Prospettive assistenziali, n. 77, gennaio-marzo 1987

 

 

Editoriale

 

L'ABBANDONO DEGLI ANZIANI CRONICI NON AUTOSUFFICIENTI TRAGICA CONSEGUENZA DELLA NEGAZIONE DEL DIRITTO ALLA SALUTE

 

Le vicende dì seguito riportate dimostrano li preoccupante livello di degradazione umana e sociale raggiunto nei confronti degli anziani cro­nici non autosufficienti. Ciò rappresenta, a no­stro avviso, la diretta conseguenza della nega­zione del loro diritto alla salute.

 

1° caso: «La signora T.F., di 82 anni, vive sola (è senza parenti) in una casa del centro di Bo­logna; a causa di malattia acuta era stata rico­verata all'Ospedale ... di Bologna. Il 22.1.86 è stata dimessa e gli inservienti l'hanno portata a casa in barella alle ore 20 e l'hanno lasciata sul letto, dove è rimasta fino alle 3, quando la sua vicina di casa, rientrando, ha udito invoca­zioni di aiuto. Questa vicina, già prima del rico­vero, aveva prestato assistenza alla T.F., che, essendo "allettata" abbisognerebbe di assistenza continua. 1 medici ospedalieri - qualche gior­no prima delle dimissioni - avevano anticipato alla vicina che avrebbero dimesso la T.F. il gior­no 22 fra le ore 13 e 14; la stessa aveva fatto subito presente che non avrebbe più potuto con­tinuare a prestare l'assistenza fino ad allora for­nita. Comunque si era premurata di restare a casa fino alle 14, dopo di che era uscita per im­pegni. Grande è stata la sua meraviglia nel tro­vare la signora T.F. da sola e infreddolita; ha provveduto a chiamare il medico curante; questi, rispettando anche la volontà della T.F., che de­finiva l'ospedale ... come "1'inferno dei vivi", provvedeva a farla ricoverare in un altro ospedale della città».

 

2° caso: «La signora R., di 85 anni, è affetta da grave cardiopatia; nel luglio '86 si era frat­turata il femore, e perciò era stata ricoverata all'Ospedale ... di Bologna, dove si è provveduto alla frattura. Verso il 10 agosto, i medici della divisione hanno fatto presente al parente la ne­cessità di provvedere ad una sistemazione del­la paziente, che non avrebbe potuto occupare un letto ortopedico per molto tempo ancora. Da un sopralluogo che il Centro per i diritti del malato di Bologna ha effettuato, è risultato che la paziente aveva continue crisi cardiache, alle quali si era risposto con terapie farmacologiche e con ossigenoterapia. Sembrava pertanto as­surdo poter contare di eseguire al domicilio quan­to era necessario, nonostante l'infermiera della divisione assicurasse che il servizio domiciliare avrebbe provveduto (ignoranza o malafede?)».

 

3° caso: «La signora N.I. (85 anni), era ospite a ... (casa di riposo privata) dove non aveva pos­sibilità di ricevere l'assistenza di cui aveva biso­gno. A causa di una grave disidratazione e di conseguente stato di coma, era stata portata al pron­to soccorso dell'Ospedale ... di Bologna e ricove­rata nella divisione di medicina. Il 22.1.86 è stata dimessa ed inviata presso l'unica persona che si era occupata di lei, un'amica, che dopo molte resistenze aveva acconsentito ad ospitarla a casa sua. La paziente avrebbe dovuto usufruire dell'assistenza domiciliare, secondo i responsabili della dimissione ospedaliera. Alla visita domi­ciliare eseguita il giorno dopo, appariva un qua­dro talmente grave da non consentire il tratta­mento a domicilio: febbre alta, tremito convul­so di tutto il corpo, pressione bassa, incontinen­za urine e feci e vaste piaghe da decubito. Dopo un primo immediato intervento di medicazione, il servizio domiciliare sanitario ha chiamato l'am­bulanza di Bologna Soccorso, con sede presso l'ospedale stesso: a questo punto sono sorte difficoltà, motivate dal fatto che la paziente era stata dimessa il giorno prima; anche i medici del reparto cui la paziente è stata inviata, medi­cina ... sembravano non volessero trattenerla, forse giudicavano la situazione non abbastanza acuta. La situazione si è poi risolta rapidamente in quanto la signora è deceduta tre giorni dopo».

