Prospettive assistenziali, n. 60, ottobre - dicembre 1982

 

 

INDAGINE SULL'ISTITUTO PROVINCIALE PER L'ASSISTENZA ALL'INFANZIA DI MILANO

 

 

Il 13.1.1982 l'assessorato ai servizi sociali e l'assessorato al personale dell'Amministrazione provinciale di Milano presentano un «Progetto di massima relativo al decentramento ed alla ri­strutturazione dell'IPPAI (Istituto provinciale per l'assistenza all'infanzia»). Il 23.2.1982 la Giunta provinciale nomina una Commissione conoscitiva sulla situazione igienico-sanitaria di un reparto dell'IPPAI di Milano.

La Commissione presenta la relazione, che qui pubblichiamo, nel luglio 1982. Il 19.7.1982 l'Ammi­nistrazione provinciale e le Organizzazioni sinda­cali CGIL-CISL-UIL siglano un protocollo d'intesa sulla ristrutturazione IPPAI, protocollo che con­ferma le proposte di ristrutturazione contenute nel Progetto di massima e fissa i dettagli delle nuove tabelle organiche, i criteri per la mobilità, le norme per l'informazione e la partecipazione del personale e gli impegni per la sua qualificazio­ne e per l'aggiornamento.

Abbiamo esaminato il progetto di ristruttura­zione e dobbiamo rilevare che esso risponde in modo molto limitato alle carenze evidenziate dal­la relazione della Commissione conoscitiva; il progetto propone infatti soltanto una razionaliz­zazione, tra l'altro parziale, dell'esistente, tra­sferendo alcuni servizi dalla sede di viale Piceno (quella giudicata inadeguata dalla Commissione) alla sede di via Pusiano, composta di edifici più moderni e organizzata sulla base di criteri psico­pedagogici anziché sanitario-ospedalieri.

Incomprensibile poi, alla luce del giudizio espresso dalla Commissione, è la decisione di continuare a ospitare nelle inadeguate strutture di viale Piceno (di cui non si prevede una ristrut­turazione) il servizio convittuale, semiconvittuale e di pronto intervento per minori provenienti da ben 11 zone del decentramento comunale (un'area territoriale corrispondente a più di metà città).

Ma c'è di più: il progetto di ristrutturazione dell'IPPAI di Milano ignora completamente la ri­forma dei servizi socio-assistenziali in atto nel Paese e non si innesta pertanto in una linea di reale cambiamento.

Per l'avvio di un corretto processo riformatore ci sembra necessario:

1) in attuazione della filosofia che sottende il DPR 616, stipulare una convenzione tra IPPAI e Comune di Milano che preveda che tutta l'assi­stenza ai minori venga gestita dal Comune tra­mite i servizi di zona e la Provincia continui ad erogare il relativo finanziamento, come è già sta­to da tempo concordato con gli altri Comuni della Provincia di Milano;

2) mettere a disposizione del Comune di Milano strutture e personale dell'IPPAI (non soltanto le assistenti sociali!) programmando una loro orga­nica integrazione nel contesto dei servizi socio­assistenziali gestiti dal Comune;

3) promuovere soluzioni che realizzino il decen­tramento zonale dei servizi, favorendo la costitu­zione di poli di servizi plurifunzionali di zona che consentano risposte non emarginanti (comunità alloggio di zona per minori e adulti, affidi educa­tivi, ecc.);

4) destinare a questi servizi alternativi il va­lore immobiliare corrispondente alle aree e agli edifici IPPAI che non fosse opportuno o possibile riciclare nell'ambito dei servizi comunali ristrut­turati;

5) assicurare la massima partecipazione degli operatori, delle organizzazioni sindacali, delle istanze di base a tutte le fasi di programmazione e attuazione del progetto riformatore.

 

 

RELAZIONE DELLA COMMISSIONE (1)

 

Premesse

 

In data 18 marzo 1982 venne comunicato agli scriventi che la Giunta provinciale di Milano li aveva nominati componenti della Commissione conoscitiva di cui al titolo .

