Prospettive assistenziali, n. 84, ottobre-dicembre 1988

 

 

PROPOSTA DI LEGGE PRESENTATA DALL'ON. MARTINAZZOLI (1)

 

 

Art. 1 - Princìpi ed obiettivi

1. In attuazione delle norme costituzionali e nel quadro della sicurezza sociale, la presente legge determina i princìpi fondamentali relativi agli interventi di assistenza diretti a garantire al cittadino il pieno e libero sviluppo della personalità e la sua partecipazione alla vita del paese.

2. Tali obiettivi si realizzano con un'attività di prevenzione e rimozione degli ostacoli di natura personale, familiare e sociale, mediante un com­plesso di servizi sociali coordinati ed integrati sul territorio con i servizi sanitari e formativi di base e in armonia con gli altri servizi finalizzati allo sviluppo sociale, nonché attraverso presta­zioni economiche.

3. A norma dell'articolo 38 della Costituzione l'assistenza privata è libera.

 

Art. 2 - Finalità

1. Per rendere effettivo il diritto di tutti i cit­tadini alla promozione, mantenimento e recupe­ro dello stato di benessere fisico e psichico, al pieno sviluppo della personalità nell'ambito dei rapporti familiari e sociali, al soddisfacimento delle esigenze di vita, i servizi sociali perseguo­no le seguenti finalità:

a) prevenire e rimuovere le cause che posso­no provocare situazioni di bisogno sociale o fe­nomeni di emarginazione negli ambienti di vita, di studio e di lavoro;

b) rendere effettivo il diritto di tutta la popo­lazione, ad usufruire delle strutture, dei servizi e delle prestazioni sociali, secondo modalità che garantiscano la libertà e la dignità personale e assicurino eguaglianza di trattamento, ricono­scendo alle persone effettive possibilità di scel­ta tra strutture, servizi, prestazioni;

c) agire a sostegno della famiglia e dei nuclei familiari favorendo la permanenza delle persone nell'ambiente familiare e sociale di appartenen­za o provvedendo, se necessario, al loro inseri­mento in famiglie o nuclei familiari liberamente scelti, garantendo comunque, per quanto riguar­da i minori, il rispetto delle norme della legge 4 maggio 1983, n. 184, o infine provvedendo, se ne­cessario, al loro inserimento in ambienti para­familiari o comunitari sostitutivi;

d) intervenire a sostegno dei soggetti colpiti da menomazioni fisiche, psichiche, sensoriali per garantire il loro inserimento nei normali ambien­ti di vita, di studio, di lavoro;

e) promuovere la protezione e la tutela giuri­dica dei soggetti incapaci di provvedere a se stessi quando manchino o non provvedano coloro cui la legge attribuisce questo compito.

 

Art. 3 - Soggetti

1. Attuano le finalità della legge, nell'ambito delle rispettive competenze e con un'azione co­ordinata rispetto a quella svolta ai sensi della legge 28 dicembre 1978, n. 833, e successive modificazioni e integrazioni, lo Stato, le regioni, le province, i comuni singoli ed associati.

2. Per concorrere alle medesime finalità ope­rano nel settore socio-assistenziale enti ed isti­tuzioni pubbliche ed altri soggetti privati, ivi com­presi quelli costituiti in forma cooperativa che svolgono attività nello stesso campo.

 

Art. 4 - Destinatari

1. Fruiscono delle prestazioni del sistema so­cio-assistenziale, in condizioni di eguaglianza e senza distinzioni di sesso, razza, lingua, convin­zioni politiche, nonché di condizioni personali o sociali, con le priorità di cui all'articolo 5:

a) i cittadini residenti nel territorio dello Sta­to;

b) gli stranieri e gli apolidi che si trovano in territorio italiano anche se non siano assimilati ai cittadini o non risultino appartenenti a Stati per i quali sussiste il trattamento di reciprocità salvo i diritti che 1a presente legge conferisce con riguardo alla condizione di cittadinanza.

2. Ai cittadini è assicurata la libera scelta dei servizi disponibili nel territorio.

 

Art. 5 - Condizioni e requisiti

1. Accedono ai servizi socio-assistenziali prio­ritariamente i cittadini in stato di bisogno.

2. Lo stato di bisogno è determinato dalla sus­sistenza di almeno uno dei seguenti elementi:

a) insufficienza del reddito familiare, inteso come reddito disponibile in un nucleo familiare in rapporto alle esigenze minime vitali di tutti i membri del nucleo, quando non vi siano altre persone tenute a provvedere o che di fatto prov­vedano all'integrazione di tale reddito;

b) incapacità totale o parziale di un soggetto, solo, o il cui nucleo familiare non sia in grado di assicurare l'assistenza necessaria a provvedere autonomamente a se stesso;

c) esistenza di circostanze, a causa delle qua­li persone singole o nuclei familiari siano esposti a rischio di emarginazione;

d) sottoposizione di un soggetto a provvedi­menti dell'autorità giudiziaria che rendano ne­cessari interventi e prestazioni socio-assisten­ziali.