 

4° caso: «La signora H.V. di anni 83 - ospite da 5 anni di una Casa di riposo delle Suore ... - nel luglio '86 viene ricoverata per un intervento di cataratta. Dopo l'operazione è colpita da in­farto e viene trasferita dalla Clinica ... al reparto rianimazione dell'Ospedale di ... Superata la fase acuta viene ricoverata in medicina per soprag­giunte complicazioni seguite al grave attacco cardiaco. È un ricovero motivato da affezioni di varia natura ed è seguito, per il notevole biso­gno di assistenza, dalle Suore della casa di ri­poso in cui era ospitata. Dopo circa due mesi di degenza, sempre in condizioni cliniche gravi (nu­trita quasi esclusivamente con flebo, incontinen­te, con piaghe da decubito), il primario del re­parto la mette in dimissione: le Suore non han­no le condizioni per riaccoglierla perché il loro istituto è strutturato in piccole camerette singole dove ciascun ospite vive in totale autonomia. Fanno presente le loro difficoltà ad accogliere la malata bisognosa di continua assistenza (letto con cancelli, catetere, ecc.), ma la sostituta del primario dice alle Suore di aver segnalato che "la malata è dimessa, ma rifiutata dal domicilio d'origine". Le Suore interessano il Centro socia­le di zona - che è privo di proposte -: trove­rebbe posto a ... che è una Casa di cura per lun­godegenti (di recentissima inaugurazione) non convenzionata, con rette da 89.000 a 100.000 gior­naliere + Iva + spese extra. La malata è sola al mondo, ha la sola pensione sociale e quindi non può sostenere una spesa così rilevante. Per l'interessamento di un medico della Casa di cura ... (convenzionata) viene trasferita lì, ma dopo pochi giorni ne è dimessa perché le cure fisioterapiche praticate e che sono alla base del servizio, risultano vane per la signora H.V. Nel contempo le Suore hanno la disponibilità di alcu­ne aule inadoperate annesse alla Casa di riposo e così "montano" una camera dove la Madre superiora si trasferisce per assisterla la notte e tra le Suore (poche e anziane) e le ospiti, orga­nizzano l'assistenza».

 

Queste quattro vicende - le prime tre segna­lateci dal Centro per i diritti del malato di Bo­logna e la quarta dall'Associazione per la tutela del malato e il diritto alla salute di Firenze (1) - dimostrano senza ombra di dubbio quali siano le aberranti conseguenze della linea politica per­seguita da amministratori, programmatori e ope­ratori sanitari e assistenziali per l'espulsione degli anziani cronici non autosufficienti dal set­tore sanitario.

L'anziano malato cronico non autosufficiente non è considerato una persona da curare, ma un intruso da allontanare al più presto dai servizi sanitari, poco importa come.

 

Contro l'eutanasia da abbandono

Contro questa linea che abbiamo definito «eu­tanasia da abbandono» (2), segnaliamo la pre­sentazione, avvenuta il 10 marzo 1986 nella sala Cenacolo della Camera dei Deputati, del docu­mento «Diritti ed esigenze delle persone grave­mente non autosufficienti» (3).

Il prof. Pietro Rescigno, illustre giurista, ha rilevato che il decreto del Presidente del Con­siglio dei ministri dell'8 agosto 1985 è certa­mente anticostituzionale e illegittimo in quanto, pur avendo detto provvedimento solamente natu­ra amministrativa, tende nella sostanza a modi­ficare i diritti dei cittadini sanciti da leggi ap­provate dal Parlamento.

Di fondamentale importanza l'intervento di Mons. Giovanni Nervo, il quale ha sostenuto che la situazione attuale degli anziani cronici non autosufficienti, non difesi da parenti o da terzi, è ormai sui pericolosissimo piano inclinato il cui fondo è rappresentato dalla eliminazione fisica dei più deboli.

In realtà, nessuno dichiara di pensare ad una eliminazione fatta alla luce del sole; nessuno vuole assumersi precise responsabilità a livel­lo politico ed operativo. Ma, in realtà, si finisce con l'aumentare e di molto l'area dei più deboli ai quali - come avviene già attualmente - ven­gono forniti interventi qualitativamente scadenti e quantitativamente ridotti al minimo. Per perse­guire questi obiettivi, i nuovi emarginatori, sulla base delle esperienze dei manicomi e delle altre strutture segregative per bambini e per handi­cappati, propongono di rinchiudere gli anziani cronici non autosufficienti in luoghi appartati, le case protette.

