Prospettive assistenziali, n. 74, aprile - giugno 1986

 LA CASA PER L'ANZIANO: ELEMENTO INDISPENSABILE PER PREVENIRE IL BISOGNO ASSISTENZIALE

EUGENIA MONZEGLIO

 

Il superamento del bisogno assistenziale

Il problema della casa riveste una decisiva e prioritaria importanza all'interno della politica di interventi finalizzati a favorire la deistituzionaliz­zazione di persone ricoverate in strutture segre­ganti (minori, handicappati, disadattati, anziani, ecc.) e ad evitare l'internamento dell'individuo in istituto.

Per le persone che si presentano in condizio­ne di debolezza e di emarginazione per motivi fisici, psichici, economici (la cosiddetta utenza «debole») è molto difficile - e in molti casi impossibile - disporre di un'abitazione idonea alle proprie esigenze.

Barriere psicologiche, oltre che fisiche, divi­dono la popolazione efficiente, sana, giovane da quella non produttiva, inabile, non autosufficien­te, anziana; barriere che raggiungono il massi­mo della loro negatività nella costituzione di veri e propri ambienti emarginati ed emarginan­ti - l'istituzione totale (1) per eccellenza -. ospizi, ricoveri, cronicari, istituti, più o meno camuffati nel nome ma che nella sostanza rap­presentano la segregazione e l'esclusione riser­vate al diverso, cioè a chi non é abile, non è ca­pace di badare a se stesso, non è produttore.

Limitando il campo di intervento ed affrontan­do in questa sede il problema della casa per la popolazione anziana come elemento necessa­rio per prevenire il bisogno assistenziale, occor­re premettere che l'attuale tendenza (a livello di proposizioni di principio e di affermazioni più o meno generiche) è indirizzata a privilegiare la permanenza dell'anziano nella propria dimora o nel nucleo familiare di origine, favorendo la pos­sibilità di vita autonoma attraverso una moltepli­cità di interventi a carattere sociale, sanitario, assistenziale.

L'ingresso dell'anziano in strutture di ricovero tradizionale (ospizio, casa di riposo, casa protet­ta) è spesso conseguenza proprio di problemi connessi con l'abitazione, oltre a problematiche di ordine economico, sociale, di salute. Infatti condizioni abitative precarie (appartamenti fati­scenti, privi di ascensore, di riscaldamento, di servizi igienici interni, ecc.) o l'assenza stessa di abitazione (per sfratto, vendita, frazionamen­to o demolizione dell'immobile), la presenza di elementi che influiscono negativamente sulle pos­sibilità di movimento e che si manifestano in concomitanza con la riduzione o la perdita delle capacità motorie, sono tutti elementi che concor­rono a determinare l'internamento dell'anziano in strutture di ricovero (2).

Da una ricerca condotta nelle case di ricovero per anziani in USA, è emerso che le cause che hanno indotto a ricorrere all'istituto sono preva­lentemente di natura economica e collegate con problemi di alloggio. Infatti le motivazioni che hanno portato al trasferimento dell'anziano in casa di riposo e protetta sono le seguenti:

1) problemi connessi con l'alloggio e il territorio ..................    47%

- difficoltà a pulire e riassetta­re l'alloggio ............................    22%

- impossibilità a restare nell'alloggio per motivi econo­mici ......    11%

- ambiente urbano insicuro......................................      6%

- distanza da familiari ed amici .................................      5%

- difficoltà di contatti con la comunità ..........................      2%

- ragioni di clima ............................................      1%

2) problemi di sicurezza e di solitudine ................    29%

- preoccupazione per la propria indipendenza  .........    17%

- preoccupazioni per le situa­zioni di emergenza .......      7%

- solitudine .........................      5%

3) problemi di salute ...........................................      9%

4) la famiglia ha sollecitato il ricovero ......................      7%

5) altro ...................................      8%

da cui emerge chiaramente che di fondamentale importanza sono i fattori collegati all'abitazione ed all'ambiente circostante (3).

È inoltre necessario precisare che nei ricoveri per persone anziane sono presenti soprattutto gli anziani meno abbienti: infatti chi ha migliori possibilità economiche cerca di risolvere diver­samente i propri problemi di assistenza e di cura, evitando di ricorrere a strutture, spesso estremamente carenti oltre che segreganti (4).

L'esigenza di considerare la casa come bene primario, come servizio sociale è fondamentale per tutti, impone che la questione della casa sia affrontata globalmente e non per settori e per utenze separate; tuttavia all'interno del proble­ma casa si possono e si devono estrapolare al­cuni nodi che pongono interrogativi precisi e spe­cifici quale il problema dell'alloggio per utenze deboli o svantaggiate.

Se la questione casa riveste attualmente nel nostro paese proporzioni tali da creare disagi ad intere fasce di popolazione, essa si manifesta in modo ancor più drammatico ed urgente per la popolazione anziana, meno difesa dalla norma­tiva esistente e tagliata fuori dai criteri di asse­gnazione degli alloggi costruiti dal pubblico in­tervento.

Anche se quasi tutte le disposizioni delle Regioni in materia socio-sanitaria considerano indispensabile mantenere l'anziano nel proprio tessuto sociale, è tuttavia presente il ricorso al ricovero considerato come un ripiego, un'ulti­ma soluzione. Se però si considera che obiettivo prioritario, per evitare l'isolamento e la segrega­zione dell'anziano è costituito dal mantenere la persona nel proprio ambito di relazioni e di vita, favorendo la permanenza nel propria alloggio, ne discende che il ricorso al ricovero in ospizio, casa di riposo, casa protetta, in nessun modo deve rappresentare l'ultima speranza, ma un rimedio veramente estremo e progressivamente da su­perare, promuovendo contemporaneamente ade­guati ed efficienti interventi per ottenere il rein­serimento sociale degli istituzionalizzati, combat­tendo la cronicizzazione e diffondendo informazio­ni e conoscenze sanitarie al fine di attuare real­mente la prevenzione.

L'obiettivo di superare il ricorso alla istitu­zionalizzazione dell'anziano affonda le sue radici ideologiche nella necessità di prevenire il biso­gno assistenziale e l'emarginazione, eliminando le cause stesse del servizio assistenziale con interventi di tipo strutturale (ad es.: raggiungi­mento della piena occupazione con eliminazione del lavoro nero e del doppio lavoro, pensioni adeguate per tutti con riduzione del ventaglio sia delle retribuzioni pensionistiche che degli anni lavorativi necessari al pensionamento) e con la messa a disposizione dei servizi fondamentali ri­spondenti alle necessità dell'utenza (casa e ser­vizi: sanità, trasporti, cultura, sport non agonisti­co, attività del tempo libero, ecc.).