3. I servizi possono essere rivolti alla genera­lità della popolazione, a condizione che l'esten­sione consenta una migliore organizzazione, effi­cienza ed economicità del servizio e purché il relativo costo sia sostenuto in tutto o in parte dagli utenti, secondo i criteri stabiliti con legge regionale.

4. In ogni caso le leggi regionali debbono ga­rantire agli utenti dei servizi la conservazione di una quota delle pensioni e dei redditi che per­metta loro di far fronte alle esigenze personali.

 

Art. 6 - Prestazioni economiche

1. Le prestazioni di carattere economico si di­stinguono in ordinarie e straordinarie.

2. Hanno diritto alle prestazioni ordinarie:

a) sotto forma di pensione sociale o di asse­gni di inabilità, tutti i cittadini che, per età o ina­bilità, indipendentemente dallo loro volontà, non possono accedere al lavoro e sono sprovvisti dei mezzi necessari per vivere;

b) sotto forma di assegni continuativi cittadini che, a causa della loro grave invalidità, incontrano, nel compiere gli atti quotidiani della vita, difficoltà tali da aver bisogno dell'aiuto di terzi o di una assistenza personale continua.

3. Le prestazioni economiche ordinarie e le re­lative misure e modalità sono definite con leggi dello Stato.

4. Le prestazioni straordinarie possono cumu­larsi con quelle ordinarie, sono dirette a coloro che si trovano in difficoltà economiche contin­genti o temporanee e sono erogate dai comuni, secondo i criteri indicati dalle leggi regionali.

 

Art, 7 - Compiti dello Stato

1. Sono di competenza dello Stato:

a) la funzione di indirizzo e coordinamento delle attività amministrative delle regioni a sta­tuto ordinario in materia di servizi sociali attinen­ti ad esigenze di carattere unitario anche con ri­ferimento agli obiettivi della programmazione na­zionale e agli impegni derivanti dagli obblighi in­ternazionali e comunitari;

b) la determinazione di profili professionali degli operatori da destinare agli interventi pre­visti dalla presente legge e le disposizioni qua­dro relative alla loro formazione:

c) gli interventi di primo soccorso in caso di catastrofe o gravi calamità naturali o eventi ec­cezionali che trascendano l'ambito regionale;

d) gli interventi di prima assistenza in favore dei connazionali profughi e rimpatriati, in conse­guenza di eventi straordinari ed eccezionali;

e) gli interventi in favore dì profughi stranieri, limitatamente al periodo strettamente necessa­rio alle operazioni di identificazione e di ricono­scimento della qualifica di rifugiato e per il tem­po che intercorre fino al loro trasferimento in al­tri paesi o al loro inserimento nel territorio nazio­nale, nonché gli oneri relativi all'assistenza agli stranieri e agii apolidi fino alla concessione del permesso di soggiorno;

f) interventi socio-assistenziali prestati ad ap­partenenti alle Forze armate dello Stato, dell'Ar­ma dei carabinieri ed assimilati, agli appartenen­ti al Corpo di polizia dello Stato e corpi assimi­lati, ed al Corpo nazionale dei vigili del fuoco e ai loro familiari, da enti e organizzazioni apposita­mente istituiti;

g) i rapporti in materia assistenziale con or­ganismi stranieri ed internazionali, la distribuzio­ne tra le regioni di prodotti destinati a finalità assistenziali in attuazione di regolamenti della Comunità economica europea, nonché l'adempi­mento di accordi internazionali in materia di as­sistenza;

h) le pensioni e gli assegni di carattere conti­nuativo disposti dalla legge in attuazione dell'ar­ticolo 38, primo comma, della Costituzione;

i) gli interventi fuori del territorio nazionale a favore degli italiani all'estero;

l) la certificazione, da esercitarsi mediante de­lega alle regioni, delle condizioni e requisiti di cui all'articolo 5 della presente legge.

 

Art. 8 - Riassetto degli uffici statali

1. Fino all'entrata in vigore della legge di rior­ganizzazione dei ministeri, le funzioni statali di cui alla presente legge sono esercitate dal Mini­stero della sanità.

2. Gli interventi previsti dalle lettere c), d), e), f), g), h), i), dell'articolo 7 restano assegnati al ministeri rispettivamente competenti.

