Prospettive assistenziali, n. 66, aprile - giugno 1984

 

 

Specchio nero

 

 

GLI HANDICAPPATI POSSONO USCIRE DAGLI ISTITUTI SOLO SE I CARABINIERI SONO D'ACCORDO: UNA ABERRANTE PROPOSTA DI LEGGE

 

Non ci stupisce che ci siano forze le quali la­vorano per rafforzare le strutture emarginanti. Non ci stupisce, nemmeno, trovare queste posi­zioni presenti anche in certi rappresentanti del­la «sinistra». D'altronde, se il Ministro democri­stiano Degan ripropone una versione aggiornata dei vecchi manicomi, sono numerose le giunte di sinistra che istituiscono «case protette» per an­ziani, handicappati, dimessi dagli ospedali psi­chiatrici, invece di puntare alla riabilitazione ed all'inserimento. Ci stupisce, invece, che l'igno­ranza umana accompagnata alla presunzione di sapere non abbia limiti e che il «peggio» in ter­mini di progetti debba forse ancora venire. E ci preoccupa.

La proposta di legge n. 327 («Nuove norme per l'assistenza e la riabilitazione degli handi­cappati»), presentata il 10 agosto 1983 alla Ca­mera dai deputati psi Fiandrotti (sinistra socia­lista), Ferrari Marte, Diglio, Cresco, Tempestin, Poti, Amodeo, Artioli, Zavattieri, Alberini, è più degna di una antologia delle sciocchezze e dell'impensabile, che di un documento sul quale le Camere dovrebbero perdere il loro tempo per esaminarlo.

Tanto per venire subito al sodo, la «perla» è contenuta all'art. 8, là dove si prevede che «un apposito comitato di controllo, composto dal pre­sidente del tribunale amministrativo regionale (...); dal presidente del tribunale per i minori; dal segretario regionale della confederazione sin­dacale (quale? ndr); dal medico provinciale e dal comandante la legione dei carabinieri competen­te per territorio, su proposta della direzione del centro sanitario, dopo aver svolto ogni controllo per accertare che all'interessato non venga a mancare l'assistenza, autorizza la deistituziona­lizzazione dell'assistito».

Ma è tutto l'impianto della relazione e della proposta che non sta in piedi. Dalla catalogazio­ne degli handicap (sapete chi sono i «fisici»? «Gli elementi colpiti da paralisi cerebrali infan­tili». Per cui, se io mi sono fatto male sul lavoro o in auto e non riesco più a camminare, non so­no handicappato!), alle strutture previste per «la assistenza e la riabilitazione», ma in realtà per l'emarginazione degli invalidi.

E guai, poi, se hai già compiuto i 40 anni e sei ancora in istituto! In questo caso, la deistituzio­nalizzazione, l'inserimento degli «infelici» (co­me la proposta Fiandrotti chiama le persone por­tatrici di handicap), «dovrà assumere carattere eccezionale».

C'è una sola cosa da augurarsi: che la proposta (qui sotto pubblicata integralmente a scopo di documentazione) venga ritirata prima ancora di scomodare i deputati a discuterla.

 

 

Relazione della proposta di legge

 

Onorevoli Colleghi! - Il problema degli han­dicappati nel nostro Paese è stato spesso affron­tato, in sede legislativa, in modo approssimativo ed in genere inserito nel più ampio contesto di problematiche ritenute similari.

Ciò ha snaturato ogni iniziativa ed ha imposto soluzioni non sempre in linea con la gravità e complessità del problema.

Per una corretta impostazione, occorre partire dalla constatazione che la questione degli handi­cappati, è un problema atipico che non può tro­vare idonea soluzione se non nella conoscenza completa del fenomeno.

La scarsa conoscenza dello stesso ha permes­so, in passato, il realizzarsi di orrendi crimini che hanno portato all'internamento di molti di questi «infelici» in ospedali psichiatrici dove finivano con il trascorrere il resto della loro tri­ste vita.