A titolo esemplificativo si elencano alcuni in­terventi: disponibilità di case per tutti, compati­bili con le diverse esigenze dell'utenza, prive di barriere architettoniche all'interno ed all'esterno dell'alloggio e quindi tali da essere agibili facil­mente anche da anziani, handicappati, ecc.; servi­zio sanitario finalizzato non solo alla cura ma an­che alla prevenzione (5) e riabilitazione (6). In effetti grandi sono le carenze a livello sanitario per l'utenza anziana: la peculiarità, per certi aspetti, della patologia senile esige un'attenzione specifica alla necessità di una diagnosi precoce, proprio per il lungo periodo di latenza clinica di molte malattie ricorrenti in età avanzata. Rispet­to a questa situazione, l'odierno sistema di assi­stenza sanitaria è centrato più sull'evento clini­co acuto, il cui trattamento è differente da quello di malattie a decorso lento e spesso con effetti di lunga durata, per le quali sono necessari in­terventi che mirino a prevenire la cronicità e a favorire la reintegrazione del paziente anziano nella famiglia e nella società (7).

Secondo l'Organizzazione mondiale della sani­tà, la politica di prevenzione delle invalidità locomotorie, mentali, sensoriali e multiple si può attuare a tre livelli: primario, secondario, ter­ziario.

Primario: controllo dei rischi e promozione del­la salute per prevenire menomazioni e invalidità primarie e di riflesso: screening delle menoma­zioni sensoriali, valutazione delle capacità funzio­nali dell'anziano nel suo ambiente di casa, pedi­cure a intervalli regolari, alimentazione adeguata, controlli dentari, promozione della comunicazio­ne, riduzione delle cause fisiche di isolamento con possibilità ricreative e adozione di nuovi ruo­li sociali, scelte strategiche relative alla casa, ai trasporti, aiuti ai familiari che assistono i con­giunti anziani, riduzione al minimo dei periodi di lontananza dalla propria casa.

Secondario: individuazione precoce di meno­mazioni e invalidità (monitoraggio dello stato dl salute per eliminare o ridurre al minimo i disturbi causa di invalidità ed installazione di sistemi di avviso immediato in caso di incidenti e malori do­mestici) e trattamento per stabilizzare o ridurre i danni.

Terziario: riabilitazione e continuità dell'assi­stenza (8).

Perciò privilegiare la prevenzione significa agi­re su quell'insieme di cause sociali, economiche, culturali dalle quali possono derivare stati di malessere quali emarginazione, devianza, solitu­dine, ecc. e cioè agire sulle motivazioni stesse creanti tali stati di disagio, spesso legate alle problematiche del lavoro, alla politica della casa, del territorio, del tempo libero.

Di conseguenza sono necessari casa e servizi sociali - in senso esteso - per tutti e per gli anziani case dotate di attrezzature e progettate con alcuni accorgimenti, tali da renderle facil­mente usufruibili e da ridurre al minimo la di­pendenza dell'anziano.

Con ciò non si vuole sostenere che si deb­bano realizzare case o alloggi per soli anziani: anzi la sperimentazione di nuove proposte abita­tive deve volgersi non tanto alla differenziazione dell'organismo abitativo nel suo complesso e quindi alla sua etichettatura, ma alla soluzione differenziata di parti di esso in relazione alle esigenze che di volta in volta si debbono soddi­sfare.

Si tratta piuttosto di progettare e realizzare la casa per tutti, non come gamma di interventi «speciali» per utenti «speciali» che ne aval­lino e sottolineino le differenze e la loro esclu­sione dalla normalità, ma come complesso di interventi integrati e flessibili in relazione a tut­te le diverse esigenze.

L'obiettivo è quello di progettare e realizzare case e servizi per tutti superando la segrega­zione sociale e le discriminazioni d'uso, facendo in moda che esigenze abitative diverse fra loro siano soddisfatte con modalità e tempi politica­mente accettabili, stabilendo delle priorità di in­tervento.

La realizzazione di tali interventi, che nel con­creto si attua attraverso la creazione di una serie di presidi territoriali a vari livelli e tali da assol­vere ai problemi dell'anziano, deve passare at­traverso un equilibrato rapporto tra residenza e servizi e cioè tra case e attrezzature a livello microurbano a più diretto contatto con la resi­denza. Il problema della casa e dei servizi per gli anziani diventa (e non può essere diversamen­te) parte del più generale problema della casa.

La concezione della casa come servizio socia­le a disposizione di tutti i cittadini in relazione ai loro bisogni, impone che si debba trovare spa­zio a sistemazioni residenziali, diverse dalla «norma», anche per le persone in condizioni di particolare bisogno (non solo persone in età se­nile, ma persone sole, giovani coppie, handi­cappati, ecc.) nell'ambito delle normali abitazioni nella pienezza del termine e cioè nell'ambito di spazi organizzati in cui si integrano abitazioni e servizi per la collettività (8).

Le soluzioni abitative previste per la popola­zione anziana si pongono come alternativa al ricovero in istituto; infatti se ne ipotizza l'utilizzo solo quando sono stati già sperimentati tutti gli interventi necessari per il mantenimento dell'anziano nella propria abitazione.

Una serie di interventi a carattere non assi­stenziale e che riguardano pertanto il campo dei servizi sociali in senso lato, può essere costi­tuita dalle seguenti iniziative:

- individuazione di prestazioni atte a realiz­zare forme occasionali di utilizzo del lavoro dell'anziano:

- nel quartiere (vigilanza delle strutture pubbli­che, scuole, parchi, impianti sportivi e loro ma­nutenzione, collaborazione alla cura del verde pubblico, accompagnamento di invalidi, handi­cappati, bambini, ecc.);

- in centri di attività, in parte o totalmente ge­stiti da anziani e non, quali: attività ricreative, sportive, culturali, di gioco per bimbi;

- in laboratori (e nelle scuole) in qualità di per­sone che mettono a disposizione la propria competenza ed esperienza;

- concessione agli anziani di appezzamenti di terreno di proprietà pubblica, al fine di coltivarli per autoconsumo (produzione di ortaggi, coltiva­zione fiori e piante, ecc.);

- agevolazioni per facilitare l'accesso a ser­vizi di rilevante consumo sociale:

- attività culturali, socio-sanitarie, del tempo li­bero (ad es. messa a disposizione di biglietti gratuiti o semigratuiti, proiezioni o realizzazio­ne di spettacoli in orario pomeridiano o pre­serale);

- attività sportive non agonistiche, calibrate in base alle esigenze e alle possibilità dell'an­ziano;

- soggiorni climatici;

- mezzi pubblici di trasporto (fasce orarie gra­tuite, tessere di libera circolazione semigra­tuite o gratuite);

- facilitazioni per l'uso del trasporto privato (taxi) per i portatori di invalidità che non possono usufruire del mezzo pubblico collettivo;

