Prospettive assistenziali, n. 63, luglio - settembre 1983

 

 

Notiziario dell'Associazione nazionale famiglie adottive e affidatarie

 

 

PROPOSTE PER L'APPLICAZIONE DELLA NUOVA LEGGE SULL'ADOZIONE E L'AFFIDAMENTO (1)

 

Con questo intervento non intendo soffermar­mi sui contenuti della legge, già ampiamente il­lustrati dagli altri oratori precedenti, ma vorrei riprendere le proposte operative dell'Associazio­ne per la corretta applicazione della legge stessa.

Sul lungo dibattito parlamentare che ha porta­to all'approvazione della legge vorrei solo rile­vare due aspetti:

- il metodo di lavoro adottato dal Senato per approfondire la tematica: udienza conoscitiva di magistrati, amministratori, gruppi, associazioni; partecipazione di Parlamentari a dibattiti, conve­gni e altre iniziative promosse su questi temi;

- il ruolo decisivo svolto dalle associazioni di base (ANFAA, CIAI, ULCES, Associazione ma­gistrati minorili, Caritas, Fondazione Zancan e Dragan, Associazione Papa Giovanni XXIII) per l'impostazione della nuova normativa.

 

Ruolo delle Regioni e degli enti locali

 

L'applicazione della nuova legge è fortemente condizionata dalle scelte politiche che il Parla­mento, le Regioni, gli enti locali faranno per rea­lizzare interventi alternativi al ricovero.

Gli interventi necessari riguardano in primo luogo i servizi non assistenziali e cioè i problemi della sanità, della casa, della scuola, del lavoro.

Ad esempio è evidente che vi sono casi in cui la non disponibilità di una abitazione idonea è una causa (o una concausa) che favorisce il ricovero in istituto dei figli.

Un altro esempio. La mancanza di servizi ria­bilitativi di territorio, l'inidoneità dei trasporti pubblici e le carenze dell'assistenza scolastica possono essere altre cause incentivanti l'istitu­zionalizzazione.

In secondo luogo devono essere attuati inter­venti assistenziali secondo priorità che privilegi­no la permanenza in famiglia e le alternative al ricovero in istituto.

Molti provvedimenti nei settori sopra indicati possono essere assunti fin da oggi dalle Regioni, dai Comuni, dalle Province, dalle Comunità mon­tane, anzi molte iniziative potevano da anni es­sere prese dagli enti suddetti.

In particolare le iniziative che dovrebbero es­sere assunte dall'Assessorato regionale all'as­sistenza sono:

1) l'aggiornamento continuo dell'anagrafe re­gionale dei minori ricoverati in istituto, anagrafe avviata dall'Assessorato regionale all'assistenza ma, purtroppo «ferma» a due anni fa (gli ultimi dati forniti infatti risalgono al marzo 1981).

L'anagrafe è a nostro parere indispensabile per: - individuare i minori in situazione di ab­bandono;

- conoscere gli incrementi e le diminuzioni dei ricoveri su tutto il territorio regionale e in ciascuna Unità locale;

- avere notizie in merito alle cause del rico­vero per poter predisporre gli opportuni provve­dimenti alternativi;

- valutare la corrispondenza fra la località di provenienza dei ricoverati e la zona in cui è si­tuato l'istituto in modo da predisporre gli stru­menti necessari per eliminare o almeno ridurre l'ampiezza della deportazione assistenziale.

Una grave complicazione per la gestione dell'anagrafe è stata creata dall'Assessorato regio­nale all'assistenza con la circolare del 4 gennaio 1983.

Infatti la stragrande maggioranza delle USSL piemontesi, alle quali la circolare attribuisce compiti in materia di anagrafe dei minori, non fanno assolutamente nulla in questo campo;

2) la revisione della delibera riguardante la vigilanza e il controllo sugli istituti. Malgrado le continue richieste avanzate anche da amministra­tori locali non è stato modificato questo provve­dimento che presenta molti limiti in quanto:

a) le indicazioni relative al funzionamento degli istituti sono generiche e non «prescrittive». Nulla è precisato in merito al numero massimo dei minori ospitati, al rapporto educatori-minori, alla qualificazione e aggiornamento del persona­le. Ne consegue che continuano a operare isti­tuti dove i bambini vivono in condizioni preoccu­panti (l'esempio più recente - ma non unico - è la Città dei ragazzi di Torino);

b) mancano indicazioni operative per le As­sociazioni dei Comuni che dovevano esercitare le funzioni di vigilanza dal gennaio 1982 in base a una circolare regionale, per cui anche le poche USSL che svolgono queste funzioni devono «in­ventare» le modalità operative.

È inoltre necessario che la Regione Piemonte al più presto svolga una azione promozionale per l'attuazione della legge regionale 23 agosto 1982, n. 20 «Indirizzi e normative per il riordino dei ser­vizi socio-assistenziali della Regione Piemonte».

La legge - su cui il Coordinamento sanità e assistenza fra i movimenti di base ha (case pro­tette a parte) una valutazione complessivamente positiva - prevedeva l'assunzione da parte dell'Associazione dei Comuni delle funzioni assi­stenziali entro il mese di dicembre 1982.

Dobbiamo constatare che pochissime Associa­zioni dei Comuni vi hanno provveduto. Questo clamoroso ritardo compromette la pos­sibilità di rispondere adeguatamente alle esigen­ze dell'utenza (vuoti di intervento, «palleggia­mento» delle competenze, ecc.); è inutile ripe­tere in questa sede che i bambini non possono aspettare... Non vorremmo essere costretti a ri­correre alla magistratura per colpire le inadem­pienze della Regione e delle Associazioni dei Comuni.

