Prospettive assistenziali, n. 85, gennaio-marzo 1989

 

 

MOLTO FUMO E POCO ARROSTO AL TERZO CONVEGNO NAZIONALE DI AOSTA

ANNA ADORNI (*)

 

 

Un problema caldo: i servizi sociali

Era partita bene questa idea, promossa dalla Lega delle Autonomie Locali, dalla Città di Aosta e dalla Regione Autonoma, di darsi appuntamento ad Aosta, ogni anno, per un incontro nazionale sul problema caldo dei servizi sociali.

E caldo lo è senz'altro, soprattutto per i milioni di utenti (minori, handicappati, anziani, ecc.) che, potendo, dovrebbero addentrarsi nel labirinto dei referenti. Compito non facile anche per un «normale» perché, a seconda delle realtà locali, i re­ferenti cambiano: Comune, USL, USSL, Province, Comunità montane e, in alcuni casi, anche Regio­ne.

 

Un'occasione mancata: Aosta laboratorio sperimentale

Era l'occasione per approfondire, per fare chia­rezza, per dare indicazioni al Governo e al Par­lamento. Non solo, ma il tutto prevedeva - cilie­gina sulla torta per gli aostani - la possibilità di fare di Aosta la sede di un laboratorio sperimen­tale di risposte nuove alle necessità sociali, per­ché Aosta - si era detto - per le sue possibilità economiche e la sua composizione sociale, uma­na, evidenzia in piccolo le stesse problematiche che devono affrontare le grandi città italiane.

Questa possibilità aveva creato un notevole in­teresse, soprattutto per quei gruppi di solidarie­tà e di volontariato sociale che da anni fanno da aghi indicatori per le necessità emergenti.

Questa aspettativa è stata disattesa. Ad Aosta, in questi anni, non si è visto sperimentare proprio nulla, anzi si resta con i problemi di sempre ed in più le amministrazioni comunale e regionale si accollano la non indifferente spesa (più di 200 milioni) dell'organizzazione del convegno.

 

Le cose non dette

Quest'anno ci si sarebbe aspettati un appro­fondimento dei grossi problemi aperti negli ulti­mi tempi dallo smacco della sentenza della Corte costituzionale (riprivatizzazione delle IPAB, sot­tratte al patrimonio pubblico), dalla destinazione dei 140.000 posti letto (contesi tra la Sanità e la Assistenza) e dalle proposte di legge quadro sull'assistenza.

Si è preferito invece glissare e affrontare tutto un altro aspetto sociale: quello del disagio gio­vanile, dando al convegno un tema «Disagio so­ciale», che non rende appieno le gravi ed estre­me condizioni di emarginazione in cui vivono quo­tidianamente migliaia di bambini e ragazzi nel nostro paese (per esempio i 60.000 ancora negli istituti).

 

Un principio dimenticato: i diritti della persona

Non si è neppure salvato il concetto importan­tissimo, emerso fin dal primo incontro, nella rela­zione introduttiva dell'Assessore ai servizi socia­li del Comune di Aosta, Egidio Lanivi, di salva­guardarle i diritti fondamentali delle persone (rico­nosciuti dalla Costituzione e dalle leggi vigenti, ma troppo spesso disattesi), che dovrebbero es­sere punto di riferimento costante per legislatori, operatori e amministratori pubblici; principi ca­paci di tutelare gli individui e indispensabili per affrontare dignitosamente tutto l'arco della vita.

Infatti le conclusioni tirate l'ultimo giorno del convegno da Ranci Ortigosa, li hanno tranquilla­mente dimenticati.

 

Una delusione: idee scontate, nessuna soluzione pratica

Vi è stata, in sostanza, una grossa delusione sui contenuti emersi da questo convegno, che doveva tracciare «percorsi di approfondimento per le politiche sociali delle Autonomie locali». Infatti non è stato approfondito il discorso su quello che gli amministratori già devono fare; non sono stati proposti concretamente nuovi risvolti operativi; non sono uscite indicazioni importanti forse anche a causa dell'impossibilità per i par­tecipanti di dibattere durante gli incontri plenari proposti invece sotto forma di tavole rotonde.

Il tutto è stato considerato prevalentemente da un punto di vista tecnico e in definitiva non è nep­pure stato chiarito il ruolo delle amministrazioni locali.

Sul tappeto è rimasto anche il problema impor­tantissimo su chi dovrà gestire i servizi: se le Unità socio-sanitarie locali come da tempo andia­mo auspicando.

Ci pare evidente che quando le leggi regionali danno incarichi di assistenza sociale ai Comuni (compresi quelli con poche centinaia di abitanti) poco resta alle USSL per realizzare interventi al­ternativi; così come è evidente l'impossibilità dei piccoli Comuni di dare risposte adeguate e tem­pestive alle necessità emergenti.