- assistenza domiciliare sanitaria (assistenza medica di base, assistenza infermieristica e vigi­lanza sanitaria): provvede agli accertamenti sa­nitari e a garantire assistenza infermieristica, medica di base e specialistica in rapporto alla dia­gnosi formulata. Con l'assistenza sanitaria domi­ciliare si possono attuare a casa del paziente provvedimenti terapeutici: medicazioni, ossige­noterapia, trattamenti radioterapici, aerosoltera­pia, trattamenti chinesiterapici. Sotto il profilo diagnostico si possono effettuare a domicilio prelievi per esami di laboratorio, esami radio­logici e endoscopici trasportando all'occorrenza il malato in ospedale;

- servizio di riabilitazione psico-motoria a domicilio: si attua come continuazione di prece­denti misure riabilitative, svolte in ambito ospe­daliero o in centri di riabilitazione. A domicilio si possono altresì praticare quelle tecniche riabi­litative, a volte semplici e con uso di strumenti non ingombranti e facilmente spostabili, che con­sentono il recupero e il miglioramento degli ap­parati lesi;

- ospedalizzazione a domicilio: modalità di cura e di assistenza, che integra e/o sostituisce il ricovero ospedaliero, particolarmente valido per anziani, specie se colpiti da malattie di tipo cronico o a lungo decorso;

- ospedale diurno: forma intermedia tra assi­stenza ambulatoriale, domiciliare e ospedaliera. L'ospedale diurno, completo di servizio di tra­sporto, presta assistenza continuativa, durante le ore del giorno, agli anziani colpiti da malattie che necessitano di cure e controlli frequenti, con par­ticolare attenzione ai trattamenti riabilitativi in senso lato. In particolare l'ospedale diurno può essere utilizzato da pazienti per i quali la strut­tura diurna può sostituire il ricovero, da dimessi dall'ospedale per i quali si richiede essenzial­mente un'attività riabilitativa, per i pazienti il cui quadro clinico, in fase di accertamento diagno­stico, esige esami non praticabili ambulatorial­mente o a domicilio;

- servizi sociali di territorio: mensa, lavan­deria, centro di incontro (centro sociale, centro civico): nel centro di incontro, aperto a tutta la popolazione, si svolgono attività di vario tipo (ri­creative, culturali, di laboratorio, di gioco, ecc.);

- centro diurno, anche del tipo semiconvitto, con rientro a casa alla sera, per anziani, anche non del tutto autosufficienti, di cui i familiari non possono occuparsi durante il giorno. Tale centro potrebbe far parte o essere integrato col centro di incontro di cui sopra (9).

- interventi sulla casa, tra questi si possono prevedere:

- miglioramento di condizioni abitative;

- riserva di abitazioni dell'edilizia economico­popolare;

- predisposizione di residenze con servizi collet­tivi nel normale contesto abitativo.

Anche se è preferibile puntare sui servizi so­ciali, a carattere preventivo, piuttosto che su quelli assistenziali a carattere riparatorio o suc­cessivo, tuttavia è necessario predisporre, nell'attuale momento, alternative di carattere assi­stenziale per gli anziani in stato di bisogno, a condizione che l'attività assistenziale - per non risultare isolata e troppo appesantita - sia in­globata nella dinamica più generale delle strut­ture comunitarie e sociali.

Nella scala degli interventi di tipo assistenzia­le, il primo posto è occupato dalla necessità di garantire la massima autonomia all'anziano: ne deriva l'esigenza di assicurargli la possibilità di restare nella propria abitazione o quanto meno nel tessuto socio-relazionale di provenienza. Al­cuni interventi di tipo assistenziale possono es­sere:

- assistenza economica sotto forma di eroga­zione di denaro:

- contributo mensile ad integrazione della pen­sione (minimo vitale);

- sussidio straordinario per situazioni eccezio­nali o di emergenza (sfratto, acquisto protesi e attrezzature, ecc.);

- prestito in attesa di prestazioni previdenziali; - contributo per integrare il canone di affitto o per spese quali riscaldamento, luce, gas, ecc.; - prestazioni del servizio sociale domiciliare e non (attività dell'assistente sociale) con fun­zione di informazione, svolgimento pratiche, in­dagine socio-familiare, diagnosi del bisogno, ri­cerca delle risorse e degli strumenti necessari per risolvere le difficoltà economico-sociali di singoli e di famiglie, organizzazione generale, coordinamento e valutazione delle prestazioni fornite a livello domiciliare e non, organizzazione del volontariato, ecc.

- aiuto domestico familiare (attività dell'assi­stente domiciliare): cura e pulizia dell'alloggio, disbrigo delle faccende domestiche, preparazio­ne pasti, acquisto di alimenti e di altri generi, accompagnamento per svolgimento di pratiche, da parenti e amici, a passeggio. aiuto nella pu­lizia della persona, raccolta della biancheria per il servizio centralizzato di lavanderia, rammendo, stiratura, piccoli lavori di bucato. Tale aiuto do­mestico deve avere caratteristiche di continuità, senza esclusione dei giorni festivi, se necessario;

- servizio per ristoro, pulizia e cura della persona: fornitura pasti caldi a domicilio, servi­zio centralizzato di lavanderia con ritiro e conse­gna a domicilio della biancheria, servizi per l'igie­ne e la cura della persona: bagno assistito, pe­dicure, parrucchiere, barbiere, ecc. Il servizio pa­sti caldi a domicilio deve procurare all'anziano pasti completi, eventualmente in collaborazione o in convenzione con mense di quartiere, scola­stiche, aziendali o con ristoranti, self service. Il servizio centralizzato di lavatura, pulizia, stira­tura di indumenti e biancheria deve provvedere alla raccolta quotidiana e periodica della bianche­ria e della riconsegna a domicilio;

- servizio di buon vicinato: affidamento di anziani che vivono soli a vicini di casa, che si prendono cura dell'anziano (aiuto nella pulizia dell'alloggio, nella preparazione dei pasti, nel fare acquisti, accompagnamento dell'anziano e soc­corso in caso di emergenza) consentendogli di vivere autonomamente nel proprio alloggio;

- affido familiare: inserimento di anziani non in grado di vivere da soli, presso singole perso­ne, famiglie, parenti o comunità;

- realizzazione di alloggi collettivi per 6-8 per­sone, inseriti nel normale contesto abitativo (al­loggi integrati), la cui tipologia può essere la seguente:

- alloggi comunitari (comunità alloggio) per an­ziani in grado di vivere autonomamente fornen­dosi aiuto reciproco;

- alloggi comunitari con assistenza domiciliare saltuaria o continuativa;

- alloggi comunitari «protetti» con assistenza continua (24 ore su 24) ed in contatto continuo con un centro di emergenza (pronto intervento).

