Prospettive assistenziali, n. 68, ottobre - dicembre 1984

 

 

DOCUMENTO DEL CONSIGLIO SANITARIO NAZIONALE SUI RAPPORTI FRA SANITÀ E ASSISTENZA

 

 

Il Consiglio sanitario nazionale nella seduta dell'8 giugno, 1984

visto l'art. 30 della legge 27 dicembre 1983, n. 730, che pone il problema della, individuazione delle attività di rilievo sanitario connesse con quelle socio-assistenziali, ai fini dell'imputazione delle stesse sul fondo sanitario nazionale;

rilevata l'esigenza di procedere all'esatta indi­viduazione di tali attività, anche ai fini della pro­mozione di compartimenti omogenei da parte del­le regioni e delle province autonome;

vista la propria decisione di costituire un'ap­posita Commissione per l'approfondimento del problema ai fini della individuazione di criteri ed orientamenti per le conseguenti proposte al Go­verno;

udito il consigliere Elio Capodoglio che illustra il documento elaborato dalla Commissione spe­ciale;

riconosciuta l'opportunità di proporre al Go­verno l'adozione di atti di indirizzo e coordina­mento intesi ad assicurare uniformità di compor­tamento da parte delle regioni e province auto­nome

propone

al Governo l'adozione di specifici atti, ai sensi dell'art. 5 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, ai fini di una corretta ed uniforme applicazione dell'art. 30 della legge 27 dicembre 1983, n. 730, sulla base dei criteri ed orientamenti di seguito enunciati:

L'art. 30 della legge finanziaria 1984 affronta il problema dell'individuazione delle attività di ri­lievo sanitario connesse con quelle socio-assi­stenziali, ai fini dell'imputazione delle stesse sul fondo sanitario nazionale, senza peraltro proce­dere alla loro esatta individuazione.

Ai fini della corretta interpretazione della nor­ma, occorre anzitutto comprenderne, nella sua globalità, la «ratio» ed esaminarla nel quadro della vigente normativa nazionale.

Dall'esame dell'articolo emergono alcune indi­cazioni:

- ferma restando la competenza delle fun­zioni socio-assistenziali in capo alla Regione e agli Enti locali, l'individuazione, per la prima vol­ta, delle UU.SS.LL. come possibili soggetti ge­stori delle funzioni stesse,­

- l'imputazione della spesa relativa alle at­tività a rilievo sanitario connesse alle funzioni socio-assistenziali sul F.S.N.;

- la conseguente, separata contabilità, da parte delle UU.SS.LL., delle spese relative a fun­zioni socio-assistenziali.

Appare peraltro chiaro come il legislatore, in relazione alle linee del sistema sanitario rifor­mato e alla sua attuazione concreta abbia valu­tato come un corretto approccio ai problemi della salute comporti la correlazione con la soluzione di problemi socio-assistenziali da cui discende la previsione, lasciata alla facoltà delle Regioni e dei Comuni, di una gestione unitaria, con fondi distinti, in capo a un solo soggetto, ai fini dell'ot­timizzazione delle risorse.

Atteso peraltro l'intreccio, in alcune situazio­ni, delle funzioni sanitarie e socio-assistenziali, la norma impone di individuare, ai fini dell'impu­tazione della spesa sul fondo sanitario nazionale, le attività socio-sanitarie.

Tale esigenza appare tanto più evidente nell'attuale fase di carenza della correlativa riforma dell'assistenza, che appare quanto mai indispen­sabile e urgente al fine di assicurare un corretto assetto dei servizi socio-assistenziali, della loro articolazione, della unitarietà e della continuità dei fondi necessari a garantirli.

Infatti frequentemente la carenza dei servizi socio-assistenziali si ripercuote sui servizi sani­tari che assumono, impropriamente, nei loro ri­guardi, una funzione surrogatoria.

Per converso, alcune attività di natura socio­assistenziale rappresentano il normale modo di espletamento delle attività sanitarie, ovvero ven­gono utilizzate per perseguire obiettivi sanitari di tutela diretta della salute del cittadino.

