Prospettive assistenziali, n. 78, aprile-giugno 1987

 

 

IL TESTO INTEGRALE DELLA PRONUNCIA DEL CONSIGLIO NAZIONALE DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE

 

 

Adunanza del 2 luglio 1986

 

OGGETTO: Pronuncia, di propria iniziativa, in ordine alla revisione della normativa sull'integra­zione scolastica degli alunni in situazione di han­dicap nelle scuole materne, elementari e medie.

 

IL CONSIGLIO NAZIONALE DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE

 

VISTO l'art. 8 del D.P.R. 31 maggio 1974, n. 416;

TENUTO CONTO dell'esigenza formulata nella adunanza del 7 novembre 1985 (contestualmente al parere espresso sul testo dei nuovi program­mi dei corsi biennali di specializzazione di cui agli artt. 8, 10 e 11 del D.P.R. n. 670/75) di pro­cedere ad una ridefinizione della normativa ri­guardante l'integrazione scolastica dei soggetti portatori di handicaps;

VISTA la legge 30 marzo 1971, n. 118;

VISTO il D.P.R. 31 maggio 1974, n. 416;

VISTA la legge 5 agosto 1975, n. 412;

VISTO il D.P.R. 31 ottobre 1975, n. 970;

VISTO il D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616;

VISTA la legge 4 agosto 1977, n. 517; VISTA la legge 20 maggio 1982, n. 270;

VALUTATI attentamente i pareri espressi - in sede istruttoria - in ordine all'argomento in og­getto, dai Comitati a carattere orizzontale relativi rispettivamente alla scuola materna, elementare e media, ì quali hanno potuto avvalersi dell'ab­bondante e pregevole materiale documentario messo a disposizione dall'Ufficio Studi e Program­mazione del Ministero della P.I., e hanno preso in esame le varie proposte e disegni di legge in materia presentati in Parlamento;

SENTITA la Commissione consiliare incaricata di unificare i documenti istruttori dei tre Comitati orizzontali suddetti,

FORMULA

di propria iniziativa, la seguente pronuncia.

 

 

PREMESSA

 

La coscienza morale e civile del Paese ha or­mai acquisito il valore dell'integrazione scolasti­ca degli alunni in situazione di handicap. Esso, pertanto, va difeso e riaffermato contro ogni ten­tativo diretto a riprodurre fenomeni dì emargi­nazione; e, nel contempo, va sviluppato il massi­mo impegno per dare piena efficacia istituziona­le e operativa all'integrazione stessa.

Il problema ha, nel nostro Paese, una storia ricca di elaborazioni culturali e politiche che, tro­vando sostanza nella riflessione antropologica e pedagogica italiana, ha avuto modo di esplici­tarsi definitivamente nel complessivo movimento degli anni '70 che riesaminò i contenuti e i termi­ni del vivere sociale, dei suoi rapporti, delle dina­miche personali e collettive.

A quel tempo risalgono i primi interventi di natura normativa (legge n. 118/71) e le prime ap­profondite riflessioni sulla diversità come cate­goria antropologica del vivere sociale.

In una società industriale, tesa a razionalizzare i processi di accumulazione e di trasformazione, si è venuto chiedendo alla scuola la prestazione di un servizio qualitativo e quantitativo diverso: tempo pieno, attività integrative, abolizione delle classi differenziali, nuovi standards istruttivi, ecc. L'inserimento degli alunni handicappati veniva sollecitato non solo come compito della scuola ma della società complessivamente intesa, che deve offrire opportunità e garanzie a ciascuno rispetto ai vari settori della vita sociale e civica. Emerse così in Italia un quadro legislativo di ri­ferimento sulla materia che ha coinvolto le strut­ture pubbliche nel loro complesso (legge n. 412/ 1975; D.P.R. n. 416/74; D.P.R. n. 970/75; D.P.R. n. 616/77; legge n. 517/77).

Venivano modificate le strutture della convi­venza e, di conseguenza, emergeva il bisogno di ripensare e verificare anche ì contenuti della scuola, che divenne sempre più «un ambiente di apprendimento» che promuove «l'uguaglianza delle opportunità». In questo quadro, mentre si approfondiva la riflessione didattico-pedagogica sul problema, si è tuttavia venuta mano a mano allentando la tensione collettiva e la prestazione sociale dei servizi. La scuola si è trovata ad agire in condizioni dì isolamento e il problema dell'in­serimento e dell'integrazione è stato quasi esclu­sivamente delegato agli operatori scolastici, ben­ché nel frattempo la riforma sanitaria, l'istituzio­ne dei consultori familiari, la attivazione delle convenzioni avessero esplicitamente affidato alle strutture pubbliche i compiti sanitari, assisten­ziali, riabilitativi.

 

ESIGENZA DI ADEGUARE LA NORMATIVA

 

Emerge oggi in maniera inderogabile il bisogno di rivedere complessivamente il problema sotto l'aspetto giuridico-normativo e sotto quello orga­nizzativo-istituzionale, tenendo soprattutto con­to che nel frattempo i nuovi programmi della scuola elementare e della scuola media hanno già affermato l'esigenza che le difficoltà individuali non si trasformino in difficoltà di apprendimento e in condizionamenti comportamentali.

