Prospettive assistenziali, n. 84, ottobre-dicembre 1988

 

 

PROPOSTA DI LEGGE PRESENTATA DALL'ON. ANIASI (Bozza non corretta) (1)

 

 

Art. 1 - Princìpi ed obiettivi

1. In attuazione delle norme costituzionali e nel quadro della sicurezza sociale, la presente legge determina i princìpi fondamentali relativi agli interventi di assistenza diretti a garantire al cittadino il pieno e libero sviluppo della perso­nalità e la sua partecipazione alla vita del Paese.

2. Tali obiettivi si realizzano con un'attività di prevenzione e di rimozione degli ostacoli di natura personale, familiare e sociale, mediante un complesso di servizi sociali coordinati ed integrati sul territorio con i servizi sanitari e formativi di base e in armonia con gli altri servizi fina­lizzati allo sviluppo sociale, nonché attraverso prestazioni economiche.

3. A norma dell'articolo 38 della Costituzione l'assistenza privata è libera.

 

Art. 2 - Finalità

1. Per rendere effettivo, con un'organica poli­tica di sicurezza sociale, il diritto di tutti i cittadini alla promozione, mantenimento e recupero dello stato di benessere fisico e psichico, al pieno sviluppo della personalità nell'ambito dei rapporti familiari e sociali, al soddisfacimento delle esigenze essenziali di vita, le attività del sistema dei servizi sociali e di quelli preposti allo svi­luppo sociale perseguono le seguenti finalità:

a) prevenire e rimuovere le cause di ordine economico-sociale e psicologico che possono provocare situazioni di bisogno sociale o feno­meni di emarginazione negli ambienti di vita, di studio e di lavoro;

b) rendere effettivo il diritto di tutta la popola­zione, senza distinzione di condizioni individuali o sociali, ad usufruire delle strutture, dei servizi e delle prestazioni sociali, secondo modalità che garantiscano la libertà e la dignità personale e assicurino eguaglianza di trattamento, ricono­scendo alle persone, per i problemi che le coin­volgono direttamente, congrue possibilità di scel­ta di strutture, di servizi, di prestazioni;

c) agire a sostegno della famiglia e dei nuclei familiari garantendo anche ai cittadini in difficol­tà la permanenza nel proprio ambiente familiare e sociale di appartenenza e provvedendo, se ne­cessario, al loro inserimento in famiglia o nuclei familiari liberamente scelti o in ambienti para­familiari o comunitari sostitutivi;

d) intervenire per il reinserimento di quanti sono assistiti in strutture o istituzioni segre­ganti;        .

e} intervenire a sostegno dei soggetti colpiti da menomazioni fisiche, psichiche, sensoriali per garantire il loro inserimento nei normali ambien­ti di vita, di studio, di lavoro;

f) promuovere la protezione s la tutela giuridi­ca dei soggetti incapaci di provvedere a se stessi e privi di parenti o persone che di fatto vi prov­vedano.

 

Art. 3 - Destinatari

1. Tutti i cittadini hanno diritto a fruire dei servizi sociali senza distinzione di carattere giu­ridico, economico, sociale, ideologico o religioso.

2. Ai cittadini è assicurata la libera scelta dei servizi disponibili nel territorio.

3. Sono, altresì, ammessi ai suddetti servizi, gli stranieri e gli apolidi che si trovano in territo­rio italiano, anche se non siano assimilati ai cit­tadini o non risultino appartenenti a Stati per i quali sussiste il trattamento di reciprocità, salvo i diritti che la presente legge conferisce con ri­guardo alla condizione di cittadinanza.

4. Può essere chiesto agli utenti e alle perso­ne tenute al mantenimento e alla corresponsione degli alimenti il concorso al costo di determinate prestazioni in relazione alle loro condizioni eco­nomiche, tenendo conto della situazione locale e della rilevanza sociale dei servizi, secondo i cri­teri stabiliti con legge regionale.

5. In ogni caso le leggi regionali debbono ga­rantire agli utenti dei servizi la conservazione di una quota delle pensioni e dei redditi che permet­ta loro di far fronte in modo adeguato alle esi­genze personali.

 

Art. 4 - Compiti dei servizi

1. I servizi socio-assistenziali provvedono al­tresì a:

a) promuovere direttamente l'utilizzo dei ser­vizi da parte dei cittadini, compresi quelli con handicaps fisico-psichico-sensoriali. Detta attivi­tà comprende anche la segnalazione ai compe­tenti uffici dei bisogni assistenziali risolvibili me­diante la predisposizione di servizi sia sociali sia preposti allo sviluppo sociale;

b) fornire ai cittadini l'informazione necessaria per quanto concerne le disposizioni legislative, regolamentari e d'altro genere sui servizi socio­assistenziali;

c) fornire l'informazione sulle prestazioni e sui servizi socio-assistenziali esistenti nel territorio e, occorrendo, la consulenza per la loro fruizione.

2. I servizi socio-assistenziali devono assicu­rare comunque le prestazioni previste dagli artt. 22 e 23 del decreto del Presidente della Repubbli­ca 24 luglio 1977, n. 616.

