Prospettive assistenziali, n. 72, ottobre - dicembre 1985

 

 

L'INFANZIA MALTRATTATA: PROGETTO DI DICHIARAZIONE DI INTERESSE INTERNAZIONALE (1)

 

 

Nota preliminare

Questo documento presenta una tipologia dell'infanzia maltrattata, elaborata dalla Commissio­ne internazionale permanente dell'infanzia mal­trattata, e costituisce perciò quello che la Com­missione considera come il suo ambito di com­petenza.

Il documento vuole fornire una base concreta di discussione e d'azione nei riguardi dell'in­fanzia maltrattata, in quanto fenomeno univer­sale:

a) descrivendo i principali tipi e livelli di atti che possono essere considerati come atti di maltrattamento;

b) suggerendo un punto di vista internazionale sulla questione in generale.

È impossibile, in un simile documento, compi­lare una lista esaustiva dei problemi che si pon­gono nel settore. Le questioni generali vi sono analizzate e presentate in modo tale da includere anche i problemi che ne derivano.

 

TESTO

 

A. Sei forme di maltrattamento

I fenomeni paralleli dell'infanzia maltrattata e dell'infanzia abbandonata costituivano, in realtà, ciò che finora si qualificava come «crudeltà» verso l'infanzia, punto di partenza dei lavori ef­fettuati per più di un secolo sull'infanzia mal­trattata in seno al proprio ambiente familiare. Ora, altri problemi importanti nel quadro fami­liare sono stati messi in evidenza nel corso degli anni sessanta, in seguito, da una parte, a ricerche condotte sulla questione dell'infanzia maltrattata e dei fenomeni collegati, e, d'altra parte, agli sforzi messi in atto in favore dei dirit­ti dell'infanzia.

La violenza fisica, l'abbandono, i maltrattamen­ti sessuali, così come i maltrattamenti psicolo­gici/affettivi rappresentano le quattro forme di maltrattamento e di abbandono che costituisco­no ciò che, oggi, si qualifica come maltratta­mento intrafamiliare, considerando il maltratta­mento come il compimento in un atto, e l'abban­dono come l'omissione di un atto. La nozione di maltrattamento è stata in seguito estesa ad altri ambienti: si applica ad atti i cui autori non hanno più alcun legame con la cerchia familiare pro­pria del bambino (è il caso, per esempio, dei maltrattamenti compiuti nelle istituzioni), e com­prende anche lo sfruttamento dei bambini da parte e nell'ambito di alcuni settori della socie­tà. Si possono quindi classificare le diverse forme di maltrattamento nel modo seguente:

 

A.1. La violenza fisica intrafamiliare

Si tratta dell'infanzia maltrattata, come la co­nosciamo ai nostri giorni nella sua forma più co­mune. Questo concetto è nato principalmente dalla scoperta della «sindrome del bambino pic­chiato» e si applica all'impiego sistematico del­la violenza fisica verso il bambino da parte dei suoi genitori o della sua famiglia (per famiglia si intendono le persone che vivono sotto il me­desimo tetto). All'inizio si è considerato che si trattava di un problema medico che doveva es­sere trattato a livello di ciascuna famiglia; in seguito, ci si è accorti a poco a poco che questo problema si collegava con un'ampia gamma di scienze umane e giuridiche, per la presenza di diversi fattori che ne sono la causa o che contri­buiscono alla sua insorgenza.

 

A.2 L'abbandono intrafamiliare

L'abbandono dei bambini da parte dei loro ge­nitori o delle persone che li hanno in custodia è l'altro aspetto del maltrattamento inflitto ai bambini, di cui una delle principali conseguenze è quella che oggi si qualifica come «incapacità di sano sviluppo». L'abbandono è l'inettitudine o il rifiuto deliberato di occuparsi di un bambino, con il conseguente effetto di nuocere allo svi­luppo fisico, mentale, psicologico, affettivo e/o sociale di questo bambino. Tale forma di maltrat­tamento si applica ai fenomeni di rifiuto e di pri­vazione di cure affettive e materiali procurati dai genitori nei confronti dei bambini.

