Prospettive assistenziali, n. 60, ottobre - dicembre 1982

 

 

LEGGE DELLA REGIONE PIEMONTE PER IL RIORDINO DEI SERVIZI SOCIO-ASSISTENZIALI

 

 

Mentre a livello nazionale la riforma dell'assi­stenza è bloccata, un'altra Regione, il Piemonte, ha varato una normativa organica in materia (1), con una legge dell'agosto '82 (2).

Diamo una valutazione positiva della legge pie­montese, ad esclusione delle norme - del tutto inaccettabili - riguardanti le case protette.

È positivo che la legge metta in rilievo che la prevenzione si attua, quasi del tutto, al di fuori del settore assistenziale: informazione; soddisfa­cimento di esigenze socio-relazionali; soddisfa­cimento di esigenze abitative; promozione dell'inserimento lavorativo; abolizione delle barrie­re architettoniche. Si tratterà ora di vedere se, per quanto di competenza propria e degli Enti locali, la Regione Piemonte legifererà per ren­dere concreto ciò che nella legge di riordino è puramente programmatico per la prevenzione del bisogno assistenziale.

Per quanto riguarda i servizi socio-assistenziali è positivo che, finalmente, in una legge vi sia l'elencazione delle funzioni da svolgere.

Inoltre è da apprezzare la norma (art. 8) che attribuisce tutti i compiti di gestione agli stessi organi preposti alla gestione dei servizi sanitari. Solo fino al 31 dicembre 1984 (art. 36) è consenti­ta l'erogazione di prestazioni da parte di singoli Comuni facenti parte di un'Associazione interco­munale.

Invece, per quanto riguarda le case protette, le riteniamo non solo una struttura di emarginazio­ne, ma anche uno strumento che consente al ser­vizio sanitario (soprattutto agli ospedali, ma an­che ai medici curanti) di cronicizzare i vecchi per sbarazzarsene.

Definito il quadro di riferimento per il riordino dei servizi socio-assistenziali, la Regione dovrà ora dare concretezza alle norme previste dalla legge n. 20 in materia di servizi socio-assistenzia­li: autorizzazione preventiva a funzionare degli istituti di ricovero per anziani, handicappati e minori; vigilanza sugli stessi; schema tipo di con­venzione; criteri per la definizione dei parametri di assistenza economica, ecc.

È, infine, necessario che gli uffici regionali sia­no profondamente riorganizzati. Se il riferimento è il territorio, allora non ha più senso conservare l'organizzazione dell'Assessorato regionale per classi di età degli utenti (anziani, adulti, minori), o per categorie (handicappati, cronici, ecc.), poi­ché in questo modo non sono garantiti né l'unità, né la globalità degli indirizzi. Unità e globalità devono, invece, essere coniugate con fa specifi­cità, in modo che le attività del territorio non ri­sentano di direttive settoriali, quando non con­traddittorie.

Pensiamo, ad esempio all'amministratore, all'operatore o al cittadino che deve rivolgersi ma­gari a 5-6 uffici regionali dello stesso Assesso­rato all'assistenza per trattare i vari problemi che interessano e che da questi uffici hanno informa­zioni diverse, quando non divergenti.

Da qui, la nostra proposta di una organizzazio­ne dell'Assessorato regionale all'assistenza per filoni di intervento (assistenza economica, aiuto domestico, affidamento, comunità alloggio, rico­veri, ecc.), con gruppi di lavoro riferiti al terri­torio e, quindi, competenti per gruppi di unità locali Questi uffici dovrebbero poi funzionare in modo da non mortificare la specificità della pro­fessionalità degli operatori.

 

 

TESTO DELLA LEGGE

 

Titolo I

OGGETTO E PRINCIPI INFORMATORI DELLA LEGGE

 

Art. 1

Oggetto della legge

La presente legge, in base all'art. 117 della Costituzione, propone indirizzi e detta norme: 1) per la prevenzione del bisogno assisten­ziale;

2) per il riordino dei servizi socio-assistenzia­li e delle attività inerenti alle funzioni trasferite, nei quadro della materia definita dall'art. 22 del D.P.R. 24.7.1977, n. 616;

3) per la gestione coordinata e integrata dei servizi socio-assistenziali con i servizi sanitari, ai sensi dell'art. 25, 3° comma del D.P.R. 24.7. 1977, n. 616 e degli artt. 11 e 15 della legge 23.12. 1978, n. 833.

La Regione adeguerà alla legge nazionale di riforma le eventuali disposizioni della presente legge con essa in contrasto.

 

Art. 2

Principi informatori della legge

L'esercizio delle funzioni socio-assistenziali di competenza della Regione e degli Enti locali è informato ai seguenti principi:

1) prevenzione e rimozione delle situazioni di bisogno, nel quadro di una politica generale volta a superare gli squilibri economici, sociali e di co­noscenza esistenti nel territorio;

2) svolgimento di interventi socio-assistenziali volti con priorità a sostenere la famiglia, consi­derata come istituzione idonea a favorire lo svi­luppo della personalità, secondo quanto previsto dalla Costituzione;

3) superamento della logica di assistenza diffe­renziata per categorie di assistiti, mediante l'at­tuazione di interventi uguali a parità di bisogno e interventi differenziati in rapporto alla specificità delle esigenze, nel rispetto della personalità dell'assistito;

4) superamento del concetto di istituzionaliz­zazione, mediante il privilegio di servizi ed in­terventi che consentano il mantenimento, l'inse­rimento e il reinserimento dei soggetti nella vita familiare, sociale, scolastica e lavorativa;

5) integrazione dei servizi socio-assistenziali can i servizi sanitari, educativi, scolastici e con tutti gli altri servizi del territorio, al fine di con­correre a fornire una risposta globale alle esigen­ze della popolazione;

6) apertura al concorso delle iniziative assi­stenziali espresse dalla società, nella varietà del­le sue libere articolazioni, al conseguimento del­le finalità di cui alla presente legge;

7) partecipazione dei cittadini e delle forze so­ciali alla determinazione degli obiettivi, alla for­mulazione di piani e programmi e al controllo sul­la efficienza e sulla efficacia dei servizi.