3. I servizi socio-assistenziali sono prevalente­mente organizzati in forme aperte con carattere domiciliare o di centri diurni che sono adeguata­mente distribuiti nel territorio.

 

Art. 5 - Prestazioni economiche

1. Le prestazioni di carattere economico si di­stinguono in ordinarie e straordinarie.

2. Hanno diritto alle prestazioni ordinarie:

a) sotto forma di pensione sociale o di assegni di inabilità, tutti i cittadini che, per età o inabilità, indipendentemente dalla loro volontà, non pos­sono accedere al lavoro e sono sprovvisti dei mezzi necessari per vivere;

b) sotto forma di assegni continuativi tutti i cit­tadini che, a causa della loro grave invalidità, in­contrano, nel compiere gli atti quotidiani della vi­ta, difficoltà tali da aver bisogno dell'aiuto di ter­zi o di una sorveglianza personale continua.

3. Le prestazioni economiche ordinarie e le re­lative misure e modalità sono definite con leggi dello Stato.

4: Le prestazioni straordinarie sono dirette a coloro che si trovano in difficoltà economiche contingenti o temporanee e sono erogate, anche nel caso di prestazioni a carattere continuativo, dai comuni, secondo i criteri indicati dalle leggi regionali.

 

Art. 6 - Compiti dello Stato

1. Sono di competenza dello Stato:

a) la funzione di indirizzo e di coordinamento delle attività amministrative delle regioni a sta­tuto ordinario in materia di servizi sociali attinen­ti ad esigenze di carattere unitario, anche con ri­ferimento agli obiettivi della programmazione na­zionale e agli impegni derivanti dagli obblighi internazionali e comunitari;

b) la fissazione dei requisiti per la determina­zione dei profili professionali degli operatori so­ciali; le disposizioni generali in materia di ordina­mento e durata dei corsi e la determinazione dei requisiti necessari per l'ammissione;

c) gli interventi di primo soccorso in caso di ca­tastrofe o calamità naturali di particolare gravità o estensione e gli interventi straordinari di prima necessità richiesti da altri eventi eccezionali ed urgenti che trascendono l'ambito regionale o per i quali l'ente locale non possa provvedere ovvero resisi necessari per assolvere un dovere sul pia­no di solidarietà nazionale;

d) gli interventi di prima assistenza in favore dei connazionali profughi e rimpatriati, in conse­guenza di eventi straordinari ed eccezionali;

e) gli interventi in favore dei profughi stranieri, limitatamente al periodo strettamente necessa­rio alle operazioni di identificazione e riconosci­mento della qualifica di rifugiato e per il tempo che intercorre fino al loro trasferimento in altri paesi o al loro inserimento nel territorio naziona­le, nonché gli oneri relativi all'assistenza agli stranieri e agli apolidi fino alla concessione del permesso di soggiorno;

f) interventi socio-assistenziali prestati ad ap­partenenti alle Forze armate dello Stato, dell'Ar­ma dei carabinieri, alle altre forze armate di poli­zia dello Stato ed al Corpo nazionale dei vigili del fuoco e ai loro familiari, da enti e organizzazioni appositamente istituiti;

g) i rapporti in materia di assistenza con orga­nismi stranieri ed internazionali, la distribuzione tra le regioni di prodotti a finalità assistenziali in attuazione di regolamenti della Comunità eco­nomica europea, nonché l'adempimento di accor­di internazionali in materia di assistenza;

h) le pensioni e gli assegni di carattere conti­nuativo disposti dalla legge in attuazione dell'ar­ticolo 38, primo comma, della Costituzione;

i) gli interventi fuori del territorio nazionale in favore degli italiani all'estero;

l) la certificazione della qualifica di orfano, ve­dova, inabile e degli altri titoli di legittimazione al godimento dei benefici previsti dalle leggi vi­genti, da esercitarsi mediante delega alle regioni.

 

Art. 7 - Riassetto degli uffici statali

1. Fino all'attuazione della riforma della Presi­denza del Consiglio dei ministri e alla riorganiz­zazione dei ministeri, le funzioni statali di cui al­la presente legge sono esercitate dal Ministero della sanità, che assume la denominazione di Mi­nistero della sanità e dei servizi sociali.

2. Gli interventi previsti dalle lettere c), f), g), e i) del precedente articolo 6 restano assegnati ai Ministeri rispettivamente competenti.

3. La Direzione generale dei servizi civili del Ministero dell'interno e le relative funzioni pre­viste dall'articolo 2, terzo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977; n. 617, sono trasferite al Ministero della sanità.

4. In sede di riordinamento del Ministero della sanità ai sensi dell'articolo 59 della legge 23 di­cembre 1978, n. 833, si dovrà tener conto delle esigenze connesse all'attuazione dei compiti di cui alla presente legge.

 

Art. 8 - Consiglio nazionale della sanità e dei ser­vizi sociali

1. L'articolo 8 della legge 23 dicembre 1978, n. 833 è sostituito dal seguente:

«Art. 8 - 1. È istituito il Consiglio nazionale della sanità e dei servizi sociali con funzioni di consulenza e di proposta nei confronti del Gover­no per la determinazione delle linee generali del­la politica sanitaria e assistenziale e per l'elabo­razione e l'attuazione del piano sanitario nazio­nale.