Sul piano generale, le esperienze di integrazio­ne hanno dimostrato che la normativa vigente può essere considerata avanzata rispetto a quella di altri Paesi europei. Tuttavia, è necessario ricono­scere che sul piano dell'applicazione pratica essa incontra ancora una somma di ostacoli che inci­dono pesantemente su ogni grado di scuola, a cominciare dalla scuola materna, ove pure più ampie sarebbero le possibilità di un effettivo re­cupero tanto più efficace quanto più svolto pre­cocemente.

Riesaminando a dieci anni di distanza l'espe­rienza compiuta, si deve, in primo luogo, registra­re la grande disponibilità dei docenti che, pur fra difficoltà di vario genere, hanno fatto il possibile per attuare un compito di grande rilevanza sul piano educativo e sociale.

Il Consiglio, nell'intento di portare un contri­buto alla rimozione delle difficoltà che si sono incontrate e che sono apparse dipendenti da ca­renze della normativa e della sua applicazio­ne, ha proceduto ad un esame analitico delle disfunzioni via via manifestatesi, per verificare quanto di esse dipenda dalla insufficienza o dalla non completa applicazione della normativa vi­gente, al fine di formulare alcune precise propo­ste di revisione delle disposizioni legislative e amministrative.

 

 

ESAME DELLE DISFUNZIONI

 

L'esame delle disfunzioni ha fatto emergere una serie di situazioni gravi che producono esiti dannosi per gli alunni handicappati come per gli alunni normodotati, per i docenti delle classi coin­volte e per l'intera comunità scolastica.

 

A) Disfunzioni determinate da interventi inadeguati da parte delle UU.SS.LL., in particolare per quanto si riferisce alla diagnosi degli handicaps

 

a) Comportamenti eterogenei e talvolta contraddittori degli operatori sanitari

Malgrado che la circolare del Ministero della P.I. n. 199 del 28.7.1979 avesse richiesto «una specifica descrizione di situazione o di comporta­mento formulata da personale competente», nel­la realtà, gli atti medici previsti hanno dato luo­go a comportamenti eterogenei e talvolta con­traddittori tra gli stessi operatori sanitari:

- per una ancora incerta definizione dei vari tipi di handicaps;

- per la mancata distinzione tra handicaps lie­vi e handicaps gravi;

- per la convinzione conseguente che il por­tatore di handicaps debba essere comunque sco­larizzabile indipendentemente dalla gravità, anche estrema, della menomazione.

 

b) Iniziativa esclusiva del personale medico

Il Ministero della P.I. aveva giustamente af­fermato che «la definizione di soggetto handicap­pato non doveva essere lasciata alla sola respon­sabilità e discrezionalità degli insegnanti e dei dirigenti scolastici». Ma, di fatto, gli operatori medici hanno spesso dimostrato di ritenere in­sormontabili le difficoltà relative a due problemi medico-legali: il segreto professionale; la neces­sità del consenso del soggetto (o dei suoi geni­tori) per il compimento su di sé di un atto medico.

Le UU.SS.LL., poi, e gli Enti locali competenti, salvo lodevoli eccezioni, o non hanno operato o non si sono efficacemente coordinati con la scuo­la, dato che l'individuazione degli handicaps non può essere operata solo dal punto di vista sani­tario.

A determinare e ad aggravare gli handicaps concorrono cause organiche (il danno esistente a carico dei vari organi e apparati e la sofferenza primitiva o secondaria del sistema nervoso); cause socio-culturali e pedagogiche (legate all'ambiente o a conseguenti errori di valutazione da parte degli educatori); cause emozionali (squi­libri o carenze affettive sia in ambiente familiare che scolastico). Si rende perciò necessario un coinvolgimento, nel momento della diagnosi, ol­tre che dei medici e degli psicologi, della fami­glia e della scuola, sì da poter individuare le cause e le adeguate modalità di intervento sul piano terapeutico come su quello educativo, fa­miliare e scolastico.

Alla diagnosi iniziale sarebbero dovute segui­re, sempre con il coinvolgimento delle compo­nenti sopra citate, verifiche (o dépistages) perio­diche a breve, medio e lungo termine, per con­trollare gli effetti dei diversi interventi anche in relazione alle possibilità di mobilità o meno della struttura psico-patologica dei l'handicappato e alle incidenze positive o negative esercitate dall'am­biente educativo (genitori, docenti, compagni di classe); doveva anche essere assicurata la colla­borazione effettiva e continuativa di personale specialistico delle UU.SS.LL. nell'assistenza agli handicappati gravi scolarizzabili.

 

c) Riserva delle famiglie

Le disfunzioni catalogabili in questo ambito risalgono anche a riserve delle famiglie, che spes­so rifiutano di sottoporre i loro figli agli esami diagnostici volti a verificare l'effettiva presenza di forme di handicaps e, per il timore del danno sociale conseguente in termini di prestigio, im­pediscono l'acquisizione della certificazione me­dica con grave danno per il figlio che, ricevendo un trattamento pedagogico-didattico come nor­modotato, finisce con subire valutazioni negative, quasi che il minore rendimento fosse causato da cattiva volontà e non da menomazioni sulle quali bisogna intervenire nei dovuti modi, utilizzando strutture adeguate.

 

d) Presenza di soggetti in situazione di handicap grave

A questo complesso di situazioni bisogna ag­giungere i danni prodotti dalla scolarizzazione di soggetti handicappati gravi, inseriti nella scuola normale senza il supporto di adeguate strutture specialistiche, con esiti involutivi rispetto alla menomazione posseduta e pesanti disfunzioni per l'attività scolastica della classe.