Ha affermato Mons. Nervo: «Il mio discorso è etico e politico e non può avere come in­terlocutori solamente í tecnici. La tutela della salute è un diritto fondamentale riconosciuto dalla Costituzione. Nell'attuale ordinamento le­gislativo la cura della salute è gratuita per tutti i cittadini. L'anziano malato cronico non auto­sufficiente, anche se stabilizzato, é un malato con tutti i suoi diritti di cittadino alla tutela della salute.

Mentre l'ospedale nella fase acuta e in quella di riabilitazione tutela, bene o male, il diritto dei cittadini alla salute, non altrettanto può dirsi che molte delle attuali case di riposo, che si chiame­ranno strutture protette socio-sanitarie, garanti­scano il "mantenimento" allo stato di stabiliz­zazione raggiunto, se funziona, dall'ospedale. La conseguenza è che ci sono i cittadini di catego­ria A che godranno della tutela della salute nel­la fase acuta e nella fase di riabilitazione perché poi rientreranno nel circuito più o meno attivo e produttivo, o comunque per il momento non graveranno ulteriormente sulla società; e ci sa­ranno i cittadini di categoria B, gli anziani ma­lati cronici non autosufficienti stabilizzati che sa­ranno emarginati nei cronicari senza nessuna ga­ranzia effettiva, nella situazione attuale, che la loro salute sia realmente curata, sia pure in ambiente diverso, con modalità e con ritmi di­versi: cioè perdono parzialmente il diritto alla tutela della salute perché non sono più produt­tivi, attivi o comunque autosufficienti e perciò costano troppo alla collettività.

Quello che si chiede è che si eviti l'errore della 180: non basta supporre i servizi adeguati, fuori dell'ospedale, bisogna organizzarli e garan­tirli prima di estromettere gli anziani dall'ospe­dale. Rimane l'altro problema, quello del paga­mento della retta alberghiera. Se l'anziano ma­lato cronico non autosufficiente stabilizzato con­tinua ad essere un malato, perché deve pagare la retta alberghiera, che invece non pagava quan­do era in fase acuta o di riabilitazione?

Non è una penalizzazione e una discrimina­zione dei più deboli, proprio nel momento In, cui avrebbero maggior bisogno di risorse, perché ad esempio hanno bisogno di assistenza infermieri­stica integrativa e non hanno più i familiari ac­canto?

Si dice: se hanno risorse, è giusto che paghi­no. Può essere un criterio giusto, ma allora deve essere applicato a tutti i cittadini malati, anche a quelli che sono curati nella fase acuta e nella fase di riabilitazione. In fondo la Costituzione lo consente, perché il vincolo delle cure gratuite è limitato agli indigenti. Si tratta di modificare fa linea politica sociale, ma non si può partire a tagliare dai più deboli».

 

Una allarmante dichiarazione

Come risulta da una notizia diramata dalla Agenzia ANSA, «il Ministro degli interni dane­se, il liberale Knud Engaard, ha proposto che gli studenti di medicina vengano preparati a fare una selezione fra i pazienti, quando questi de­vono essere operati, applicando non solo criteri esclusivamente medici, ma anche economici e morali.

Il che significa che molti malati anziani, per i quali ci sono poche speranze di guarigione, non potranno essere destinatari di cure lunghe e co­stose da parte dell'assistenza pubblica.

Il Prof. Poul Riis, presidente del Comitato scientifico nazionale, ha ammesso che già oggi i medici sono costretti, a causa del crescente nu­mero di costose terapie a scegliere tra "pazienti buoni" e "pazienti cattivi"; su tali considera­zioni si è intanto accesa una vasta polemica negli ambienti sanitari e politici».

Non si tratta - purtroppo - di una posizio­ne isolata. Nel n. 74, ottobre-dicembre 1986 di «Società e salute», nella recensione del libro di D.E. Meier e C.K. Casse «Nursing home placement and the demented patient. A case pre­sentation and ethical analysis», Annals of Int. Med. (1986) 104.98, viene affermato che un «pro­blema sociale di grande rilevanza per la cura di un paziente demente è l'attuale previsione per il contenimento dei costi sanitari. Il problema della restrizione della spesa si ripercuote in modo marcato sull'anziano, in particolare sul paziente demente. L'impiego delle risorse disponibili sem­bra a molti inadeguato se rivolto alla persona dipendente, senza possibilità di recupero».