3. In sede di riordinamento del Ministero del­la sanità ai sensi dell'articolo 59 della legge 23 dicembre 1973, n. 833 come da ultimo modificato dall'articolo 1 della legge 23 ottobre 1985, n. 595, si dovrà tener conto delle esigenze connesse all'attuazione dei compiti di cui alla presente legge.

 

Art. 9 - Consiglio nazionale della sanità e dei ser­vizi sociali

1. L'articolo 8 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, è sostituito dal seguente:

«Art. 8 - 1. È istituito il Consiglio nazionale della sanità e dei servizi sociali con funzioni di consulenza e di proposta nei confronti del Go­verno per la determinazione delle linee generali della politica sanitaria e assistenziale e per l'ela­borazione e l'attuazione del piano sanitario na­zionale.

2. Il Consiglio è sentito obbligatoriamente in ordine ai programmi globali di prevenzione anche primaria, alla determinazione dei livelli di presta­zioni sanitarie stabiliti con le modalità di cui al secondo comma dell'articolo 3 e alla ripartizione degli stanziamenti di cui all'articolo 51, nonché alle fasi di attuazione del servizio sanitario nazio­nale e alla programmazione del fabbisogno di per­sonale sanitario necessario alle esigenze del ser­vizio sanitario nazionale. Il Consiglio è, altresì, sentito obbligatoriamente in ordine ai program­mi globali di intervento in materia assistenziale, alla determinazione dei livelli minimi dei servizi sociali che debbono essere garantiti a tutti i cit­tadini, alla determinazione dei profili professio­nali degli operatori sociali, alle pensioni ed as­segni di carattere continuativo di competenza dello Stato.

3. Esso predispone una relazione annuale sullo stato sanitario e sulla situazione dei servizi so­ciali del paese sulle quali il ministro della sanità riferisce al Parlamento entro il 31 marzo di ogni anno.

4. Il Consiglio nazionale della sanità e dei ser­vizi sociali, nominato con decreto del Presidente della Repubblica su proposta del Ministro della sanità, per la durata di un quinquennio, è presie­duto dal Ministro della sanità ed è composto:

a) da due rappresentanti per ciascuna regione e, per quanto concerne la regione Trentino-Alto Adige, da due rappresentanti della provincia di Trento e da due rappresentanti della provincia di Bolzano;

b) da tre rappresentanti del Ministero della sa­nità e da un rappresentante per ciascuno dei se­guenti ministeri o uffici dei ministri senza porta­foglio: lavoro e previdenza sociale; pubblica istruzione; interno; ufficio del Ministro per gli affari speciali: grazia e giustizia; difesa; tesoro; bilancio e programmazione economica; agricol­tura e foreste; industria, commercio e artigianato; marina mercantile; ufficio del Ministro per il co­ordinamento della ricerca scientifica e tecnolo­gica;

c) dal direttore dell'Istituto superiore per la prevenzione e sicurezza del lavoro, da un rap­presentante del Consiglio nazionale delle ricer­che, da dieci esperti in materia sanitaria desi­gnati dal CNEL, tenendo presenti i criteri di rap­presentatività e competenze funzionali al servizio sanitario nazionale, e da quindici esperti in ma­teria assistenziale, tenendo presentì i criteri di competenza funzionale rispetto ai servizi socio­assistenziali di cui cinque designati dalle asso­ciazioni di rappresentanza delle istituzioni priva­te di assistenza sociale e del volontariato;

d) da cinque rappresentanti dell'associazione nazionale dei comuni d'Italia (ANCI);

e) da due rappresentanti dell'Unione delle pro­vince d'Italia (UPI).

5. Il consiglio elegge tra i suoi componenti un vice presidente.

6. L'articolazione in sezioni, le modalità di fun­zionamento e le funzioni di segreteria del consi­glio sono disciplinate con regolamento emanato dal Ministro della sanità, sentito il consiglio stesso».

 

Art. 10 - Compiti delle regioni

1. La potestà delle regioni in materia di ser­vizi sociali e di prestazioni economiche, di cui al comma 4 dell'articolo 6, è svolta nel rispetto del­le norme fondamentali e dei princìpi stabiliti dal­la presente legge.

2. Le regioni attuano le finalità della presente legge mediante la programmazione degli inter­venti socio-assistenziali coordinati con gli obiet­tivi definiti in sede di programmazione nazionale, e con gli obiettivi generali dello sviluppo regio­nale, secondo le procedure previste nei rispettivi statuti; assicurando comunque il concorso dei comuni singoli e associati, delle province, degli altri enti e istituzioni pubbliche e private che svolgono attività socio-assistenziale.