L'excursus normativo chiarisce come sempre il legislatore, realisticamente, ha preso atto co­me alcuni interventi destinati a garantire la salu­te, nell'accezione dell'O.M.S., significasse inter­venire indifferentemente con attività sociali o sanitarie, all'uopo prevedendo le relative risorse materiali o umane (dalla legge 132/68 ai de­creti delegati del 1969, dalla legge 833/78 al D.P.R. 761/79 che individua anche le figure socio­assistenziali all'interno dei ruoli sanitari).

È ben vero l'art. 50 della legge 833/78 indivi­dua l'utilizzazione del fondo per i compiti delle UU.SS.LL. ma i compiti delle UU.SS.LL. possono ricomprendere attività che vengono svolte anche con personale e modalità socio-assistenziali.

Questo appare molto chiaro anche normativa­mente nella tutela della salute mentale, dove sia prevenzione che cura e riabilitazione sono obiet­tivi e attività del S.S.N.

D'altra parte, in prima stesura, la proposta di legge finanziaria 1984 prevedeva, proprio nella sede di massimo rigore della spesa, nella logica di una stretta delimitazione degli interventi, tra gli obiettivi principali, oltre la tutela della salute mentale, quella della promozione della salute fisica e psichica nella popolazione anziana, degli handicappati e dei tossicodipendenti, i cui inter­venti sono per loro natura caratterizzati da una rilevante compenetrazione socio-assistenziale e sanitaria.

A ciò vanno aggiunti gli orientamenti emersi in alcune proposte di piano sanitario nazionale e le indicazioni per i progetti obiettivo.

Normato il principio con l'art. 30 citato, si trat­ta ora di individuare, in concreto, le attività e, conseguentemente, le spese delle attività a rilie­vo sanitario, rilevando come, rispetto alle prece­denti indicazioni emerse da proposte di piano sanitario nazionale, è stata accolta quella che gravano sul F.S.N. anche le spese a rilievo socio­sanitario e non è stato posto alcun limite se non di carattere interpretativo del rilievo sanitario delle attività.

Fatte queste premesse di fondo e atteso che le Regioni nella scelta programmatica delle pre­stazioni e dei servizi si muovono differentemente tra loro, appare necessario individuare le attività come categoria di intervento e la spesa conse­guente, tenendo conto che:

- la distinzione, salvo i casi puramente as­sistenziali, è una modalità organizzativa e funzio­nale alla previsione della spesa, all'economia complessiva e all'attivazione delle risorse (infat­ti il campo potrebbe essere allargato al massimo, partendo dal concetto di «salute», o ristretto al massimo, individuando come punto di riferimento le sole cure sanitarie classiche, prevalentemente fisiche);

- la legge 833/78 tutela la salute fisica e psichica dei cittadini;

- occorre evitare che l'insufficienza di al­cuni servizi comporti di fatto la surrogazione di altri servizi.

Le attività a rilievo sanitario connesse a fun­zioni socio-assistenziali sono quelle individuabili prioritariamente nelle seguenti aree;

a) tutela della salute mentale;

b) tutela della procreazione responsabile, della salute della donna, della maternità, dell'in­fanzia e dell'età evolutiva;

c) tutela e promozione sociale dei soggetti non autosufficienti;

d) prevenzione, assistenza e promozione so­ciale degli handicappati;

e) prevenzione, cura e riabilitazione dei tos­sicodipendenti.

In tutte queste aree alcune attività sono di na­tura squisitamente sanitaria, anche per le moda­lità di erogazione; altre, pur essendo sanitarie, adottano, per il raggiungimento del fine, sanitario, personale e tipologie di intervento propri dei ser­vizi socio-assistenziali; altre ancora utilizzano attività soci o-assistenziali. Sulle prime (es. rico­vero in servizi ospedalieri) e sulle seconde (es. comunità ospiti per trattamento di malati men­tali) non dovrebbero essere sollevati dubbi sulla natura sanitaria.

Sulle terze debbono essere fatte alcune distin­zioni.

Se le attività socio-assistenziali sono un me­todo di intervento per il raggiungimento della salute, ai tre livelli di prevenzione e riabilitazione (più frequentemente) e cura (più raramente), le stesse acquistano rilievo sanitario.

Se invece gli interventi hanno carattere di as­sistenza tesa a una prevenzione diffusa e a un recupero di situazioni di marginalità, dipendenza, ecc., tipici dei servizi socio-assistenziali, gli stes­si non rientrano nelle attività a rilievo sanitario.