Ciò ha determinato anche atteggiamenti dì ri­fiuto, da parte delle famiglie e dei compagni nor­modotati, nei confronti degli alunni handicappati soprattutto se portatori di handicap gravi o gra­vissimi.

 

B) Disfunzioni riguardanti ambiti che ricadono sotto la responsabilità diretta del Ministero della Pubblica Istruzione

 

a) Rispetto alla scuola materna

La legislazione vigente per la scuola materna è poco flessibile e non in grado, quindi, di dare risposte tempestive ai problemi che l'integrazio­ne pone alla scuola. Nel 1982, riconoscendo il valore delle esperienze già in atto da qualche anno, è stata estesa alla scuola materna la legge n. 517/77, ma non sono stati affrontati ì proble­mi più generali, di natura istituzionale e strut­turale, che necessitano di interventi puntuali.

In ordine a tali problemi si richiama la fun­zione insostituibile che la scuola materna può svolgere, in particolare nei riguardi sia dei feno­meni di condizionamento socio-culturale che sfo­ciano troppo spesso nello svantaggio scolastico, sia nei riguardi dell'integrazione dei bambini por­tatori di handicaps, proprio in forza della peculia­re valenza promozionale della sua azione pedago­gica, della sua specifica organizzazione struttu­rale e didattica, nonché per la rilevanza che in essa assume la dimensione educativa della so­cializzazione.

 

b) Programmazioni inadeguate per l'aggiornamento di tutti i docenti

Scarsa capacità programmatoria è stata eser­citata per assicurare, sin dal primo avvio del­l'esperienza della integrazione scolastica, a tut­to il personale docente sia una informazione sul­la situazione degli handicappati, sia una prepara­zione pedagogica e didattica adeguata per aiutare gli insegnanti a riconoscere l'esistenza degli han­dicaps e a porre in atto strategie didattiche ap­propriate ai fini di un'efficace integrazione.

I docenti si sono così trovati di fronte alle gravi difficoltà derivanti dalla presenza nelle loro classi non solo dei soggetti disadattati, ma anche degli handicappati fisici, sensoriali, psichici e psichici gravi.

 

c) Reperiti con fatica i docenti di sostegno

Analoga scarsa capacità di programmazione si è manifestata nella preparazione di personale docente, in particolare quello per la scuola me­dia, fornito della specializzazione necessaria per il trattamento educativo dei soggetti in situazio­ne di handicap.

Le iniziative intraprese a tal fine si sono rivol­te spesso a persone non ancora inserite nell'at­tività scolastica, le quali con molta difficoltà e solo dopo la modifica della normativa riguardante la valutazione dei titoli ai fini del reclutamento, hanno potuto essere immesse nella scuola.

Sono stati così utilizzati, per far fronte alla ri­chiesta di personale di sostegno, prevalentemen­te docenti soprannumerari sprovvisti di una sia pur minima qualificazione specifica.

I dati forniti dal Ministero documentano che, nell'anno scolastico 1983/84, nella scuola media, su 10.148 docenti di sostegno solo 822 risulta­vano essere in possesso di un titolo specifico, peraltro inadeguato e piuttosto generico.

Nella scuola elementare, invece, da circa due anni si registra una netta inversione di questa linea di tendenza.

 

d) Incertezze in ordine al profilo professionale del docente di sostegno

Per di più, si sono verificate continue incertez­ze in ordine alla definizione del profilo professio­nale del così detto docente di sostegno, oscillan­te tra funzioni puramente custodiali e funzioni programmatorie in ordine all'integrazione scola­stica su un piano, peraltro, di estrema genericità e per interventi molto circoscritti nel tempo (per es. nella scuola media si riduce a sole 4 ore alla settimana la possibilità di un intervento all'in­terno della classe a favore del singolo handicap­pato).

Per altro verso, anche alcuni aspetti della nor­mativa concorrono a scoraggiare la disponibilità a svolgere la funzione di docente di sostegno (ad esempio: i movimenti dal posto di sostegno all'insegnamento secondo la classe di concorso non riconoscono la precedenza assoluta agli in­segnanti che hanno assolto l'impegno di perma­nenza, quinquennale o triennale a seconda che si tratti di scuola elementare o scuola media, così pure, nei trasferimenti a domanda i docenti di sostegno vengono collocati all'undicesimo po­sto, prima soltanto dei trasferimenti da fuori provincia).

Inoltre, la normativa riguardante la utilizzazione dei docenti di sostegno non richiede prestazioni orientative per il lavoro del Collegio dei docenti, né del Consiglio di classe del quale i suddetti docenti fanno parte integrante a tutti gli effetti. Tali prestazioni, peraltro, sono assicurabili solo da personale altamente qualificato e in possesso di una specializzazione post-lauream; e debbono avere carattere continuativo lungo l'arco della settimana, per un trattamento educativo a favore dei singoli handicappati in modo da aiutarli a conquistare un minimo di capacità cognitive ed espressive.

Sembrano aver avuto la meglio le logiche oc­cupazionali e, nel contempo, le logiche di conte­nimento della spesa pubblica.