 

Titolo II

ATTIVITÀ DI PREVENZIONE

 

Art. 3

Informazione, ricerca e progetti

Ai fini e secondo i principi di cui all'art. 2 del­la presente legge, la Regione e gli Enti locali pro­muovono le iniziative opportune e, in particolare:

a) diffondono nel modo più ampio possibile l'in­formazione a tutti i livelli;

b) attuano e utilizzano studi e ricerche volti a identificare le cause degli stati di bisogno ed emarginazione potenziali e in atto, nonché le si­tuazioni individuali e collettive di rischio, garan­tendo la partecipazione dei cittadini e delle orga­nizzazioni sociali e culturali;

c) predispongono progetti mirati di intervento, volti ad eliminare le cause individuate di bisogno ed emarginazione, promuovendo il pieno ed inte­grato utilizzo di tutte le risorse locali e propon­gono indirizzi operativi nei vari campi dell'azio­ne pubblica e dell'iniziativa privata;

d) stimolano il formarsi di iniziative sperimen­tali, anche autogestite.

 

Art. 4

Soddisfacimento di esigenze socio-relazionali

Al fine di prevenire fenomeni di emarginazione connessi a carenze di natura socio-relazionale di soggetti o gruppi a rischio, gli Enti locali operano, mediante servizi aperti a tutta la popolazione, in­centivando, favorendo e realizzando interventi e iniziative di tipo educativo, culturale, ricreativo, sportivo e di tempo libero.

Concorrono al soddisfacimento di bisogni so­cio-relazionali servizi polifunzionali, quali centri socio-culturali, centri sociali, centri d'incontro.

 

Art. 5

Soddisfacimento di esigenze abitative

Nell'ambito della prevenzione di situazioni con­nesse a carenze o inidoneità abitative di soggetti a rischio, gli Enti locali intervengono per:

1) l'incentivazione, all'interno dei piani di edi­lizia residenziale, della costruzione di alloggi ab­binati, per favorire l'aggregazione di nuclei paren­tali, tenendo conto delle diverse fasce di età e delle situazioni di handicap;

2) l'assegnazione di alloggi di loro proprietà ad equo canone, con eventuali contributi integrativi. A tal fine essi operano anche mediante trasfor­mazione e riconversione di beni mobili ed immo­bili appartenenti al patrimonio comunale;

3) il miglioramento delle condizioni abitative attraverso opere di manutenzione, risanamento e adeguamento degli alloggi, o attraverso la con­cessione di contributi economici specificatamen­te rivolti a tal fine;

4) la sistemazione in albergo o strutture ricet­tive in situazioni eccezionali e transitorie non al­trimenti risolvibili;

5) la verifica dell'attuazione dell'art. 17 del D.P.R 27.4.1978, n. 384, in relazione alle esigenze delle persone inabili che hanno difficoltà di deam­bulazione.

 

Art. 6

Promozione dell'inserimento lavorativo

La Regione e gli Enti locali operano per pro­muovere l'inserimento ed il reinserimento lavora­tivo di soggetti in particolari situazioni di debolez­za ed esposti a gravi rischi di emarginazione, con particolare riguardo ai soggetti istituzionalizzati. A tali fini, in particolare:

a) attuano iniziative finalizzate all'adeguamento delle capacità professionali in relazione alle po­tenzialità dei soggetti interessati e alle esigenze del mondo del lavoro;

b) favoriscono l'inserimento lavorativo nelle imprese, anche a tempo parziale per i casi di par­ticolare gravità, attuando facilitazioni ed eventual­mente favorendo l'adeguamento del posto di la­voro destinato a soggetti portatori di handicap, mediante la concessione in uso di beni strumenta­li o, in via eccezionale, l'attribuzione di contributi finalizzati con priorità alle imprese artigiane, alle cooperative di lavoro e ai lavoratori autonomi.

Il Consiglio Regionale stabilisce le norme di attuazione di quanto sopra previsto;

c) promuovono e favoriscono forme di coope­razione alle quali partecipino soggetti di cui al presente articolo, anche attraverso la concessio­ne di contributi economici finalizzati;

d) assicurano, d'intesa con la direzione azien­dale, la presenza sul luogo di lavoro, ove neces­sario e limitatamente al periodo indispensabile alla integrazione del soggetto nel lavoro, di ope­ratori sociali con funzioni di supporto.

 

Art. 7

Abolizione delle barriere architettoniche

La Regione, nell'ambito delle proprie competen­ze, opera per l'abolizione delle barriere architet­toniche, in particolare per quanto attiene gli edi­fici pubblici, i luoghi di pubblico spettacolo, i mez­zi di trasporto ed i servizi pubblici in genere, ai sensi del D.P.R. 27.4.1978, n. 384: in tale ambito promuove le necessarie iniziative per l'adegua­mento delle strutture e dei servizi esistenti o in corso di realizzazione.

A tal fine, a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, per la concessione dei finanziamenti previsti da leggi regionali per la costruzione e l'adeguamento delle strutture e dei servizi di cui al comma precedente, viene ri­chiesta la rispondenza dei progetti alle soprad­dette norme.