Accettato il compito, gli scriventi si sono in­contrati una prima volta presso la sede dell'Am­ministrazione provinciale di via Vivaio, in presen­za dell'Assessore Boioli e del Dr. Pandini, il 30.3.1982. Un secondo incontro si è svolto il 26.4.1982 presso la sede dell'IPPAI con audizione del Di­rettore Dr. Polinelli e sopralluogo nel reparto. Un terzo incontro ha avuto luogo il 3.5.1982 pres­so la sede di via Vivaio, con audizione di un grup­po di assistenti sociali della Provincia (Miglioli, Magni, Gallina, Muretto, Coppi, Cassartelli).

Due incontri ha avuto il Prof. Cesa Bianchi presso l'istituto di Psicologia con la psicologa Vergani (12.5.1982) ed in via Vivaio con la vice direttrice dell'IPPAI D.ssa Belingardi (13.5.1982).

Infine, il presente rapporto è stato steso dagli scriventi in due incontri (17.6.1982 e 6.7.1982) presso l'istituto di Clinica Pediatrica li.

Costantemente presente il Dr. Pandini della Provincia, che gli scriventi ringraziano per il pre­zioso ausilio informativo.

La relazione si divide, dopo le premesse, in tre parti ed una conclusione.

 

Aspetti igienico-sanitari

 

Il sopralluogo della Commissione conoscitiva nei locali dell'IPPAI è stato effettuato nella tarda mattinata del 26 aprile 1982.

La Commissione ha potuto liberamente accede­re ai reparti, osservando ambienti, strutture, ar­redi ed interrogando il personale presente.

La tipologia edilizia è apparsa decisamente su­perata, tipica degli ospedali a padiglioni e degli istituti di ricovero per minori abbandonati in voga negli anni '20-'30: corridoi amplissimi su cui si aprono direttamente i locali, soffitti d'altezza mo­numentale, larghissima disponibilità di spazio. Disponibilità che è resa ancor più ampia dalla caduta del numero dei soggetti attualmente ospi­tati rispetto a quello per cui la struttura era stata prevista.

L'illuminazione naturale, verificata a scuri sol­levati nel mezzo di una giornata tardo-primave­rile, anche se non misurata con gli appositi stru­menti, appare adeguata per locali di soggiorno per bambini, ma i locali visitati erano tutti illu­minati artificialmente perché gli scuri erano nella grande maggioranza tenuti chiusi. Il clima mite della stagione non ha permesso di valutare l'ade­guatezza dell'impianto di riscaldamento né quel­la della ventilazione naturale esistente (non esi­ste ventilazione artificiale né condizionamento d'aria).

L'arredo è di tipo ospedaliero, anche se com­pletato di oggetti per lo svago dei bambini, di tipo metallico con qualche concessione al legno natu­rale o laccato: gli arredi appaiono scompagnati, appartenenti a forniture diverse «incrostatesi» nella lunga serie di anni. Nessuna cura nell'acco­stamento dei colori e nei particolari dell'arreda­mento. I bambini stavano per gran parte a letto (anche se, ad onor del vero, era l'ora di un pos­sibile riposo post-prandiale).

Locali per l'eventuale assistenza medica, cuci­ne di reparto, tutti in condizioni dignitose, ben­ché irrimediabilmente demodés. Così pure le toi­lettes, in numero largamente sufficiente.

Anche gli oggetti e gli strumenti utilizzati per l'assistenza ai bambini, per la loro alimentazione ed il generale accudimento, appaiono in ordine e numericamente sufficienti.

La pulizia, ad un'osservazione pignola, appare di qualità normale, senza grave pecche visibili, e ciò per quanto concerne pavimenti, pareti, infissi, arredi, biancheria. Essa è garantita da un abbon­dante personale, mentre gli strumenti utilizzati per raggiungerla sono di tipo convenzionale, sor­di alle innovazioni portate in questi ultimi ven­t'anni dalle tecniche industriali di pulizia azien­dale e di comunità («sanitation»).