 

e) Disposizioni contraddittorie per la formazione ed il reclutamento dei docenti di sostegno

Si lamentano anche disposizioni contradditto­rie circa il reclutamento dei docenti di sostegno e una certa genericità dei programmi di forma­zione, anche se dobbiamo registrare gli sforzi compiuti per rinnovare i programmi dei corsi bien­nali di cui al D.P.R. n. 970/75.

Risulta grave che, a circa dieci anni dall'inizio dell'esperienza, non si siano compiute approfon­dite analisi sul profilo scientifico e professionale del personale che deve affiancare i docenti cur­riculari.

 

f) Incertezza in ordine alla valutazione periodica e finale

Alla responsabilità del Ministero della P.I. ri­sale anche la poca chiarezza della normativa, e quindi della prassi, sulla valutazione periodica e finale degli alunni in situazione dì handicap; co­sicché spesso sono stati valutati unicamente gli eventuali progressi sul piano della socializzazio­ne, trascurando quasi completamente lo svilup­po delle abilità cognitive e dell'apprendimento.

 

g) Scarse indicazioni per un'effettiva individualizzazione didattica

Tuttora non sono molto chiare le disposizioni circa le modalità organizzative dell'azione didat­tica a favore degli handicappati, malgrado le pre­cise indicazioni del D.M. 9.2.1977 circa l'indivi­dualizzazione degli interventi (cfr. seconda parte, punto 2, della premessa generale) e dei nuovi programmi della scuola elementare, prossimi ad essere applicati. Indicazioni analoghe non si ri­trovano negli orientamenti della scuola materna.

La carenza di chiare disposizioni circa la fles­sibilità dei piani di studio per i soggetti in situa­zione di handicap come pure in ordine all'organiz­zazione del loro lavoro scolastico per attività se­parate in vista di particolari interventi didattici o per attività comuni con gli altri alunni, ha de­terminato nella scuola media incertezze per il momento conclusivo degli studi, per l'organizza­zione degli esami di licenza e per la credibilità del titolo dì studio conseguito.

Anche i gruppi di lavoro operanti presso i Prov­veditorati agli Studi, pur istituiti con la finalità di favorire l’integrazione scolastica degli handi­cappati, hanno perduto di efficacia anche perché il personale in essi impegnato viene scelto in base a criteri non sempre funzionali agii obiettivi da raggiungere.

 

C) Disfunzioni riferibili alla responsabilità degli organi preposti all'edilizia scolastica e alle Unità Sanitarie Locali

 

a) Carenza di strutture edilizie

Mancano, generalmente, nelle scuole che ospi­tano alunni handicappati, minorati fisici e nella deambulazione, strutture edilizie adeguate e at­trezzature facilitanti l'accesso alla scuola, men­tre sussistono barriere architettoniche che ac­crescono le difficoltà.

Sono pressoché inesistenti i laboratori e gli spazi idonei per gli alunni portatori di handicaps, particolarmente nelle zone del Mezzogiorno, co­sicché risulta impraticabile quella organizzazione flessibile prima invocata.

 

b) Scollamento tra scuola e territorio e latitanza delle UU.SS.LL.

Le numerose disfunzioni hanno prodotto un'in­tegrazione che non ha raggiunto gli obiettivi educativi proposti, determinando situazioni di disagio per gli alunni, sia handicappati sia normo­dotati, e per i docenti; i quali ultimi, spesso, han­no dovuto da soli sopportare il peso delle caren­ze normative ed organizzative denunciate.

Si consideri ancora che alcuni alunni con han­dicaps gravi (psicotici, ipodotati con quoziente di intelligenza molto inferiore alla norma, cere­brolesi, ecc.) sono difficilmente socializzabili, né sono scolarizzabili senza l'aiuto di medici compe­tenti, di operatori specializzati e di strutture ade­guate. In questi casi si sono avvertiti maggior­mente e lo scollamento scuola-territorio e la latitanza delle UU.SS.LL.

 

 

PROPOSTE DI INTERVENTI

 

Il Consiglio, nell'intento di rimuovere le cause delle disfunzioni che non consentono di portare a piena attuazione una innovazione di alto valo­re umanitario, educativo e sociale, formula all'On.le Ministro le seguenti proposte intese ad assicurare alle scuole che accolgono alunni in situazione di handicaps funzionalità ed efficacia.

 

1) in ordine alla professionalità dei docenti curricolari e dei docenti di sostegno

 

a) Formazione iniziale per tutti i docenti

Il Consiglio sollecita l'urgente approvazione di un provvedimento legislativo per la formazione universitaria di tutti i docenti. Tale formazione iniziale dovrebbe garantire agli insegnanti dei vari gradi di scuola (in particolare della materna, elementare e media) una preparazione di base capace di porli nella condizione di esercitare con competenza la propria professionalità anche nei confronti delle problematiche del trattamento educativo degli handicappati.

Urge inoltre dare avvio ad una sperimentazio­ne nazionale che introduca nei curricola forma­tivi delle scuole magistrali e degli istituti magi­strali - da rendere quinquennali - la conoscen­za degli handicaps e dei problemi educativi con­seguenti, nonché congrue esercitazioni di tiro­cinio didattico.

 

b) Formazione in servizio

Il Consiglio sollecita la promozione e la pro­grammazione di un piano organico di formazione di tutto il personale direttivo e docente in servi­zio, tale da consentire la conoscenza della realtà degli handicaps e lo studio delle implicazioni che la presenza di alunni in situazione di handicaps comporta per la professionalità degli insegnanti in sezione (scuola materna) e di classe (scuola elementare e media).

