Prospettive assistenziali, n. 59, luglio - settembre 1982

 

 

Notizie

 

 

DOCUMENTO BASE DEL COORDINAMENTO NA­ZIONALE TRA LE ASSOCIAZIONI ED I MOVIMEN­TI DI BASE PER I PROBLEMI DELL'EMARGINA­ZIONE E DELL'HANDICAP (1)

 

Con la definitiva approvazione della legge finan­ziaria da parte del Parlamento si è conclusa una prima fase della lotta che il Coordinamento nazio­nale fra le associazioni e i movimenti di base per i problemi dell'emarginazione e dell'handicap ha avviato per la soluzione dei vari e annosi proble­mi e per una decisa politica di riforma nel nostro Paese.

Le numerose manifestazioni promosse dal Coor­dinamento dal mese di ottobre a quella del 31 mar­zo in piazza SS. Apostoli, in Roma, cui hanno par­tecipato più di 4.000 persone in rappresentanza di numerosi gruppi associativi di ogni parte d'Italia, hanno permesso di ottenere alcuni risultati posi­tivi. Infatti, pur restando notevoli perplessità su tutta la manovra finanziaria del Governo che met­te in forse lo sviluppo e lo stesso funzionamento dei servizi per gli handicappati, vanno sottolineate le modifiche che il nostro movimento ha imposto rispetto al testo originario. Sono stati garantiti più adeguati finanziamenti ai Comuni e ridotti i tagli alla sanità. Sono state reintrodotte protesi e altri ausili ortopedici. I tickets sono stati limitati ai soli esami specialistici e ne sono stati esentati gli invalidi totali.

Tutto ciò è indubbiamente positivo, ma dobbia­mo rilevare come il fondo sanitario sia tuttora inadeguato e le Regioni e gli Enti locali abbiano sotto questo profilo numerose difficoltà a garan­tire i servizi sanitari e sociali.

Va però detto che alcune Regioni (v. Emilia Romagna, Piemonte), in assenza del piano sanita­rio nazionale, hanno approvato con legge i piani regionali per i servizi sanitari e assistenziali. Inol­tre, nell'attesa della legge di riforma dell'assi­stenza, alcune Regioni (v. Toscana, Umbria) han­no approvato leggi di riordino del settore.

Riteniamo perciò, ancora una volta, di dovere denunciare il drammatico stato di emarginazione di migliaia di handicappati e famiglie. Sono situa­zioni ormai esplosive che vanno affrontate con tempestività. I moltissimi handicappati in istituto, le misere pensioni, l'isolamento dei gravi, l'esclu­sione dal lavoro sono situazioni intollerabili per un paese civile. Richiamiamo perciò il Parlamen­to, il Governo, le Regioni, gli Enti locali, ciascuno nell'ambito delle proprie competenze, al rispetto dei diritti civili degli handicappati e ci rivolgere­mo ad organismi internazionali se questo non ver­rà fatto con la dovuta tempestività. Quello degli handicappati, fra i problemi emergenti, si presen­ta con caratteri di straordinarietà ed è perciò con nuove politiche, con interventi straordinari che va affrontato. si può tollerare che la soluzione di questi problemi venga ogni volta rinviata nel tempo e rimandata all'attuarsi del lento e difficile progresso della riorganizzazione dei servizi.

È per questo motivo che il Coordinamento ri­chiede al Governo, al Parlamento, alle Regioni e agli Enti locali interventi di assoluta emergenza nei confronti degli handicappati gravissimi, ovve­ro delle persone che non sono in grado né di prov­vedere a se stesse, né di richiedere in alcun modo ad altri il soddisfacimento delle proprie esigenze primarie.

Questa definizione non vuole avere nessuna pretesa scientifica, ma è stata formulata solo allo scopo di chiarire di quale utenza si tratta. Ad ogni modo si ritiene che la definizione suddetta non debba mai essere riferita a soggetti in età evolu­tiva, in quanto sono ancora possibili modificazio­ni anche sostanziali della patologia.