2. Il Consiglio è sentito obbligatoriamente in ordine ai programmi globali di prevenzione anche primaria, alla determinazione dei livelli di presta­zioni sanitarie stabiliti con le modalità di cui al comma 2 dell'articolo 3 e alla ripartizione degli stanziamenti di cui all'articolo 51, nonché alle fasi di attuazione del servizio sanitario nazionale e al­la programmazione del fabbisogno di personale sanitario necessario alle esigenze del servizio sa­nitaria nazionale. Il Consiglio è, altresì, sentito obbligatoriamente in ordine ai programmi globali di intervento in materia assistenziale, alla deter­minazione dei livelli minimi dei servizi sociali che debbono essere garantiti a tutti i cittadini, alla determinazione dei profili professionali degli ope­ratori sociali, alle pensioni ed assegni di caratte­re continuativo di competenza dello Stato.

3. Esso predispone una relazione annuale sullo stato sanitario e sulla situazione dei servizi so­ciali del paese sulla quale il ministro della sanità riferisce al Parlamento entro il 31 marzo di ogni anno.

4. Il Consiglio nazionale della sanità e dei ser­vizi sociali, nominato con decreto del Presidente della Repubblica su proposta del ministro della sanità e dei servizi sociali, per la durata di un quinquennio, è presieduto dal ministro della sani­tà ed è composto:

a) da due rappresentanti per ciascuna regione e, per quanto concerne la regione Trentino-Alto Adige, da due rappresentanti della provincia di Trento e da due rappresentanti della provincia di Bolzano;

b) da tre rappresentanti del Ministero della sa­nità e da un rappresentante per ciascuno dei se­guenti Ministeri: lavoro e previdenza sociale; pubblica istruzione; interno; grazia e giustizia; di­fesa; tesoro; bilancio e programmazione econo­mica; agricoltura e fareste; industria, commercio e artigianato; marina mercantile; da un rappre­sentante designato dal ministro per il coordina­mento delle iniziative per la ricerca scientifica e tecnologica;

c) dal direttore dell'Istituto superiore di sanità, dal direttore dell'istituto superiore per la preven­zione e la sicurezza del lavoro, da un rappresen­tante del Consiglio nazionale delle ricerche, da dieci esperti in materia sanitaria designati dal CNEL, tenendo presente i criteri di rappresenta­tività e competenze funzionali al servizio sanita­rio nazionale, e da quindici esperti in materia as­sistenziale, di cui dieci designati dal CNEL tenen­do presenti i criteri di competenza funzionale ri­spetto ai servizi socio-assistenziali e cinque de­signati dalle associazioni di rappresentanza del­le istituzioni private di assistenza sociale;

d) da cinque rappresentanti dell'ANCI.

5. Il Consiglio elegge tra i suoi componenti un vice presidente.

6. L'articolazione in sezioni, le modalità di fun­zionamento e le funzioni di segreteria del Consi­glio sono disciplinate con regolamento emanato dal Ministro della sanità, sentito il Consiglio stesso».

 

Art. 9 - Compiti delle regioni

1. La potestà delle regioni in materia di servi­zi sociali e di prestazioni economiche dì cui al comma 4 del precedente articolo 5 è svolta nel rispetto delle norme fondamentali e dei princìpi stabiliti dalla presente legge.

2. Le regioni attuano le finalità della presente legge mediante la programmazione degli inter­venti socio-assistenziali coordinati con gli obiet­tivi definiti in sede di programmazione nazionale e con gli obiettivi generali dello sviluppo regio­nale, secondo le procedure previste nei rispettivi statuti, assicurando comunque il concorso dei co­muni e delle province e tenendo conto delle indi­cazioni e proposte emerse dalla consultazione delle associazioni regionali, delle formazioni so­ciali e degli organismi pubblici e privati e del vo­lontariato operanti nel settore.

3. Le regioni in particolare provvedono a:

a) stabilire le norme generali per la istituzione; l'organizzazione e la gestione dei servizi sociali pubblici, nonché i livelli qualitativi e le forme delle prestazioni;

b) approvare il piano di sviluppo dei servizi so­ciali, coordinandolo con il piano sanitario regio­nale;

c) determinare i criteri generali per il concorso degli utenti e delle persone tenute al manteni­mento e alla corresponsione degli alimenti al co­sto delle prestazioni secondo i princìpi indicati nel precedente articolo 5;

d) determinare le aree territoriali più idonee per una funzionale organizzazione dei servizi, se­condo quanto stabilito al secondo e terzo comma dell'articolo 25 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616; e all'ultimo comma dell'articolo 15 della legge 23 dicembre 1978, n. 833;

e) predisporre e finanziare piani per la formazione e l'aggiornamento professionale del perso­nale addetto ai servizi sociali, promuovendo l'isti­tuzione delle necessarie strutture scolastiche;

f) determinare gli indirizzi di carattere genera­le per la erogazione delle prestazioni economiche straordinarie per i cittadini che si trovino in par­ticolari situazioni di difficoltà personali o fami­liari;