 

A.3. I maltrattamenti sessuali in seno alla famiglia

I maltrattamenti sessuali praticati in seno alla famiglia, per loro natura, sono estremamente dif­ficili da smascherare ed anche da analizzare per mettere in atto una prevenzione efficace, e più difficili ancora da curare in modo appropriato. Non si tratta soltanto di atti di incesto, ma anche di ogni relazione intrafamiliare di ordine sessua­le, che può turbare le tendenze e le reazioni im­mediate e future del bambino nelle sue relazioni affettive e sessuali al di fuori della famiglia.

 

A.4. I maltrattamenti psicologici-affettivi in seno alla famiglia

Questa forma di maltrattamento si applica al comportamento avvilente a umiliante inflitto a un bambino (per esempio, la violenza verbale), senza che esso si manifesti con la violenza fisica o l'abbandono materiale; rientrano ugualmente in questa categoria gli effetti che possono pro­durre gli atteggiamenti dei genitori di fronte a un bambino che non si dimostra all'altezza delle speranze (talora eccessive) che essi ripongono in lui, e le conseguenze eventuali di una altera­zione delle relazioni in seno all'ambiente fami­liare. La situazione dei bambini il cui ambiente familiare è perturbato, soprattutto quando i ge­nitori sono sul punto di separarsi o di divorziare, è un aspetto di particolare preoccupazione in questa categoria di maltrattamenti.

 

A.5. Il maltrattamento istituzionale

C'è un grande rischio che i bambini istituzio­nalizzati in strutture di rieducazione o di corre­zione, ma anche in istituzioni che si ritengono dedite alla protezione dell'infanzia, come gli ospedali e gli istituti per bambini handicappati, subiscano la violenza fisica e sessuale del per­sonale. Si verifica pure che questi bambini sia­no privati dell'attenzione e delle cure che sono a loro dovute, o che siano sottoposti all'isolamen­to per periodi assai lunghi. Inoltre, l'istituziona­lizzazione non corrisponde sempre all'interesse del bambino. Uno degli aspetti importanti del maltrattamento istituzionale concerne i metodi e i programmi di insegnamento in uso in certe scuole. La pratica dei castighi corporali, che ri­mane frequente e autorizzata, soprattutto nelle scuole di certi paesi anglofoni, ne è un esempio. Il ricorso ai castighi corporali ha attirato l'atten­zione a causa degli effetti pregiudizievoli che possono avere sul bambino, a breve termine sul piana fisico, e a lungo termine sul piano psico­logico.

 

A.6. Sfruttamento dei bambini

 

A.6.a. Pornografia e prostituzione

La povertà e le tensioni familiari che ne conse­guono sono responsabili della disintegrazione delle strutture familiari e dell'abbandono dei bambini. Condizionato da queste forze irresisti­bili, il bambino diventa la preda di adulti che lo sfruttano nell'industria della pornografia e della prostituzione. Per tentare di soddisfare bisogni materiali fondamentali - e talora anche bisogni affettivi, procurandosi della droga - i bambini e i giovani sono trascinati in attività che li condu­cono quasi sempre verso la delinquenza e il cri­mine. Nel momento attuale, questo fenomeno è considerato come una delle conseguenze più al­larmanti dello sfruttamento dei bambini.

 

A.6.b. Sfruttamento dei bambini nel lavoro

I maltrattamenti inflitti ai bambini che lavora­no, sia a livello nazionale che familiare, e le con­dizioni in cui dei bambini devono lavorare (sfrut­tamento massimo della loro capacità di produzio­ne in cambio di un salario irrisorio) ostacolano il loro sviluppo o la loro integrazione nella società. Questa forma principale di sfruttamento è anco­ra aggravata dal problema del lavoro illegale dei bambini, ossia lo sfruttamento dei bambini in attività criminali e in impieghi illegali e clande­stini che sfuggono a ogni regolamentazione e ad ogni protezione. Questo sfruttamento è so­vente il preludio ad attività facilmente accerta­bili, come il traffico di droga, il furto, la prosti­tuzione, la delinquenza grave, la schiavitù, il la­voro effettuato da bambini figli di lavoratori mi­granti e l'adozione truccata.