Ad esempio: un corretto funzionamento di un servizio residenziale tutelare (comunità alloggio, casa protetta), il reinserimento lavorativo degli handicappati prevengono di fatto danni alla salu­te mentale, che incidono poi sul servizio sanita­rio, ovvero completano la riabilitazione dell'han­dicappato, ma non possono essere considerati attività a rilievo sanitario ai fini dell'applicazione dell'art. 30.

Viceversa l'utilizzo di un servizio residenziale tutelare come momento riabilitativo di un pa­ziente trattato dall'équipe di salute mentale che individua quell'intervento come terapeutico è una attività a rilievo sanitario, analogamente a quello di una comunità per tossicodipendenti in fase terapeutica.

Conseguentemente la spesa non può che es­sere totalmente socio-assistenziale nei primi esempi e totalmente sanitaria nel caso degli ulti­mi esempi.

Il problema della corretta individuazione dell'imputazione su uno dei due fondi assume parti­colare delicatezza non solo agli effetti dell'inci­denza della spesa sul fondo sanitario, ma anche nei confronti dell'utente.

Infatti il servizio sanitario, con i limiti di tickets, é gratuito per il cittadino mentre il servi­zio sociale non lo è, salvo i casi di bisogno.

Sotto questo aspetto si potrebbe configurare un danno del cittadino o un danno dello Stato nel caso di non corretta individuazione del sistema (socio-assistenziale o sanitario) cui far riferi­mento.

È appena evidente che un cittadino assistito (gratuitamente o a pagamento) dai servizi socio­assistenziali può aver bisogno anche di cure sani­tarie: queste, ovviamente nei limiti e con le mo­dalità di qualunque altro cittadino, sono a carico del F.S.N. (guardia medica, farmaci, medico di base, équipe distrettuale).

Analogamente un soggetto in carico ai servizi sanitari può, per il suo stato di bisogno, aver necessità anche di interventi socio-assistenziali; questi ultimi graveranno sul fondo socio-assi­stenziale (assistenza economica, assistenza do­miciliare di tipo socio-assistenziale, ecc.).

Non può essere infatti confusa l'integrazione socio-sanitaria per conseguire la pienezza della tutela del cittadino con l'utilizzo di modalità e interventi socio-assistenziali a rilevanza sanita­ria, fermo restando che tale tutela deve trovare la sua piena applicazione nei modi e nelle sedi appropriate.

In conclusione, ai fini dell'individuazione dell'imputazione di spesa, appare evidente che oc­corre avere di mira da una parte il fine diretto che l'intervento vuole raggiungere, dall'altra la condizione del soggetto, correlata alla natura del bisogno, cui l'intervento è rivolto.

Ove il fine immediato e diretto sia la salute del soggetto (sia a livello di prevenzione che di cura che di riabilitazione) la spesa dell'intervento, co­munque configurata, carica sul fondo sanitario.

Ove la finalità di intervento tenda a risolvere problemi di vita del soggetto che hanno ovvia­mente anche una ripercussione sulla salute (fine indiretto in questo caso), l'imputazione della spe­sa avverrà sul fondo socio-assistenziale.

Questo criterio deve essere ovviamente rife­rito, non solo per motivi oggettivi ma anche per la formulazione della disposizione, sia alla spesa di parte corrente, sia alla spesa finalizzata, sia alla spesa in conto capitale.

Infatti il problema ovviamente si riverbera an­che sulla predisposizione della rete strutturale necessaria a conseguire le finalità dei progetti obiettivo dell'applicazione della legge 833/78 in generale.

Nel tentativo di chiarire meglio la problema­tica, vengono qui di seguito evidenziate le atti­vità a rilievo sanitario connesse a quelle socio­assistenziali emergenti nelle diverse aree.

 

Tutela della salute mentale

La legge 833/78 (art. 1) pone sullo stesso piano la tutela della salute fisica e quella della salute psichica, definendole «diritto dei cittadini e in­teresse della collettività» e include (art. 2) la tutela della salute mentale fra gli obiettivi del S.S.N.