Il Consiglio chiede la istituzione di sistema­tici corsi dì specializzazione, da prevedersi entro un piano nazionale predisposto dal Ministero del­la P.I., a cui debbono essere ammessi gli inse­gnanti di ruolo mediante il ricorso agli esoneri previsti dalla legge n. 270/82 (anche con l'utiliz­zo in via prioritaria delle D.O.A.); alla frequenza degli stessi dovrebbero essere ammessi gli in­segnanti supplenti inseriti nelle graduatorie pro­vinciali.

Per i docenti della scuola elementare il Consi­glio chiede che la preparazione polivalente per aree, così come emerge dai programmi dei corsi biennali di specializzazione ex D.P.R. n. 970/75, sia rafforzata dalla formazione in servizio secon­do specifici piani di aggiornamento finalizzato.

 

c) Organico funzionale

Il Consiglio ritiene che debba essere superato il rapporta di un insegnante di sostegno ogni quattro alunni handicappati.

A tal fine, il Consiglio chiede, per la scuola materna, il superamento della disomogeneità e della insufficiente distribuzione sul territorio na­zionale dei posti di sostegno, attraverso l'istitu­zione, in relazione alla natura dell'handicap, alle ore di frequenza e alla dislocazione territoriale, di un organico stabile incardinato nel circolo che possa garantire il potenziamento degli interventi didattici individualizzati, anche in ordine ai biso­gni degli alunni svantaggiati.

Per la scuola elementare il Consiglio auspica che l'insegnante di sostegno acquisti una diver­sa fisionomia e un diverso ruolo.

In questo grado di scuola si ritiene necessaria la istituzione, in ogni circolo didattico a livello organizzativo metodologico, di un «gruppo di so­stegno» in cui siano presenti docenti forniti di particolari competenze. Ciò comporta, anche in relazione alle nuove forme emergenti di organiz­zazione del lavoro scolastico (per esempio il team-teaching e il part-time), la attivazione in ogni Circolo di un organico funzionale.

In questo quadro, il sostegno si realizzerà me­diante la programmazione, da parte del docente, o dei docenti curricolari, e dei docenti specializ­zati, di progetti funzionali di attività educative che insistano sul soggetto handicappato, che è soggetto da «educare» e non da addestrare nell'isolamento dal gruppo classe, quanto sull'at­tenzione ed il coinvolgimento di tutta la comunità professionale.

Tale «gruppo di sostegno» può contribuire a far superare la marginalità e la atipicità della fi­gura dell'insegnante di sostegno. Infatti, essen­do costituito da insegnanti professionalmente specializzati, il cui numero deve essere previsto in aggiunta a quello degli insegnanti curricolari e in rapporto proporzionale rispetto alla popola­zione scolastica, esso dovrebbe avere il compito di promuovere interdisciplinarmente, all'interno della programmazione educativa e didattica, le analisi, i curricola, i mezzi, le verifiche; esso avrà così l'opportunità di proporre interventi a favore sia dei soggetti in situazione di handicap, sia di quelli in situazione di svantaggio.

La scuola media, dal canto suo, sollecita la re­visione del profilo del docente di sostegno che deve caratterizzarsi per il possesso delle compe­tenze specifiche per l'intervento didattico a favo­re dei soggetti in situazione di handicap.

A tal fine, il Consiglio ritiene necessario che questo personale debba effettivamente possede­re quella qualificazione, conseguibile solo attra­verso scuole universitarie di specializzazione post-lauream, articolata per aree pluridisciplinari da identificarsi in quelle linguistiche, scientifi­che, espressive (artistiche - motorie - pratiche).

Il Consiglio ritiene non basti una sia pur ap­propriata competenza finalizzata alla semplice so­cializzazione, la quale deve essere posseduta sia dai docenti curricolari sia dai docenti da deno­minarsi, anziché di sostegno, «specializzati nel trattamento educativo-didattico di alunni portato­ri di handicaps». Si tratta, infatti, di assicurare il possesso delle competenze necessarie per pro­muovere lo sviluppo delle potenzialità apprendi­tive in presenza di menomazioni lievi o gravi che siano. La integrazione scolastica - come è stato affermato infinite volte - non può limitarsi a operazioni di puro e semplice inserimento.

La presenza generalizzata di questo personale docente specializzato per aree culturali pluridi­sciplinari nei Consigli di classe consentirà la ela­borazione di una programmazione complessiva della classe comprensiva di quegli interventi indi­vidualizzati atti a venire incontro ai singoli alun­ni in situazione di handicap.

Si potrà, così, garantire alla comunità scola­stica e, in particolare, ai soggetti in difficoltà e alle loro famiglie, un servizio scolastico social­mente e didatticamente valido.

La collocazione di questo personale specializ­zato dovrà dipendere dalla consistenza dell'uten­za, che potrà variare nel tempo, e dovrà essere disciplinata da norme che, anche in presenza di tali variazioni, ne tutelino la stabilità, la profes­sionalità e che prevedano trattamenti giuridici ed economici corrispondenti al grado di impegno professionale richiesto.