È proprio partendo da queste considerazioni che il Consiglio sanitario nazionale ha sollecita­to, con il documento approvato l'8 giugno 1984, l'espulsione degli anziani cronici non autosuffi­cienti dal settore sanitario affermando quanto segue: «Considerato lo stretto intreccio della presenza sanitaria e socio-assistenziale anche nelle strutture protette, appare necessario che, nel transitorio, sia per l'inadeguatezza dei ser­vizi sanitari sul territorio che non possono farsi carico in maniera completa del problema, sia perché storicamente il non autosufficiente è sta­to ricoverato e assistito in ambito ospedaliero e paraospedaliero, la spesa relativa al ricovero in casa protetta o struttura similare di persone non autosufficienti carichi parzialmente (fino al mas­simo del 50%) sul fondo sanitario nazionale, ai fini di determinare la correlativa riduzione della spesa ospedaliera».

Il decreto Craxi dell'8 agosto 1985, attuativo del parere del Consiglio sanitario nazionale, ha trovato favorevole accoglienza nei nuovi emargi­natori.

Ad esempio, nella proposta di legge «Norme per la programmazione, organizzazione e gestio­ne delle residenze di assistenza sanitaria e so­ciale del Lazio», l'Assessore alla sanità, igiene e ambiente (4) ha previsto il dirottamento nelle strutture assistenziali protette (con oneri a ca­rico dei ricoverati) di una fascia estremamente ampia di pazienti:

«a) i soggetti portatori di alterazioni morbose stabilizzate che hanno superato la fase acuta della malattia e che abbiano eventualmente com­piuto un adeguato trattamento di riabilitazione, trascorso il quale non è possibile ottenere ulte­riori miglioramenti »;

«b) gli anziani che presentano patologie pro­gressivamente ingravescenti ma non bisognevoli di assistenza ospedaliera»;

«c) i soggetti affetti da patologie psico-geria­triche»;

«d) i pazienti affetti da malattie in fase termi­nale per i quali non sono prevedibili episodi di emergenza sanitaria».

Come si vede, l'Assessore della Regione Lazio non va tanto per il sottile, prevedendo addirit­tura l'espulsione dagli ospedali di pazienti con malattie acute. Inoltre, è di estrema pericolosi­tà la dimissione di coloro che vengono definiti «non bisognevoli di assistenza ospedaliera», di­chiarazione il cui rilascio spetta allo stesso per­sonale ospedaliero che vuole sbarazzarsene (5).

Sulla stessa linea si è posto l'On. Curci, rela­tore della proposta di legge «Modifiche e inte­grazioni alla legge 23 dicembre 1978, n. 833 e nuove norme in materia di assistenza psichiatri­ca», che nella bozza di testo unificato presenta­to al Comitato ristretto della Commissione Sanità della Camera dei Deputati, ha proposto (art. 4) quanto segue: «I servizi residenziali di assisten­za socio-sanitaria svolgono funzioni di lunga as­sistenza e/o di riabilitazione indirizzate a sog­getti parzialmente autosufficienti o non autosuf­ficienti».

Dette residenze di assistenza socio-sanitarie sono distinte da quelle a carattere sanitario (art. 1).

Infine è previsto che gli ex ospedali psichia­trici e neuropsichiatrici possono essere utilizzati quali residenze di assistenza socio-sanitaria (ar­ticolo 5).

In buona sostanza è aperta la strada per la riattivazione degli ex manicomi.

L'unica parola d'ordine di numerosi amministra­tori regionali e locali e di molti programmatori sembra essere: case protette ovunque per i non autosufficienti. Molti prevedono addirittura di in­ternarvi anche gli handicappati adulti ed i pazien­ti psichiatrici.

Seguace di questa linea é, ad esempio, l'As­sessore all'assistenza della Regione Piemonte che, dopo aver sollecitato ed ottenuto l'appro­vazione della legge 24 marzo 1986 n. 14 «Finan­ziamento dei presidi socio-assistenziali a carat­tere residenziale», ha erogato i primi 4 miliardi per la ristrutturazione e il completamento di re­sidenze destinate in gran parte ad anziani non autosufficienti (6). I finanziamenti sono stati as­segnati anche a strutture situate in piccoli pae­si, per cui viene rilanciata la deportazione assi­stenziale dei più deboli, creando in tal modo le condizioni per ostacolare la presenza dei fami­liari.

La politica di emarginazione della Regione Pie­monte è destinata a svilupparsi. Nella «Propo­sta di programma pluriennale di attività e spesa 1987-90», approvata dalla Giunta regionale il 19 dicembre 1986 è previsto lo stanziamento di 102 miliardi per la costruzione e ristrutturazione di strutture residenziali a carico del comparto assi­stenziale per anziani autosufficienti e soprattutto per non autosufficienti.