I Comuni, nell'adozione dei piani urbanistici e nella redazione dei piani di zona, adeguano la lo­calizzazione e la sistemazione degli edifici pub­blici e degli spazi di uso pubblico alle norme del D.P.R. 27.4.1978, n. 384.

 

Titolo III

GESTIONE COORDINATA E INTEGRATA DEI SERVIZI SOCIO-ASSISTENZIALI E SANITARI

 

Art. 8

Soggetti istituzionali

Le funzioni di cui alla presente legge sono esercitate dai soggetti istituzionali previsti e di­sciplinati dalla legge regionale 21.1.1980, n. 3 e secondo l'organizzazione prevista dalla stessa e dalla legge regionale 22.5.80, n. 60.

A far data dall'entrata in vigore della presente legge, il complesso dei presidi, degli uffici e dei servizi sociali e sanitari assume la denominazione «Unità socio-sanitaria locale» (U.S.S.L.).

Detta denominazione verrà assunta nel seguito della presente legge per indicare i soggetti isti­tuzionali di cui al 1° comma.

 

Art. 9

Servizio socio-assistenziale

Le funzioni di cui alla presente legge sono or­ganizzate nel servizio socio-assistenziale attiva­to ai sensi dell'art. 3 della legge regionale 22.5. 1980, n. 60.

Il servizio socio-assistenziale in particolare provvede:

1) alla rilevazione e all'analisi conoscitiva dei bisogni e delle risorse del territorio, ai fini della programmazione del settore socio-assistenziale, anche in campo formativo, e della prevenzione dei bisogni assistenziali;

2) all'informazione, alla divulgazione e al dibat­tito delle tematiche sociali, con particolare rife­rimento alle cause e agli effetti dell'emarginazio­ne e del disadattamento e alla promozione di una diffusa coscienza sociale, volta a un loro supe­ramento;

3) a proporre la programmazione di settore, an­che in campo formativo, e a verificarne l'attuazio­ne, nell'ambito del coordinamento attuato nell'Uf­ficio di direzione dell'Unità socio-sanitaria locale;

4) alla prevenzione dei fattori di emarginazione e di disagio sociale, anche individuando le aree di rischio presenti nel territorio;

5) allo svolgimento delle attività socio-assi­stenziali, attuando i relativi interventi, erogando le relative prestazioni e gestendo le strutture re­sidenziali dipendenti, secondo l'organizzazione territoriale e funzionale prevista nel Piano socio­sanitario;

6) allo svolgimento delle attività delegate o subdelegate ai sensi della presente legge;

7) alla protezione e alla tutela della maternità e, dell'infanzia con particolare riferimento ai sog­getti portatori di handicaps, alla promozione dell'inserimento e reinserimento sociale dei giovani con problemi di disadattamento, degli adulti e de­gli anziani soggetti a rischi di emarginazione.

 

Art. 10

Ufficio di Direzione dell'Unità socio-sanitaria locale

Al fine di adeguare la struttura organizzativa delle Unità socio-sanitarie locali ai compiti e alle finalità di cui alla presente legge, il 1° comma dell'art. 25 della legge regionale 21.1.1980, n. 3 è modificato come segue: «Presso ogni Unità so­cio-sanitaria locale è previsto un Ufficio di dire­zione composto dai responsabili dei servizi am­ministrativi, sanitari e del servizio socio-assistenziale. Il coordinamento dell'Ufficio di direzione è assicurato da un coordinatore sanitario e uno am­ministrativo, individuati dal comitato di gestione dell'Unità socio-sanitaria locale con le modalità e i criteri previsti dalle norme delegate di cui al 3° comma dell'art. 47, della legge 23.12.1978, n. 833 e da un coordinatore dei servizi sociali».

Il responsabile del servizio socio-assistenziale è di diritto il coordinatore dei servizi sociali.

Il 3° comma dell'art. 29 della legge regionale 21.1.1980, n. 3 è abrogato.

 

Art. 11

Piano socio-sanitario regionale

La Regione determina la programmazione del settore socio-assistenziale mediante la predispo­sizione del Piano socio-sanitario triennale, arti­colato per progetti-obiettivo.

Nell'ambito di detto piano sono individuati, tra l'altro:

- gli obiettivi da perseguire;

- la metodologia d'intervento;

- gli standards di funzionalità ed organizzazio­ne dei servizi e delle strutture socio-assistenziali;

- gli indirizzi e le norme sulla formazione e l'aggiornamento degli operatori dei servizi;

- l'ammontare delle risorse finanziarie stan­ziate dalla Regione, nonché la loro distribuzione.

 

Art. 12

Programmi socio-sanitari zonali

Le Unità socio-sanitarie locali, in attuazione de­gli obiettivi del Piano socio-sanitario triennale della Regione e secondo i tempi e con le modalità da esso previsti, predispongono programmi zonali di attività e di spesa per la gestione dei servizi sani­tari e socio-assistenziali, sentiti i Comuni ai sen­si dell'art. 12 della legge regionale 21.1.1980, n. 3.

 

Art. 13

Competenze delle Province in materia socio-assistenziale

Le Province possono esercitare gli interventi di propria competenza nel campo dell'assistenza so­ciale attraverso le Unità socio-sanitarie locali e regolamentano i rapporti con le medesime me­diante apposite convenzioni.

Con le convenzioni sono disciplinati, fra l'altro, i rapporti patrimoniali e finanziari, nonché le mo­dalità d'impiego del personale provinciale con ri­ferimento alle attività sopraddette.