3. Le regioni in particolare provvedono a:

a) stabilire le norme generali per la istituzione, l'organizzazione e la gestione dei servizi sociali pubblici, nonché i livelli qualitativi e le forme delle prestazioni;

b) approvare il piano di sviluppo dei servizi so­ciali, coordinandolo con il piano sanitario regio­nale;

c) determinare i criteri generali per l'accerta­mento delle condizioni di bisogno;

d) determinare i criteri generali per il concor­so degli utenti e delle persone tenute al manteni­mento e alla corresponsione degli alimenti, al costo delle prestazioni, secondo i princìpi indi­cati nell'articolo 5;

e) determinare le aree territoriali più idonee per una funzionale organizzazione dei servizi so­ciali e sanitari, promuovendo forme di coopera­zione fra gli enti locali territoriali, e, se neces­sario, promuovendo ai sensi dell'ultimo comma dell'articolo 117 della Costituzione, forme anche obbligatorie di associazione tra gli stessi;

f) predisporre e finanziare i piani per la forma­zione e l'aggiornamento professionale del perso­nale addetto ai servizi sociali;

g) determinare gli indirizzi di carattere gene­rale per la erogazione delle prestazioni economi­che straordinarie per i cittadini che si trovino in particolari situazioni di difficoltà personali o fa­miliari;

h) provvedere alla ripartizione tra i comuni sin­goli e associati, comprese le comunità montane, dei fondi comunque disponibili per l'impianto e la gestione dei servizi sociali sulla base delle priorità prospettate dagli organismi preposti alla gestione dei servizi e definite in sede di program­mazione regionale;

i) determinare i requisiti e le condizioni per l'iscrizione negli albi regionali degli organismi privati che intendano collaborare con le istituzio­ni pubbliche per il raggiungimento delle finalità di cui alla presente legge;

l) disciplinare le modalità e i criteri della vigi­lanza sulle attività socio-assistenziali svolte nell'ambito regionale;

m) svolgere e promuovere una azione di assi­stenza tecnica diretta alla istituzione e al miglio­ramento dei servizi sociali e favorire la speri­mentazione di nuovi servizi anche mediante isti­tuzioni specializzate pubbliche o private.

4. La legge regionale stabilisce (e norme per la gestione amministrativa dei servizi sociali svolti dai comuni singoli o associati; assicura il coordinamento e l'integrazione con i servizi sa­nitari gestiti dalle unità sanitarie locali e ne pre­vede il collegamento con gli altri servizi finaliz­zati al servizio sociale.

5. La legge regionale stabilisce i modi e i tem­pi per l'unificazione, degli ambiti territoriali di cui all'articolo 25 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, degli organi di governo e di amministrazione dei servizi sociali e di quelli sanitari da attuarsi comunque entro due anni dalla data di entrata in vigore della pre­sente legge. Le unità sanitarie locali assumono la denominazione di unità socio-sanitarie locali. La legge regionale stabilisce i compiti e le funzioni attribuite alle unità socio-sanitarie locali e quel­le attinenti ai servizi di base, che verranno eser­citate dai singoli comuni o da organismi di de­centramento comunale, ove istituito. La legge re­gionale assicura comunque l'autonomia tecnico­funzionale dei servizi sociali, nonché la distinzio­ne contabile della gestione dei servizi sociali, se­condo quanto previsto dall'ultimo comma dell'ar­ticolo 25 del predetto decreto del Presidente del­la Repubblica 24 luglio 1977, n. 616.

 

Art. 11 - Compiti delle province

1. Le province concorrono alla elaborazione del piano regionale di sviluppo dei servizi sociali e, nell'ambito d'i tale piano, approvano il programma provinciale di localizzazione dei presidi pubblici socio-assistenziali. Esse inoltre stabiliscono le modalità per assicurare ai cittadini il diritto di partecipare alla programmazione dei servizi stes­si, anche mediante l'intervento dei rappresentan­ti degli utenti e delle formazioni sociali organiz­zate nel territorio, ivi compresi gli organismi rap­presentativi delle istituzioni di cui al successivo articolo 14.

2. Le funzioni in materia di assistenza e servizi sociali svolte dalle province sono trasferite ai comuni; il personale e il patrimonio delle provin­ce destinato alle funzioni predette sono trasferiti ai comuni nei tempi e con le modalità stabilite dalla legge regionale.

3. Le somme stanziate nell'esercizio 1988 dal­le amministrazioni provinciali per le funzioni di cui al comma 2 sono destinate alle regioni per essere interamente ripartite tra i comuni, secon­do quanto previsto dalla lettera h) del comma 3 dell'articolo 10.