Gli interventi richiesti, da intendersi come pro­grammazione minima, sono:

a) l'istituzione di un servizio di aiuto domici­liare (esteso o estensibile ad altre categorie di cittadini). Questo servizio deve svolgere attività a domicilio degli handicappati gravissimi di qual­siasi età e all'esterno, soprattutto utilizzando le strutture sociali esistenti;

b) contributi economici. Devono essere erogati ai familiari e ai terzi che provvedono presso il proprio domicilio agli handicappati gravissimi. Ovviamente anche questi handicappati devono usufruire comunque di tutte le strutture ad essi utili, comprese quelle di cui ai punti a) e c). Sotto la dizione «contributi economici» si comprendo­no: pensioni di ogni tipo, indennità di accompa­gnamento, erogazioni assistenziali dei Comuni singoli o associati ed ogni altro intervento eco­nomico. L'insieme dei contributi economici deve essere tale da garantire, indipendentemente dal reddito della famiglia e dell'invalido, il soddisfa­cimento delle esigenze personali e sociali degli handicappati gravissimi, senza che ciò comporti oneri a carico della famiglia superiori a quelli che essa avrebbe nel caso di presenza di familiare senza handicap;

c) la creazione di almeno un centro diurno di 15-20 posti in ciascuna Unità locale. In detti cen­tri dovranno essere ammessi anche altri handi­cappati psichici gravi di età superiore ai 15 anni (e cioè con condizioni personali di autonomia tal­mente limitate da rendere sicuramente impossi­bile qualsiasi forma di inserimento lavorativo). Detti centri devono essere inseriti nel territorio in modo da utilizzare i servizi esistenti nella zona;

d) la costituzione di almeno un servizio allog­giativo in tutte le Unità locali. Ciascuno di questi servizi non deve superare gli 8-10 posti.

 

Sanità

Deve essere approvato il piano sanitario nazio­nale ed all'interno di esso va previsto un adegua­to spazio per i servizi di prevenzione e di riabilita­zione. Questi ultimi richiedono strutture, perso­nale e finanziamento. Pensiamo soltanto cosa comporterà avviare servizi, ad esempio, per la riabilitazione dei paraplegici, oggi pressoché ine­sistenti.

In conseguenza di ciò è urgente una modifica della legge riguardante il blocco delle assunzioni che preveda l'estensione della deroga ai servizi per la riabilitazione degli handicappati.

Il Consiglio sanitario nazionale deve inoltre al più presto approvare lo schema-tipo di convenzio­ne che dia alle U.S.L. la possibilità di riorganiz­zare e riqualificare la rete di servizi privati, di promuovere servizi alternativi al ricovero e di esercitare i necessari controlli, definendo proce­dure e standard di servizi certi. In merito a que­sto la vertenza non è aperta solo a livello centrale ma anche ai livelli delle Regioni e degli Enti lo­cali che hanno spesso responsabilità precise nel­la non attuata possibilità di nuove assunzioni e nella riqualificazione del personale assunto, per cui si hanno parallelamente sovraccarico e caren­za di personale a seconda delle diverse mansioni. Ad ogni modo le Regioni, i Comuni e le U.S.L. de­vono fare tutto ciò che è loro attribuito e comun­que consentito senza cercare alibi per i ritardi del governo centrale. Solo così si potranno evitare abusi, maltrattamenti e gravi violazioni dei diritti degli assistiti come purtroppo si verifica. Soprat­tutto per gli handicappati gravi è necessario ga­rantire la massima tutela, anche introducendo nuove norme giuridiche, ed il massimo controllo.

 

Riforma dell'assistenza

La legge è ormai all'esame del Parlamento da ben tre legislature ed il testo attualmente all'esa­me della Camera è inaccettabile per i seguenti motivi:

- è prevista una massiccia privatizzazione del­le oltre 9.000 Istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza (IPAB) operanti nel nostro Paese, privatizzazione che comprende anche circa 20 mi­la miliardi di patrimoni e 35 mila operatori. In tal modo sono sottratti ai Comuni, ai quali dovreb­bero essere trasferite le IPAB, le risorse econo­miche e umane indispensabili per la creazione di servizi alternativi al ricovero in istituto;

- restano indeterminati gli organi di governo. Essi possono essere, nella stessa Unità locale, l'Associazione dei Comuni, i Comuni singoli e, ad­dirittura, gli organi di decentramento dei Comuni facenti parte dell'Associazione. Va ribadito che i servizi assistenziali devono essere gestiti dagli stessi organi preposti alla sanità;

- sono attribuiti alle Province compiti ingiusti­ficati (ad esempio l'approvazione del programma provinciale di localizzazione dei presidi socio-as­sistenziali);

- non è definito con chiarezza il rapporto fra il settore pubblico e quello privato;

- la definizione del volontariato è del tutto ge­nerica dando agli enti privati la possibilità di ca­muffarsi come organizzazioni di volontariato;

- non è nemmeno preso in considerazione l'ap­porto del volontariato di singoli cittadini e di nu­clei familiari;

- nulla di concreto è previsto per il personale e per la sua riqualificazione ed aggiornamento; - ridicolo è lo stanziamento aggiuntivo previ­sto (200 miliardi complessivi per i primi tre anni di applicazione della riforma, e cioè in media po­co più di 3 miliardi l'anno per ciascuna regione), confermando così il nostro come il Paese che spende meno in materia di assistenza;

- è esplicitamente previsto che le Regioni pos­sano non rispettare il termine stabilito in un anno per adeguare la loro legislazione agli obiettivi ed ai principi della riforma.