La Giunta Regionale, sentita la competente Commissione consiliare e le Province, provvede a predisporre al riguardo uno schema-tipo di con­venzione.

Nell'ambito dei piani regionali, la Provincia ap­prova il programma di localizzazione dei presidi assistenziali ed esprime il parere sulle eventuali modifiche degli ambiti territoriali di cui alla leg­ge regionale 9.7.1976, n. 41.

 

Art. 14

Volontariato

Le Unità socio-sanitarie locali possono stipula­re apposite convenzioni con organizzazioni ed as­sociazioni di volontariato liberamente costituite operanti nel campo socio-assistenziale, per il con­seguimento delle finalità di cui alla presente leg­ge e degli obiettivi individuati dai programmi so­cio-sanitari zonali.

Al personale volontario sono rimborsate, se richieste, le spese vive sostenute per l'esercizio delle attività prestate, purché preventivamente autorizzate e successivamente documentate, ed é garantita la copertura assicurativa.

Nel quadro dei piani di formazione degli ope­ratori sociali, le Unità socio-sanitarie locali so­stengono anche iniziative di formazione promos­se dalle organizzazioni e associazioni di volonta­riato.

 

Titolo IV

RIORDINO DEI SERVIZI SOCIO-ASSISTENZIALI

 

Art. 15

Oggetto del riordino

Nel quadro della materia definita dall'art. 22 del D.P.R. 24.7.1977, n. 16, il riordino di cui alla pre­sente legge concerne:

1) le funzioni già di competenza degli Enti locali in forza di disposizioni di legge precedenti al suddetto decreto;

2) le funzioni trasferite agli Enti locali dal D.P.R. 24.7.77, n. 616 e già svolte da:

a) EE.CC.AA.;

b) Uffici centrali e periferici dell'Amministra­zione statale;

c) Enti nazionali e interregionali di assistenza; d) Amministrazione regionale;

3) le funzioni delegate e subdelegate dalla Re­gione agli Enti locali;

4) ogni altra funzione assistenziale attribuita o trasferita agli Enti locali con legge dello Stato.

 

Art. 16

Destinatari dei servizi socio-assistenziali

I servizi, le prestazioni e gli interventi assisten­ziali, secondo le modalità previste dalla presente legge, sono rivolti ai cittadini residenti in Pie­monte.

Essi si estendono agli stranieri ed agli apolidi che risiedono in Regione, in possesso di permes­so di soggiorno, nonché ai cittadini, agli stranie­ri e agli apolidi che si trovino occasionalmente in Piemonte, in via d'urgenza, ed eventualmente per consentire il rientro nelle località di residenza.

Sono fatte salve le vigenti normative nazionali in materia di domicilio di soccorso.

 

Art. 17

Interventi socio-assistenziali

L'attività socio-assistenziale si svolge mediante:

a) interventi di sostegno del nucleo familiare e del singolo, in particolare sotto forma di:

- assistenza economica;

- assistenza domiciliare;

b) interventi di sostituzione del nucleo familia­re, ove quelli indicati al punto precedente risul­tino impraticabili o inefficaci, in particolare sotto forma di:

- affidamenti ed inserimenti presso famiglie, nuclei parafamiliari e persone singole;

- affidamenti a servizi residenziali tutelari.

Rientrano fra i precedenti anche gli interventi di cui all'articolo 23 del D.P.R. 24.7.1977, n. 616. L'attività socio-assistenziale comporta anche interventi, secondo le rispettive competenze, d'in­tesa con Enti ed organismi competenti in altri settori, in particolare nel settore scolastico, pre­videnziale, giudiziario e penitenziario.

 

Art. 18

Modalità e caratteristiche degli interventi

Gli interventi socio-assistenziali debbono dare garanzia di continuità; essere attuati quanto più è possibile nell'ambito del nucleo familiare, sti­molando le risorse e le potenzialità presenti nell'individuo e nel nucleo familiare stesso, nel nor­male ambiente di vita e con la partecipazione dell'avente diritto, nel rispetto della sua dignità e libertà, nonché delle sue personali convinzioni.

Deve essere garantita all'assistito la più am­pia informazione e la possibilità di scelta moti­vata nell'accesso ai servizi ed alle strutture, pur­che ciò sia tecnicamente possibile e non costitui­sca ingiustificato aggravio di oneri.

 

Art. 19

Assistenza economica

Gli interventi economici sono diretti ai singoli o ai nuclei familiari in condizioni economiche che non consentono il soddisfacimento dei bisogni fondamentali di vita, oppure in stato di bisogno straordinario, al fine di promuoverne l'autonomia.

Interventi economici possono essere fatti in sostituzione di altri tipi di interventi socio-assi­stenziali, valutati indispensabili.

Con propria delibera-quadro, secondo le indi­cazioni del Piano socio-sanitario regionale, ogni Unità socio-sanitaria locale provvede a definire parametri unitari di reddito e di bisogno cui com­misurare l'erogazione dell'assistenza economica, compresa quella di natura assistenziale già di competenza di Enti le cui funzioni sono state at­tribuite ai Comuni singoli o associati dal D.P.R. 24.7.1977, n. 616.

 

Art. 20

Assistenza domiciliare

Gli interventi di assistenza domiciliare sono di­retti a persone e a nuclei familiari che, per par­ticolari contingenze o per non completa autosuffi­cienza, non siano in grado, anche temporanea­mente, di garantire il soddisfacimento delle esi­genze personali e domestiche, con lo scopo di salvaguardare l'autonomia degli individui e la loro permanenza nel proprio nucleo familiare o nella propria residenza.