 

Art. 12 - Ruolo e compiti dei comuni

1. I comuni sono titolari di tutte le funzioni amministrative concernenti l'assistenza sociale salvo quanto diversamente disposto dalla pre­sente legge.

2. I comuni singoli o associati:

a) elaborano il piano locale dei servizi sociali coordinando le iniziative esistenti;

b) provvedono al l'organizzazione del comples­so dei servizi sociali pubblici localizzati nel loro territorio qualificando i servizi sociali esistenti, anche attraverso la trasformazione delle struttu­re già funzionanti e l'istituzione di nuovi servizi;

c) stipulano convenzioni con le istituzioni pri­vate iscritte nel registro di cui al successivo ar­ticolo 14. I corrispettivi delle convenzioni sono riferiti ai costi del servizio in relazione ai livelli qualitativi del servizio stesso;

d) garantiscono il diritto dei cittadini di parte­cipare alla gestione ed al controllo dei servizi so­ciali pubblici stabilendo anche le modalità di in­tervento degli utenti, delle famiglie e delle for­mazioni sociali organizzate nel territorio;

e) erogano le prestazioni economiche straor­dinarie e temporanee secondo gli indirizzi gene­rali determinati dalla regione;

f) forniscono ai cittadini l'informazione neces­saria per quanto concerne le disposizioni legisla­tive, regolamentari e d'altro genere sui servizi socio-assistenziali e, occorrendo, la consulenza per la loro fruizione;

g) provvedono, per quanto di loro competenza ed in conformità alle disposizioni della legge re­gionale, a stabilire le modalità organizzative e pro­cedurali per l'accertamento delle condizioni di bisogno dei soggetti che richiedono le prestazio­ni assistenziali.

3. I comuni singoli o associati esercitano le funzioni amministrative in materia di assistenza direttamente o attraverso le unità socio-sanitarie locali, ovvero per quanto attiene alla gestione dei servizi di base, attraverso organismi di decen­tramento comunale, ove istituiti.

 

Art. 13 - Libertà dell'assistenza privata

1. In conformità all'ultimo comma dell'articolo 38 della Costituzione è garantita la libertà di co­stituzione e di attività alle associazioni, fonda­zioni e altre istituzioni dotate o meno di persona­lità giuridica e che perseguano finalità assisten­ziali.

 

Art. 14 - Registro regionale istituzioni private

1. In ogni regione è istituito un registro per la iscrizione delle associazioni, fondazioni e istitu­zioni private anche a carattere cooperativo, do­tate o meno di personalità giuridica, che inten­dono essere consultate, nella fase preparatoria della programmazione dei servizi sociali e concor­rere alla realizzazione degli obiettivi della presen­te legge anche mediante la stipulazione delle con­venzioni di cui alla lettera c), comma 2 dell'arti­colo 12.

2. L'iscrizione nel registro delle istituzioni pri­vate, fermo restando il rispettivo regime giuridi­co-amministrativo, è disposta dalla regione, sen­titi i comuni singoli o associati nel cui territori l'istituzione opera, previo accertamento dei se­guenti requisiti:

a) assenza di fini di lucro;

b) idonei livelli di prestazioni e di qualificazio­ne del personale e di efficienza organizzativa ed operativa, secondo gli standards dei servizi so­ciali di cui alla lettera a), comma 3, dell'arti­colo 10;

c) rispetto dei contratti collettivi nazionali di lavoro di categoria,, fatta eccezione per i casi in cui si tratti di prestazioni volontarie o resa in for­za di convenzioni con gli organi rappresentativi degli istituti religiosi e delle società di vita apo­stolica della Chiesa cattolica o con organi rappre­sentativi delle altre confessioni religiose.

3. Per le istituzioni operanti in più regioni la iscrizione è effettuata nel registro tenuto presso la regione in cui l'istituzione ha sede legale, sen­tite le altre regioni interessate.

4. Nel rispetto di tali requisiti i servizi gestiti dalle istituzioni di cui al presente articolo sono inclusi, a domanda, nel piano dei servizi sociali ed ammessi alle convenzioni di cui alla lettera c), comma 2 dell'articolo 12.

 

Art. 15 - Volontariato

1. È riconosciuta la funzione di utilità sociale delle associazioni e delle altre istituzioni di vo­lontariato dotate o non di personalità giuridica, liberamente costituite, fondate in prevalenza su prestazioni volontarie e personali dei soci e che concorrano al conseguimento dei fini dell'assi­stenza sociale.