E i servizi alternativi? Di potenziamento dell'assistenza domiciliare (presente solo in 364 dei 1209 Comuni piemontesi), dell'assistenza econo­mica, delle comunità alloggio, nell'atto della Giun­ta non si fa alcun cenno concreto.

Infine segnaliamo che nelle varie deliberazio­ni assunte dalle Regioni in attuazione del decre­to Craxi dell'8 agosto 1985 (7), anche al fine di poter spillare quattrini proprio alle persone non in grado di difendersi, si fa riferimento ad una nuova categoria di utenti.

Ad esempio nella deliberazione del Consiglio regionale piemontese del 31 luglio 1986 n. 245­11964, si indicano quali utenti delle strutture as­sistenziali protette gli anziani «non malati che si trovano in condizioni di prevalente non autosuf­ficienza psico-fisica».

Si tratterebbe cioè di sani non autosufficienti sul piano psico-fisico: pur di emarginare si fa a pugni con il buon senso.

Ricordiamo, inoltre che, come ha affermato Massimo Dogliotti, docente dell'Università della Calabria e giudice del Tribunale di Genova (8) «la nozione di non autosufficienza è, allo stato attuale della legislazione, nozione extra-giuridi­ca (...). Attualmente l'ordinamento giuridico può solo rispondere che la salute è diritto di ogni cittadino, autosufficiente e non autosufficiente».

Aggiunge M. Dogliotti: «Il soggetto non auto­sufficiente (definizione medico-clinica e non giu­ridica) può necessitare di una cura ospedaliera, e pure di interventi di riabilitazione, recupero, terapie o semplice accudimento extra-ospedalie­ro. Anche questi interventi dovrebbero rientrare nel settore sanitario (tondo sanitario, USL). E così pure le prestazioni di vitto e alloggio, ad esempio, nelle case protette. Nessuno si sogne­rebbe di pensare che le prestazioni di vitto e al­loggio in ospedale rientrano nel sociale. Questa sembra l'intenzione del legislatore nella riforma sanitaria che, proprio con riferimento all'anzia­no, precisa che il servizio sanitario nazionale persegua la tutela della sua salute, anche al fine di prevenire e di rimuovere le condizioni che possono concorrere alla sua emarginazione. Non si risolvono i problemi di bilancio, scaricando il sanitario, in quest'accezione più ampia, il sociale, ma semmai imponendo, con legge dello Stato, il pagamento in tutto o in parte di alcune presta­zioni sanitarie ai cittadini, in relazione al reddito (anche se vi sarebbe un problema di ulteriore graduazione per i lavoratori che hanno diritto a prestazioni previdenziali)».

Aggiungiamo che moltissime sono le Regioni (Lombardia, Emilia Romagna, Toscana, Veneto, Liguria, ecc.) e le USL che procedono alla co­struzione di case protette assistenziali per rin­chiudervi anziani e adulti cronici non autosuffi­cienti, compresi quelli con malattie mentali.

 

Conclusioni

Amministratori e programmatori a livello na­zionale e locale, in aperta violazione delle leggi vigenti, continuano imperterriti a sostenere solu­zioni di emarginazione dei cittadini più deboli.

L'eutanasia da abbandono è una modalità di intervento praticata con sempre maggiore inten­sità e brutalità anche se si cerca in tutti i modi di mascherarla.

L'ampia diffusione del documento «Diritti ed esigenze delle persone gravemente non autosuf­ficienti» (9), le numerose adesioni al documento stesso e il successo della manifestazione di Roma del 10 marzo 1987 consentono di sperare in una prossima, anche se non immediata inver­sione di tendenza. Numerose e consistenti sono le difficoltà, enormi gli interessi politici ed eco­nomici da vincere: ancora una volta è indispen­sabile l'unità di tutti coloro che non accettano che siano calpestati i diritti della fascia più de­bole della popolazione, fascia di cui ciascuno di noi può venire a far parte a seguito di malattia o d'incidente.

 

 

 

(1) Altre 18 analoghe storie sono pubblicate nel libro di F. Santanera e M.G. Breda «Vecchi da morire», recen­temente pubblicato da Rosenberg & Sellier nella Collana «Quaderni di promozione sociale».

(2) Cfr. «Gli anziani cronici non autosufficienti: euta­nasia da abbandono», in Prospettive assistenziali, n. 59, luglio-settembre 1982.