Gli orari, l'entità e la natura delle prestazioni devono essere adeguati alle esigenze personali. L'assistenza domiciliare consiste in prestazio­ni di aiuto, da parte di personale preparato ai sen­si della presente legge, per il governo della casa e per il soddisfacimento dei bisogni essenziali della persona e, ove necessario, per consentire l'accesso ai servizi territoriali.

Possono inoltre essere previsti interventi di as­sistenza domiciliare con valenze educative, per il supporto o la sostituzione temporanea del nu­cleo familiare di minori.

La Regione e gli Enti locali favoriscono, nel­l'ambito delle norme vigenti, la possibilità di im­piego a tempo parziale del congiunto che si occu­pa dell'assistenza, nell'ambito familiare, di sog­getti totalmente o parzialmente non autosuffi­cienti.

 

Art. 21

Affidamenti ed inserimenti presso famiglie, nuclei parafamiliari e persone singole

Gli affidamenti ed inserimenti sono volti a for­nire una adeguata sistemazione presso famiglie, nuclei parafamiliari o persone singole ai soggetti non in grado di provvedere a se stessi e privi di ambiente familiare, o in situazione di famiglia pregiudizievole o insufficiente allo sviluppo della loro personalità.

Gli interventi sono attuati mantenendo il sog­getto nel suo ambiente sociale, salvo che ciò sia pregiudizievole al soggetto stesso ed hanno carattere di temporaneità.

Nel caso di minori e di incapaci, gli affidamen­ti sono disposti o su proposta dei servizi socio­assistenziali con il consenso di chi esercita la potestà genitoriale o la tutela o la curatela sul soggetto, ovvero in attuazione di un provvedi­mento dell'autorità giudiziaria.

Gli affidamenti sono volti inoltre al reinseri­mento sociale di soggetti già ricoverati in strut­ture assistenziali, per i quali sia idoneo tale in­tervento.

Al nucleo o alla persona che riceve un sogget­to in affidamento od in inserimento vengono ga­rantiti tutti i necessari interventi di sostegno so­ciale e finanziario.

Al fine di verificare il buon andamento dell'affi­damento, sono attuati controlli ricorrenti.

 

Art. 22

Servizi residenziali tutelari

I servizi residenziali tutelari sono la comunità alloggio e la casa protetta.

La comunità alloggio è destinata ad ospitare un ristretto numero di soggetti autosufficienti o parzialmente non autosufficienti, che per parti­colari motivi non possono vivere autonomamente o presso loro familiari o essere affidati a famiglie o gruppi parafamiliari o persone singole.

Le comunità alloggio possono essere inserite in normali strutture abitative oppure, in un nume­ro massimo di quattro e organizzate in modo da rispettare la privacy individuale, in strutture in cui vi siano servizi rivolti a tutta la popolazione, quali mense, luoghi di incontro e di socializzazione.

La casa protetta è destinata ad ospitare sogget­ti non autosufficienti che necessitano di assisten­za continuativa.

L'inserimento in comunità alloggio o in case protette deve essere limitato al tempo per cui perdura l'impossibilità di effettuare interventi presso il domicilio del soggetto, ed essere effet­tuato con il consenso del soggetto stesso, quan­do in grado di esprimere la propria volontà o con il consenso di chi esercita su di esso la potestà genitoriale o la tutela o la curatela, ovvero in at­tuazione di un provvedimento dell'autorità giu­diziaria.

Fino al completamento del sistema di servizi di cui alla presente legge, gli Enti locali possono effettuare interventi di ricovero negli istituti pub­blici e privati già esistenti sul territorio, anche mediante convenzioni con enti ed organismi, privi di scopo di lucro, che diano garanzie di funziona­lità nel quadro degli indirizzi e degli orientamen­ti indicati dal Piano socio-sanitario regionale.

I requisiti funzionali e strutturali per l'accesso alle convenzioni di cui al comma precedente so­no stabiliti con la deliberazione del Consiglio re­gionale di cui al successivo articolo 23.

È garantita la possibilità di assistenza religio­sa agli utenti delle case protette o, comunque, alle persone non autosufficienti ricoverate negli attuali istituti.

 

Art. 23

Autorizzazione al funzionamento di servizi residenziali tutelari

A decorrere dalla data di approvazione della deliberazione di cui al 2° comma del presente ar­ticolo, chiunque intenda aprire o trasformare un servizio residenziale tutelare deve essere in pos­sesso dell'autorizzazione regionale al funziona­mento.

Il Consiglio regionale, con apposita deliberazio­ne, stabilisce i criteri, i requisiti funzionali e strutturali, nonché le procedure per il rilascio, la sospensione e la revoca delle autorizzazioni, in base agli indirizzi del Piano socio-sanitario regio­nale. La permanenza delle condizioni e dei requi­siti che hanno dato luogo al rilascio dell'autoriz­zazione è verificata mediante l'attività di vigi­lanza.

 

Art. 24

Autorizzazione al funzionamento dei servizi residenziali funzionanti

I servizi residenziali funzionanti già sottoposti all'obbligo del rilascio dell'autorizzazione al fun­zionamento e quelli per i quali tale obbligo non era previsto, sono tenuti ad adeguarsi ai criteri e ai requisiti stabiliti nella deliberazione di cui al 2° comma del precedente articolo 23, secondo le modalità e i tempi nella stessa previsti.

A tal fine i gestori sono tenuti a richiedere l'au­torizzazione al funzionamento. Il mancato adegua­mento con le modalità e nel tempo suddetti com­porta la revoca della precedente autorizzazione, se posseduta, ovvero, negli altri casi, la chiusura.