g) individuare i comuni singoli o associati a,i quali affidare i compiti previsti dal regio decreto 8 maggio 1927, n. 798 e successive modifiche e dal regio decreto 29 dicembre 1927, n. 2822, rela­tivamente alle gestanti che intendono partorire in condizioni di riservatezza non volendo ricono­scere i propri nati e nei confronti delle madri e delle gestanti che richiedono e abbisognano di specifici interventi di tipo residenziale;

h) provvedere alla ripartizione fra i comuni sin­goli o associati, comprese le comunità montane, dei fondi comunque disponibili per l'impianto e la gestione dei servizi sociali sulla base delle priorità prospettate dagli organismi predisposti alla gestione dei servizi e definite in sede di pro­grammazione regionale;

i) determinare le condizioni e i requisiti per la iscrizione delle istituzioni private nell'apposito registro regionale nel rispetto dei princìpi fissati nella presente legge;

l) disciplinare le modalità e i criteri per la pre­ventiva autorizzazione a funzionare degli istituti di ricovero e per la vigilanza sulle attività socio­assistenziali svolte nell'ambito regionale, anche ai fini della revoca dell'iscrizione nel registro di cui all'articolo 13;

m) svolgere e promuovere una azione di assi­stenza tecnica diretta alla istituzione e al miglio­ramento dei servizi sociali e favorire la sperimen­tazione di nuovi servizi anche mediante istituzio­ni specializzate pubbliche e private.

4. Entro il 31 dicembre 1984 la legge regionale deve stabilire i modi per l'unificazione degli or­gani di governo e di amministrazione dei servizi sociali e di quelli sanitari e per il collegamento con gli altri servizi finalizzati allo sviluppo socia­le. La legge regionale stabilisce i compiti e le fun­zioni attribuite agli organi di governo e di ammi­nistrazione dei servizi sociali e di quelli sanitari e quelli attinenti ai servizi di base, che verranno esercitati dai singoli comuni o dagli organismi del decentramento comunale, ove istituito. La legge regionale assicura comunque l'autonomia tecni­co-funzionale dei servizi sociali, nonché la distin­zione contabile della gestione dei servizi sociali, secondo quanto previsto dall'ultimo comma dell'articolo 25 del decreto del Presidente della Re­pubblica 24 luglio 1977, n. 616.

 

Art. 10 - Compiti delle province

1. Le province concorrono alla elaborazione del piano regionale di sviluppo dei servizi sociali.

2. Approvano, nell'ambito di tale piano, il pro­gramma provinciale di localizzazione dei presidi socio-assistenziali ed esprimono il parere sulla rispondenza alla gestione dei servizi stessi delle delimitazioni territoriali determinate dalla regio­ne:

3. Le funzioni in materia di assistenza e servizi sociali svolte dalle province sono trasferite ai comuni, singoli o associati; il personale e il patri­monio delle province destinato alle funzioni pre­dette sono trasferiti ai comuni singoli o associa­ti nei tempi e con le modalità stabilite dalla legge regionale.

4. Le somme stanziate nell'esercizio preceden­te l'entrata in vigore della presente legge dalle amministrazioni provinciali per le funzioni di cui al comma precedente sono destinate alle regioni per essere interamente ripartite tra i comuni sin­goli o associati, secondo quanto previsto dalla lettera h) del terzo comma del precedente arti­colo 9.

 

Art. 11 - Ruolo e compiti dei comuni

1. I comuni singoli o associati:

a) partecipano alla elaborazione, realizzazione e controllo del programma regionale di sviluppo dei servizi sociali e stabiliscono le modalità per assicurare ai cittadini il diritto di partecipare al­la programmazione dei servizi stessi, anche me­diante l'intervento dei rappresentanti degli uten­ti e delle formazioni sociali organizzate nel terri­torio, ivi compresi gli organismi rappresentativi delle associazioni e delle istituzioni di cui al suc­cessivo articolo;

b) provvedono all'organizzazione del complesso

dei servizi sociali pubblici localizzati nel loro ter­ritorio qualificando e potenziando i servizi sociali esistenti, anche attraverso la trasformazione del­le strutture già funzionanti e l'istituzione di nuo­vi servizi;

c) stipulano convenzioni con le istituzioni pri­vate iscritte nel registro di cui al successivo ar­ticolo 13;

d) garantiscano il diritto dei cittadini di parte­cipare alla gestione ed al controllo dei servizi so­ciali pubblici stabilendo anche le modalità di in­tervento degli utenti, delle famiglie e delle for­mazioni sociali organizzate nel territorio;

e) erogano le prestazioni economiche straordi­narie e temporanee secondo gli indirizzi generali determinati dalla regione;

f) è affidata ai comuni singoli o associati, ai sensi dei commi precedenti, la gestione dei beni mobili ed immobili e delle attrezzature destinate al patrimonio dei comuni e di quello destinato dai comuni stessi a sedi di servizi sociali;

g) i corrispettivi delle convenzioni di cui alla lettera c) sono riferiti ai costi del servizio in re­lazione ai livelli qualitativi del servizio stesso.