 

2) In ordine agli ordinamenti di alcuni gradi di scuola

 

a) Rafforzamento della funzione della scuola materna

Il dibattito culturale che ha preceduto e segui­to la emanazione dei nuovi programmi della scuo­la elementare ha rimesso a fuoco la realtà della scuola dell'infanzia in Italia, portandone alla luce i problemi più scottanti. Ha inoltre ravvisato nel­la scuola materna quella prima istituzione nella quale è possibile aggredire precocemente i feno­meni di condizionamento socio-culturale che, og­gi, dato il carattere della nostra società, sono riferibili, sia pure in misura diversa, all'intero territorio e non soltanto alle aree «a rischio».

Questo ragionamento che, a maggior ragione, riguarda gli alunni portatori di handicaps, com­porta che la ridefinizione di una normativa riguar­dante gli handicappati non può essere disgiunta dai problemi generali di tutta la scuola dell'in­fanzia.

In tale prospettiva il Consiglio segnala l'urgen­za di:

- affrontare il problema della continuità edu­cativa fra le scuole del sistema formativo di base, in quanto si ritiene che una adeguata organizza­zione che tenga conto di regolarità funzionali co­muni sia la risposta più pertinente che la scuola possa dare alla domanda di educazione; e di in­tervenire per rivedere l'assetto istituzionale del­la scuola materna statale che a 18 anni dall'appro­vazione della legge n. 444/68, risente di carenze ed inadempienze (vedasi in particolare il pro­blema delle direzioni didattiche) che hanno gra­vato in particolare sulla organizzazione, sulla ge­stione, sulla funzionalità globale della scuola.

A tal fine il Consiglio sollecita:

- la revisione degli «orientamenti», onde of­frire anche alla scuola per i tre-cinque anni spe­cifiche indicazioni programmatiche per l'integra­zione dei bambini portatori di handicaps;

- la riduzione del numero massimo di bam­bini per sezione;

- l'istituzione automatica di nuove sezioni in presenza del numero minimo di richieste (n. 10) e la possibilità di sdoppiamento nei casi di se­gnalazione di presenza di alunni handicappati ad anno scolastico iniziato;

- la permanenza dei bambini handicappati nel­la scuola materna non oltre il compimento del 7° anno di età;

- l'eliminazione di ogni possibile sovrapposi­zione fra compiti di docenza e di assistenza at­traverso l'abrogazione del comma 8° - art. 8 della legge n. 463/78, che ha causato effetti ne­gativi particolarmente sull'integrazione dei bam­bini in situazione di handicap;

- l'istituzionalizzazione di raccordi fra scuola materna, statale e non, e scuola elementare onde consentire la continuità del progetto psico-peda­gogico di intervento a favore dei bambini in situa­zione di handicap;

- il passaggio del personale ausiliario dalla dipendenza degli enti locali alla amministrazio­ne della P.I. previa definizione normativa dei re­lativi organici e del profilo professionale, onde soddisfare in modo adeguato le esigenze di assi­stenza di base dei bambini handicappati;

- l'attivazione, a cura della struttura sanita­ria nazionale, di un servizio di medicina preven­tiva idoneo a sensibilizzare le famiglie e a rile­vare precocemente l'handicap, in modo da ren­dere possibile da parte della scuola materna, sulla base della certificazione medica da presen­tarsi obbligatoriamente all'atto della iscrizione, la predisposizione degli interventi di sua compe­tenza.

 

3) In ordine alla funzionalità educativa specifica

 

Il Consiglio sollecita l'emanazione di una nor­mativa che consenta di:

 

a) Rendere obbligatoria la diagnosi precoce

La condizione necessaria affinché la scuola possa svolgere, in modo tempestivo e compiuto, la sua funzione educativa è la conoscenza degli handicaps: l'indagine precoce e la relativa certi­ficazione costituiscono gli strumenti indispensa­bili allo scopo.

La diagnosi precoce, che costituisce un inter­vento da attuarsi sin dal terzo anno di età, nel quadro della medicina preventiva, permettendo di individuare precocemente le situazioni di handi­cap, offre la possibilità di intervenire e spesso anche di recuperare i soggetti alla normalità.

Tale diagnosi deve essere presentata per la iscrizione alla scuola materna o, se non sia stata frequentata, per l'iscrizione alla scuola elemen­tare.

 

b) Stabilire la periodicità di diagnosi funzionali

Debbono essere impartite disposizioni perché, all'inizio di ogni anno scolastico, si operi colle­gialmente una diagnosi funzionale per ogni sog­getto in situazione di handicap, corresponsabiliz­zando i genitori del soggetto in difficoltà, il me­dico, i docenti, gli operatori specializzati. A tale diagnosi dovranno collaborare anche i docenti della scuola o della classe frequentata nell'anno scolastico precedente. È evidente che gli opera­tori scolastici e quelli sanitari sono tenuti al segreto professionale sui dati di cui siano venuti a conoscenza.

 

c) Predisporre «dépistages» dinamici

All'iniziale diagnosi funzionale dovrà seguire un periodico «dépistage» dinamico con la com­partecipazione dei docenti interessati della scuo­la materna, della scuola elementare e, nella scuo­la media, dei docenti componenti il Consiglio di classe, ivi compresi i docenti di sostegno, dei genitori e degli operatori specializzati (psicologo, assistente sociale, terapista, psico-pedagogista, ecc.). Tale dépistage dovrà registrare e verificare collegialmente i progressi e í regressi sul piano cognitivo, affettivo e psicomotorio.