 

Titolo V

DELEGA E SUBDELEGA DI FUNZIONI AMMINISTRATIVE REGIONALI IN MATERIA SOCIO-ASSISTENZIALE

 

Art. 25

Delega di funzioni amministrative regionali

Sono delegate ai Comuni perché le esercitino tramite le Unità socio-sanitarie locali, le seguen­ti funzioni amministrative:

a) la vigilanza ed il controllo sugli organi delle Istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza nei limiti di cui alla legislazione statale vigente e che non siano attribuiti, a norma dell'art. 1, penultimo ed ultimo comma del D.P.R. 15.1.1972, n. 9, al Comitato regionale di controllo previsto dall'art. 130 della Costituzione.

Restano di competenza della Regione le fun­zioni relative alla sospensione ed allo sciogli­mento dei Consigli di amministrazione e la nomi­na del Commissario straordinario;

b) la nomina dei membri dei Consigli di ammi­nistrazione delle suddette istituzioni, quando que­sta sia di competenza regionale;

c) il coordinamento delle varie forme di assi­stenza e beneficenza nel proprio ambito territoria­le, esclusa la federazione tra le istituzioni;

d) la dichiarazione di decadenza dei membri dei Consigli di amministrazione delle suddette istitu­zioni in tutti i casi di incompatibilità previsti dal­la legge;

e) il rilascio e la revoca dell'autorizzazione al funzionamento dei servizi residenziali per minori, adulti e anziani di cui agli artt. 23 e 24 della pre­sente legge;

f) la vigilanza sui servizi residenziali per mino­ri, adulti e anziani e la promozione, ove occorra, del provvedimento di chiusura, ai sensi dell'art. 2 della legge 17.7.1890, n. 6972;

g) il rilascio e la revoca dell'autorizzazione al funzionamento e la vigilanza sugli asili-nido pri­vati e sui servizi di vacanza per minori, nell'am­bito della normativa statale e regionale relativa alla protezione della maternità e dell'infanzia.

Le funzioni di cui ai precedenti punti a), b), c), d) sono esercitate dalle Unità socio-sanitarie lo­cali nel cui territorio le istituzioni hanno la sede legale; quelle di cui ai punti e), f), g) sono eser­citate dalle Unità socio-sanitarie locali nel cui territorio i servizi hanno sede fisica.

Nel caso in cui la sede legale di una istituzione e le relative strutture destinate all'erogazione dei servizi siano ubicate in ambiti territoriali di­versi, le Unità socio-sanitarie locali, per l'esercizio delle funzioni di cui al presente articolo, do­vranno istituire gli opportuni raccordi tra loro.

È delegata altresì ai Comuni, che la esercitano tramite le Unità socio-sanitarie locali, la vigilanza sull'applicazione delle disposizioni legislative e regolamentari in vigore per la protezione della maternità e dell'infanzia.

 

Art. 26

Delega delle funzioni amministrative regionali in materia di formazione professionale

Sono delegate ai Comuni, che le esercitano tra­mite le Unità socio-sanitarie locali, le funzioni amministrative regionali relative all'organizzazio­ne e gestione degli interventi di formazione di base, aggiornamento e formazione permanente del personale dei servizi disciplinati dalla pre­sente legge, nell'ambito degli indirizzi definiti dal Piano socio-sanitario regionale.

Gli interventi devono fornire una preparazione professionale che, tenendo conto delle peculiari­tà del settore socio-assistenziale, miri alla realiz­zazione degli obiettivi della presente legge.

Per esercitare le funzioni loro delegate ai sen­si del 1° comma del presente articolo, le Unità socio-sanitarie locali si avvalgono dei propri ser­vizi ed uffici, o dei servizi e delle attività di enti pubblici e privati, per il tramite di convenzioni.

La Regione può realizzare direttamente, anche in collaborazione con l'Università, altri enti ed istituti specializzati, specifiche iniziative riguar­danti l'intero territorio regionale, nonché attività di ricerca, progettazione, sperimentazione di nuo­ve proposte formative e di innovazioni didattiche.

 

Art. 27

Subdelega di funzioni amministrative regionali

Le funzioni di controllo pubblico, previste dagli articoli 23 e 25 del codice civile, sull'amministra­zione delle persone giuridiche private disciplina­te dall'art. 12 del codice civile, operanti nelle materie di cui all'art. 22 del D.P.R. 24.7.1977, n. 616 e le cui finalità si esauriscono nell'ambito della Regione, sono subdelegate ai Comuni nel cui territorio hanno sede legale, perché le eser­citino tramite le Unità socio-sanitarie locali.

Restano alla competenza della Regione le fun­zioni relative allo scioglimento dei Consigli di amministrazione e la nomina del Commissario straordinario.

 

Art. 28

Esercizio delle funzioni proprie delegate e subdelegate e delle funzioni riservate

La Regione impartisce direttive per l'esercizio delle funzioni proprie delegate e subdelegate, as­sicurando finanziamenti adeguati. Qualora le Uni­tà socio-sanitarie locali non esercitino tali fun­zioni, la Giunta regionale dopo averle sentite e previa assegnazione di un congruo termine per provvedere, si sostituisce ad esse nelle attività non adempiute.

La Regione esercita le funzioni concernenti le IPAB e le persone giuridiche private, non dele­gate o subdelegate ai sensi dei precedenti arti­coli, sentito anche il parere, da emettere entro il termine che sarà prefissato, della Unità socio­sanitaria locale della zona in cui l'ente ha la sede legale.

Per l'esercizio delle funzioni riservate, la Re­gione potrà avvalersi degli uffici delle Unità so­cio sanitarie locali.