Per dare una definizione dell'handicappato si è ritenuto opportuno riferirsi alla legge regionale del Lazio, n. 62, in cui «per handicappato si in­tende la persona che, in seguito ad evento mor­boso e traumatico, intervenuto in epoca pre-peri e post-natale, presenti una menomazione delle proprie condizioni fisiche, psichiche e/o senso­riali e, pertanto, sia oggetto o candidato a pro­cessi di emarginazione».

Ne consegue quindi che, in relazione alle aree e alle funzioni maggiormente colpite dalla me­nomazione, gli handicappati possono essere rag­gruppati in tre grosse categorie:

gli psichici; categoria in cui confluiscono i ri­tardati nello sviluppo o nel linguaggio, i colpiti da autismo, da psicosi infantile o da insufficienze mentali;

i fisici; alla quale appartengono gli elementi colpiti da paralisi cerebrali infantili;

i sensoriali; alla quale appartengono coloro che sono colpiti da sordità, ipoacusia, cecità, ec­cetera.

Come è facile intuire ognuna di queste cate­gorie ha caratteristiche peculiari che abbisogne­rebbero di cure ed assistenza specifica.

Non esiste nel nostro Paese una seria rileva­zione statistica del fenomeno anche perché gli orpelli di una errata educazione non permettono ai servizi assistenziali esistenti, qualora funzio­nanti, di svolgere la loro azione nei confronti di tutta la «popolazione» interessata.

Un errato senso di onore, personale e/o di famiglia, fa sì che molti di questi handicappati, in genere quelli più abbisognevoli di cure, invece di essere aiutati ed assistiti, vengano spesso relegati in una stanza, isolati dal resto del mondo in condizioni igienico-sanitarie a volte inumane.

Ciò nonostante la popolazione handicappata può valutarsi fra lo 0,8 e l'1 per cento della po­polazione totale.

Una analisi della situazione socio-economica mostrerebbe una maggiore incidenza del fenome­no nelle zone socialmente meno progredite, pur dovendosi ragionevolmente presumere che tale rilevazione potrebbe essere influenzata da un più ampio ricorso da parte delle categorie più ab­bienti, ad istituti specialistici privati e da esigen­ze sociali più vivamente sentite.

Di fatto però sembra esistere una stretta cor­relazione fra handicap e condizione sociale, sia per quanto concerne i fattori che ne possono causare l'insorgenza, sia per le condizioni sani­tarie, ambientali e culturali che possono influen­zare l'andamento.

Contrariamente a quanto si sarebbe portati a credere a prima vista, gli handicaps psichici rap­presentano la più parte del fenomeno, superando largamente il 50 per cento del totale, mentre ai sensoriali ne spetterebbe solo il 10 per cento.

Confrontando la popolazione handicappata con la popolazione totale nell'ambito delle singole fasce di età, si constatano delle consistenti va­riazioni.

La massima concentrazione del fenomeno si manifesta infatti nella età giovanile, tanto che si può affermare che circa l'80 per cento del feno­meno si manifesta fra i giovani aventi una età fra lo zero ed i ventuno anni e che nell'ambito di questa fascia, la maggiore concentrazione si ha fra i giovani in età dell'obbligo scolastico (6-13 anni).

Questo particolare potrebbe evidenziare la mancanza di adeguati servizi di diagnosi precoce e comunque di idonei strumenti per un controllo sanitario sistematico sin dalla prima infanzia.

Particolarmente per gli handicappati lievi, la famiglia, non sempre è pronta a recepire il peri­colo sin dai primi sintomi ed attende troppo a lungo sperando in una soluzione spontanea per cui l'infermo viene riconosciuto abbisognevole di cure solo al momento dell'ingresso nella scuola materna o elementare.

Se si tiene conto che il fenomeno, consistente nel primo trentennio di vita, diventa irrilevante, statisticamente parlando, dopo tale età, v'è da pensare che questi infelici, una volta venuto a mancare il sostegno dei genitori, si disperdono dissolvendosi nel nulla, nel disinteresse gene­rale.