 

Le soluzioni abitative proposte

Per l'utenza della terza e quarta età si pos­sono proporre una serie di soluzioni abitative soddisfacenti, differenti condizioni associative (da soli, in coppia, in gruppo) e diversi livelli di autonomia e di autosufficienza.

È inoltre necessario che gli alloggi per anziani siano realizzati in modo da permettere:

- integrazione dei diversi tipi di alloggi per anziani tra di loro e con i diversi tagli di alloggi previsti per tutta la popolazione;

- inserimento dei diversi tipi di alloggi in organismi contenenti servizi rivolti a tutti (ser­vizi collettivi residenziali alla scala dell'edificio abitativo e servizi sociali alla scala del quar­tiere);

- generalizzazione (intesa come non eccessi­va specializzazione) della destinazione residen­ziale, evitando sia di aggregare in strutture trop­po specialistiche l'utenza che di far convivere utenti con esigenze difficilmente compatibili;

- eliminazione delle barriere architettoniche nell'alloggio, negli spazi collettivi residenziali ed all'esterno dell'organismo abitativo.

 

Alloggio autonomo dell'anziano

Si è già visto che con una serie integrata di in­terventi (assistenziali e non), anche modesti, spesse volte è possibile permettere all'anziano la permanenza nel proprio alloggio. Se poi, qua­lora si riveli necessario, si interviene diretta­mente sulle caratteristiche dell'alloggio per ade­guarlo alle capacità psico-fisiche dell'anziano, al­lora veramente gli si offre l'opportunità di otte­nere contemporaneamente un buon livello di si­curezza e di confort uniti a un alto grado di liber­tà individuale, mantenendo le proprie consuetu­dini di vita ed i rapporti interpersonali già in­staurati.

Se invece le condizioni dell'alloggio sono tali da non poter sopportare una ristrutturazione e/o un riadeguamento, se sono presenti barriere ar­chitettoniche, a livello di edificio, non rimovibili (ad es. mancanza di ascensore) oppure se l'an­ziano stesso preferisce un diverso alloggio, al­lora deve essere possibile disporre, nel parco dell'edilizia residenziale pubblica, di piccoli allog­gi (da assegnare prioritariamente ad anziani soli o a coppie), inseriti nel normale contesto abita­tivo e distribuiti equilibratamente sul territorio, evitando rigorosamente le grosse concentrazioni, che non favoriscono l'integrazione sociale e co­stringono l'anziano ad allontanarsi dal proprio contesto originario di vita.

Come alternativa all'alloggio dell'anziano e strettamente dipendenti dai livelli di efficienza dell'utente si sono individuate le seguenti tipo­logie di alloggi.

Alloggi individuali minimi (mini-alloggi): mo­novano o bivano (di superficie indicativa rispet­tivamente di circa mq. 30-35 e mq. 40-45), auto­nomi, con l'appoggio dei servizi collettivi resi­denziali, utilizzabili da tutta la popolazione (ad esempio: cucina e lavanderia-stireria centralizza­te o decentrate, spazi per lo svolgimento di atti­vità individuali e collettive del tempo libero, gioco per bimbi e ragazzi, spazi per l'igiene e la cura del corpo, ecc.).

Comunità alloggio: alloggio per un piccolo gruppo di coabitazione (6-8 anziani, da soli o in coppia, autosufficienti o parzialmente tali), che può usufruire di assistenza di tipo domestico, per la cura e conduzione della casa.

Si potrebbe ipotizzare anche una soluzione intermedia (come sottolineato nella «Proposta di Piano socio-sanitario della Regione Piemonte per il triennio 1985-1987») (10): una serie di mini-alloggi (10-12), indipendenti, con ingresso autonomo, ma collegati tra di loro e con supporto di spazi comunitari.

Tipologicamente, la comunità alloggio ripete gli schemi abitativi generici, ma con incremento della superficie della camera da letto (specie se è a 2 letti) per garantire maggior spazio per la privacy. La superficie indicativa per 6 utenti è di circa mq. 120-140 con camera a 2 letti senza proprio servizio igienico, circa mq. 200 con ca­mere da letto individuali e con proprio servizio igienico.

La localizzazione della comunità alloggio può avvenire:

- nel contesto della normale edilizia abitativa (nuovo o recupero);

- preferibilmente ai piani terra degli edifici destinati a normale edilizia abitativa;

- in edifici contenenti una pluralità di solu­zioni abitative: alloggi generici di taglio diverso, comunità alloggio, alloggi protetti;

- preferibilmente inseriti in edifici dotati di servizi collettivi residenziali, sia per facilitare la gestione quotidiana dell'alloggio che per incen­tivare l'anziano a non isolarsi ed a partecipare a varie attività.

Nel caso di inserimento della comunità allog­gio in strutture contenenti servizi aperti a tutta la popolazione (mensa, luoghi per riunioni e ri­trovi, per svolgimento hobby e attività di labora­torio, ecc.) gli spazi della comunità alloggio per il pranzo ed il soggiorno, ma soprattutto per la preparazione dei pasti, possono essere conve­nientemente diminuiti (11).

Alloggio protetto: appartamento per un grup­po di coabitazione di 6-8 anziani, da soli o in cop­pia, con presenza di anziani non autosufficienti. Dall'alloggio protetto deve essere guidato l'ac­cesso a comunità terapeutico-riabilitative, all'ospedale diurno per la rieducazione e la riabi­litazione, a centri di incontro e di animazione sociale. La protezione consiste nella presenza di personale assistente diurno e notturno e nel col­legamento con un centro organizzato che forni­sca un servizio di pronto intervento e di assisten­za continua con reperibilità immediata di medico, infermiere, psicologo.

Le caratteristiche tipologiche dell'alloggio pro­tetto non differiscono sostanzialmente da quelle della comunità alloggio; è previsto l'incremento di una stanza per il personale assistente e l'au­mento della dimensione del servizio igienico co­mune per la presenza della poltrona-bagno per il bagno assistito.

Per la localizzazione dell'alloggio protetto vale quanto detto per la comunità alloggio; si può inoltre ipotizzare la localizzazione in vicinanza o in collegamento con la struttura che accoglie il centro socio-sanitario di distretto o il poliam­bulatorio, al fine di trovare risposta più celere ed efficiente ad esigenze come la riabilitazione, il reinserimento, il sostegno psicologico, ecc., op­pure in contiguità ad altri servizi sociali (ad es. il centro sociale, il centro diurno per anziani).

Non si approfondisce qui il problema delle residenze collettive per anziani di tipo tradizio­nale (case di riposo, ospizi, cronicari) che sono attualmente riproposte in una veste più moder­na ed aggiornata col nome di casa protetta in numerose leggi regionali; nella quasi totalità dei casi sono previste per anziani che si trovano in condizioni di non autosufficienza fisica e psi­chica.