2. Ai fini di cui alla lettera b) i comuni si av­valgono anche della collaborazione del volontaria­to e favoriscono le iniziative di tipo innovatore e sperimentale.

 

Art. 12 - Libertà dell'assistenza privata

1. In conformità all'ultimo comma dell'artico­l0 38 della Costituzione è garantita la libertà di costituzione e di attività alle associazioni, fonda­zioni e altre istituzioni dotate o meno di persona­lità giuridica che perseguano finalità assisten­ziali.

 

Art. 13 - Registro regionale delle istituzioni pri­vate

1. In ogni regione è istituito un registro per l'iscrizione delle associazioni, fondazioni e isti­tuzioni private, anche a carattere cooperativo, do­tate o meno di personalità giuridica, che intendo­no essere consultate, nella fase preparatoria del­la programmazione dei servizi sociali e concorre­re alla stipulazione delle convenzioni di cui al primo comma dell'articolo 11, lettera c).

2. L'iscrizione nel registro delle istituzioni pri­vate, fermo restando il rispettivo regime giuridi­co-amministrativo, è disposta dalla regione, sen­titi i comuni singoli o associati nei cui territori l'istituzione opera, previo accertamento dei se­guenti requisiti:

a) assenza di fini di lucro;

b) idonei livelli di prestazioni, di qualificazione del personale e di efficienza organizzativa ed ope­rativa, secondo gli standards dei servizi sociali fissati, ai sensi dell'art. 9, comma 3, lettera b);

c) rispetto per i dipendenti delle norme contrat­tuali in materia, fatta eccezione per i casi in cui si tratti di prestazioni volontarie o rese in forza di convenzioni fra 1e associazioni, le istituzioni e le fondazioni di cui al primo comma con ordini religiosi o case generalizie;

d) corrispondenza ai princìpi stabiliti dalla pre­sente legge e dalle leggi regionali.

3. Nel rispetto di tali requisiti i servizi gestiti d'ai privati sono inclusi, a domanda, nel piano dei servizi sociali formulato dalle regioni, compatibil­mente con le previsioni del piano stesso, con il concorso dei comuni e delle province.

4. Per le istituzioni operanti in più regioni la iscrizione è effettuata nel registro tenuto presso la regione in cui l'istituzione ha sede legale, sen­tite le altre regioni interessate.

 

Art. 14 - Volontariato

1. È riconosciuta la funzione di utilità sociale delle associazioni e delle altre istituzioni di vo­lontariato dotate o meno di personalità giuridica, liberamente costituite, fondate in prevalenza su prestazioni volontarie e personali dei soci e che concorrano al conseguimento dei fini dell'assi­stenza sociale.

2. Nell'ambito della programmazione e della legislazione regionale i comuni singoli o associa­ti possono stipulare con gli organismi di cui al primo comma accordi per la loro utilizzazione nell'ambito delle strutture pubbliche o in ambiti esterni.

3. Le prestazioni fornite dagli organismi del volontariato devono essere comunque gratuite, salvo il rimborso delle spese vive, previamente concordate.         .

 

Art. 15 - IPAB soppresse

1. Le istituzioni pubbliche di assistenza e be­neficenza che operano nell'ambito regionale sono soppresse entro il 31 dicembre 1984 salvo quan­to disposto dagli articoli successivi.

2. La legge regionale stabilisce le modalità per il trasferimento delle funzioni, dei beni e del personale delle IPAB che operano nell'ambito re­gionale ai comuni singoli e associati, sulla base dei princìpi stabiliti dai successivi commi.

3. Le funzioni vengono trasferite al comune o ai comuni singoli o associati alla cui popolazione erano destinate le prestazioni dell'istituzione sop­pressa.

4. Il patrimonio mobiliare e immobiliare delle istituzioni, con il relativo arredamento e attrez­zature, è trasferito, secondo le modalità ed i cri­teri stabiliti dalla legge regionale, ai comuni sin­goli o associati cui spetta di esercitare le rispet­tive funzioni secondo le disposizioni di cui al comma precedente.

5. I comuni singoli o associati subentrano, dal momento del trasferimento, nelle situazioni pa­trimoniali attive e passive, e nei rapporti pen­denti a qualsiasi titola, inerenti a beni e loro per­tinenze.

6. I trasferimenti ai comuni dei beni delle isti­tuzioni avvengono in esenzione da qualsiasi im­posta o tassa di registrazione.

7. Il patrimonio mobiliare e immobiliare trasferito ai comuni singoli o associati conserva la de­stinazione a servizi socio-assistenziali anche in caso di trasformazione patrimoniale. Eventuali deroghe al vincolo di destinazione possono esse­re eccezionalmente autorizzate dalla regione sul­la base di motivate proposte dei comuni singoli o associati, solo qualora siano state comunque soddisfatte le esigenze di strutture e servizi so­cio-assistenziali dei comuni medesimi.

8. I comuni singoli o associati possono essere autorizzati dalla regione ad effettuare alienazioni patrimoniali fino alla concorrenza delle passività accertate alla data del trasferimento, nell'ambito delle dotazioni patrimoniali trasferite.