Diagnosi funzionali e dépistages dinamici per­mettono l'inserimento del soggetto in ambienti educativi meglio rispondenti ai suoi bisogni e l'elaborazione di interventi finalizzati. Le indica­zioni metodologiche della legge n. 517 e dei nuo­vi programmi della scuola elementare e della scuola media postulano una nuova organizzazione del lavoro scolastico inteso come una serie di opportunità e di mezzi (team, classe aperta, ma­stery) attraverso i quali il soggetto handicappato si integra nel gruppo classe.

 

d) Definire la scolarizzabilità degli alunni in situazione di handicap gravissimo

A questo problema bisogna avere il coraggio di dare una risposta adeguata.

Il Consiglio ritiene che si debba provvedere a verificare se veramente siano scolarizzabili i soggetti in situazione di handicap gravissimo, quando la minorazione si connoti come irreversi­bile anche in presenza di appositi interventi te­rapeutici.

In questi casi, l'inserimento nella scuola sem­bra costituire solo un intervento illusorio: tanto varrebbe prenderne atto e ricorrere a interventi di altro tipo che debbono ricadere sotto la com­petenza del Servizio Sanitario Nazionale.

A tal fine, il Servizio Sanitario Nazionale dovrà essere sollecitato a definire le tipologie di queste minorazioni gravissime in modo che se ne possa tenere conto nel momento della diagnosi.

Il Consiglio è ben consapevole di richiedere a questo proposito un servizio di assai difficile at­tuazione sia sul piano formale sia su quello so­stanziale. Esso ritiene comunque che non ci si possa sottrarre - anche nell'attesa o nella im­possibilità di adottare un provvedimento radicale quale quello auspicato - dal porre in evidenza l'urgenza di dare una risposta soddisfacente a un problema di così eccezionale gravità, ad esem­pio mettendo a disposizione sul territorio, in mi­sura sufficiente, scuole specificamente attrezzate per il trattamento degli alunni in situazione di grave o gravissimo handicap (vedi punto D a).

 

e) Rendere possibile una nuova organizzazione del lavoro scolastico della scuola media e l'attivazione di itinerari didattici individualizzati

Per la scuola media l'integrazione scolastica degli alunni in situazione di handicap comporta la possibilità di organizzare l'attività didattica con quella flessibilità che consenta la program­mazione di itinerari individualizzati e con la con­seguente articolazione delle classi per favorire, anche con il ricorso al metodo delle classi aper­te, la massima e necessaria individualizzazione didattica (cfr. Premessa generale ai nuovi pro­grammi della scuola media) anche attraverso for­me di integrazione parziale.

Il Consiglio sollecita l'emanazione di una nor­mativa che renda concretamente possibile tale articolazione per la intera durata dell'anno sco­lastico e non solo per la durata delle 160 ore previste dalla legge n. 517/77.

Il Consiglio di classe, sulla base di quanto emerso nella diagnosi funzionale e dentro il quadro degli obiettivi della programmazione del Collegio dei docenti, deve essere autorizzato a elaborare itinerari individualizzati intesi non solo a favorire la socializzazione, ma anche lo svilup­po di abilità cognitive.

In questo quadro, si segnala la opportunità di sviluppare, anche mediante apposite convenzio­ni con i centri regionali di formazione professio­nale, le capacità operative dei soggetti in dif­ficoltà.

 

f) Ridurre il numero degli alunni delle sezioni e classi in cui siano presenti alunni handicappati

In ragione delle esigenze di particolare azione didattica, il Consiglio sollecita la emanazione di norme che portino a 15 il numero massimo degli alunni delle sezioni di scuola materna e delle classi di scuola elementare e media in cui siano presenti soggetti handicappati. Su questa base, si dovrà pure provvedere alla assegnazione del personale ausiliario.

 

g) Inserire nella scheda di valutazione particolari criteri riferiti all'apprendimento degli alunni handicappati

Il Consiglio raccomanda di far confluire, nella valutazione degli alunni in situazione di handi­cap, i giudizi dei singoli docenti, confortati dai contributi dei docenti di sostegno, dello psicolo­go, della famiglia e di tutti gli operatori, che si sono occupati di lui nel corso dell'anno scola­stico. A tale scopo, urge predisporre sano speci­fico documento che possa registrare ì vari pareri anche in vista di un nuovo modello di scheda di valutazione.

 

h) Emanare norme definitive in materia di esami di licenza media degli alunni in situazione di handicap

Il Consiglio considera positivamente gli inter­venti che hanno consentito il ricorso a prove dif­ferenziate per gli alunni in situazione di handi­caps, che hanno soppresso il riferimento alla legge del 1925, ma non può esimersi dal segna­lare che permangono gravi perplessità su questo momento conclusivo.

Si chiede che le prove differenziate previste dal D.M. 10.12.1984 siano riservate agli alunni porta­tori di handicaps lievi e che, comunque, esse non siano alternative ma adeguate e rapportate agli itinerari individualizzatì attuati nel corso degli studi.

Debbono essere date disposizioni perché agli alunni che non siano stati ammessi agli esami di licenza media, sia rilasciata la certificazione attestante l'assolvimento dell'obbligo scolastico ed i livelli di apprendimento e di operatività rag­giunti.