Il primo Piano socio-sanitario della Regione Piemonte (12) prevede che la casa protetta per anziani accolga anziani in stato di invalidità par­ziale o totale per lesioni agli apparati motori, con equilibrio fisico particolarmente labile, grandi se­nili, confusi mentali; la proposta del secondo Piano socio-sanitario (10) si riferisce più gene­ricamente alla casa protetta come a struttura socio-assistenziale per anziani non autosufficien­ti e non autonomi, di qualunque età, che necessi­tano di trattamento sanitario episodico e la cui famiglia non può prestare la necessaria assisten­za ed attribuisce alla casa protetta anche una serie di funzioni «improprie» quali: ricovero per assistenza ospedaliera, ospitalità a soggetti au­tosufficienti o per risolvere problemi abitativi o in sostituzione di sostegno economico.

Il nuovo Piano socio-sanitario della Regione Piemonte (13) prevede: per ospiti autosufficienti o parzialmente tali le residenze assistenziali che comprendono comunità alloggio, mini alloggi, ap­partamenti riuniti in residences o in case alber­go e simili, per soggetti non autosufficienti che necessitano di assistenza socio-assistenziale continuativa le residenze protette (ospitanti al massimo 40 utenti ciascuna). I presidi residen­ziali socio-assistenziali possono essere usati al bisogno, anche a fini sanitari specie per la de­ospedalizzazione protetta.

Anche per la casa protetta, così come per altre strutture emarginanti, il giudizio non può essere positivo.

Tuttavia, realisticamente, nel momento attua­le, sarebbe demagogico prevedere un immedia­to smantellamento di strutture tipo casa di ri­poso e simili in mancanza di strutture alternati­ve; fondamentale è però garantire che l'assi­stenza all'anziano non autosufficiente ammalato, acuto o cronico che sia, debba essere affrontata e risolta in ambito sanitario e non in strutture di supplenza (assistenziali, para-sanitarie o altro). Infatti il settore sanitario, per mezzi e perso­nale, ha capacità e competenza necessarie per affrontare i problemi di salute dell'anziano, senza demandare tale compito - con dichiarazioni di cronicità - a strutture che fungono da sostituto alle carenze ed inefficienze del settore sanitario.

 

Fruibilità e sicurezza dell'alloggio

A parte alcuni dispositivi, riguardanti la sicu­rezza e la tranquillità dell'anziano ed il controllo dell'ambiente in cui vive, nella progettazione ex novo, nella ristrutturazione e nell'adeguamento di alloggi per utenti in età senile, non esistono interventi o accorgimenti destinati esclusivamen­te all'anziano, nel senso che egli è un utente come gli altri, solo avverte maggiormente affa­ticamento e rallentamento nello svolgere le at­tività di ogni giorno, che sono conseguenza del naturale logorio delle sue capacità fisiche.

Nello stesso tempo, le attività quotidiane dell'anziano assumono caratteristiche ricorrenti e «rituali» (specie col passare degli anni) e quin­di tali da essere più facilmente controllabili e prevedibili. Discorso analogo vale anche per gli anziani in parte o totalmente non più autosuffi­cienti: infatti essi presentano, sotto il profilo abitativo, problemi simili a quelli della popola­zione indifesa di altri gruppi di età (necessità di sicurezza, di assistenza e di aiuto alla per­sona).

Nella persona anziana le più diffuse condizioni di minorazione fisica (anche in assenza di con­clamata patologia morbosa) sono costituite da:

- limitazione delle capacità motorie, difficoltà nei movimenti degli arti con conseguente faci­lità di cadute specie se si cambia bruscamente direzione;

- diminuzione di vigore e forza;

- presenza di vertigini, disturbi dell'equi­librio;

- smemoratezza e confusione;

- torpidità delle reazioni neuro-motorie;

- senso ridotto della verticalità;

- diminuita capacità dei sensi (vista, udito, tatto, odorato);

- maggior sensibilità al freddo, alle correnti d'aria, al caldo eccessivo;

- presenza di insonnia, ansietà, facilità di ca­dere in stati di agitazione.

Ne consegue che grandissima importanza ri­veste per l'anziano la dotazione di strumenti e dispositivi, rivolti sia alla persona che alla sua abitazione, che servono a diminuire lo stato di ansia e di disagio, causato dalla paura della soli­tudine e di sentirsi male senza avere la certezza di un soccorso immediato e valido.

Infatti la possibilità di avere contatti con vici­ni, amici, parenti, conoscenti, diminuisce già il senso di solitudine e conferisce la sicurezza di poter essere assistiti in caso di necessità.

A tal fine possono essere individuati i seguenti dispositivi:

- disposizione di impianti di tele-soccorso o collegamento telefonico di emergenza con appa­recchio con selezionatore automatizzato e nu­mero memorizzato, collegato con un centro at­trezzato per l'assistenza sanitaria all'anziano o con l'ospedale o con il servizio di guardia medica o con il centro socio-sanitario di distretto, pur­ché aperto 24 ore su 24;

- sistemi di avviso immediato, di allarme, mezzi di comunicazione con vicini, conoscenti, visitatori volontari, vigili di zona da utilizzare in caso di incidenti o malori domestici dell'anziano (campanello di allarme in collegamento con l'al­loggio del vicino, citofono interfono, comunica­zioni telefoniche con memorizzazione program­mata, ecc.);

- dispositivo elettronico che l'anziano deve portare con sé, costantemente, capace di valu­tare automaticamente lo stato di necessità della persona ed in grado di funzionare senza l'inter­vento diretto dell'anziano. Quando una caduta, un malore improvviso, la perdita di conoscenza non permettono all'anziano di usufruire dell'apparec­chio telefonico o di poter chiedere l'aiuto di al­tri, tale dispositivo entra in funzione automatica­mente, senza l'intervento attivo della persona: ovviamente tale apparecchio deve essere in col­legamento con un centro di pronto intervento del tipo di quelli esaminati prima;

- apparecchi di controllo dell'ambiente in cui l'anziano vive che consentono di controllare i segnali di allarme, i citofoni, le serrature, di ac­cendere televisore e radio, incluso la commuta­zione dei canali, di modificare la posizione del letto, di sorreggere libri e giornali e di voltare le pagine, di controllare le luci, il riscaldamento, il gas, di abbassare e alzare tapparelle, di sposta­re le tende, ecc.

