Prospettive assistenziali, n. 81, gennaio-marzo 1988

 

 

ANCHE A BOLOGNA GLI ANZIANI CRONICI NON AUTOSUFFICIENTI SONO ABBANDONATI DAGLI OSPEDALI

 

 

Come risulta dalle dichiarazioni rilasciate dal Centro per i diritti del malato (1), anche a Bologna è molto preoccupante la situazione degli anziani cronici non autosufficienti.

Il prof. Carlo Hanau, docente universitario di economia sanitaria e componente della Segreteria del Centro suddetto, ha sostenuto su «II Resto del Carlino» del 5 agosto 1987 che il settore ospe­daliero della città «scarica gli anziani appena possibile, li butta fuori perché li considera malati di poco interesse. In questa operazione - ha proseguito Hanau - sono complici medici, amministratori e infermieri, poi ci sono le assistenti sociali, che nel 99 per cento dei casi fanno solo assistenza nei confronti dell'USL e non del malato», ag­giungendo che «le assistenti sociali spessissimo colpevolizzano i familiari, dicono che il vecchio devono tenerselo loro o, caso mai, metterlo in ca­sa di riposo. Insomma non danno una mano a1 paziente, aiutano l'USL a liberarsi di questo ca­rico scomodo» (2).

Sostiene inoltre il rappresentante del Centro per i diritti del malato: «Ma se gli ospedali li ten­gono, li trattano male. Secondo una indagine svolta al Sant'Orsola tre anni fa, le piaghe da de­cubito colpiscono oltre il 4% dei degenti, e la percentuale incide con una frequenza molto mag­giore tra anziani e lungodegenti. Questo a Bolo­gna, e quando all'estero parliamo di piaghe da decubito, loro rispondono: perché, da voi esisto­no ancora?».

Nell'articolo pubblicato su «Il Resto del Carli­no» del 26 agosto 1987, Vittorio Savini riporta le affermazioni di una assistente sociale: «In certi reparti la parola d'ordine è: sgombrare i letti. Ca­pita, certo, ma mi dà fastidio che Hanau sostenga che noi siamo complici di questo sgombero. Per­ché più d'una volta e anche recentemente, per evitare che un paziente fosse dimesso troppo in fretta, mi sono ritrovata a dire al medico: faccia­mo attenzione, perché può darsi che il malato va­da in Procura a denunciarla per omissione di soccorso».

Nello stesso articolo, è scritto che a Bologna i familiari degli anziani cronici non autosufficienti espulsi dagli ospedali «hanno a disposizione una scelta molto vasta di ambienti più o meno belli, sicuramente tutti molto costosi».

Si tratta, è ovvio, di strutture assistenziali, le case protette tanto decantate dagli Amministra­tori regionali e locali dell'Emilia-Romagna, che provvedono al ricovero con una quota a carico degli utenti e dei parenti che supera le 40 mila lire al giorno!

Affinché possa essere meglio compresa la si­tuazione locale riportiamo la lettera di Alberto Mantovani, pubblicata sul Resto del Carlino del 29 aprile 1987. «Non so a cosa serviranno que­ste righe, di certo non a far cambiare le cose da come vanno adesso. Di certo non toglieranno a mio nonno il dolore delle piaghe da decubito che nove giorni di ricovero all'ospedale Sant'An­na di Ferrara gli hanno procurato.

«Questo è quanto volevo dire, denunciare co­me un vecchio, dopo la constatazione di un non possibile intervento, venga dimesso, con la op­posizione dei familiari che ribadiscono di non aver strutture e competenze per curarlo, e dopo una vergognosa assistenza tale da procurargli piaghe dolorosissime alla schiena.

«È vergognoso che solo per l'interessamento del sindaco di Formignana, paese dove risiede mio nonno, Aroldo Mantovani, di anni 90, sia stato trasferito per qualche giorno ancora all'o­spedale di Copparo dove è stato visitato dalla speciale commissione medica per l'assistenza domiciliare, che "forse" gli verrà concessa tra qualche giorno.

«Intanto mio nonno è stato trasportato a casa scaricato dai barellieri e lasciato senza una me­dicina o una prescrizione, a gente inesperta, in attesa della comoda decisione della commissio­ne o di qualche santo, mentre una infermiera a pagamento cura le sue "ferite da ospedale"» (3).

Alla lettera suddetta il Prof. Hanau ha rispo­sto nei seguenti termini: «La lettera qui allegata costituisce ormai non l'eccezione ma la regola del cattivo trattamento riservato dall'ospedale agli anziani. Una frattura del femore (questo il caso del signor Mantovani) conduce d'urgenza al pronto soccorso dell'ospedale; qui spesso i sanitari constatano che non c'è possibilità di intervenire chirurgicamente, ed il malato viene lasciato fermo nel letto per una decina di giorni, più che sufficiente per provocare le terribili pia­ghe da decubito: la pelle e la carne marciscono e si apre la porta all'infezione che conduce alla morte.

«Si dice che manca il personale per mobiliz­zare il malato e l'attrezzatura utile, come i ma­terassi antidecubito, ma nessuno si preoccupa di insegnare ai parenti, quando pure sono dispo­nibili, le manovre necessarie per muovere il loro congiunto. Così dopo una decina di giorni l'ospe­dale sollecita i parenti a riprendersi il nonno a casa, in condizioni ben peggiori di quelle nelle quali si trovava prima del ricovero e senza poter garantire neppure la visita di un infermiere do­miciliare per curare fa piaga da decubito.

«I familiari che non se la sentono di prendersi questo carico assistenziale vengono colpevoliz­zati e si arriva ad inventare leggi inesistenti per dimettere a tutti i costi il malato.

«A Bologna capita molto raramente che il frat­turato di femore non venga operato; l'intervento chirurgico, che deve essere eseguito possibil­mente entro le 24 ore dal trauma, deve adattar­si all'età: vi sono protesi che consentono di ap­poggiare la gamba già dopo 48 ore dall'opera­zione.

«In ogni caso tutti gli interventi consentono una rapida mobilizzazione, che tuttavia non vie­ne eseguita per mancanza di personale e di or­ganizzazione; pertanto si vanifica lo scopo stes­so dell'intervento degli ortopedici, che consiste nell'eliminare il dolore e nel permettere la mo­bilità autonoma.

«Da alcuni anni é in corso la preparazione di un'organizzazione integrata dell'assistenza al fratturato di femore anziano che prevede il lavo­ro di équipes composte da ortopedici, geriatri e specialisti nella riabilitazione. Purtroppo le buo­ne intenzioni dei dirigenti non sono state tradot­te in realtà operative per motivi incomprensibili».

 

 

(1) Si tratta di una organizzazione diversa dal Tribunale del malato.

(2) Ricordiamo le deplorevoli vicende avvenute a Bolo­gna, indice di un preoccupante livello di degradazione uma­na e sociale, da noi denunciate nell'editoriale del n. 77 di Prospettive assistenziali.

(3) Lo scarico a domicilio degli anziani cronici non auto­sufficienti da parte dei barellieri bolognesi sembra essere una modalità molto praticata. Come abbiamo scritto nell'editoriale del n. 77 di Prospettive assistenziali, una donna di 82 anni non autosufficiente, che viveva da sola ed era priva di parenti, è stata addirittura trasferita dall'ospe­dale e abbandonata a casa sua per poter liberare un posto letto.

 

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