 

A.7. Altri settori che possono dar luogo a forme di maltrattamento extra-familiare

I settori elencati finora non costituiscono un elenco esauriente. Si tratta semplicemente di alcuni esempi che sottolineano il carattere con­venzionale della distinzione che si può fare tra la crudeltà parentale e la crudeltà istituzionale, in altre parole, il carattere convenzionale dei «limiti» fissati alla nozione di «maltrattamento infantile». Bisogna tuttavia ricordare che questi limiti possono giustificarsi, a seconda che una persona o una istituzione sceglie di imperniare la sua azione sull'uno o sull'altro aspetto del maltrattamento.

 

A.7.a. Diffusione di sostanze che creano uno stato di dipendenza

Questa forma di sfruttamento comporta alme­no tre aspetti: anzitutto lo sfruttamento da parte della società, ossia il fatto che i giovani sono «spinti » o «attirati» verso la droga o l'alcool; in secondo luogo, lo sfruttamento derivante, da una parte, dal fatto che l'alcool o la droga sono presentati come i mezzi per liberarsi dalle pro­prie tensioni o di accedere alla felicità, e, d'al­tra parte, dal prezzo che i giovani devono pagare per procurarsi gli elementi di questa liberazione, in rapporto alle risorse di cui dispongono, don­de, la pressione che si esercita sui giovani (ra­gazzi e ragazze) e che li porta a procurarsi que­ste sostanze con mezzi che la società condanna.

 

A.7.b. Influenza dei mass-media sui bambini

Le prime ricerche condotte per sapere se i mass-media, attraverso i valori e gli atteggia­menti che trasmettono, potevano influenzare il comportamento dei giovani, hanno suscitato vive polemiche. Tuttavia, anche coloro la cui inten­zione era di provare che non c'era alcuna corre­lazione hanno praticamente ammesso che la rap­presentazione della violenza e l'approvazione im­plicita o esplicita di certi atteggiamenti hanno, in una certa misura, un'influenza negativa sul comportamento del bambino.

Sembra altresì che l'atteggiamento dei mass­media nei riguardi dei bambini e dei giovani, in generale, abbia ripercussioni considerevoli sul modo in cui essi sono percepiti da parte degli adulti, e sulla concezione che gli adulti se ne fanno. Di conseguenza, i mass-media possono, in certi casi, essere accusati di praticare una certa forma di maltrattamento o di influenza negativa.

 

A.7.c. La pubblicità rivolta ai bambini

I bambini sono un bersaglio privilegiato della pubblicità, sia per il loro potere d'acquisto sia per l'influenza che essi esercitano sugli acquisti effettuati dai loro genitori. Si approfitta del fatto che essi sono generalmente incapaci di apprez­zare l'utilità e la qualità dei prodotti prima di ac­quistarli.

 

A.7.d. Altri settori

Vi sono, nella vita, una infinità, o quasi, di casi in cui i bambini sono minacciati di sfrutta­mento. Eccone alcuni esempi:

- nutrimento: ripartizione inadeguata delle ri­sorse alimentari, fatto che provoca la morte di 12 milioni di bambini all'anno;

- sanità: diffusione di prodotti alimentari che spesso non sono adatti ai bambini (per esem­pio, sostituti del latte materno); l'alto livello dei prezzi dei medicinali venduti a certi paesi in via di sviluppo; ripartizione non equa delle risorse fra gli ospedali altamente specializzati e le cure sanitarie primarie;

- educazione: molti programmi scolastici non corrispondono ai bisogni (futuri) di numerosi bambini e studenti; disuguaglianza delle oppor­tunità;

- alloggio: insufficienza di alloggi appropriati destinati alle famiglie con bambini; problema delle abitazioni inserite nei cosiddetti «gratta­cieli»; mancanza di zone di gioco appropriate e attraenti;

- prigione: nessuna soluzione alternativa ap­propriata per sostituire gli stabilimenti peniten­ziari; mancanza di interesse verso i bambini se­parati dai loro genitori in prigione;

- armi e guerra: i conflitti armati si accom­pagnano sovente alla strage, alla tortura e alla scomparsa di neonati, di bambini e di donne incinte.

 

B. Universalità del concetto di maltrattamento

 

B.1. Il problema

Se è relativamente facile affermare in maniera astratta che tutte le azioni che compromettono lo sviluppo armonioso del bambino, sia sul pia­no fisico che intellettuale, morale o affettivo, rientrano nel concetto di maltrattamento, tutta­via è difficile, anzi impossibile, dare di esse una definizione concreta che sia universalmente ac­cettata. Bisogna infatti ammettere che la conno­tazione applicata a un'azione o a un'omissione, qualunque essa sia, dipende strettamente dal contesto nel quale esse si situano.