 

Un convegno-passerella: e la prevenzione?

Nei lavori di gruppo, che si alternavano alle tavole rotonde, si è avuta soltanto una carrellata di esperienze singole, molte delle quali lombarde e quindi non facilmente rapportabili a realtà locali profondamente diverse.

Gli Assessori comunali ai servizi sociali, riuni­tisi, hanno fatto il solito pianto greco, imputando per ciò che riguarda carenze e mancanza di ser­vizi, la legge quadro dell'assistenza, che tarda ad arrivare, la legge finanziaria, che crea di fatto an­cora l'impossibilità di assumere altro personale, ecc.

L'attenzione dei lavori, anche quelli a livello di gruppo, ci è parsa, da subito, centrata più sulle risposte riparative-ricreative che sui problemi della prevenzione (casa, istruzione, lavoro, ecc.) per i quali ci si è limitati, ancora una volta, alle semplici enunciazioni.

 

L'unica proposta nuova: l'autorganizzazione in un diverso modello di sviluppo

Questa considerazione è stata fortunatamente sviluppata all'ultimo momento, ma purtroppo con scarsa partecipazione di pubblico, dal rappresen­tante della Lega nazionale Cooperative e Mutue, Pollo, che ha evidenziato - fatta gravissimo - l'atteggiamento emergente di considerare il disa­gio giovanile come ineluttabile conseguenza dell'attuale modello economico.

Egli ha affermato che il disagio giovanile è lo specchio della condizione adulta e ha evidenziato la necessità di sviluppare una nuova cultura che coniughi insieme impegno sociale e sviluppo eco­nomico, dando centralità al sociale e riequilibran­dolo con l'aspetto economico. Quest'interessante intervento ha aperto anche grossi interrogativi come: «produrre a che fine?» e «il produrre è un valore in sé?».

Il relatore ha infine suggerito il concetto nuovo di autorganizzazione dei bisogni e del sociale, concetto che introdurrebbe nuovi tipi di solida­rietà e toglierebbe gli utenti dall'attuale isola­mento.

Un concetto, emerso da altri relatori, è stata la necessità di concepire una diversa politica che consideri risorsa ciò che attualmente è conside­rato «scarto», per esempio tutti i diversi.

 

Le promesse di Lanièce

L'Assessore della Regione Valle d'Aosta alla sanità e assistenza Angelo Lanièce, intervenuto per ultimo, ha riconosciuto la necessità che la Regione operi più intensamente ed ha preannun­ciato la predisposizione di un disegno di legge regionale che abbia come finalità principale quel­la di promuovere iniziative e servizi. L'obiettivo è quello di prevenire e superare, almeno in parte, la situazione di disagio che rappresenta un rischio quotidiano per le nuove generazioni.

L'Assessore si è impegnato, inoltre, a promuo­vere un intervento legislativo che incentivi pro­cessi di interazione su queste tematiche fra le varie componenti regionali, gli enti locali e il pri­vato sociale. Verrà quindi istituito un Osservato­rio regionale sulle problematiche giovanili, di co­ordinamento dei Comuni, che diventeranno punto di osservazione della realtà locale.

Di seguito, ma anche parallelamente, sarà pos­sibile fornire ai Comuni le indicazioni operative per avviare servizi sperimentali nel campo del recupero scolastico, della animazione del tempo libero, dell'informazione per i giovani, dell'avvia­mento al lavoro, potenziando e migliorando con­temporaneamente i servizi già operanti.

In questo quadro - ha sottolineato Lanièce - diventerà indispensabile coinvolgere i giovani stessi o per lo meno quelli che fanno esperienze di associazionismo.

 

Dare voce a chi non ce l'ha

Una scelta questa, a nostro avviso, che non dà spazio e voce ai bisogni e all'infelicità dei minori valdostani ricoverati negli istituti fuori valle, di quelli inseriti nei convitti perché non sono state approntate soluzioni alternative al loro disagio, di quelli incapaci di manifestare le loro necessità perché troppo piccoli o troppo handicappati.

E proprio nell'ottica «di avere garanzie, di es­sere aderente con la realtà e quindi efficace», sug­geriamo all'Assessore Lanièce di coinvolgere nel sua progetto di politica giovanile (che dovrebbe a nostro avviso coprire la fascia di età 0-18 anni) tutte le forze sociali esistenti sul territorio val­dostano.

 

Si è trattato quindi di un convegno squilibrato, scontato, rituale, frequentato quasi esclusiva­mente da operatori, privato di un vero confronto fra tutte le forze sociali. Peccato!

 

 

(*) Sezioni di Aosta dell'Associazione nazionale famiglie adottive e affidatarie e dell'Unione per la lotta contro l'emarginazione sociale.

 

 

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