2. Ai fini della presente legge si intende per attività di volontariato quella svolta spontanea­mente e gratuitamente al di fuori di qualsiasi ob­bligo o dovere giuridico, tramite l'organizzazione di cui il volontario fa parte, esclusivamente per fini di solidarietà sociale, promozione e sviluppo della persona umana.

3. Fra i soggetti di cui al comma 1 sono com­prese le cooperative di solidarietà sociale. Sono di solidarietà sociale le cooperative che svolgo­no la propria attività allo scopo di soddisfare gli interessi morali, assistenziali, educativi, sociali, culturali, sportivi e ricreativi anche di non soci e alla cui attività i soci prendono parte quali for­nitori di lavoro, di servizi, di prestazioni volonta­rie o di beni, ovvero in qualità di destinatari non esclusivi dell'attività stessa.

4. Nell'ambito della programmazione e della legislazione regionale i comuni singoli o associa­ti possono stipulare con gli organismi di cui ai precedenti commi convenzioni per la loro utiliz­zazione nell'ambito delle strutture pubbliche o in ambiti esterni par gli organismi di cui all'arti­colo 14 e per quelli di cui ai commi precedenti possono prevedere incentivi finalizzati all'esple­tamento di attività promozionali e di servizi inno­vativi e sperimentali.

 

Art. 16 - IPAB

1. Le istituzioni pubbliche di assistenza e be­neficenza (IPAB) operanti nell'ambito regionale sono soppresse entro due anni dalla data di entra­ta in vigore della presente legge, salvo quanto previsto dai successivi commi.

2. Sono escluse dal trasferimento ai comuni le IPAB comprese in una delle seguenti categorie:

a) che si tratti di istituzione avente struttura associativa. Tale struttura sussiste allorché ricor­rono congiuntamente le seguenti condizioni:

1) che la costituzione dell'ente sia avvenuta per iniziativa volontaria dei soci o promotori pri­vati;

2) che l'amministrazione ed il governo dell'istituzione siano, per disposizioni statutarie, de­terminati dai soci, o che gli stessi eleggano al­meno la metà dei componenti l'organo collegiale deliberante;

3) che l'attività dell'ente si esplichi preva­lentemente, a norma di statuto, sulla base di pre­stazioni volontarie e personale dei soci;

4) che il patrimonio risulti prevalentemente formato da beni derivanti da atti di liberalità o da apporti di soci o dalla trasformazione di tali beni;

b) che si tratti di istituzione promossa ed am­ministrata da privati ed operante prevalentemen­te con mezzi di provenienza privata. Tale circo­stanza sussiste allorché ricorrono congiuntamen­te i seguenti elementi:

1) che l'atto costitutivo o la tavola dì fonda­zione dell'istituzione siano stati posti in essere da privati;

2) che almeno la metà dei componenti l'or­gano collegiale deliberante sia, per l'atto costi­tutivo o la tavola di fondazione, designata da pri­vati;

3) che il patrimonio risulti prevalentemente costituito da beni di liberalità privata o dalla tra­sformazione dei beni stessi, e che il finanziamen­to sia avvenuto, nell'ultimo quinquennio, antece­dente la data di entrata in vigore della presente legge, in prevalenza con contributi, redditi, rendi­te e altri mezzi patrimoniali o finanziari di prove­nienza privata, e che comunque l'istituzione non abbia beneficiato di contributi pubblici in misura superiore ad un terzo delle entrate complessive dell'ente nel quinquennio, con esclusione delle rette e dei finanziamenti pubblici finalizzati alla conservazione di beni artistici e culturali;

c) che si tratti di istituzione di ispirazione re­ligiosa. Tale circostanza sussiste quando ricor­rano i seguenti elementi:

1) che l'attività istituzionale si ispiri a moti­vazioni religiose;

2) che risulti collegata a una confessione re­ligiosa mediante la designazione negli organi col­legiali deliberanti, in forza di disposizioni statu­tarie, di ministri del culto o di appartenenti a isti­tuti religiosi o di rappresentanti di autorità reli­giose, o mediante la collaborazione dl personale religioso come modo qualificante di gestione del servizio.

3. Sono in ogni casa trasferite ai comuni, le IPAB già concentrate o amministrate dagli Enti comunali di assistenza (ECA), quelle che non esercitano attività socio-assistenziali. Sono esclu­se dal trasferimento le IPAB che svolgono preva­lentemente attività di istruzione, ivi compresa quella prescolare, i seminari, le case di riposo per religiosi, le cappelle, e le istituzioni di culto.

4. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge il legale rappresentante, o altro componente dell'organo collegiale delibe­rante delle IPAB interessate alla esclusione dal trasferimento, presenta alla regione e ai comuni interessati, domanda per l'applicazione del pre­sente articolo, fornendo gli elementi utili ai fini della esclusione.