 

Titolo VI

PERSONALE E BENI DESTINATI AI SERVIZI SOCIO-ASSISTENZIALI

 

Art. 29

Attribuzione dei beni delle IPAB interregionali e degli Enti nazionali operanti in materia socio-assistenziale

I beni mobili ed immobili delle IPAB interregio­nali e degli Enti nazionali operanti in materia as­sistenziale trasferiti alla Regione ai sensi dell'art. 117 del D.P.R. 24.7.77, n. 616, sono, con prov­vedimento della Giunta regionale, attribuiti in proprietà ai Comuni in cui gli stessi sono ubicati.

Il patrimonio mobiliare ed immobiliare attribui­to ai Comuni ai sensi del presente articolo con­serva la destinazione a servizi socio-assistenziali anche in caso di trasformazione patrimoniale. Eventuali deroghe al vincolo di destinazione pos­sono essere eccezionalmente autorizzate dalla Giunta regionale, sentita la competente Commis­sione consiliare, sulla base di motivate proposte delle Unità socio-sanitarie locali, qualora si siano comunque soddisfatte le esigenze di strutture so­cio-assistenziali della zona in cui hanno sede.

 

Art. 30

Personale e beni dei Comuni destinati ai servizi socio-assistenziali

Entro novanta giorni dall'entrata in vigore del­la presente legge, qualora non abbiano già prov­veduto, i Comuni compresi negli ambiti territo­riali nei quali sia costituita l'associazione dei Co­muni o nei quali la gestione competa alla Comu­nità montana, nonché il Comune di Torino, prov­vedono a mettere a disposizione funzionale delle Unità socio-sanitarie locali, mediante idoneo prov­vedimento formale, il personale già destinato di­rettamente o indirettamente ai servizi socio-as­sistenziali.

Entro i termini di cui al precedente comma provvedono altresì a mettere a disposizione delle Unità socio-sanitarie locali, in uso gratuito, i beni mobili e immobili già destinati ai servizi socio­assistenziali, compresi quelli di cui al precedente art. 29.

All'individuazione del personale e dei beni prov­vede il Comune interessato, d'intesa con l'Asso­ciazione dei Comuni o con la Comunità montana cui compete la gestione dei servizi.

In caso di mancato accordo decide la Giunta regionale, su richiesta del Comune, dell'Associa­zione o della Comunità montana.

 

Art. 31

Utilizzo dei beni destinati ai servizi socio-assistenziali

Il patrimonio mobiliare e immobiliare di cui all'articolo precedente conserva la destinazione a servizi socio-assistenziali, anche in caso di tra­sformazione patrimoniale.

Al vincolo di cui al 1° comma si può derogare nei casi e nei modi previsti dall'art. 29 della pre­sente legge.

L'uso dei beni immobili destinati ai servizi socio-assistenziali é definito nell'ambito del pro­gramma zonale socio-sanitario.

Alle alienazioni dei beni immobili destinati all'erogazione di servizi può provvedersi qualora si siano soddisfatte le esigenze di strutture socio­assistenziali della zona in cui i beni sono collo­cati, o quando i beni siano inidonei all'erogazio­ne di servizi necessari. In tale ultimo caso il ri­cavato dovrà essere reinvestito per la loro costi­tuzione.

 

Titolo VII

FINANZIAMENTO DEI SERVIZI SOCIO-ASSISTENZIALI

 

Art. 32

Modalità di finanziamento

Il finanziamento dei servizi socio-assistenziali svolti dall'Unità socio-sanitaria locale è assicu­rato:

a) dai Comuni compresi nell'ambito territoria­le dell'Unità socio-sanitaria locale;

b) dalla Regione, mediante la ripartizione del fondo regionale per la gestione dei servizi socio­assistenziali di cui al successivo articolo 34 e dei fondi previsti da leggi specifiche;

c) dalla Regione, mediante il riparto della quo­ta-parte del fondo sanitario regionale, il cui uso sia eventualmente consentito da normative na­zionali per attività sociali a rilievo sanitario;

d) dalle Province, nei termini definiti nelle con­venzioni di cui al precedente articolo 13.

 

Art. 33

Finanziamento a carico dei Comuni

I Comuni provvedono annualmente a stanziare nel proprio bilancio il contributo all'Unità socio­sanitaria locale per la gestione dei servizi socio­assistenziali, nell'ammontare definito dall'assem­blea generale delle Unità socio-sanitarie locali nell'ambito del programma zonale di attività e di spesa, sentiti i Comuni a norma dell'articolo 12 della legge regionale 21.1.1980, n. 3, mirante ad assicurare una loro perequata partecipazione finanziaria e un progressivo riequilibrio del livello dei servizi.

 

Art. 34

Fondo per la gestione dei servizi socio-assistenziali

La Regione, per il conseguimento delle finali­tà di cui alla presente legge, istituisce nel bilan­cio regionale un fondo, denominato « Fondo per la gestione dei servizi socio-assistenziali », distinto in due capitoli di spesa, di cui uno riferito alle as­segnazioni statale ed uno alle risorse regionali. Tale fondo è determinato sulla base:

a) delle entrate degli Enti nazionali operanti in materia assistenziale, attribuite alla Regione Piemonte ai sensi dell'art. 120 del D.P.R. 24.7.1977, n. 616, e dell'art. 1 sexies della legge 21-10-1978, n. 641;

b) delle somme assegnate alla Regione Piemonte ai sensi delle leggi 29.7.1975, n. 405 e 22.5. 1978, n. 194;

c) delle somme assegnate alla Regione Piemonte ai sensi della legge 22.12.1975, n. 685;

d) degli stanziamenti previsti per il finanzia­mento relativo all'esercizio da parte dei Comuni delle funzioni socio-assistenziali loro attribuite dal D.P.R. 24.7.1977, n. 616, già di competenza re­gionale, aumentati delle percentuali di incremen­to del fondo comune regionale;

e) delle eventuali altre assegnazioni statali vincolate a interventi socio-assistenziali;

f) delle risorse integrative regionali da deter­minarsi in sede di approvazione del bilancio an­nuale di previsione.

