore all'importo della pen­sione sociale), fatta eccezione dell'assegno vita­lizio annuo agli ex combattenti della guerra 1915/ 1918 e precedenti;

2) Hanno diritto alla pensione sociale ridotta in misura corrispondente all'importo delle rendi­te, prestazioni o redditi percepiti coloro che per­cepiscono gli emolumenti predetti, ma di importo inferiore a quello della pensione sociale.

Poiché ai sensi del 3° comma dell'art. 34 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 601 (disciplina delle agevolazioni tributarie) «i sussidi corrisposti dal­lo Stato o da altri Enti pubblici a titolo assisten­ziale sono esenti dall'imposta sul reddito delle persone fisiche», non c'è dubbio che le somme erogate alla D.B.L. dal Comune di Torino, proprio perché costituiscono pacificamente sussidi di ca­rattere assistenziale, non sono soggette ad IRPEF e non possano quindi farsi rientrare fra i redditi di cui al precedente n. 1 lett. a.

Ne consegue che la revoca della pensione a danno della ricorrente non può trovare legittimo fondamento nella norma di cui al 1° comma del­l'art. 26 L. n. 153/60 (nuovo testo), che considera esclusivamente i redditi soggetti a IRPEF.

Deve allora dedursi che il provvedimento di re­voca sia stato adottato in quanto si è ritenuto che la ricorrente rientri tra «coloro che hanno titolo a prestazioni economiche assistenziali ero­gate con caratteri di continuità» da un Ente pub­blico diverso dallo Stato, posto che il sussidio in questione certamente non è rendita, né una pre­stazione previdenziale, né una pensione di guerra.

La tesi dell'INPS non appare però convincente e non può essere condivisa.

Ritiene infatti il giudicante che il legislatore, usando l'espressione «coloro che hanno titolo» per identificare i soggetti esclusi dal diritto alla pensione sociale, abbia voluto riferirsi soltanto alle persone titolari di un vero e proprio diritto soggettivo alle prestazioni considerate, compre­se quelle assistenziali.

Se così non fosse, il legislatore verosimilmente avrebbe usato espressioni diverse, del tipo «co­loro che percepiscono prestazioni ecc.».

Va per tanto affermato che l'esclusione dalla pensione sociale non può essere disposta in pre­senza di prestazioni economiche assistenziali che si ripetano nel tempo, ma non siano correlate al diritto del percepiente di riceverle e possano quindi venir meno in qualunque momento per de­liberazione discrezionale dell'Ente erogatore.

Tale interpretazione appare in linea con la «ra­tio» della norma, che è quella di escludere dalla pensione sociale soltanto coloro che, per altra via, beneficiano di prestazioni assistenziali ana­loghe e cioè di prestazioni che come la pensione sociale siano non solo continuative ma anche obbligatorie per l'ente erogatore, costituendo un vero e proprio diritto soggettivo per l'interessato.

Orbene, nel caso di specie il sussidio conces­so alla ricorrente, pur essendo continuativo (nel senso che non si tratta di erogazione «una tan­tum»), non ha certamente il carattere dell'obbli­gatorietà.

Tale provvidenza, infatti, è stata concessa in base ad una deliberazione del Consiglio Comu­nale di Torino e può essere discrezionalmente soppressa in qualunque momento in forza di al­tra deliberazione che riconsideri, per qualsiasi motivo, l'opportunità di mantenere l'erogazione del beneficio in questione (cfr. lett. 18-9-1985 del Comune di Torino diretta all'INPS e prodotta in copia dalla ricorrente, nonché deposizione della teste Masiello Maria Antonietta, funzionario del Comune di Torino).

Poiché la D.B.L. non può giuridicamente oppor­si all'eventuale soppressione del sussidio che fosse disposta dall'ente erogatore, è evidente che essa non è «titolare» di alcun diritto sogget­tivo, ma più semplicemente ricevere di fatto la prestazione benevolmente concessa dal Comune di Torino.

Deve pertanto concludersi che non ricorrano nel caso di specie le condizioni previste dalla legge (art. 26, 2° comma, n. 1 L. n. 153/69) per l'esclusione dal diritto alla pensione sociale.

Conseguentemente l'INPS deve essere condan­nata a ripristinare la pensione sociale a favore della ricorrente dalla data della sospensione, nonché a corrispondere alla stessa i ratei scaduti e non percepiti, con gli interessi legali dalle singole scadenze al saldo.

Le spese di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

 

P. Q. M.

 

il Pretore di Torino - Sezione Lavoro, visto l'art. 429 c.p.c.

- Dichiara che la ricorrente D.B.L. è in pos­sesso dei requisiti richiesti dalla legge per l'ero­gazione della pensione sociale;

- Condanna, per l'effetto, l'INPS a ripristinare a favore della D.B.L. la pensione sociale dall'epo­ca della sospensione;

- Condanna l'INPS al pagamento in favore della ricorrente dei ratei scaduti e non percepiti della stessa pensione dalla sospensione ad oggi, con gli interessi legali dalle singole scadenze al saldo;

- Condanna l'INPS al pagamento delle spese di giudizio a favore della ricorrente liquidandole L. 450.000.

 

Torino, 6 novembre 1986.

Il Pretore

Dott. Giovanni Filocamo

 

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