In coerenza con i principi e con gli obiettivi stabiliti, la legge sanitaria colloca le attività rela­tive alla prevenzione, cura e riabilitazione in te­ma di salute mentale nell'ambito delle Unità sa­nitarie locali e nel complesso dei servizi gene­rali per la tutela della salute (art. 34).

Non si pongono dunque problemi interpretativi per quanto riguarda la natura sanitaria delle atti­vità complessive dei servizi di salute mentale (S.S.M.).

Sono proprio queste attività peraltro che deb­bono essere identificate con le attività a rilievo sanitario di cui all'art. 30, atteso che la loro rile­vanza terapeutica, o preventiva o riabilitativa, non può essere sostituita con altri interventi prettamente e tradizionalmente biomedici e che­mioterapici (farmaci, ricoveri ospedalieri).

L'intreccio tra sanitario e socio-assistenziale può derivare anche da un utilizzo elastico delle strutture residenziali che devono essere organiz­zate in modo da fornire risposte sia ad utenti del servizio socio-assistenziale sia ad utenti dei ser­vizi di salute mentale.

Strutture quali la comunità alloggio e la casa protetta devono poter consentire momenti di ri­sposta sanitaria all'interno della residenzialità tutelare, il cui dimensionamento in termini di po­sti deve corrispondere alle esigenze accertate nei vari ambiti locali.

La conseguenza di questa impostazione orga­nizzativa per quanto riguarda la spesa è che per gli utenti del S.S.N. i quali, per gli interventi di prevenzione, cura, riabilitazione, abbiano neces­sità di risposte socio-assistenziali a rilievo sani­tario, l'onere di spesa è carico del F.S.N.

 

Area relativa al progetto materno infantile

Gli interventi socio-assistenziali e sanitari ap­paiono in quest'area strettamente collegati nel­l'ambito di una risposta globale, ma al tempo stesso, abbastanza promiscui.

Gli interventi socio-assistenziali (economici, di assistenza domiciliare, asili nido, comunità al­loggio) possono essere gestiti completamente nell'ambito del servizio socio-assistenziale.

Un'analisi diversa deve essere fatta invece per quanto riguarda il consultorio familiare: l'in­terdisciplinarietà dell'attività e l'inscindibilità del­le prestazioni, in questo caso, rispondono all'esi­genza di dare una risposta di tutela diretta della salute e pertanto a nulla rileva, ai fini del carico sul fondo, che l'attività venga svolta promiscua­mente da figure sanitarie e socio-assistenziali.

Da questa impostazione discende peraltro la necessità di una revisione dei flussi finanziari destinati specificatamente alle attività consulto­riali, ferma restando la continuità del finanzia­mento delle attività socio-assistenziali conse­guenti.

 

Tutela e promozione sociale dei soggetti, compresi gli anziani, non autosufficienti

Il tentativo di individuare tra le attività che caratterizzano la tutela della popolazione non autosufficiente quelle a prevalente valenza assi­stenziale appare estremamente arduo proprio perché per loro natura molti interventi nei con­fronti di un'ampia fascia di questa popolazione sono estremamente connessi e praticamente in­scindibili.

Alcuni interventi:

assistenza economica;

sistemazione alloggiativa;

comunità alloggio;

sono senza alcun dubbio interventi solo ed esclu­sivamente assistenziali e gravano sul bilancio socio-assistenziale.

Altri:

ricoveri ospedalieri;

visite mediche ambulatoriali e domiciliari;

prestazioni specialistiche;

riabilitazione;

fornitura di medicinali e protesi;

sono di natura squisitamente sanitaria nella sua accezione più tradizionale e gravano, come per qualunque altro cittadino, sul fondo sanitario nazionale.

Per altre prestazioni quali: assistenza domici­liare e residenze tutelate (case protette o isti­tuti di ricovero per anziani cronici e non autosuf­ficienti) si hanno sia prestazioni prevalentemente assistenziali, con un confine apparentemente net­to con la sanità, sia prestazioni sanitarie e sociali integrate.

Infatti è ormai noto che un appropriato inter­vento di assistenza domiciliare o di ricovera in casa protetta può prevenire l'aggravamento di una condizione di non salute, evitando o ritar­dando un ricovero ospedaliero o permettendo una dimissione ospedaliera in termini di tempo ottimali.