 

B.2. Influenza del contesto culturale sugli atti di maltrattamento

La definizione che certi autori, più o meno nu­merosi, hanno dato dell'infanzia maltrattata, a proposito di certi atti, ha provocato - e provoca ancora - una viva controversia. Alcuni atti po­trebbero essere citati come esempi precisi di maltrattamenti, oppure, almeno in certi ambienti, essere considerati come assimilabili ai maltrat­tamenti. Eccone alcuni esempi:

1) L'aborto, problema «morale/etico»;

2) La circoncisione femminile, problema di «so­cializzazione»;

3) L'omicidio per salvare l'onore della famiglia, problema di «sanzione»;

4) Le punizioni corporali, problema «socio-edu­cativo».

Questi esempi ci permettono di introdurre la discussione sugli «ostacoli culturali».

1) L'aborto: la controversia a questo proposito è ben nota; ciò che importa, per questo docu­mento, è che i giudizi sono emessi su una base morale/etica che produce una divergenza fonda­mentale fra i gruppi che si dedicano alla prote­zione dell'infanzia, e, inoltre, crea differenze fra culture e nazioni, nel seno stesso delle culture e delle comunità.

2) La circoncisione femminile: l'esistenza di questa pratica è stata rilevata per la prima volta da alcune organizzazioni in America del Nord e in Europa, la cui iniziativa è stata generalmente condannata dalle società interessate. Queste so­cietà hanno accusato quelle organizzazioni di es­sere insensibili (e talora persino ingiuriose) e le hanno rimproverate di emettere un giudizio con «occhi di occidentali». In effetti, queste or­ganizzazioni hanno considerato il problema di­menticando il contesto socio-culturale in cui la circoncisione femminile è praticata. Non si trat­ta di un atto di crudeltà gratuita, ma di una parte integrante del processo tradizionale di socializ­zazione. Di conseguenza, ogni tentativo per ri­nunciarvi deve provenire dalle società che prati­cano la circoncisione, il che presuppone un cam­biamento di atteggiamento e una vasta campa­gna di informazione, dal momento che l'atto stes­so non è considerato come «maltrattamento» da parte di coloro che lo commettono.

3) L'omicidio per salvare l'onore della fami­glia: anche in questo caso, il problema è stato sollevato da alcune organizzazioni in America del Nord e in Europa. Si tratta dell'uccisione di ragazze incinte, dal momento che la perdita del­la verginità è considerata, in queste società, il massimo del disonore. Ancora una volta, non de­ve tanto attirare l'attenzione il problema di sape­re se questa uccisione sia giustificata, ma piut­tosto le differenze di concezioni nei riguardi di quella che è la forma più grave di crimine puni­bile. La maggior parte dei paesi ritengono che l'uccisione è la forma più grave di delitto, e, in un certo numero di questi paesi, il crimine è pas­sibile della pena di morte. A concezioni differenti corrisponde una punizione identica.

4) I castighi corporali: i comportamenti infor­mali e le misure legislative concernenti i casti­ghi corporali inflitti sia nell'ambito familiare che scolastico variano molto da un paese all'altro; si rilevano persino differenze notevoli fra regioni di identica origine culturale: per cui in questo mo­mento, la punizione corporale è assimilata ad un atto di «maltrattamento» in Svezia, mentre in Gran Bretagna non è proibita nelle scuole, né condannata in famiglia.

Partendo dagli esempi citati, appare chiaro che la «controversia» esiste nello stesso tempo fra e all'interno di regioni, culture e società. Rima­ne ora da definire una linea che tenga conto di queste realtà.

 

C. Classificazione degli atti di maltrattamento secondo le motivazioni

 

Sembra che un simile comportamento nei con­fronti di un bambino corrisponda a cinque moti­vazioni principali:

- fare del male/nuocere;

- punire;

- sfruttare;

- socializzare;

- esprimere affetto.