La nostra Costituzione, una delle più progredite ed in linea con la dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, nel terzo comma dell'articolo 38, così si esprime: «Gli inabili ed i minorati hanno diritto all'educazione ed all'avviamento professio­nale» e per l'assolvimento dei conseguenti com­piti imposti allo Stato dal quarto comma del sud­detto articolo la Corte costituzionale, con sen­tenza 16 dicembre 1960, n. 70, ha stabilito che non è da escludere che gli oneri finanziari ine­renti a tali compiti possano far carico a categorie di soggetti diversi dallo Stato con imposizioni di tributi in senso stretto o di altre prestazioni pa­trimoniali nella forma dei contributi.

Ciò premesso, onorevoli colleghi, ne consegue una differente incidenza dei vari tipi di prestazio­ne nelle singole fasce d'età.

Da zero a due anni, infatti, si ricorre, quasi esclusivamente, alla prestazione ambulatoriale mentre in quella da tre a cinque anni, pur restan­do l'ambulatorio la forma di assistenza predomi­nante, assumono consistenza forme di assistenza collaterali quali il seminternato.

Nella fascia dai sei ai tredici anni, seminter­nato ed ambulatorio sembrano equivalersi, men­tre nelle fasce di età dai 14 ai 18, dai 19 ai 21 e dai 22 ai 30, più della metà degli handicappati viene assistita in seminternato.

La rimanente parte usufruisce prevalentemente dell'internato e dell'ambulatorio.

Nella fascia dai 31 ai 69 anni tutto il sistema di assistenza, lì dove è in atto, entra rapidamen­te in crisi in quanto la maggioranza degli istituti specialistici e diurni hanno fissato dei limiti di età invalicabili per gli aventi diritto all'assi­stenza.

A questo punto sembra indispensabile rivedere tutta la materia, sia per adeguare, razionalizzare e quindi potenziare il servizio, sia per assicurare anche, e si oserebbe dire in ispecie, a chi è or­mai avanti nell'età, la dovuta necessaria assi­stenza.

La presente proposta, che resta aperta ad ogni apporto migliorativo, si incentra su due momenti fondamentali della vita dell'individuo: l'età pre­scolare e scolare e l'età lavorativa.

Per l'età prescolare e scolare, la struttura più idonea sembra possa essere costituita da un centro sanitario specializzato, operante a tempo pieno, con giurisdizione territoriale e responsa­bilità giuridica, su ogni tipo di scuola, pubblica e privata, esistente, nel territorio di giurisdizione.

Inoltre questi centri dovrebbero disporre: sia di un adeguato numero di specialisti per visitare periodicamente e le famiglie, ove è nato un bim­bo, e le scuole della zona, per compiere quella azione preventiva oggi praticamente ignorata, sia di un adeguato numero di logoterapisti, per la cura delle difficoltà del linguaggio; di ortofonisti, per la cura delle difficoltà dell'udito; di fisiote­rapisti, per la cura delle difficoltà dei movimenti; di psicologi, per la cura delle difficoltà di espres­sione e dei ritardi mentali.

Una volta superata l'età scolare il giovane han­dicappato dovrebbe, giusto quanto previsto dall'articolo 38 della Costituzione, essere avviato ad un qualunque proficuo lavoro.

A tal fine nell'ambito del centro sanitario spe­cializzato verrebbero create piccole comunità, ge­stite in modo elastico e profondamente inserite nel tessuto sociale.

Tali piccole comunità, aventi una gestione pos­sibilmente autonoma, dovrebbero avere lo scopo di utilizzare l'handicappato, in maniera terapeuti­ca, in lavori artigianali e/o agricoli elementari.

La partecipazione del paziente a queste attività può essere a part-time, se il paziente ha una famiglia presso cui risiedere, o a carattere con­tinuativo, nel caso l'handicappato, o per libera scelta o per necessità, decida di restare nella comunità in maniera permanente.