Sempre riguardo alla attuazione della legge n. 20/1982 va detto che, oltre alla Provincia di Torino che dal 1976 ha trasferito parte delle com­petenze, personale e strutture al Comune di To­rino per una gestione unificata da parte di que­st'ultimo degli interventi assistenziali, non ci ri­sulta che siano state assunte iniziative analoghe da altre Province.

Un aspetto che dovrebbe essere approfondito a livello regionale è quello della promozione del­la ricerca scientifica nel campo dell'emarginazio­ne e dell'assistenza.

 

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Quale può essere il ruolo delle USSL per la corretta applicazione della legge regionale n. 20/1982 e della legge 4 maggio 1982 n. 184?

I Comuni singoli e associati possono - e de­vono - svolgere le seguenti funzioni:

- predisposizione dei servizi e degli interven­ti di prevenzione del bisogno assistenziale (casa, sanità, cultura, tempo libero, ecc.);

- definizione - tramite apposita deliberazio­ne - delle priorità di intervento nel campo dell'assistenza (prestazioni di servizio sociale, aiuti economici, assistenza domiciliare, affidamenti, comunità alloggio, ecc.), in modo da eliminare o ridurre al massimo il ricovero in istituto;

- avvio di interventi specifici (si cita ad esem­pio l'ottimo progetto del Comune di Torino per la deistituzionalizzazione dei minori da zero a 6 anni);

- stipula di convenzioni con cooperative per la gestione di comunità alloggio (non più di due comunità per cooperativa per evitare forme di monopolio). In ogni caso il rapporto ottimale fra comunità alloggio pubbliche e private dovrebbe essere d'uno ad uno;

- stipula di convenzioni con gli istituti di ri­covero in modo che siano precisati gli obblighi nei confronti dei minori (criteri di ammissione e dimissione, qualifica e numero del personale ad­detto, tenuta della cartella personale del mino­re, ecc.);

- vigilanza sulle istituzioni pubbliche e priva­te di assistenza in modo da accertare che l'ope­rato degli istituti sia corrispondente agli accordi presi e alle disposizioni di tipo generale deli­berate.

 

Ruolo dei giudici tutelari e dei Tribunali per i minorenni

 

La legge ha riconfermato importanti compe­tenze ai Giudici tutelari in materia di adozione (segnalazioni semestrali da parte degli istituti dei minori ricoverati, ispezioni sulle condizioni di vita dei minori ricoverati) e in materia di affidamento.

Noi riteniamo che interpretando correttamen­te la legge, l'intervento del Giudice tutelare in materia di affidamento debba limitarsi a un con­trollo di legittimità. Secondo noi spetta cioè al Giudice tutelare accertare che l'Ente locale non abbia violato la legge.

Non compete quindi al Giudice tutelare verifi­care, ad esempio, se il ricovero in comunità al­loggio era preferibile all'affidamento, se l'accer­tamento di idoneità della famiglia affidataria è stato compiuto in modo appropriato, se il con­tributo stabilito è adeguato. Secondo noi non spetta quindi al Giudice tutelare entrare nel me­rito dell'affidamento.

In ogni caso è necessario che ogni Associazio­ne dei Comuni concordi con il Giudice tutelare le procedure operative nel rispetto delle reciproche competenze, onde evitare interferenze tali da pre­giudicare o ritardare la realizzazione dell'affida­mento stesso. È urgente la definizione delle sud­dette modalità anche per evitare che non essendo prevista una analoga procedura per il ricovero in istituto, questo diventi la soluzione più «facile» per tutti, tranne che per il bambino.

 

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Le competenze dei Tribunali per i minorenni sono aumentate con questa nuova legge.

Noi crediamo che, analogamente a quanto av­venuto dopo l'approvazione della legge n. 431/ 1967, sarà necessario un aumento del numero dei giudici per consentirne l'applicazione. Proponiamo che la Regione Piemonte, il Comune di To­rino e le USSL intervengano nei confronti del nuo­vo Parlamento sottoponendo questi problemi.

Riteniamo valida anche per il Tribunale per i minorenni la proposta di formalizzare accordi con Comuni e loro Associazioni per definire, nel ri­spetto delle reciproche competenze, quanto sia necessario per una attuazione corretta e sollecita della legge.

A questo riguardo è positivo l'accordo realiz­zato fra il Presidente del Tribunale per i mino­renni e l'Assessore all'assistenza del Comune di

Torino sul rapporto fra affidamento e adozione.

È augurabile che i Tribunali per i minorenni ed i Giudici tutelari affidino ai Comuni singoli e as­sociati i compiti relativi al censimento degli isti­tuti e al controllo, eventualmente per campione, degli elenchi semestrali inviati dagli istituti di ricovero pubblici e privati.

È altresì auspicabile che gli uffici unici per le adozioni siano superati, attribuendone le fun­zioni alle USSL.

Riteniamo che nel giro di un anno questo su­peramento possa essere attuato.

 

 

 

(1) Intervento di GIORGIO PALLAVICINI, Presidente na­zionale dell'ANFAA al seminario promosso dall'Assessorato all'assistenza della Regione Piemonte, svoltosi a Torino il 22 giugno 1983.

 

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