5. Entro i successivi 3 mesi i comuni interes­sati fanno pervenire le proprie osservazioni alla regione.

6. Trascorso tale termine, la regione, anche in assenza delle comunicazione dei comuni di cui al comma 5, decide sulla domanda di esclusione ai sensi del presente articolo.

7. Ove non sia stata presentata la domanda di esclusione, le IPAB sono soppresse e trasferite ai comuni.

8. Con decreto del presidente della giunta re­gionale, sentita una commissione tecnica com­posta da membri designati dalla regione, dal­l'ANCI, dall'UPI e dall'Unione nazionale fra gli enti di beneficenza e assistenza (UNEBA) regio­nali, sono pubblicati gli elenchi delle IPAB esi­stenti nella regione che accertano la non esisten­za o l'esistenza dei requisiti di cui al presente articolo ai fini, rispettivamente, del trasferimento ai comuni o dell'applicazione del comma 9.

9. Le IPAB escluse dal trasferimento ai co­muni, continuano a sussistere come enti morali, assumendo la personalità giuridica di diritto pri­vato e rientrando nella relativa disciplina.

10. La legge regionale stabilisce i modi, le for­me e i termini per l'attribuzione in proprietà o in uso ai comuni dei beni trasferiti alle regioni a nor­ma degli articoli 113 e 115 del decreto del Pre­sidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, nonché l'assegnazione dei beni delle IPAB trasfe­rite a,i comuni, ai sensi del presente articolo, e di­sciplina l'utilizzazione dei beni e del personale da parte degli enti gestori, in relazione alla rior­ganizzazione ed alla programmazione dei servizi disposte in attuazione della presente legge. Ai fi­ni della assunzione delle funzioni delle IPAB trasferite, i comuni potranno procedere sia diretta­mente sia attraverso le Unità locali socio-sanita­rie o mediante forme di gestione autonoma, fer­ma restando la destinazione dei beni ad attività di servizio socio-assistenziale.

11. Il personale in servizio alla data di entrata in vigore della presente legge presso le IPAB sog­gette al trasferimento ai comuni, è trasferito ai rispettivi comuni contestualmente al passaggio delle funzioni, conservando la posizione econo­mica conseguita presso l'ente di provenienza, unitamente alla posizione giuridica ed al tratta­mento previdenziale.

12. I trasferimenti dei beni delle istituzioni e tutte le operazioni derivanti dalla applicazione del presente articolo avvengono in esenzione da qualsiasi imposta, tributo o tassa di registrazione.

 

Art. 17 - Fondo nazionale per i servizi sociali

1. Ad integrazione delle risorse finanziarie co­munali e regionali è istituito presso il Ministero del tesoro un fondo nazionale per i servizi sociali costituito:

a) dal fondo per gli asili nido istituito con leg­ge 6 dicembre 1971, n. 1044;

b) dal fondo speciale di cui all'articolo 10 del­la legge 23 dicembre 1975, n. 698;

c) dal fondo sociale di cui all'articolo 75 delta legge 27 luglio 1978, n. 392 (equo canone);

d) dai fondi previsti dall'articolo 1-duodecies della legge 21 ottobre 1978, n. 641;

e) dai proventi netti di cui al terzo comma dell'articolo 117 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616;

f) dal fondo di cui alla legge 22 dicembre 1975, n. 685;

g) dal fondo di cui alla legge 29 luglio 1975, n. 405;

h) dal fondo di cui alla legge 2 maggio 1971, n. 194;

i) dal fondo di cui alla legge 3 giugno 1971, n. 404;

l) dal fondo di cui alla legge 14 dicembre 1970, n. 1088;

m) da una quota non superiore al 5 per cento dello stanziamento annuale del Fondo sanitario nazionale.

2. Le somme stanziate a norma del comma 1 vengono ripartite sentita la Commissione inter­regionale di cui alla legge 16 maggio 1970, n. 281 con delibera del Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE) tra tutte le regioni, su proposta del Ministero della sanità, sentito il Consiglio nazionale della sanità e dei servizi sociali.

Le somme stanziate a norma del comma 2 vengono ripartite tra tutte le regioni comprese quelle a statuto speciale tenuto conto delle indi­cazioni contenute nel piani regionali e sulla base di indici e di standards individuati dal Consiglio nazionale della sanità e dei servizi sociali, distin­tamente definiti per la spesa corrente e per la spesa in conto capitale. Tali indici e standards devono tendere a garantire livelli di prestazioni uniformi su tutto il territorio nazionale eliminan­do progressivamente le differenze strutturali e di prestazioni tra le regioni.