Lì dove i progressi raggiunti dovessero far spe­rare in un completo reinserimento del degente nella struttura sociale, previo parere favorevole del comitato di controllo del centro sanitario, l'handicappato potrà essere deistituzionalizzato e rinviato in famiglia, sempre che questa dia ogni garanzia di poter offrire la eventuale necessaria assistenza di cui l'infermo ha bisogno.

Tale provvedimento, per evidenti motivi, dovrà assumere carattere di eccezionalità quando il de­gente ha superato il 40° anno d'età.

Onorevoli colleghi, la presente proposta, che pur nella sua disarticolazione cerca di affrontare il problema non in forma assistenziale, ma strut­turale, sembra venire incontro alle vive istanze che salgono da una massa di persone verso la quale il nostro impegno di parlamentari deve es­sere più vivo ed attento in quanto è costituita dalla parte della nostra società che più soffre.

Per essa chiediamo la discussione e l'approva­zione, con ogni urgenza, della presente proposta di legge,

 

 

Testo della proposta di legge

 

Art. 1

Nell'ambito di ogni unità sanitaria è costituito un centro sanitario specializzato funzionante a tempo pieno, per la cura e la riabilitazione degli handicappati.

 

Art. 2

Ogni centro sanitario specializzato si articola in quattro sezioni che si occupano, rispettivamen­te, della prevenzione, della cura, della ospedaliz­zazione e della riabilitazione degli handicappati.

Nell'ambito di ogni centro esiste inoltre una quinta sezione per il disbrigo della parte logisti­co-amministrativa e dei servizi.

L'organico del personale amministrativo e tec­nico del centro sarà fissato con decreto del Mi­nistro della sanità entro novanta giorni dalla pub­blicazione della presente legge sulla Gazzetta Ufficiale.

 

Art. 3

La sezione «prevenzione» deve avere a dispo­sizione un numero sufficiente di persone qualifi­cate in modo da seguire, dalla nascita, ogni bam­bino e tutte le scuole materne e dell'obbligo nel territorio di giurisdizione.

Sarà cura del suddetto personale di prendere contatto con le famiglie in cui v'è un nuovo nato per assicurarsi che non abbia bisogno dell'assi­stenza del centro.

 

Art. 4

La sezione «cura» sarà fornita delle apparec­chiature ed attrezzature necessarie per la riabilitazione dei pazienti, qualunque sia la categoria cui l'handicappato appartiene.

In particolare, in ogni centro sanitario, devono essere presenti almeno due logoterapisti, due ortofonisti, due fisioterapisti e due psicologi.

Art, 5

La sezione « ospedalizzazione » curerà il rico­vero e l'assistenza di quei pazienti da sottoporre a cure intensive o dichiarati irrecuperabili.

 

Art. 6

Nella sezione «riabilitazione» sono destinati quei pazienti in fase di recupero e/o quelli che possono svolgere una qualunque attività lavo­rativa.

 

Art. 7

La sezione «ospedalizzazione» assiste il per­sonale internato non autonomo.

La degenza dell'infermo non è soggetta ad al­cun limite di tempo.

La sezione «riabilitazione» assiste personale internato e seminternato che può espletare una qualunque attività lavorativa, inserendolo in pic­cole comunità dove l'individuo, in funzione delle proprie capacità, svolge una attività artigianale o agricola elementare.

Il lavoro comunque non deve mai assumere for­ma coatta.

La permanenza presso le predette comunità non è soggetta ad alcun limite di tempo.

 

Art. 8

Un apposito comitato di controllo, composto dal presidente del tribunale amministrativo regio­nale o da un suo rappresentante (in qualità di presidente); dal presidente del tribunale dei mi­nori; dal segretario regionale della confederazio­ne sindacale; dal medico provinciale e dal co­mandante la legione dei carabinieri competente per territorio, su proposta della direzione del centro sanitario, dopo aver svolto ogni controllo per accertare che all'interessato non venga a mancare la necessaria assistenza, autorizza la deistituzionalizzazione dell'assistito.

Su ogni dimesso il centro continua a svolgere azione di controllo almeno per sei mesi dalla data di deistituzionalizzazione.