I bambini appaiono puliti, inodori, vestiti con capi senza segni di sostanziale sporcizia. Non si è osservata traccia di quelle situazioni descrit­te, ad esempio, al paragrafo 4 del verbale dell'incontro Assessore Boioli - Assistenti sociali del 10.2.1982. Anche il personale di assistenza appare in condizioni di pulizia del corpo e dell'abbigliamento.

La Commissione non può escludere, circa quan­to descritto sopra, che si sia provveduto in vista del previsto sopralluogo: ma la ormai ampia espe­rienza di ciascuno dei componenti non fa ritenere probabile che sia avvenuto un improvvisato ma­quillage della situazione in loro onore.

Da tutta la situazione igienico-sanitaria osser­vata emerge però la sensazione di un'assistenza e di una gestione di tipo rituale, non convinto, medicalizzante, intese ad utilizzare la struttura per un ricovero di tipo ospedaliero dei bambini, e non per una ospitalità a piccoli sostanzialmente sani.

La Commissione è venuta poi a conoscenza di un episodio micro-epidemico di salmonella che ha avuto luogo nell'Istituto tra il gennaio ed il febbraio del corrente anno, durante il quale al­meno 5 bambini, dopo un primo ricovero presso l'IOPM, sono stati accolti in numero di quattro presso l'Ospedale Niguarda-Ca' Granda, e pre­cisamente F.R., M.A., B.S., V.T. ed uno presso l'Ospedale di Melegnano, P.F., nei giorni com­presi tra il 22.1 ed il 16.2.1982, per sintomatolo­gia includente febbre, vomito, alvo diarroico con feci liquide miste a sangue.

Dalle feci dei quattro ricoverati a Niguarda ven­ne isolata una salmonella che, confermata poi dal Centro enterobatteri patogeni dell'Italia Set­tentrionale presso l'istituto di igiene dell'Univer­sità, fu identificata come S.wien (1,4,12,27:b:l,w); dal quinto una salmonella di gruppo B che, per errore, non fu inviata al suddetto Centro per la tipizzazione. In ogni caso la diagnosi sommaria localmente avanzata di salmonella di gruppo B è compatibile con S.wien.

Parrebbe che un ulteriore soggetto, portatore, sia stato identificato a cura dell'Ufficio di igiene del Comune di Milano e del Laboratorio provin­ciale di igiene e profilassi.

La S.wien, che fu la più frequente anche nel Nord Italia alla metà degli anni' 70, oggi è ridotta a scarsissimi casi (23 per tutto il 1980). È comune agente di episodi nosocomiali, essendo tipico di essa e di poche altre il contagio per via interu­mana.

L'evento di un episodio epidemico da S.wien, probabilmente riferibile a trasmissione per via delle mani del personale di assistenza, è tipico delle comunità infantili, e depone per una qualità non eccelsa dell'igiene del lavoro da parte del personale. Ma, come insegna l'esperienza anche milanese degli anni passati, può colpire istituzio­ni di livello «normale», almeno per i tempi pre­senti.

 

L'assistenza sanitaria ed il controllo pediatrico

 

L'analisi complessiva delle cartelle cliniche pervenute agli scriventi, permette loro di affer­mare che esse vengono adeguatamente compilate nelle parti riguardanti l'anamnesi familiare, per­sonale e l'esame obiettivo dell'ingresso. Que­st'ultimo è, talora, completato da una valutazione dello sviluppo psico-motorio, eseguita da uno spe­cialista.

Vengono, poi, riportati con sufficiente accura­tezza, l'accrescimento ponderale giornaliero, il tipo di dieta, l'eventuale patologia intercorrente e la conseguente terapia instaurata.

A proposito della patologia intercorrente più frequente durante la degenza, si possono segna­lare episodi infettivi a carico delle vie aeree su­periori e brevi episodi di diarrea.

Se passiamo, poi, a considerare più nei detta­gli alcuni degli aspetti menzionati, circa l'alimen­tazione ci sembra di poter affermare che essa è sovente inadeguata sia qualitativamente che quantitativamente.