 

Art. 18 - Norme transitorie

1. Le regioni adeguano la propria legislazione agli obiettivi e ai princìpi stabiliti dalla presente legge entro due anni dalla data della sua entrata in vigore.

2. Fino al riordino della legislazione regionale le somme di cui alle lettere a), b), c), e d) del comma 1 dell'articolo 17 continuano ad essere destinate agli scopi previsti dalle rispettive leggi e mantengono la suddivisione per regione sulla base dei criteri stabiliti dalle medesime leggi.

3. Trascorso un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, una quota non infe­riore al 20 per cento del fondo di cui all'articolo 17 è riservata alle regioni che abbiano ottempe­rato ai disposto del comma 1.

4. La ripartizione avviene sulla base di pro­grammi presentati dalle singole regioni tenendo conto di garantire:

a) la gestione dei servizi esistenti;

b) lo sviluppo dei servizi sociali territoriali, specie di quelli destinati ai minori, agli anziani e agli inabili, in particolare per le regioni del mezzogiorno, con riferimento ad esigenze di ri­equilibrio;

c) le erogazioni economiche straordinarie di cui al comma 4 dell'articolo 6.

5. Alle iniziative di cui alla lettera b) del com­ma 4 deve essere destinato non meno del 30 per cento del complesso del fondo di tale quota; non meno del 40 per cento delle somme stanziate per le spese in conto capitale deve essere desti­nato ai territori di cui all'articolo 1 del testo uni­co delle leggi sugli interventi nel Mezzogiorno approvato con decreto del Presidente della Re­pubblica 30 giugno 1967, n. 1523.

 

Art. 19 - Comitati di assistenza e beneficenza

1. I comitati provinciali di assistenza e benefi­cenza pubblica sono soppressi e le residue fun­zioni sono attribuite ai comuni singoli o associati nei modi e nelle forme stabilite dalle leggi re­gionali.

 

Art. 20 - Delega al Governo in materia di profili professionali e di formazione del per­sonale

1. Il Governo è delegato ad emanare, entro due anni dalla data di entrata in vigore della pre­sente legge, sentito il Consiglio nazionale della sanità e dei servizi sociali, uno a più decreti aventi valore di legge attraverso i quali definire criteri e modalità per:

a) la regolamentazione delle professioni atti­nenti al settore dei servizi socio-assistenziali;

b) le disposizioni generali per l'ordinamento e la durata delle scuole di formazione nonché i requisiti per accedere ai relativi corsi, tenendo anche canto della legge 21 dicembre 1978, n. 843;

c) la determinazione delle norme transitorie per la convalida dei titoli professionali conseguiti prima dell'entrata in vigore dell'ordinamento di cui alla lettera b);

d) la riqualificazione e l'aggiornamento perio­dico obbligatorio degli operatori sociali;

e) i rapporti tra regioni, enti locali e sedi formative regionali, universitarie e altre sedi quali­ficate alla formazione degli operatori sociali.

2. Nell'esercizio della delega il Governo si at­terrà ai princìpi della semplificazione del quadro generale delle figure professionali, della garan­zia di una formazione omogenea e di adeguato livello qualitativo su tutto il territorio nazionale e della omogeneizzazione delle posizioni giuridi­che ed economiche degli operatori sociali e sa­nitari.

 

Art. 21 - Regioni a statuto speciale

1. Le norme fondamentali della presente leg­ge, in quanto legge di riforma economico-sociale della Repubblica, si estendono alle regioni a sta­tuto speciale e alle province autonome di Trento e Bolzano.

 

Art. 22 - Abrogazione di norme incompatibili

1. Sono abrogati:

a) la legge 17 luglio 1980, n. 6972, e successi­ve modificazioni e integrazioni e relativi regola­menti di esecuzione;

b) gli articoli 91, lettera h), e 144, lettera g), del testo unico delle leggi comunali e provinciali approvate con regio decreto 3 marzo 1934, n. 383;

c) la legge 3 giugno 1937, n. 847;

d) il regio decreto-legge 14 aprile 1944, n. 125;

e) l'articolo 15 del decreto del Presidente del­la Repubblica 23 marzo 1945, n. 173;

f) l'articolo 154 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con regio decreto 18 giugno 1931, n. 773;

g) ogni altra norma che risulti incompatibile ed in contrasto con le disposizioni contenute nel­la presente legge.

 

 

 

(1) La proposta di legge n. 683 «Legge-quadro per la riforma dell'assistenza e dei servizi sociali» è stata presen­tata alla Camera dei Deputati dall'On. Martinazzoli e da altri Parlamentari DC l'8 luglio 1987.

 

 

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