(3) Al documento integralmente pubblicato sul n. 75, luglio-settembre 1986 di Prospettive assistenziali, hanno aderito: Pierpaolo Donati - Professore ordinario di Socio­logia - Università di Bologna; Antonio Maria Strambi - Società San Vincenzo De Paoli - Consiglio Superiore per l'Italia - Roma; Nando Agostinelli - Presidenza della As­sociazione nazionale pensionati della Confcoltivatori - Roma; Quinzio Granata, Primario Geriatria USL RM/9, Presidente Centro italiano per lo studio dell'Algheimer e della longevità - Roma; Vittorio Lumia, Primario Geriatria Ospedale dell'Addolorata RM/9 - Roma, Libero docente Università terza età - Roma; Renzo Scortegagna, Associato sociologia dell'organizzazione, Dipartimento di sociologia - Università di Padova; Luigi Cancrini, Vice presidente Com­missione Sanità - Consiglio regionale Lazio; Lidia Mena­pace, Consigliere Regione Lazio - Sinistra indipendente; Teresa Angela Migliasso - Deputato PCI; Leda Colombini - Deputato PCI; Elio Gabbuggiani - Deputato PCI; Sergio Fon­tanari - Senatore Gruppo Misto-SVP; Pierluigi Onorato - Deputato Sinistra indipendente; Gianfranco Boris - Sena­tore Sinistra indipendente; Pasquino Ulianich - Senatore Sinistra indipendente; Antonio Gatto, Direttore e Coordi­natore sanitario - USL/9 Basso Vicentino (Regione Vene­to); Bruna Cicconi, Presidente Cooperativa Pulcinella Roma; Uberto Gatti, Ordinario di criminologia dell'Univer­sità di Genova; Carlo Carozzo - Redazione de «Il Gallo» - Genova; Maria Pia Bozzo Ferraris, Consigliere comunale DC di Genova - Direttrice IRRSAE; Roberto Balestreri, Or­dinario di gerontologia, Università di Genova; Bruno Venzi, Presidente COOPOS (Cooperativa Popolare Operatori So­ciali) - Genova; Marino Peruzza, Primario geriatria, Ospe­dale Giustiniani - Venezia; Maria Antonietta Aveni Casucci, Associato di psicologia, Facoltà medica Università di Mi­lano, Direttrice della sezione gerontologica e clinica del­l'Istituto di psicologia della Facoltà medica - Università di Milano; Volontariato A.V.A.S.S., Gruppo di Manta (CN); Le assistenti sociali delle UU.SS.LL. n. 49 e 50 della Re­gione Piemonte: Gabriella Caccini, Marinella Marchitelli, Marina Serra, Isa Strona, M. Luisa Morace, Giuliana De Gasperis, Stefano Scarpinato; U.I.L.D.M. - Direzione Na­zionale - Unione italiana lotta alla distrofia muscolare Padova; Gruppi Direttivi della Caritas Marcelliana e del volontariato cittadino - Città di Monfalcone (GO) (rif. Giovanni Fragiacomo); Francesco Cavazzuti, Primario USI- 28 - Regione Emilia Romagna - Bologna Nord - Ospedale Orsola­Malpaghi; ACAP - Comunità di Sant'Egidio - Roma; Fran­cesco Florenzano, Gruppo italiano di ricerca economica e sociale di Salerno; Gianfranco Pasquino, Senatore Sinistra indipendente; Adriana Ferretti, Responsabile socio-assi­stenziale - USL 73 del Piemonte - Novi Ligure (AL); Lucia Gardillo, Assessore alla sanità - Provincia di Potenza; Am­ministrazione Provinciale di Potenza; Enrico Piovani, Pre­sidente CO.SE.PO. - Cooperativa servizi polivalenti - Vi­terbo; Paolo Putrino, Vice Presidente USL/19 Spezzino (La Spezia); Paolo Liverani, Università di Urbino, Docente in assistenza sociale e servizi sociali; Giuseppe Raganato, Primario Geriatria Ospedale Civile Copertino, Specialista geriatria e gerontologia - Copertino (LE); Luigi Covatta, Senatore PSI; Unione per la lotta contro l'emarginazione sociale - ULCES - Torino; Carlo Cuomo (Comitato regiona­le lombardo PCI) - Milano; Bianca Guidetti Serra, Consi­gliere comunale DP - Torino; Renato Henriet, Società San Vincenzo De Paoli - Aosta; Arnold Tribus, Consigliere re­gionale del Trentino Alto Adige (Lista alternativa per l'altro 5udtirolo) - Bolzano; F. Fosson, Associazione valdostana famiglie portatori handicap - Aosta; Franco Calamida, De­putato Democrazia proletaria; Salvatore Cerminara - Coor­dinatore Settore servizi sociali - Regione Lazio, Assessora­to Enti locali - Roma; Vito Totìre, Consigliere regionale Gruppo Verde - Emilia Romagna - Bologna; Adriano Sal­vagnin - assistente sociale - responsabile attività della terza età ULSS/31 - Adria (RO); Silvana Cavazzin, Infer­miera professionale - ULSS/31 - Adria (RO); Antonella Franzoso, Infermiera professionale - ULSS/31 - Adria (RO); Cinzia Ruzza, Infermiera professionale - ULSS/31 - Adria (RO); Marta Ghinello, Assistente sanitaria visitatrice ULSS/31 - Adria (RO); Daniela Smorgon, Ostetrica ULSS/ 31 - Adria (RO): Fiammetta Frigato, Assistente sociale - Servizio ospedaliero - Adria (RO); Antonio Pennacchio, Fisioterapista USL 37 - Breno (BS); Giampietro Martinelli, Psicologo - USL 37 - Breno (BS); Giancarlo Paoletti, Fun­zionario socio-sanitario - Regione Toscana; Ornella Gal­letto, Assistente sociale - Comune di Carrara; Elena Roc­chiccioli, Funzionario direttivo - Comune di Massa; Ga­briella Novani, Assistente sociale USL/2 - Massa Carrara; Silvana Bonotti, Responsabile Servizio sociale USSL/2 Massa Carrara; Maria Marcellina Puliti, Regione Toscana, Funzionario socio-sanitario; Fabrizia Guastalli, Assistente sociale e coordinatore - USL/2 Toscana; Pasqualina Napo­letano, Consigliere regionale del Lazio (Comm. Sanità) - Regione Lazio; Leo Canullo - Deputato PCI; Ornella Bene­detti, Assistente sociale - Viareggio; Piergiacomo Baroni, Assistente sociale -A.S.A.P. Novara; Laura Mussano Davi, Assistente sociale - Presidio ospedaliero - Rivoli (TO); Walter Mandolini, Coordinatore casa di riposo «Villa Se­rena» - Comune S. Marcello Pistoiese; Luisa Gorgoni, As­sistente sociale coordinatore - USL/LE/1 - Ospedale G. Ga­lateo Responsabile del Tribunale per i diritti del malato - M.F.D. - Lecce; Roberto Mazza, Assistente sociale - USL/ 19 (La Spezia); Giorgio Satti, Commissario IPAB - Istituto triestino interventi sociali - Trieste; Domenica Corso, Di­rettore e Professore universitario - Scuola superiore ser­vizio sociale - Reggio Calabria; Giovanni Mario Dal Molin, Coordinatore sociale - ULSS/4 - Feltre (Veneto); Giuliano Silvestri - Deputato DC; Silvia D'Ambrosio, Educatore pro­fessionale - Comune di Cologno Monzese (MI); Anna Carla Bargone, Assistente sociale - Regione Sardegna; Giuseppe Pascucci, Responsabile settore sociale ULSS - Valle Umbra Sud; Salvatore Nasca, Direttore servizio sociale - Ministe­ro grazia e giustizia - Livorno; Guido Bernardi, Deputato DC - Responsabile Trasporti; Giovanni Masu, Presidente USL/3 Tempio P. (SS); Daniela Tobaldini, Assistente socia­le - Comune di Seregna (MI); Gabriele Rosati, sociologo USL VT/5; Giovanni M. Obinli, Primario geriatria, Ospeda­le Civile - Genova Sestri; Maria Luisa Saroni Addario, Di­rettrice scuola assistenti sociali UNSAS - Torino; Annarosa Di Nicola, assistente sociale - Coop. C.O.S.; Silvano Mi­niati, Dir. nazionale UIL - Segr. Nazionale UILP; Della Mar­tina Giuseppe, Segretario Agenzia Diritti Anziani - c/o AICS; Maria Bonaria Marras, Assistente sociale, ex ENA­OLI; Massimo Mantero, Primario inc. servizio recupero rieducazione funzionale - USL/7 ligure «del Savonese»; Rita Andrenacci, Assistente sociale, Associazione di volontaria­to S. Saturnino; Salvatore Crispi, Operatore sociale- As­sociazione siciliana assistenza spastici - Palermo; Donatel­la Anserini, assistente sociale - Selenia S.p.A.; Gerardo Canora, Direttore ripartizione servizi culturali, sociali, tem­po libero - Comune di Cava dei Tirreni (SA); Ettore d'Igna­zi, assistente sociale - Ripatransone (AP); Pia David, assi­stente sociale - USL Centro Sud - Ospedale regionale - Bolzano; Marta Ranzi, Assistente sociale - USL Centro Sud - Ospedale regionale - Bolzano; Daniela Pompei, Assistente sociale - Cooperativa cultura popolare - Roma; Franco Giu­stinelli - Senatore PCI; Lucilla Bonaco, Presidente Movi­mento gruppo servizi anziani; Marco Gallo, Responsabile studi e ricerche di INECOOP (istituto nazionale per l'edu­cazione cooperativa); Anna Maria Conterno Degli Abbati, Ispettrice Ministero pubblica istruzione; Mario Calbí, As­sistente sociale - Consigliere Comune dì Genova - Indi­pendente PCI - ex Assessore ai Servizi sociali - Comune di Genova; Maria Stefani, Assistente sociale - ISTISS:î (Istituto per gli Studi sui servizi sociali) - Roma; Salva­tore Taurino, Coordinatore e Direttore sanitario - USL/BR/6 - San Pietro Vernotico (BR); Giorgio Raos, Direttore am­ministrativo - Capo servizio - USL/7 - Tradate (Varese).