 

i) Definire l'orario di servizio del personale specializzato

Si dovrà anche precisare che l'orario di ser­vizio del personale specializzato comprende an­che il tempo per i rapporti sistematici con le UU.SS.LL. e con gli altri specialisti della riabili­tazione, psicopedagogisti, ecc.

 

4) Sul piano organizzativo

 

a) Unità scolastiche attrezzate

Il Consiglio ritiene che non si possa prescin­dere dalla presenza sul territorio dì apposite uni­tà scolastiche territoriali (distrettuali, interdi­strettuali, infradistrettuali) (1), di scuola materna o elementare o media, dotate di particolari e ade­guate strutture, in cui sia possibile attuare, in stretta collaborazione tra scuola, strutture sani­tarie e istituzioni specializzate, l'integrazione - secondo particolari criteri di flessibilità - anche dei soggetti in situazione d handicap gra­ve scolarizzabili, con l'ausilio di tutte le compe­tenze necessarie.

Tali sedi scolastiche, normali ma dotate di strutture e di attrezzature adeguate all'integra­zione scolastica anche dei soggetti con handicaps gravi, lungi dal ripristinare le soppresse scuole speciali, che si riconoscono superate per la in­capacità di una efficace scolarizzazione, debbono assicurare sul territorio gli interventi formativi e riabilitativi richiesti dalla gravità delle situa­zioni.

 

b) Prevedere la istituzione nella scuola elementare e, ove possibile, nella scuola materna di classi e sezioni attrezzate per sordomuti e non vedenti

Per i minorati sensoriali, sordomuti e non vedenti, si ritiene indispensabile, considerato l'obiettivo della acquisizione dei linguaggi e delle autonomie personali attraverso idonei processi di apprendimento, il loro inserimento in classi, ove possibile, anche in sezioni di scuola mater­na, istituite in plessi con sezioni o classi dì nor­movedenti o di normoudenti, in ambito distrettua­le ed interdistrettuale, assicurando per entram­be le categorie la presenza di insegnanti specia­lizzati.

 

c) Modificare l'art. 2 - 2° comma - della legge n. 517/77 e precisare gli obblighi istituzionali degli Enti locali

Il Consiglio giudica necessario modificare l'ar­ticolo 2 - 2° comma della legge n. 517/77 per vin­colare gli Enti locali a inserire obbligatoriamente nel proprio bilancio appositi capitoli di spesa. Più in generale il Consiglio ritiene che debba­no essere chiaramente individuati, se necessario con appositi provvedimenti legislativi, i compiti istituzionali degli Enti locali in materia di servizi di medicina scolastica, di presenza del personale addetto all'assistenza sociale e scolastica, di servizi di terapia e riabilitazione, di abbattimen­to delle barriere architettoniche, ecc. Senza que­sti presupposti essenziali, la scuola non può as­solvere adeguatamente ai suoi compiti in questa materia.

 

d) Emanare una normativa nazionale

Il Consiglio sollecita una iniziativa del Mini­stero della P.I., d'intesa col Ministero della Sa­nità, per una normativa che abbia valore sul ter­ritorio nazionale intesa a disciplinare le modalità di intervento dei vari organismi interessati al problema (istituzioni scolastiche periferiche, Provveditorato agli Studi, Unità Sanitaria Locale, Enti locali) e a salvaguardare le competenze isti­tuzionali degli organi collegiali della scuola.

In questo quadro il Consiglio ritiene che l'istituzione delle unità scolastiche con il riconosci­mento ad esse della personalità giuridica sia una condizione fondamentale per l'attuazione di quan­to proposto nel presente documento.

Il Consiglio segnala infine la necessità di con­sentire, in presenza di particolari situazioni, la attivazione, da parte delle singole scuole, di con­venzioni per poter fruire, con tutte le dovute garanzie, del contributo di istituzioni specialisti­che presenti sui territorio.

 

*  *  *

 

Il Consiglio, conclusivamente, confida che sia pienamente colto l'organico sviluppo degli inter­venti indicati nella presente pronuncia, nonché le articolazioni dei medesimi correlate al diverso grado di scuola cui si riferiscono e all'attuale situazione del personale docente non ancora del tutto fornito della più volte sollecitata prepara­zione universitaria.

Il Consiglio auspica che l'On.le Ministro, sen­sibile al complesso delle difficoltà dei disagi e delle attese che il processo di integrazione sco­lastica dei soggetti portatori di handicaps acuta­mente propone, voglia attentamente considerare e dare seguito all'insieme delle proposte che il C.N.P.I. avanza nell'intento di consentire alla scuola italiana l'efficace attuazione di un servizio del più alto valore educativo, civile e sociale.

 

IL SEGRETARIO                                                                                                      IL V. PRESIDENTE

(E. Fioritto)                                                                                 (G. Mandorli)

 

 

 

 

(1) Unità scolastiche territoriali (distrettuali - interdi­strettuali - infradistrettuali);

destinate ad accogliere

- soggetti in situazione di grave disabilità da handicap

- soggetti minorati sensoriali gravi (audiolesi e non ve­denti);

ubicate in sedi scolastiche

- individuate presso istituti ove si conducano progetti di innovazione didattica;

particolarmente attrezzate e fornite delle necessarie com­petenze specialistiche

- e cioè di insegnanti specializzati, personale specialisti­co (logopedisti, fisioterapisti, neuropsichiatri, ecc.), strutture e servizi particolari, materiale didattico ade­guato.

 

 

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