Inoltre nelle nuove realizzazioni di alloggi per anziani, è molto importante curare la progetta­zione degli impianti (idro-sanitario, elettrico, del gas, di illuminazione, di riscaldamento); analoga­mente nella ristrutturazione e nel riadeguamento dell'alloggio già in uso all'anziano, è di fonda­mentale necessità la manutenzione complessiva dell'alloggio ed in particolare degli impianti per evidenti ragioni di sicurezza. In alcuni casi può essere necessario sostituire taluni elementi (in­fissi, pavimenti, arredi, soprattutto quelli dei ser­vizi igienici e della cucina) o integrarli con altri (impianto salvavita, prese di corrente di sicurez­za, prese multiple, prolunga e suoneria supple­mentare per telefono, installazione di videocito­fono e videoporta, segnalatore di fughe di gas, ecc.) e dotare l'alloggio di ausili (oggetti-prote­si) in grado di consentire la massima autonomia e di strumenti (corrimani, maniglioni, ecc.) per facilitare l'uso dell'alloggio con maggior sicu­rezza.

Per esemplificare quanto sopra esposto a pro­posito degli impianti, si possono adottare i se­guenti accorgimenti:

- impianto idro-sanitario: è bene prestare molta attenzione ai servizi igienici, in modo tale che la scelta dei sanitari e delle apparecchiature sia conforme ai requisiti igienici ed ergonomici e che siano previsti strumenti di appoggio e di aiuto (maniglioni, barre, corrimani, piani di se­duta, ecc.). In cucina inoltre, elettrodomestici ed arredi devono essere raggiungibili con como­dità e sicurezza, è preferibile adottare piani di cottura con fuochi elettrici piuttosto che a gas, in presenza di gas occorre predisporre valvole di sicurezza per l'arresto automatico dell'uscita del gas e un rivelatore automatico di fughe di gas con suoneria di allarme;

- impianto elettrico: dotato di impianto sal­vavita ben tarato, prese di corrente di sicurezza, pulsanti ed interruttori di facile manovrabilità. L'impianto di illuminazione è preferibile a luce diffusa, perché l'uniformità della luce consente di concepire globalmente lo spazio, ed a luce concentrata sui piani di lavoro e di lettura;

- impianto di riscaldamento automatizzato, di facile manutenzione e controllo, con possibili­tà di modificare la quantità di calore erogato ed il tempo di erogazione (14).

Nella progettazione ex novo, nella ristruttura­zione e nel riadattamento di alloggi per anziani è ovvia la necessità di eliminare le barriere archi­tettoniche, rispettando quanto meno le disposi­zioni previste dal DPR 384 (15).

 

Proposte operative e strumenti normativi

Il risvolto pratico operativo per realizzare tali tipi di residenze per anziani, sia quelle con pre­minente carattere assistenziale che quelle con caratteristiche più marcatamente sociali, dovreb­be partire, su iniziativa degli enti locali, nell'am­bito delle realizzazioni residenziali pubbliche, nel settore del recupero e della ristrutturazione del patrimonio immobiliare di pubblica proprietà (al­loggi ed edifici di proprietà del Comune, della Provincia, IPAB, ex ECA, immobili dello IACP), utilizzando anche lo strumento della convenzio­ne tra enti locali e cooperative edilizie ed attin­gendo dagli strumenti normativi in vigore.

Infatti, anche se occorre modificare alcune di­sposizioni concernenti l'edilizia residenziale pub­blica per consentire di realizzare valide politiche sociali degli alloggi, che non discriminino nes­sun tipo di utente, tuttavia attualmente si dispo­ne di normative che possono essere utilizzate a tal fine.

I Comuni potrebbero concordare con privati, cooperative, ecc. la quota di alloggi da destinare ad anziani e, in genere, ad utenze deboli e svan­taggiate, anche in virtù del DPR n. 616 del 24.7. 1977, art. 95, grazie al quale le funzioni ammini­strative relative all'assegnazione di alloggi di edilizia residenziale pubblica sono attribuite ai Comuni.

Più in dettaglio si elencano alcune proposte operative che, usufruendo della vigente legisla­zione, consentono di intervenire attivamente sul problema della casa per anziani e per popola­zione svantaggiata, all'interno della più vasta po­litica residenziale:

- operazioni di recupero, ristrutturazione, ri­conversione, risanamento del patrimonio abita­tivo (abitazioni nei centri storici e nelle zone più degradate delle città; edifici e singoli alloggi di pubblica proprietà; case di riposo e strutture si­mili). Più specificatamente, alloggi di proprietà degli enti locali, edifici ex ECA e IPAB, stabili dello IACP, potrebbero essere oggetto di opere di ristrutturazione e di riconversione, indirizzate ad ottenere tipologie residenziali per anziani, per utenti svantaggiati, ma non solo per essi, onde evitare la concentrazione di soli alloggi «spe­ciali» in determinate zone. In questa direzione potrebbe essere indirizzata la trasformazione pa­trimoniale di case di riposo e strutture affini, con­cordando con l'ente locale le modalità di tali tra­sformazioni;

- miglioramento delle condizioni abitative me­diante agevolazioni diverse, attraverso interventi di manutenzione e ristrutturazione degli alloggi in uso alle persone anziane;

- introduzione, nelle convenzioni tra ente lo­cale e cooperative edilizie, di norme secondo cui si riserva una quota di alloggi a disposizione del Comune da assegnare ad anziani;

- riserva, nei piani di zona per l'edilizia econo­mico-popolare, di una quota di alloggi, preferibil­mente di piccolo taglio, da destinare ad anziani autosufficienti o parzialmente tali (e così pure negli interventi di recupero dell'esistente);

- definizione, nell'ambito dei programmi di edilizia residenziale pubblica, di disposizioni che prevedano la possibilità di non rispettare i previ­sti standard dimensionali per una quota di allog­gi, nel senso che vengano consentite deroghe al limite massimo di superficie (per poter realiz­zare alloggi comunitari) ed al limite minimo, per creare piccoli alloggi (mini alloggi). Questa nor­ma potrebbe essere estesa anche nell'ambito degli interventi di edilizia sovvenzionata, agevo­lata, convenzionata.

Tale quota di alloggi, in termini di superficie occupata, potrebbe essere definita in un preciso rapporto rispetto alla superficie totale realizza­bile nell'intervento.

È altresì inderogabile l'esigenza di realizzare, contestualmente a tali alloggi, degli spazi collet­tivi residenziali, ad integrazione delle funzioni svolte nell'alloggio.