9. Il personale delle IPAB in servizio alla data di cui ai commi precedenti è trasferito ai rispet­tivi comuni contestualmente al passaggio delle funzioni nel rispetto della posizione economica e giuridica conseguite presso l'Ente di prove­nienza.

10. I comuni destinatari delle funzioni trasfe­rite effettuano la ricognizione degli scopi delle IPAB soppresse, ne assicurano la continuazione dell'attività con gli adeguamenti necessari per meglio rispondere alle esigenze della comunità locale, nonché il rispetto dei fini originari, in quanto compatibili con gli indirizzi del program­ma regionale.

 

Art. 16 - Trasferimento dei beni delle IPAB

1. Salvo quanto disposto dal successivo com­ma 3, tutti gli immobili trasferiti ai comuni a nor­ma della presente legge, degli articoli 113 e 117 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, della legge di conversione 21 ottobre 1978, n. 641, del decreto-legge 23 dicem­bre 1975, n. 698, già adibiti a centri assistenziali degli enti e delle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza soppresse, comprese quelle già amministrate dagli enti comunali di assistenza, debbono essere destinati a sede di servizi socio­-assistenziali, anche in caso di trasformazione pa­trimoniale.

2. In via transitoria e comunque fintanto che non sarà realizzato un equilibrato sviluppo dei servizi sociali in tutto il territorio nazionale, i co­muni cui sono trasferiti immobili di cui al comma 1, destinati ad utenti di più comuni, provvedono a garantire, attraverso l'associazione con i comuni limitrofi o con convenzioni con altri comuni, la continuità delle prestazioni ai cittadini interes­sati.

3. I proventi netti derivanti dall'amministrazio­ne e dalla eventuale trasformazione patrimoniale dei beni acquisiti per trasferimento dai comuni e dalle regioni in forza delle disposizioni di legge di cui al comma 2, debbano essere portati ad in­cremento dei fondi di bilancio iscritti per lo svol­gimento di attività socio-assistenziali.

4. La gestione finanziaria di tutta l'attività di assistenza e di tutti i beni trasferiti ai comuni concernenti le istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza, gli enti comunali di assistenza e gli enti nazionali di cui al decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, viene con­tabilizzata separatamente.

 

Art. 17 - Esclusione delle IPAB dal trasferimento

1. In deroga all'articolo 15 sono escluse dal trasferimento ai comuni le IPAB comprese nelle seguenti categorie:

a) istituzioni aventi struttura associativa. Tale struttura sussiste allorché ricorrono congiunta­mente le seguenti condizioni:

1) che la costituzione dell'ente sia avvenuta per iniziativa volontaria dei soci o promotori pri­vati;

2) che l'amministrazione ed il governo della istituzione siano, per disposizioni statutarie, de­terminati dai soci, nel senso che gli stessi eleg­gano almeno la metà dei componenti l'organo collegiale deliberante;

3) che l'attività dell'ente si esplichi preva­lentemente, a norma di statuto, sulla base di pre­stazioni volontarie e personali dei soci e con mezzi derivanti da atti di liberalità o da contributi dei soci. Le prestazioni volontarie e personali dei soci non possono consistere in mere erogazioni pecuniarie;

4) che il patrimonio risulti prevalentemente formato da beni derivanti da atti di liberalità o da apporti dei soci;

b) istituzioni di ispirazione religiosa. Tale cir­costanza sussiste quando ricorrano congiunta­mente i seguenti elementi:

1) che l'attività istituzionale attualmente svolta persegua indirizzi e finalità religiosi;

2) che l'istituzione risulti collegata ad una confessione religiosa mediante la designazione negli organi collegiali deliberanti, in forza di di­sposizioni statutarie, di ministri del culto o di ap­partenenti a istituti religiosi o di rappresentanti di autorità religiose, e mediante la collaborazione di personale religioso come modo qualificante di gestione del servizio.

2. Entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge il legale rappresentante del­le IPAB interessate alla esclusione dai trasferi­mento presenta alla regione e ai comuni interes­sati domanda per l'applicazione del presente arti­calo, fornendo gli elementi utili ai fini della esclu­sione dal trasferimento ai comuni.

3. Entro i successivi trenta giorni i comuni in­teressati fanno pervenire le proprie osservazioni alla regione.

4. Entro i successivi trenta giorni, le regioni, anche in assenza delle comunicazioni dei comuni di cui al comma 3, trasmettono alla Presidenza del Consiglio dei ministri l'elenco delle IPAB da escludere dal trasferimento ai sensi dei commi precedenti, con adeguata motivazione, nonché l'elenco delle IPAB per le quali è stato accertato il difetto delle condizioni previste al primo com­ma del presente articolo, con adeguata motiva­zione.

5. Il Presidente del Consiglio dei ministri entro i successivi 30 giorni provvede ad emanare il de­creto di esclusione dal trasferimento ovvero quel­lo di accertamento del difetto delle condizioni di cui al primo comma del presente articolo.

6. Le IPAB, così escluse dal trasferimento ai comuni, continuano a sussistere come enti mora­li assumendo la personalità giuridica di diritto privato e rientrando nella relativa disciplina.