Nella casa protetta, prevista come residenza socio-assistenziale e struttura parasanitaria, ten­dente alla deospedalizzazione, gli interventi me­dici, specialistici, infermieristici e riabilitativi necessari agli ospiti sono garantiti dall'U.S.L. dove ha sede la struttura.

È così evidente che la prestazione tipicamente medico-sanitaria (medico, medicine, riabilitazio­ne, ecc.) grava sul fondo sanitario mentre il fun­zionamento della casa con la garanzia di una efficiente assistenza tutelare ricade sul bilancio assistenziale.

Considerato lo stretto intreccio della presenza sanitaria e socio-assistenziale anche nelle strut­ture protette appare necessario che, nel transi­torio, sia per l'inadeguatezza dei servizi sanitari sul territorio, che non possono farsi carico in maniera completa del problema, sia perché stori­camente il non autosufficiente è stato ricoverato e assistito in ambito ospedaliero e paraospeda­liero, la spesa relativa al ricovero in casa pro­tetta o struttura similare di persone non auto­sufficienti carichi parzialmente (fino al massimo del 50%) sul fondo sanitario nazionale, ai fini di determinare la correlativa riduzione della spesa ospedaliera. Occorre comunque prevedere un ri­goroso controllo delle ammissioni degli ospiti da parte delle UU.SS.LL.

 

Prevenzione, assistenza e promozione sociale degli handicappati

Alla luce degli obiettivi della legge 833/78, della proposta di Piano sanitario nazionale e della legge finanziaria 1984 (art. 27, 4° comma), che prevede il fondo a destinazione vincolata per il finanziamento di attività relative a progetti obiet­tivo, non sussistono dubbi sulla opportunità di far confluire sulla spesa sanitaria tutti gli inter­venti preventivi nel settore dell'handicap, in at­tuazione di quanto previsto dal Progetto di tutela materno-infantile.

Tale esigenza è particolarmente evidente nella fascia dell'età evolutiva, dove appare indispensa­bile formulare piani di riabilitazione che com­prendono, necessariamente, interventi articolati e complessivi.

Proprio la complessità degli interventi e il loro intreccio sconsigliano una gestione separata di interventi sanitari e socio-assistenziali che non garantirebbe la qualità e la continuità degli inter­venti stessi, né la gestione del piano di riabili­tazione, anche in relazione a quanto previsto dall'art. 26 della legge 833/78. Sempre ai sensi dell'art. 26 citato, devono intendersi a carico del Fondo sanitario nazionale gli interventi riabilita­tivi, anche se protratti nel tempo e in regime di degenza. Ed è proprio in riferimento a tale intrec­cio tra servizi e presidi sanitari e socio-sanitari che la legge 833/79 prevede l'istituzione dei di­stretti sanitari di base.

Diversa soluzione può essere trovata per sog­getti già stabilizzati in età adulta, sempreché non rientrino nella categoria dei soggetti non auto­sufficienti di cui al punto precedente, per i quali nei vari piani regionali sono stati allestiti, a ca­rico del versante socio-assistenziale, servizi diversi quali strutture diurne socio-formative, co­munità alloggio, corsi di formazione professio­nale, interventi per l'inserimento lavorativo.

Questo non esclude ovviamente la necessità di prestazioni sanitarie specifiche che per i sogget­ti di cui trattasi assumono particolare consisten­za e conseguentemente l'assoluta esigenza che accanto alle strutture socio-assistenziali siano presenti servizi di riabilitazione e rieducazione funzionale opportunamente dimensionati (a cari­co del F.S.N.), onde garantire il supporto alle strutture stesse.

 

Prevenzione, cura e riabilitazione dei tossicodipendenti

Il problema è per certi versi analogo a quello della tutela della salute mentale.

La necessità di un programma globale di inter­venti per raggiungere la finalità terapeutica del superamento e della liberazione dallo stato di tossicodipendenza è un principio ormai general­mente acquisito e più volte ribadito dagli indi­rizzi nazionali nel settore.

Per assicurare un intervento globale è neces­sario avvalersi di strumenti che non sono soltan­to farmacologici o sanitari in senso stretto, ma anche di altri strumenti: psicoterapia di appog­gio, ergoterapia, socioterapia, permanenza in co­munità residenziali che, pur avendo una caratte­rizzazione più ampiamente sociale, hanno comun­que una rilevanza terapeutica.