Inoltre, entro certi limiti, dovrebbero essere previste deroghe ai vincoli di costo, utilizzati per gli alloggi normali, per dotare gli alloggi per anziani, sia individuali che comunitari, di attrez­zature, strumenti, ausili e tutto quanto sia ne­cessario per facilitare l'uso e la manutenzione dell'alloggio, garantendone la piena fruibilità e sicurezza;

- ampliamento delle fasce di utenza interes­sate all'edilizia sociale modificando i criteri di assegnazione degli alloggi costruiti con i finan­ziamenti dell'edilizia residenziale pubblica, per tener conto anche delle esigenze abitative di utenti che si trovano sia in stato di bisogno eco­nomico che in situazioni di disagio fisico (handi­cappati, anziani, minorati psichici, dimessi dal carcere, ecc.). Poiché tra i requisiti più impor­tanti per ottenere l'alloggio, è computato il so­vraffollamento dell'alloggio, la famiglia numero­sa, è ovvio che anziani soli, giovani coppie, sin­goli individui, handicappati desiderosi di vivere da soli o in gruppo sono sistematicamente esclusi dalle assegnazioni, pur essendo tra gli utenti meno protetti. Nella assegnazione degli alloggi si dovrebbe stabilire un titolo preferenziale per gli anziani e per i nuclei familiari che scelgono di tenere con sé l'anziano;

- eliminazione delle barriere architettoniche negli alloggi di nuova costruzione e nella ristrut­turazione dell'esistente, mediante anche un ag­giornamento ed un approfondimento del DPR 384/ 1978 (15), con emanazione di normative regionali specifiche sull'argomento (16). Parimenti le bar­riere architettoniche devono essere eliminate ne­gli spazi d'uso esterni all'alloggio (passaggi, cor­ridoi, atri, accessi) e negli spazi collettivi resi­denziali;

- sperimentazione di tipologie residenziali che prevedano la contemporanea presenza di al­loggi normali, alloggi comunitari (comunità al­loggio, alloggio protetto) e servizi collettivi re­sidenziali ad integrazione dell'alloggio. Inizial­mente, in fase sperimentale, si potrebbero indi­viduare nei fabbricati e nei quartieri già esisten­ti (nei centri storici, nelle periferie consolidate o in quelle da riqualificare) degli spazi abitativi da adeguare alle esigenze della popolazione an­ziana, concepiti come spazi privati autonomi (mi­ni alloggi) e spazi ad uso collettivo centralizzati, a supporto della residenza, eventualmente anche a favore di tutto l'organismo abitativo. Alla spe­rimentazione di tali residenze, si potrebbe col­legare il problema della riqualificazione dello spa­zio esterno adiacente all'organismo abitativo per rendere totalmente fruibile, più sicuro e grade­vole il tessuto urbano.

Si pensi, ad esempio, ad interventi di pedona­lizzazione (cortili interni, distacchi tra lotti, giar­dini, piazzole), di attrezzature di percorsi protetti (riparati dal traffico, dalle intemperie), di arredi urbani utilizzabili anche dalla popolazione svan­taggiata, per facilitare i contatti fisici e sociali all'interno dei quartieri. Le aree rese pedonabili (cortili, giardini) possono essere adibite in parte a zone per orticoltura, a serre per coltivazione di piante e fiori, in parte a spazi attrezzati per la sosta, il riposo, il soggiorno all'aperto.

Come prima accennato, nell'attuale legislazio­ne in materia di edilizia residenziale pubblica, si dispone di alcuni spunti che potrebbero essere applicati con effetti positivi sul problema della casa per anziani.

È importante sottolineare che si tratta di prov­vedimenti legislativi e regolamentari a carattere non settoriale. Infatti i problemi degli anziani rientrano nei bisogni di tutta la popolazione, la cui soluzione riguarda la politica generale della casa, della sanità, ecc. (17).

In questa ottica riveste un notevole rilievo la cosiddetta legge sulla casa n. 865 del 22.10.1971 «Programmi e coordinamenti dell'edilizia resi­denziale pubblica; norme sulla espropriazione per pubblica utilità (...) ed autorizzazione di spesa per interventi straordinari nel settore dell'edilizia residenziale, agevolata e convenzionata», che permette di utilizzare i fondi per la casa nella costruzione di residenze per anziani. In particola­re l'art. 48 prevede che vengano costruite case albergo per studenti, lavoratori, lavoratori immi­grati, persone anziane ed alloggi per i cittadini in stato di maggior bisogno.

Lo stesso articolo precisa che una quota non inferiore al 5% dell'importo complessivo dei pro­grammi pubblici di edilizia residenziale sia de­stinata all'esecuzione di opere di edilizia sociale.

L'art. 55 menziona che nei programmi di edili­zia residenziale pubblica una quota non superio­re al 5% dei fondi fissati per la costruzione di alloggi per lavoratori dipendenti, è da destinare alla costruzione di case albergo per studenti, lavoratori, anziani.

L'art. 57 cita espressamente che sono attri­buite ai Comuni le case albergo, le aree pubbli­che, gli spazi e il verde attrezzato, nonché le opere destinate ad attività sociali, sportive, cul­turali, assistenziali.

Successivamente la legge n. 513 del 18.8.1977 «Provvedimenti urgenti per l'accelerazione dei programmi in corso, finanziamento di un program­ma straordinario e canone minimo dell'edilizia residenziale pubblica», stabilisce all'art. 19 che non meno del 30% delle abitazioni realizzate dai singoli programmi di intervento siano di super­ficie utile di mq. 45 e assegnati prioritariamente a famiglie di neo formazione e ad anziani.

Ugualmente importanti (anche se non riguar­danti esplicitamente gli anziani) sono le disposi­zioni relative alla ass-egnazione degli alloggi, di pubblica proprietà, realizzati, ristrutturati, risa­nati nei centri storici, ai precedenti occupanti o ad abitanti residenti nel centro storico. L'impor­tanza per gli anziani di questa disposizione è evidente: infatti essi rappresentano una grossa parte degli abitanti delle parti più degradate del centro storico.

Anche il piano decennale per la casa, legge n. 45 del 5.8.1978 «Norme per l'edilizia residen­ziale», pur non prevedendo specifiche formula­zioni in rapporto agli anziani, pone le premesse per un intervento pubblico programmato, con at­tenzione, tra l'altro, al recupero del patrimonio edilizio. L'ente locale può intervenire individuan­do gli immobili di pubblica proprietà da desti­nare ad alloggi per anziani (e per altri utenti) attraverso opere di riconversione patrimoniale, da inserire nei piani di recupero di cui all'art. 27 e seguenti della sopracitata legge.

Un ulteriore provvedimento legislativo è costi­tuito dal DL n. 9 del 23.1.1982 «Norme per l'edi­lizia residenziale e provvidenze in materia di sfratti», convertito nella legge n. 94 del 25.3.1982 «Conversione in legge, con modificazioni del decreto legge 23.1.1982, n. 9, concernente norme per l'edilizia residenziale e provvidenze in ma­teria di sfratti», in cui si prevede un programma di intervento nell'ambito delle aree metropolita­ne per la costruzione di alloggi da assegnare in locazione; un'aliquota del 30% del programma da realizzare è riservata a coppie di nuova formazio­ne e ad anziani che abbiano superato il 60° anno di età.