(4) Fra i vantaggi delle strutture protette, nella relazio­ne è indicato anche il seguente: «Offrire una valida op­portunità di riconversione alle case di cura private che cesseranno i rapporti convenzionali con le Unità sanitarie locali per effetto dei provvedimenti regionali diretti al ridi­mensionamento della retta ospedaliera privata, anche in conseguenza della necessità di contenere la spesa sani­taria entro le risorse finanziarie disponibili».

(5) Ricordiamo che le leggi vigenti non prevedono tale possibilità. II ricovero in ospedale o in altre strutture resi­denziali sanitarie deve essere disposto quando le esigen­ze e la situazione del paziente non consentono il tratta­mento domiciliare o ambulatoriale. In merito ai pazienti cronici, V. Brutti, nell'articolo «Anziani e handicappati in ospedale: degenza e fattori socio-ambientali» (Censis, n. 2/3, 15 gennaio - 1° febbraio 1986), osserva che essi «tendono a permanere presso la struttura (ospedaliera, n.d.r.) per lunghissimi periodi di tempo, influenzando così fortemente il calcolo della durata media della degenza generale. Questa categoria di utenti delle strutture ospe­daliere risulta "scomoda" anche per altri motivi: per i sanitari, gli ammalati acuti sono in genere più stimolanti sul piano diagnostico o terapeutico; per il personale in­fermieristico, avere in reparto molti pazienti anziani signi­fica aumento del carico di lavoro, per la maggiore assi­stenza che questi richiedono».

(6) Le disposizioni della Regione Piemonte prevedono il ricovero in case protette non solo di anziani e di adulti non autosufficienti, ma anche di minori.

(7) Ci risulta che nessuna Regione abbia contestato il decreto, chiaramente anticostituzionale e illegittimo, come ha anche sostenuto Pietro Rescigno, come abbiamo segna­lato in questo articolo.

(8) Cfr. «Il diritto dell'anziano non autosufficiente alla salute», Seminario della Fondazione Zancan di Malosco del 26-29 giugno 1985, in Servizi sociali, n. 4, 1985.

(9) Il documento è stato pubblicato integralmente da Medicina geriatrica, Prospettive assistenziali (che ne ha diffuso anche 5000 estratti), Prospettive sociali e sanitarie, La rivista di servizio sociale, Il medico d'Italia, Quaderni di azione sociale, Notiziario AIAS, Controcittà e, in sintesi, dal Giornale dei Pensionati CISL, Gli altri, Progetto. Inoltre il testo completo è stato inserito fra i documenti prepa­ratori del Convegno «L'anziano non autosufficiente: pro­blemi e prospettive», svoltosi ad Aosta il 23, 24 e 25 ot­tobre 1986, organizzato dal Comune di Aosta e dalla Lega per i poteri e le autonomie locali.

Le adesioni vanno inviate a ISTISSS, Via Arno 2, Roma oppure a CSPSS, Via della Scala 3, Roma.

 

 

www.fondazionepromozionesociale.it