Particolare cura deve essere posta dalla com­missione nel concedere autorizzazioni alla dimis­sione dal centro sanitario per ricoverati che ab­biano superato il 40° anno di età.

 

Art. 9

I prodotti del lavoro sono commercializzati a cura, della direzione secondo le procedure fissate dal Ministro della sanità con proprio decreto da emanare entro 90 giorni dalla pubblicazione del­la presente legge sulla Gazzetta ufficiale.

Il ricavato deve essere reimpiegato nell'ambi­to della comunità per il miglioramento delle strut­ture ed infrastrutture del centro.

Il controllo amministrativo è effettuato da una commissione paritetica composta da funzionari del Ministero della sanità e della regione.

 

Art. 10

Per quanto concerne il controllo sulla sicurezza e l'igiene del lavoro, una apposita commissione, nominata dalla regione, effettua, con cadenza al­meno mensile, ispezioni presso le comunità arti­giane o agricole dove vengono impiegati gli han­dicappati.

Di tale commissione fa parte il presidente del tribunale amministrativo regionale (in qualità di presidente); un magistrato della magistratura del lavoro; un funzionario regionale del settore; il se­gretario regionale della Confederazione sindaca­le; il medico provinciale ed il comandante la le­gione della Guardia di finanza, competente per territorio.

Eventuali irregolarità devono essere denunziate d'ufficio.

 

Art. 11

Ogni centro sanitario specializzato può riceve­re lasciti o donazioni nel rispetto delle norme stabilite dal Ministro della sanità con proprio decreto.

Il controllo amministrativo è effettuato dalla commissione di cui all'articolo 9 nei modi stabi­liti dal Ministro della sanità con apposito rego­lamento.

 

Art. 12

Il Ministro delle finanze provvede ad appronta­re gli opportuni strumenti per il reperimento dei fondi necessari, nel rispetto di quanto disposto dal quarto comma dell'articolo 38 della Carta co­stituzionale.

 

Art. 13

Le regioni ed i comuni interessati svolgono ogni azione per reperire, entro sei mesi dalla pub­blicazione della presente legge sulla Gazzetta Ufficiale, idonei edifici od opportuni suoli da met­tere a disposizione per l'istituzione dei centri sa­nitari specializzati.

A tal fine i comuni sono autorizzati a predispor­re le conseguenti varianti ai piani regolatori.

 

Art. 14

Il Ministro della sanità, di concerto con le altre amministrazioni competenti, quando non diver­samente stabilito, è delegato ad emanare le con­seguenti disposizioni attuative entro sei mesi dal­la pubblicazione della presente legge sulla Gaz­zetta Ufficiale.

 

 

 

HANDICAP E LAVORO: PRIMO MAGGIO NEGATO

 

L'idea era quella di compiere un «viaggio al centro del lavoro», con il fiore della intellighen­tia di casa nostra. Un bell'inserto che l'«Unità» ha pubblicato il 1° maggio '84, data storica per il movimento dei lavoratori. C'è attenzione per tutti (o quasi): i cassaintegrati ed i disoccupati, i bi-occupati e le casalinghe; gli operai, gli im­piegati ed i futuribili lavoratori della società dell'informatica. Un solo, grave, neo: handicappati e pensionati (cioè i «non lavoratori» e gli «ex lavoratori») sono rimasti nella penna di tante autorevoli firme e, forse, non sono nemmeno nel­la mente di chi ha pensato lo «speciale» del quo­tidiano di questo «partito di massa».

Nonostante le polemiche anche accese relative alla modifica della legge sul collocamento obbli­gatorio (che ha ridotto drasticamente la possibi­lità di trovare un lavoro per chi è «handicappa­to»), l'inserto non fa cenno ai problemi di questa «minoranza». Chi è handicappato (dalla nascita o per incidente) non ha nemmeno il diritto di es­sere considerato un disoccupato e, quindi, un lavoratore in attesa di un posto?

 

www.fondazionepromozionesociale.it