 

- Si constata che quasi tutti gli atti commes­si, od omessi, nel solo desiderio di fare del male a un bambino sono universalmente condannati. Si tratta dell'uccisione, della tortura, del rapi­mento e dello stupro, atti che sono il fondamen­to dell'azione internazionale condotta contro i maltrattamenti.

- Invece, è più difficile mettere in evidenza gli atti di maltrattamento che hanno per motiva­zione la punizione. I criteri che le culture e le società utilizzano per misurare la punizione, nel­le sue forme accettabili o eccessive/riprovevoli, sono sempre variati nel tempo e nello spazio. È un fattore che si deve prendere in considera­zione in ogni analisi del problema, se si crede che gli atti di maltrattamento - almeno quelli commessi dai genitori o dalle persone a cui i bambini sono affidati - costituiscano, in una certa misura, una forma di comportamento de­viante.

- Approfittare del fatto che un bambino è un essere indifeso per sfruttarlo o «abusare» di lui, o di lei, nel solo interesse dell'autore degli atti, o per il suo proprio benessere, è un atto uni­versalmente condannato, al punto che costituisce uno degli elementi fondamentali di ogni defini­zione transculturale dei maltrattamenti inflitti ai bambini. La prudenza si impone tuttavia al mo­mento dell'identificazione dei principali autori dell'atto e delle forze che lo motivano.

- Si incontrano maggiori difficoltà nel defini­re e giudicare gli atti commessi con l'intenzione di integrare i bambini nella società. I processi di socializzazione che, da un punto di vista ogget­tivo, implicano atti di crudeltà, non sono per ciò stesso considerati come atti «che causano un male inutile al bambino». Al contrario, tali atti possono essere giudicati come una tappa im­portante nel corso della quale il bambino acqui­sisce un meccanismo di «adattamento» conce­pito in modo specifico per il suo ambiente. Al­lorché apparisse che il processo di socializza­zione impone sofferenze inutili ai bambini, sem­brerebbe logico adottare iniziative che mirino a modificare le condizioni reali in cui vivono i bam­bini, piuttosto che cercare di trasformare il pro­cesso medesimo.

- Il comportamento che è motivato dalla espressione dell'affetto o che consiste nell'espri­mere l'affetto comporta, evidentemente, atti che, isolati dal loro contesto, si rivelano come una forma potenziale di maltrattamento. Bisogna, per esempio, stabilire una distinzione tra la punizio­ne corporale inflitta a un bambino perché si è esposto a un pericolo lanciandosi sulla strada, e la punizione corporale inflitta con la stessa vio­lenza, ma con l'intenzione di fare del male o di punire.

 

D. Verso una base concettuale universale

 

Intenzionalmente, invece di impiegare il ter­mine di «definizione», in tutto il documento si sono impiegati i termini di «concetto» e di «ba­se concettuale». Nella misura in cui ogni defi­nizione del maltrattamento tenderebbe a sugge­rire che certi atti sono o non sono accettabili, è chiaro che bisogna proseguire le ricerche pri­ma di poter formulare ogni definizione. Inoltre, non è certo che questa definizione sia necessaria a livello internazionale.

In compenso, è necessario e possibile formu­lare una base concettuale che miri ad eliminare ogni atto generatore di sofferenza fisica, psico­logica o di altro genere, impiegando metodi «edu­cativi» e la deliberata modifica dell'ambiente del bambino. Le riflessioni che precedono apro­no la via all'elaborazione di una base concettuale che colleghi i tre principali elementi seguenti:

- la ricerca dei motivi che guidano gli atti, piuttosto che l'analisi dei soli atti;

- una valutazione realistica degli atteggiamen­ti nei riguardi della violenza in generale, e della categoria silenziosa alla quale appartengono i bambini;

- l'importanza del pregiudizio fisico e affet­tivo causato al bambino.

Si spera che una base concettuale che rispetti punti di vista differenti secondo le culture / le comunità, mentre permette di far progredire i lavori intrapresi sul problema dell'infanzia mal­trattata, si rivelerà accettabile nel mondo intero.

 

 

 

 

(1) Il progetto è stato redatto dalla Commissione inter­nazionale permanente per l'infanzia maltrattata, con sede a Ginevra, Rue de Varembé 1, presso l'Unione internazionale per la protezione dell'infanzia.

 

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