È facile, infatti, il riscontro di bambini che, nei primi mesi di vita, vengono alimentati con un latte intero acidificato a concentrazioni calorica­mente inadeguate (8% = 37 Cal/100 nc; 10% = 46 Cal/100 nc). L'uso stesso di tale formula può essere posto in discussione, in quanto ormai su­perata da latti a «formula adattata», che meglio riproducono le caratteristiche del latte materno. Non chiare risultano, inoltre, essere le motiva­zioni per il suo uso a così basse concentrazioni; sovente, a sostegno di ciò, sono chiamati in cau­sa disturbi dell'alvo, definito «dispeptico».

Circa lo svezzamento si può affermare che non giustificata risulta essere l'introduzione di una «pappa dolce», definita in cartella «alimento VI» in quanto nulla aggiunge alla alimentazione a base di latte, già in corso. Analogamente l'ap­porto vitaminico è sovente incongruo: non sono, infatti, citati, se non raramente preparati polivi­taminici, nella cui composizione sia incluso un adeguato apporto di vitamina D, mentre frequente è l'uso di vitamina C come tale.

Se torniamo a considerare il problema delle infezioni intercorrenti, prevalenti a carico delle vie aeree superiori, e delle enteriti recidivanti, é evidente la loro frequenza. La non gravità di detti episodi, come almeno risulta dall'analisi del­le cartelle, rende, comunque, poco giustificato il trattamento antibiotico, condotto anche con far­maci di un certo impegno (aminoglicosidici).

È noto, infatti, come tali patologie siano fre­quentemente sostenute da virus, nei confronti dei quali l'antibioticoterapia risulta inefficace.

Se, d'altro canto, un tale trattamento può tro­vare una giustificazione per le infezioni respira­torie, qualora si supponga una etiologia batterica, nessuna motivazione nel suo impiego sussiste nel caso di enteriti, seppur recidivanti, là dove ripetute coproculture non abbiano evidenziato microrganismi patogeni (Salmonelle, Shigellae, Campylobacter, E.coli, ecc.).

Da ultimo, la crescita somatica si può definire per tutti i soggetti ai limiti inferiori della norma, anche se una valutazione della medesima risulta incompleta, dal momento che non vengono quasi mai riportati in cartella l'altezza e la misura della circonferenza cranica.

Se si esclude un caso di sindrome di Down, è comunque difficile poter affermare quanto il di­fetto di accrescimento sia dovuto ad una alimen­tazione per alcuni aspetti inadeguata, o a infe­zioni recidivanti.

È infatti ben noto come lo sviluppo somatico del bambino possa essere influenzato dalle con­dizioni psicosociali in cui si trova a vivere.

 

Aspetti psicologici

 

Un primo dato, che è doveroso sottolineare, si riferisce alle caratteristiche fisiche negli ambien­ti in cui «neonati e lattanti» sono ospitati: si tratta di locali illuminati artificialmente presso­ché in continuità, squallidi, certamente asettici ma tali da presentarsi come reparti ospedalieri di qualche decennio addietro e non come ambien­ti destinati a bambini dei giorni nostri. Viene da domandarsi se, pur nell'ambito di un edificio ve­tusto e non funzionale come quello che ospita l'IPPAI, non fosse possibile destinare al «repar­to balieria» una sede più gradevole e stimolante in senso psicologico. Le conseguenze della per­manenza durante la prima infanzia in ambienti così scarsamente motivanti sono oggi note, e perciò doverosamente evitabili: le ricerche pro­lungate condotte in questi ultimi decenni hanno infatti dimostrato come nei primi mesi di vita il bambino non sia l'organismo passivo e prevalen­temente inerte che in passato veniva descritto, ma, al contrario, un essere attivo in grado di uti­lizzare per la sua formazione gli stimoli che l'am­biente gli fornisce.

Un secondo dato, in parte ricollegabile al pri­mo, riguarda il carattere dato all'arredamento dei locali e alla suddivisione degli spazi, natural­mente sovrabbondanti data la forte riduzione nel numero dei bambini ospitati: anche sotto questi aspetti il reparto risulta impostato in termini ospedalieri e non offre quelle soluzioni «umaniz­zanti» che appaiono particolarmente importanti nei riguardi della prima infanzia.

