Prospettive assistenziali, n. 83, luglio-settembre 1988

 

 

LA CARITÀ È ANCHE IMPEGNO POLITICO

GIUSEPPE PASINI (*)

 

 

Per gentile concessione dell'Autore, riproduciamo integralmente l'articolo apparso su «Italia Caritas», n. 5, maggio 1988, articolo che trae ispirazione dal seminario di studio sul tema «La carità tra solidarietà e impegno sociale e poli­tico», organizzato dalla Pontificia Università Lateranense in collaborazione con la Caritas italiana.

La carità, prima che un comando - diceva don Bruno Maggioni, relatore al convegno - è un evento storico, è l'intera storia di Cristo: Gesù, che è come la sintesi della storia della salvezza, ci ha mostrato come Dio ama il mondo e ci ha comandato di ripresentare la sua storia di amore, amandoci reciprocamente come lui ci ha amati.

Per essere «ripresentazione» dell'amore di Gesù, l'amore del cristiano e della comunità cristia­na per l'uomo deve avere lo stesso obiettivo - fare di tutti gli uomini una sola famiglia -, le stesse caratteristiche - l'universalità, la gra­tuità, la difesa dei deboli, la liberazione e la pro­mozione di tutti ecc. - lo stesso metodo - il metodo non violento, il dialogo, il convincimento anziché l'imposizione -: in tal modo la carità del cristiano diventa messaggio, rivelazione, anche se inadeguata, di una realtà diversa, superiore, qual è l'amore infinito di Dio per l'uomo.

 

La carità è condivisione e denuncia

Ma l'amore per l'uomo, come ripresentazione dell'amore di Dia, va calato storicamente e l'aiu­to e il servizio vanno commisurati alle condizio­ni di bisogno, alle povertà e ai condizionamenti sociali, economici, politici che li generano. Amare il povero significa senz'altro accostarsi a lui con sentimenti di «compassione» sulla scia del buon samaritano, ma significa anche interrogarsi sul "perché" egli è povero, e impegnarsi - co­me dice il Concilio - a liberarlo «dallo stato di dipendenza altrui» e a farlo diventare «sufficiente a se stesso» (A.A.8).

Già Papa Leone XIII, scrivendo la lettera enci­clica «Rerum Novarum» aveva denunciato che i nuovi poveri - i proletari - erano «folla», che le cause della loro condizione andavano ricer­cate nelle «strutture economiche e sociali, e che di conseguenza la carità, intesa solo come assi­stenza e beneficenza, era risposta inadeguata alla povertà; essa doveva perciò saldarsi strettamen­te alla giustizia». Era lo Stato che doveva farsi carico di salvaguardare i diritti di tutti ed era compito di tutti i cristiani impegnarsi a costruire uno Stato capace di perseguire il bene comune.

L'enciclica di Giovanni Paolo II - «Sollicitudo Rei Socialis» - dà a questa lettura delle povertà e delle ingiustizie un respiro mondiale; parla di peccati individuali e di «strutture di peccato» (n. 36). La «brama esclusiva dei profitto» e la «sete del potere» sono alla base di «meccanismi perversi» della «divisione in blocchi sostenuti dalle ideologie», del sacrificio di interi popoli.

 

La carità è difesa dell'uomo

Cosa significa amare l'uomo in queste condi­zioni? Qual è la carità vera? La risposta viene da un messaggio dell'enciclica, là dove il Papa afferma «la realtà dell'essere umano... è fonda­mentalmente sociale» (29): l'«uomo, quindi, per essere amato veramente, va raggiunto in questa sua dimensione sociale così come storicamente si è configurata, in un contesto quindi in cui oggi vige "l'ingiustizia della cattiva distribuzione dei beni e dei servizi, destinati originariamente a tutti" (50): è da questo contesto che l'uomo va aiutato a recuperare dignità e libertà».

Mons. Alfredo Battisti, commentando al conve­gno, il passo dell'ultima enciclica, che parla di doverosa "opzione fondamentale per i poveri", afferma che essa, nel quadro del bene comune, oggi significa anche che: «La soddisfazione dei bisogni primari degli ultimi deve avere la prece­denza sui beni di consumo e di lusso» e che «Gli investimenti produttivi di ricchezza devono esse­re finalizzati a creare posti di lavoro».

Il presule richiamava poi, a conferma di ciò, un discorso di Giovanni Paolo II: «I bisogni dei poveri hanno priorità sui desideri dei ricchi; i diritti dei lavoratori sulla massimizzazione dei profitti; la produzione che concerne i bisogni so­ciali sulla produzione a scapi militari». (Discorso in Canada - 1984).

 

L'impegno sociale e politico è la verifica della carità

Perché lo Stato procuri veramente il bene co­mune è necessario che tutti i cittadini vivano il dovere della partecipazione e che siano dispo­nibili anche ad accettare i sacrifici che il bene comune comporta; ma soprattutto che si siano allenati, a livello personale e familiare, ad «alle­viare la miseria dei sofferenti vicini e lontani non solo con il superfluo, ma anche con il necessa­rio» (31).

Così la carità vissuta nel quotidiano sostiene e alimenta la carità vissuta a livello sociale e politico; e l'impegno sociale e politico diventa a sua volta la verifica che la carità e la passione per l'uomo sono autentiche.

 

 

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