Prospettive assistenziali, n. 82, aprile-giugno 1988

 

 

TELEFONO AZZURRO: DISTORSIONI DEL GIORNALE «AVVENIRE»

 

 

Il 15 febbraio 1988 Stampa sera del lunedì pub­blicava l'articolo «Telefono azzurro: a che gio­va?», in cui erano riprese le considerazioni ap­parse sul n. 80, ottobre-dicembre 1987, di Pro­spettive assistenziali.

In sintesi il quotidiano torinese precisava che il coinvolgimento dell'Aipai, Associazione per la prevenzione dell'abuso all'infanzia nell'iniziativa «Telefono azzurro» era stata smentita dal Giudice Giorgio Battistacci, Presidente della suddetta organizzazione.

Inoltre Stampa sera, riportando fedelmente quanto scritto su Prospettive assistenziali, rile­vava che «Telefono azzurro» mai aveva pubblicizzato la violenza continua subita dai 70 mila minori ricoverati in istituto.

Infine sul giornale era trascritta la proposta di Prospettive assistenziali: «Sarebbe più sempli­ce e più serio informare la gente sulla possibilità di compiere segnalazioni ai Tribunali e alle procure per i minorenni, alle USL o agli Enti lo­cali che gestiscono i servizi socio-assistenziali», aggiungendo che vi era «l'urgenza di pubblicizza­re le carenze spesso spaventose dei suddetti servizi oppure gli obblighi troppo spesse disat­tesi che la legge impone ai giudici tutelari: dalla trasmissione al tribunale minorile dei ricoverati in presunto stato di abbandono al periodico con­trollo delle condizioni familiari e personali di tutti i piccoli in istituto».

Gli articoli apparsi su Stampa sera e Prospet­tive assistenziali hanno scatenato le ire del gior­nale Avvenire (1). Le critiche al silenzio di «Tele­fono azzurro» sui 70 mila minori ricoverati in istituto non sarebbero altro che «rimestare la vecchia questione della istituzionalizzazione dei minori».

Avvenire, inoltre, accusa Prospettive assisten­ziali di attaccare «Telefono azzurro» per il fatto che «l'iniziativa sia privata e non pubblica».

Si tratta di un vero e proprio falso, per accer­tare il quale è sufficiente rileggere l'articolo da noi pubblicato: non c'è una sola parola sul carat­tere pubblico o privato di «Telefono azzurro».

Ma un falso solo non è sufficiente, Avvenire ne ha compiuto un secondo affermando che nell'ar­ticolo di Prospettive assistenziali c'era «una cri­tica sulla professionalità degli operatori del te­lefono azzurro». Anche in questo caso non ave­vamo scritto una sola parola al riguardo.

Infine dobbiamo rilevare che 26 anni di attivi­tà svolta dall'Associazione nazionale famiglie adottive e affidatarie, che è stata chiamata a far parte del Consiglio nazionale per i problemi dei minori, e il lavoro svolto dal CIAI, Centro italia­no per l'adozione internazionale, sono la più effi­cace smentita alla insinuazione del giornale Av­venire circa gli «interessi particolari» che avreb­bero spinto le due associazioni a prendere posi­zione nei riguardi di «Telefono azzurro». Questi in­teressi particolari, secondo il giornale cattolico, consisterebbero nella «abitudine a considerare l'intervento sui minori come qualcosa che non necessariamente debba prevedere il tentativo di rimettere in piedi la famiglia d'origine del ra­gazzo». È invece vero, come ben sanno i lettori dì Prospettive assistenziali, l'azione delle due associazioni si è sempre rivolta al recupero, quando possibile, delle famiglie d'origine.

Nei confronti di «Telefono azzurro» la posi­zione di Prospettive assistenziali coincide prati­camente con quella del Presidente dell'Associazione per la prevenzione dell'abuso all'infanzia, il quale, nell'articolo apparso su Il Messaggero del 2 gennaio 1988, ha rilevato, fra l'altro, quanto segue: «Sussiste il rischio che certe segnala­zioni siano il frutto di mitomanie infantili o di malvagità di adulti irresponsabili che possono colpire con accuse infamanti persone del tutto innocenti can conseguenze anche disastrose co­me angosce personali, rotture familiari, isola­mento sociale ecc.».

«A tal fine, altre ad una adeguata preparazio­ne del personale addetto al telefono, sarebbe necessaria prevedere un filtro per le segnalazio­ni e istituire linee telefoniche diffuse sul terri­torio nazionale in modo da poter effettuare più precise verifiche ed avere maggiore conoscenza degli ambienti dai quali le segnalazioni proven­gono.

«In secondo luogo andrebbe garantita la mas­sima riservatezza di ogni segnalazione.

«Ancora forse andrebbe più opportunamente perseguita la via di non raccogliere la segnala­zione diretta dei casi ma di indirizzare i cittadini, che intendono effettuare segnalazioni, ai servizi socio-assistenziali degli Enti locali o delle Unità Socio-sanitarie locali o, in estrema ipotesi, alle Procure per i minorenni e ai Tribunali per i mino­renni.

«Infine l'iniziativa non dovrebbe rimanere iso­lata perché insufficiente di per sé se non si attua una nuova mobilitazione rivolta a creare quello che manca, almeno in larghe zone del Paese, cioè una rete molto diffusa sul territorio di servizi socio-assistenziali capaci non solo di intervenire allorché la violenza o l'abuso si sono compiuti, ma di depistare per tempo tutte le situazioni fa­miliari e istituzionali a rischio tali da poter origi­nare forme di abusi in danno di bambini e di ra­gazzi. La poca attenzione che si è avuta negli ul­timi anni verso le politiche sociali, sul piano na­zionale e locale, unita ai tagli delle spese sanita­rie sociali non fanno sperare molto».

 

 

 

(1) Cfr. l'articolo del 17 febbraio 1988.

 

 

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