Nel programma individuale di cura e riabilita­zione di un tossicodipendente non è quindi possi­bile scindere gli aspetti strettamente sociali da quelli strettamente sanitari, per cui occorre con­siderare la finalità terapeutica del trattamento in modo globale e complessivo.

In questa ottica anche interventi quali la per­manenza non solo in Centri crisi o Centri di pronta accoglienza (per una prima risposta im­mediata alla situazione di sofferenza fisica e di disagio psicologico del tossicodipendente), ma anche in Comunità residenziali sono da conside­rarsi parte integrante del trattamento terapeu­tico.

Considerata la varietà delle risposte regionali al problema, l'intervento terapeutico potrà per­tanto o essere valutato nei confronti di un deter­minato soggetto oppure nell'ambito dell'attività complessiva della struttura ospitante.

Resta inteso che la permanenza in Comunità alloggio, senza la presenza interna di operatori, ma con l'appoggio esterno degli operatori dei competenti servizi territoriali, e la frequenza di Centri di aggregazione e di incontro diurni, a fini sia preventivi che risocializzanti, sono da intendersi interventi a carattere sociale.

Anche per tale settore sussiste la necessità di una revisione dei flussi finanziari ad esso specifi­catamente destinati, ferma restando la continuità del funzionamento delle attività socio-assisten­ziali conseguenti.

Tutto ciò premesso appare opportuno prendere atto che il citato articolo 30 della legge 730/83, per l'esercizio delle prestazioni connesse alle at­tività socio-assistenziali, ha sancito anche:

a) la possibilità per gli enti locali (province, comuni, ecc.) e le regioni di avvalersi, in tutto o in parte, delle unità sanitarie locali, facendosi completamente carico del relativo finanziamento;

b) l'obbligo conseguente per le UU.SS.LL. di gestire sulla base di un'apposita delega, totale o parziale, le predette prestazioni socio-assisten­ziali, che devono essere individuate ed elencate, atteso che le stesse non possono essere finan­ziate con il Fondo sanitario nazionale (parte cor­rente e in conto capitale), ma devono trovare copertura finanziaria nelle apposite leggi istitu­tive;

c) la necessaria contabilizzazione separata di dette prestazioni socio-assistenziali, in quan­to, come già suesposto, le stesse non possono gravare sul risultato d'esercizio della gestione sanitaria dell'USL. Tali contabilità separate devo­no essere disciplinate, peraltro, dalle regioni ai sensi dell'art. 50 (1° comma - punto 5) della leg­ge n. 833/78.

È opportuno, altresì, rammentare che, ai sensi dell'ultimo comma dell'art. 25 della citata legge n. 730/83, le Regioni e le Province autonome pos­sono assicurare anche prestazioni di assistenza sanitaria aggiuntive a quelle previste dall'art. 5 della legge 29-2-1980, n. 33 e successive modifi­cazioni, sempre che le stesse prestazioni siano:

- finanziate con economie del Fondo sani­tario nazionale o con quote del bilancio regionale;

- evidenziate in apposita contabilità sepa­rata, anch'essa da disciplinarsi, ai sensi dell'art. 50 della legge n. 833/78, dalle Regioni e Provin­ce autonome territorialmente competenti.

In merito si osserva che la corretta applicazio­ne dell'art. 30 della legge 730/83 richiederà una analisi singola e specifica di tutte le leggi socio­sanitarie che tenda ad individuare, anche sulla base dei meccanismi e degli articoli finanziari di copertura delle stesse leggi, le singole presta­zioni ed i soggetti potenzialmente beneficiari; ciò al fine di scindere dalle prestazioni sanitarie base di cui all'art. 5 della legge n. 33/80 e successive modificazioni, quelle aggiuntive di cui all'art. 25 della legge 730/83 e da queste ultime quelle sociali che possono essere delegate, in tutto o in parte, alle UU.SS.LL., unitamente al trasferi­mento della quota parte di finanziamento.

Finanziamento che, comunque, deve garantire sia l'onere della prestazione erogata che quello afferente l'utilizzazione del personale, delle strut­ture e dei mezzi della stessa USL delegata all'esercizio della predetta prestazione.

 

www.fondazionepromozionesociale.it