Un altro elemento importante è costituito dal DPR n. 384/1978 (14) che regolamenta una serie di disposizioni relative all'eliminazione delle bar­riere architettoniche per quanto riguarda l'acces­sibilità delle nuove costruzioni e ristrutturazioni degli edifici pubblici e aperti al pubblico. Le nor­me del DPR, pur riferendosi alle nuove costruzio­ni di carattere collettivo e sociale, impongono di apportare, anche agli edifici sociali esistenti, tutte le possibili varianti adatte a facilitare la vita di relazione delle persone con difficoltà mo­torie.

Le disposizioni riguardano: le strutture esterne degli edifici (percorsi pedonali, parcheggi, sosta e circolazione dei veicoli che trasportano invalidi e minorati); le strutture edilizie in generale (atri, accessi, scale, rampe, ascensori, corridoi, pas­saggi, porte, servizi igienici, ecc.); l'edilizia re­sidenziale pubblica (è prevista, per i portatori di handicap, l'assegnazione di alloggi al piano terra e l'adeguamento alle necessità dell'utente dell'alloggio già assegnato); i mezzi pubblici di trasporto, ecc.

È evidente l'interesse degli anziani per questo decreto: infatti essi rappresentano un'ampia fa­scia dell'utenza indifesa, cui si riferisce in linea di massima il DPR 384, e, anche se non sono portatori di handicap specifici, subiscono tutta­via delle limitazioni connesse con l'età e quindi possono trarre vantaggi dall'applicazione del de­creto stesso.

 

 

 

(1) E. Goffman, Asylums - le istituzioni totali, i meccani­smi dell'esclusione, della violenza, Einaudi, Torino, 1968.

(2) F. Dell'Orto, P. Taccagni, Anziani: bisogni e servizi, in «La rivista di servizio sociale», n. 2, 1980.

(3) G. Della Rocca, Alcune considerazioni sulle case pro­tette e di riposo. I risultati di una inchiesta americana, in «Medicina geriatrica», n. 8, 1981.

(4) G. Rossi, Edilizia sociale e residenze per anziani, in «Giornale di gerontologia», n. 5, 1984.

(5) La prevenzione è intesa come predisposizione di me­todi e strumenti in grado di evitare e di controllare le con­seguenze negative di stati morbosi e di incidenti, che in età anziana lasciano spesso come conseguenza invalidità più o meno gravi.

(6) La riabilitazione è costituita da un insieme di misure profilattiche e terapeutiche volte a correggere uno stato di invalidità funzionale e a conseguire la riattivazione e il recupero delle funzioni lese attraverso una terapia studiata in modo specifico per ogni individuo. Con la riabilitazione si intende ottenere un recupero di benessere sia a livello psico-físico che socio-economico, consentendo il reinseri­mento della persona nella vita comunitaria e produttiva: in questo senso la riabilitazione rappresenta un momento alta­mente qualificato della terapia senile (Cfr. Riabilitazione dell'anziano, in P. De Nicola, Manuale di geriatria pratica, Minerva Medica, Torino, 1974).

(7) A. Canevaro, Contro l'assistenza, in «Parametro», n. 15, 1973.

(8) Le invalidità degli anziani: valutazioni e interventi, Quaderni di sanità pubblica, CIS, Milano, giugno 1983: cfr. Appendice 1: Opzioni di intervento ai livelli primario, se­condario e terziario nella prevenzione e nel trattamento delle invalidità.

(9) In Inghilterra sono stati sperimentati centri diurni socio-ricreativi e medico-sociali; alcuni sono organizzati come club sociali, centri di riposo per coloro che vogliono leggere, stare seduti, centri per la colazione, ecc. (Cfr. Servizi sociali per anziani nella esperienza europea, in «Promozione sociale», n. 5-6, 1975).

(10) Proposta di piano socio-sanitario della Regione Pie­monte per il triennio 1985-1987, Disegno di legge regionale adottato dalla Giunta regionale il 28.8.1984 e successive rettifiche e integrazioni apportate il 20.9.1984, in Supple­mento straordinario al Bollettino ufficiale della Regione Piemonte n. 38.

(11) In data 5.6.1984 la Giunta della Regione Piemonte ha proposto all'approvazione del Consiglio regionale la de­libera «Criteri e requisiti funzionali e strumentali nonché procedure per il rilascio, la sospensione e la revoca dell'autorizzazione per i servizi tutelari residenziali (...)». Og­getto della delibera (ai sensi degli artt. 22, 23, 24 della legge regionale n. 20 del 23.8.1982 «Indirizzi e normative per il riordino dei servizi socio-assistenziali della Regione Pie­monte») sono i servizi residenziali tutelari relativi all'in­tervento assistenziale: la comunità alloggio e la casa pro­tetta, per le quali vengono date indicazioni spaziali e di­stributive.

(12) «Piano socio-sanitario della Regione Piemonte per il triennio 1982-1984», legge regionale n. 7 del 10.3.1982, in Bollettino ufficiale della Regione Piemonte, supplemento speciale al n. 11 del 17.3.1982.

(13) «Piano socio-sanitario della Regione Piemonte per il triennio 1985-1987», legge regionale n. 59 del 3.5.1985 in Bollettino ufficiale della Regione Piemonte, supplemento speciale al n. 20 dell'8.5.1985.

(14) Cfr.: G. Brugnone, Coinvolgimento dei parenti e adattamento dell'habitat nella riabilitazione del cronico, in «Prospettive sociali e sanitarie», n. 1, 1982; L. Caramella, Suggerimenti per alloggi particolarmente adatti a persone anziane, in A.A.I., Gli alloggi per anziani, supplemento al n. 5/1971 di «Assistenza d'oggi», Quaderno n. 11/1971, A.A.I., Roma; V. Lumia, Presupposti gerontologici all'edili­zia per anziani, in «La nuova tecnica ospedaliera», n. 2, 1967; E. Orofino, Barriere architettoniche, Omega, Torino, 1980: si veda il cap. «Indicazioni esigenziali e dati proget­tuali riguardanti le persone anziane»; G. Sesti, La fruizio­ne: elementi specifici dell'abitare dell'anziano, in «Gior­nale di gerontologia», n. 5, 1984.

(15) DPR n. 384 del 27.4.1978 «Regolamento concernente norme di attuazione dell'art. 27 della legge 30.3.1971, n. 118 a favore degli invalidi civili in materia di barriere archi­tettoniche e di trasporti pubblici».

 (16) La Regione Piemonte ha approvato in data 3.9.1984 la legge regionale n. 54 «Disposizione per l'eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici di edilizia resi­denziale pubblica da realizzarsi da parte degli Istituti auto­nomi per le case popolari», in Bollettino ufficiale della Regione Piemonte, n. 37 del 12.9.1984.

(17) O. Reali, Considerazioni riguardanti la legislazione nazionale e regionale sui servizi per anziani, in A.A.I. e Politecnico di Milano, «Atti del corso di aggiornamento sui servizi per anziani», Milano, gennaio-giugno 1975.

 

www.fondazionepromozionesociale.it