7. Ove non sia stata presentata la domanda di esclusione di cui al precedente comma 2, entro il termine ivi prescritto, le IPAB sano soppresse e trasferite ai comuni, ai sensi del comma 1 del presente articolo.

8. Il trasferimento ai comuni dei beni, delle funzioni e del personale per le IPAB soppresse decorre dalla data di emanazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri che accerta il difetto delle condizioni previste per l'inquadra­mento delle IPAB in una delle categorie di cui al primo comma del presente articolo, ovvero dalla scadenza del termine entro il quale deve essere presentata la domanda di esclusione del trasferi­mento ove non presentata.

9. Ai fini della esclusione dal trasferimento delle IPAB interregionali di cui alla annotazione apposta alla tabella B allegata al decreto del Pre­sidente della Repubblica 24 luglio 1977; n. 616, si applicano i criteri di cui al presente articolo.

10. Qualora i pareri delle regioni nel cui terri­torio l'IPAB interregionale opera siano discordi, vale il criterio della maggioranza. In caso di pari­tà, decide il Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Art. 18 - Fondo nazionale per i servizi sociali

1. Presso il Ministero del tesoro è istituito un Fondo nazionale per i servizi sociali costituito:

a) dal fondo per gli asili nido istituito con leg­ge 6 dicembre 1971, n. 1044;

b) dal fondo speciale di cui all'articolo 10 della legge 23 dicembre 1975, n. 689 (ONMI);

c) dal fondo sociale di cui all'articolo 75 della legge 27 luglio 1978, n. 392 (Disciplina delle loca­zioni di immobili urbani);

d) dai fondi previsti dall'articolo 1-duodecies della legge 21 ottobre 1978, n. 641 (ENAOLI, ONPI, ANMIL);

e) dai proventi netti di cui al terzo comma dell'articolo 117 del decreto del Presidente della Re­pubblica 24 luglio 1977, n. 616 (Beni in liquidazio­ne degli enti nazionali, sedi centrali);

f) dalle quote degli utili di gestione degli isti­tuti di credito devolute in base ai rispettivi statu­ti, a finalità assistenziali;

g) dal fondo di cui alla legge 22 dicembre 1975, n. 685 (Disciplina degli stupefacenti);

h) dal fondo di cui alla legge 29 luglio 1975, n. 405 (Istituzione dei consultori familiari);

i) dal fondo di cui alla legge 22 maggio 1978, n. 194 (Norme sull'interruzione volontaria di gra­vidanza);

1) dal fondo di cui alla legge 3 giugno 1971, n. 404 (Norme sui sussidi agli hanseniani);

m) dal fondo di cui alla legge 14 dicembre 1970, n. 1088 (Prestazioni economiche a favore dei cit­tadini colpiti da tubercolosi);

n) da una somma aggiuntiva pari a lire 4.000 miliardi per il triennio 1984-1986 iscritta nello sta­to di previsione del Ministero del tesoro in ragio­ne di lire 1.000 miliardi nell'anno 1984, di lire 1.500 miliardi nell'anno 1985 e di lire 2.500 miliar­di nell'anno 1986.

2. Le somme stanziate a norma del comma 1, vengono ripartite con delibera del Comitato in­terministeriale per la programmazione economi­ca (CIPE) tra tutte le regioni, su proposta del Mi­nistero della sanità e dei servizi sociali, sentito il Consiglio nazionale della sanità e dei servizi sociali.

3. Le somme stanziate a norma del comma 1, vengono ripartite tra tutte le regioni comprese quelle a statuto speciale, tenuto conto delle indicazioni contenute nei piani regionali e sulla base di indici e di standards individuati dal Consiglio nazionale della sanità e dei servizi sociali, distin­tamente definiti per la spesa corrente e per la spesa in conto capitale. Tali indici e standards devono tendere a garantire livelli di prestazioni uniformi su tutto il territorio nazionale, eliminan­do progressivamente le differenze strutturali e di prestazioni tra le regioni.

 

Art. 19 - Finanziamento delle attività socio-sani­tarie

1. Una quota non superiore al 5 per cento dello stanziamento annuale ad essi destinato del Fondo di cui all'articolo 18 della presente legge può essere utilizzata dai comuni singoli o associati per attività socio-sanitarie.

2. Parimenti può essere utilizzata dai comuni singoli o associati una quota non superiore al 5 per cento dello stanziamento annuale del Fondo sanitario nazionale ad essi destinato per attività socio-sanitarie.

 

Art. 20 - Ripartizione del Fondo nazionale per i servizi sociali

1. La ripartizione del Fondo nazionale per i ser­vizi sociali avviene sulla base di programmi pre­sentati dalle singole regioni, tenendo conto dell'esigenza di garantire:

a) la gestione dei servizi esistenti;

b) lo sviluppo dei servizi sociali territoriali, spe­cie di quelli destinati ai minori, agli anziani e agli inabili, con riferimento ad esigenze di riequilibrio;

c) le erogazioni economiche straordinarie di cui all'ultimo comma dell'articolo 5 della presente legge.