 

Art. 35

Ripartizione del fondo per la gestione dei servizi socio-assistenziali

Il fondo per la gestione dei servizi socio-assi­stenziali viene annualmente ripartito tra le Unità socio-sanitarie locali in base alle indicazioni del Piano socio-sanitario, con deliberazione del Con­siglio regionale, su proposta della Giunta regio­nale, tenuto conto della popolazione residente secondo i dati I.S.T.A.T. dell'ultimo anno disponi­bile, delle caratteristiche del territorio e delle esigenze di riequilibrio nella distribuzione delle risorse, nonché delle eventuali finalizzazioni pre­viste dalle leggi di assegnazione.

La determinazione della quota spettante a cia­scuna Unità socio-sanitaria locale verrà effettua­ta tenendo anche conto dell'attuazione del pro­gramma socio-sanitario zonale nel corso dell'an­no precedente.

 

Titolo VIII

DISPOSIZIONI TRANSITORIE E FINALI

 

Art. 36

Prestazioni erogabili dai singoli Comuni

In deroga al disposto del precedente articolo 8, le assemblee delle Unità socio-sanitarie locali possono individuare, mediante atto deliberativo e in accordo con i Comuni interessati, quali presta­zioni siano erogate dai Comuni singoli sino alla scadenza del Piano socio-sanitario regionale per il triennio 1982-1984.

Tali prestazioni sono individuabili, nell'ambito dei servizi socio-assistenziali funzionanti al mo­mento dell'approvazione della presente legge, tra le seguenti:

- assistenza economica;

- assistenza domiciliare;

- gestione delle strutture residenziali tute­lari con bacino di utenza comunale.

Fino alla suddetta data, i Comuni non provve­dono alla messa a disposizione delle Unità socio­sanitarie locali del personale, dei beni e dei finan­ziamenti necessari per provvedere all'erogazione delle prestazioni individuate come sopra.

 

Art. 37

Convenzioni con le Comunità montane

Al fine di garantire il mantenimento del livello dei servizi attualmente esistenti, fino alla sca­denza del Piano socio-sanitario regionale per il triennio 1982-1984, le Unità socio-sanitarie locali possono stipulare convenzioni con le Comunità montane, con cui sono disciplinati, fra l'altro, i rapporti patrimoniali e finanziari, nonché le mo­dalità d'impiego del personale delle Comunità montane stesse, nell'ambito della programmazio­ne, del coordinamento e delle direttive delle Uni­tà socio-sanitarie locali.

Le convenzioni di cui al comma precedente de­vono prevedere il concorso delle Comunità mon­tane al finanziamento dei suddetti servizi. La Giunta regionale, acquisito il parere dell'UNCEM e sentita la competente Commissione consiliare, provvede a predisporre al riguardo uno schema­tipo di convenzione.

 

Art. 38

Contributi finanziari comunali per l'anno 1982

Per l'esercizio finanziario 1982 i Comuni prov­vedono allo stanziamento del contributo di cui al precedente articolo 33, qualora non abbiano già provveduto, entro 90 giorni dall'entrata in vigo­re della presente legge, con le seguenti modalità transitorie:

- il contributo deve essere pari alla spesa per lo svolgimento delle attività socio-assistenziali stanziata nel bilancio di previsione per l'anno 1982, tenendo conto dell'effettivo periodo di ge­stione associata e con esclusione della spesa de­stinata ai servizi la cui erogazione resti tempora­neamente affidata ai singoli Comuni, ai sensi del precedente articolo 36;

- restano fermi i contributi eventualmente già disposti in misura superiore dai singoli Comuni. L'assemblea dell'Unità socio-sanitaria locale può proporre ai Comuni la revisione della quota di finanziamento per l'anno 1982, al fine di assicu­rare un adeguato livello dei servizi.

 

Art. 39

Abrogazione di norme precedenti

Sono abrogate le seguenti leggi:

- Legge regionale 4.5.1976, n. 19 (Interventi per la promozione dell'assistenza domiciliare agli anziani, agli inabili ed ai minori, nonché per il fun­zionamento dei centri di incontro);

- Legge regionale 8.8.1977, n. 39 (Riorganiz­zazione e gestione dei servizi sanitari e socio­-assistenziali).

 

Art. 40

Disposizioni contabili

Il fondo costituito ai sensi del precedente arti­colo 34 è istituito a partire dall'esercizio finanzia­rio 1983.

I due capitoli di spesa previsti nello stesso ar­ticolo sono rispettivamente denominati:

«Fondo per la gestione dei servizi socio-assi­stenziali: assegnazioni statali vincolate ad inter­venti socio-assistenziali»;

«Fondo per la gestione dei servizi socio-assi­stenziali: risorse regionali».

 

 

 

(1) Finora sono cinque le Regioni che hanno provveduto ad emanare leggi di riordino dei servizi socio-assistenziali: Toscana, Basilicata, Umbria, Friuli-Venezia Giulia e Pie­monte.

(2) Legge 23 agosto 1982 n. 20 «Indirizzi e normative per il riordino dei servizi socio-assistenziali della Regione Piemonte».

 

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