Le indicazioni emerse dai due dati sopra espo­sti sono confermate dalle informazioni che sono state fornite circa il funzionamento del reparto, anche se tali informazioni sono state formulate con valutazioni differenziate a seconda della loro fonte: tale funzionamento sembra ubbidire più alla esigenza di salvaguardare la salute del bam­bino considerato come organismo contagiabile che a quella di promuovere il suo sviluppo psico­fisico-sociale. Questo orientamento si attua con il privilegiare lunghe permanenze in culla dei bambini rispetto al tenerli in braccio o al farli giocare, con il limitare notevolmente i rapporti dei bambini fra di loro e con i parenti, con il man­tenerli quasi sempre all'interno del reparto, con il considerare non determinante il rapporto co­stante di ogni bambino con 1-2 persone del re­parto, con l'orientamento essenzialmente sanita­rio che il personale del reparto è tenuto a seguire, con l'escludere che esperti in campo psicologico o educativo possano discutere tale orientamento con il personale stesso.

 

Conclusioni

 

Per quanto concerne gli aspetti igienico-sani­tari, le condizioni degli ambienti del reparto delI'IPPAI venuti all'osservazione della Commissio­ne sono da giudicare non particolarmente degra­date, soprattutto se si fa il confronto con la si­tuazione di molte istituzioni pubbliche del nostro Paese. Anche se qualche segno, come il descrit­to episodio di infezione da S.wien, depone per l'opportunità di intervento migliorativo sulla ope­ratività degli addetti.

Certamente lo scarso affollamento degli ospiti e l'esuberanza di personale permettono il mante­nimento di un livello ancora dignitoso e non creano quelle situazioni estreme che in altre co­munità, afflitte da carenze di personale e affolla­mento, esplodono in episodi allarmanti.

È però indispensabile che, al più presto, si dia corso ad un rinnovamento di tipologia funziona­le, strutture ed arredi nonché ad un programma di aggiornamento del personale, anche per ri­spondere al nuovo ruolo che l'istituzione è ormai chiamata a ricoprire (vedi inoltre a proposito del­le esigenze psicologiche dei piccoli ospiti).

Per quanto riguarda poi gli aspetti assistenzia­li della situazione, pare alla Commissione di po­ter affermare che ci si trova di fronte ad una as­sistenza sufficientemente attenta ai problemi sa­nitari del bambino, anche se per molti aspetti non si concorda con alcune delle scelte effettuate. Tali scelte, sia nel campo della nutrizione che in quello più propriamente terapeutico, si rifanno, ad avviso degli scriventi, a schemi attualmente superati da più nuovi orientamenti e necessitano, pertanto, di alcune revisioni.

Sulla base di quanto osservato e raccolto si può poi concludere che i problemi psicologici e psicopedagogici non sembrano sostanzialmente presi in considerazione all'interno del reparto. Ciò è dovuto sicuramente al retaggio connesso alla storia di una istituzione e di un edificio che risultano oggi chiaramente anacronistici, ed è da ricondursi presumibilmente anche ai problemi cui la direzione ha dovuto far fronte circa la neces­sità di evitare l'instaurarsi ed il diffondersi di forme patologiche contagiose e di salvaguardare i bambini da possibili interventi illeciti da parte degli adulti estranei all'Istituto.

Dato atto alla Direzione di aver operato in stato di necessità e coerentemente alle proprie convin­zioni, si deve oggi riconoscere l'urgenza di tra­sformare nella sostanza e nella forma - in linea con quanto attuato per organismi analoghi da al­tre amministrazioni - una struttura che non è in grado di rispondere alla globalità delle esi­genze presentate da bambini sfortunati e biso­gnosi di interventi scientificamente e politica­mente aggiornati da parte della società.

 

 

 

(1) La Commissione conoscitiva sulla situazione igieni­co-sanitaria di un reparto dell'IPPAI di Milano, nominata dalla Giunta provinciale di Milano il 23 febbraio 1982, era composta dai Proff. M. Cesa Bianchi, G.M. Fara e F. Sereni.

 

www.fondazionepromozionesociale.it