2. Alle iniziative di cui alla lettera b) del com­ma 1 deve essere destinato non meno del 30 per cento della quota del Fondo nazionale per i servi­zi sociali.

 

 

Art. 21 - Soppressione dl enti pubblici

1. I Comitati provinciali di assistenza e bene­ficenza pubblica sono soppressi e le residue fun­zioni sono attribuite ai comuni singoli o associati nei modi e nelle forme stabilite dalle leggi regio­nali.

2. I consigli di aiuto sociale di cui agli articoli 74 e seguenti della legge 26 luglio 1975, n. 354, sono soppressi. Le funzioni, i beni e il personale sono trasferiti ai comuni singoli o associati nei modi e nelle forme stabilite dalle leggi regionali. Sono abrogate le norme previste dall'art. 154 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza ap­provato con regio decreto 18 giugno 1931, n. 773; sono altresì abrogate le norme di cui all'articolo 15 del decreto legislativo luogotenenziale 22 marzo 1945, n. 173.

 

Art. 22 - Stato giuridico del personale

1. Lo stato giuridico ed economico del perso­nale degli enti nazionali, le cui funzioni in mate­ria assistenziale siano state integralmente o par­zialmente trasferite, delegate o attribuite alle re­gioni o agli enti focali in base al decreto del Pre­sidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616 e alla legge 21 ottobre 1978, n. 641, viene discipli­nato secondo le disposizioni al riguardo contenu­te nella legge 23 dicembre 1978, n. 833.

2. Le leggi regionali previste dall'articolo 123 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, verranno adottate nei tempi e secondo princìpi e criteri direttivi previsti dal terzo e quarto comma dell'articolo 47 della legge 23 dicembre 1978, n. 833.

 

Art. 23 - Iscrizione nei ruoli nominativi regionali

1. Con legge regionale, così come previsto dall'articolo 68 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, viene disciplinata l'iscrizione nei ruoli nominativi regionali di cui al quarto comma dell'articolo 47 della legge 23 dicembre 1978, n. 233, del perso­nale delle IPAB soppresse in base agli articoli 15 e 17 della presente legge; del personale degli en­ti comunali di assistenza disciolti in base all'otta­vo comma dell'articolo 25 del decreto del Presi­dente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616; del personale delle province adibito alle funzioni as­sistenziali trasferite ai comuni in base all'artico­l0 10 della presente legge; del personale dipen­dente dai comuni addetto alle attività assistenzia­li; del personale degli enti nazionali disciolti in base all'articolo 113 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616; del perso­nale statale trasferito ai sensi dell'articolo 112 del decreto del Presidente della Repubblica 24 lu­glio 1977, n. 616.

2. Il personale di cui al comma 1 è assegnato ai comuni singoli o associati, nella posizione giu­ridica e funzionale corrispondente a quella rico­perta nell'ente di provenienza, secondo le tabelle di equiparazione previste dal terzo comma, n. 3 dell'articolo 47 della legge 23 dicembre 1978, n. 833.

3. In sede di applicazione dell'accordo nazio­nale unico di cui al nono comma dell'articolo 47 della citata legge, al personale in oggetto spetta il trattamento economico previsto dall'ordinamen­to vigente presso gli enti di provenienza, ivi com­presi gli istituti economico-normativi previsti dal­le leggi 18 marzo 1968, n. 431, e 21 giugno 1991, n. 515, e dai decreti applicativi delle medesime.

 

Art. 24 - Adeguamento della legislazione regionale

1. Le regioni adeguano le proprie legislazioni agli obiettivi ed ai princìpi stabiliti dalla presente legge entro il 31 dicembre 1984.

 

Art. 25 - Regioni a statuto speciale

1. Le norme fondamentali della presente leg­ge, in quanto legge di riforma economico-sociale della Repubblica, si estendono alle regioni a sta­tuto speciale e alle province autonome di Trento e Bolzano.

 

Art. 26 - Abrogazione di norme incompatibili

1. Sono abrogati:

a) la legge 17 luglio 1890, n. 6972 e successive modificazioni e integrazioni e relativi regolamenti di esecuzione;

b) gli articoli 91, lettera h), e 144, lettera h), del testo unico delle leggi comunali e provinciali ap­provate con regio decreto 3 marzo 1934, n. 383;

c) la legge 3 giugno 1937, n. 847;

d) il regio decreto-legge 14 aprile 1944, n. 125;

e) ogni altra norma che risulti incompatibile ed in contrasto con le disposizioni contenute nella presente legge.

 

 

 

(1) Proposta di legge n. 259 «Legge quadro sui servizi sociali», presentata alla Camera dei Deputati dall'On Aniasi e da altri parlamentari del PSI in data 2 luglio 1987. Il testo non è stato corretto dai presentatori. Infatti, a se­guito di disposizioni regolamentari della Camera dei Depu­tati di cui non si comprende la validità, i parlamentari pos­sono presentare proposte di legge sulla base di una ste­sura provvisoria. La correzione del testo può essere fatta dal presentatore anche dopo anni, addirittura con la possi­bilità di cambiare totalmente gli articoli presentati.

 

 

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