 

Collocamento obbligatorio

È necessario che si approvi in tempi brevi una legge di riforma della 482, legge che consente evasioni e non favorisce l'inserimento reale dei portatori di handicaps. Ogni ritardo consente l'e­spulsione dal mercato del lavoro di migliaia di aventi diritto: negli ultimi anni, infatti, sono dimi­nuiti drasticamente gli inserimenti lavorativi e la cassa integrazione ha colpito per lo più migliaia di reali portatori di handicaps. E ciò nonostante i risultati positivi ottenuti dalle Regioni nel campo della formazione professionale e le esperienze pi­lota condotte in diversi Comuni.

Il testo unificato di riforma elaborato dal Comi­tato ristretto della Commissione lavoro della Ca­rnera è ancora assai insoddisfacente. Pesanti sono le pressioni corporative ed assistenziali e le volontà controriformiste del padronato che ne hanno influenzato la stesura. Il testo unificato non recepisce l'idea essenziale che non sempre e co­munque a minorazione corrisponda diminuita ca­pacità lavorativa. Per cui il lavoratore handicap­pato viene sempre considerato non produttivo, concetto, questo, falso e fuorviante.

Inoltre non sono stati superati molti meccani­smi della vecchia 482, che si sono rivelati total­mente negativi all'incremento occupazionale de­gli aventi diritto. Necessaria è la comprensione che l'unica soluzione reale è quella del colloca­mento mirato. Si sollecita perciò una rapida ap­provazione della legge che non può subire ulterio­ri ritardi, ma è necessario che l'attuale testo uni­ficato venga modificato sui seguenti punti:

- abolizione degli esoneri alle aziende;

- abolizione del patto di prova, della incollo­cabilità;

- determinazione di aliquote d'obbligo uguali per tutte le aziende (12%);

- esclusione dal computo delle aliquote d'ob­bligo degli infortunati sui luoghi di lavoro;

- sostegno territoriale a livello U.S.L. dell'in­serimento lavorativo;

- rispetto del DPR 384/78 sulle barriere archi­tettoniche anche per le aziende;

- aumento ed indicizzazione delle sanzioni;

- eliminazione dei lavori predeterminati (cie­chi centralinisti, ecc.);

- fiscalizzazione controllata e a termine solo per quei soggetti con gravi difficoltà di inserimen­to iniziale nel ciclo produttivo;

- esclusione dagli aventi diritto dei profughi, degli orfani e delle vedove da tutelare eventual­mente a livello di collocamento ordinario.

 

Pensioni

Il sistema delle pensioni di invalidità è caratte­rizzato da forti discriminazioni e diseguaglianze. Le categorie più svantaggiate sono senza dubbio quelle civili. La pensione di un invalido civile to­tale è al livello irrisorio di L. 142.600, assoluta­mente inadeguato alla stessa sopravvivenza.

A pari minorazioni devono corrispondere uguali trattamenti. Si chiede perciò la riforma del siste­ma pensionistico, l'allineamento delle pensioni di invalidità almeno ai livelli INPS, il superamento delle attuali forti disparità fra le categorie, pur tenendo conto delle necessarie differenziazioni delle pensioni assicurative e risarcitive, la mora­lizzazione del settore attraverso rigidi controlli e verifiche sui criteri delle commissioni.

Su questi temi il Coordinamento è deciso a bat­tersi, per la piena realizzazione dei diritti costituzionali degli handicappati alla scuola, al lavoro, alla salute, alla piena integrazione sociale.

Non si può ancora una volta consentire che, conclusosi l'Anno internazionale dell'handicap­pato, tutto il problema torni a costituire fatto di ordinaria amministrazione. Ribadiamo la straordi­narietà e la vastità del fenomeno handicap. Feno­meno al quale ancora oggi la nostra società non riesce a dare risposte significative ed apprezza­bili sul piano concreto. Il Coordinamento, nel ri­proporre i suoi obiettivi, intende richiamare tutti al proprio senso di responsabilità, in primo luogo Governo e Parlamento, ma anche Regioni ed Enti locali, perché venga fatto uno sforzo complessivo che acceleri il processo delle riforme ed al con­tempo avvii procedure straordinarie. Solo dal giu­sto equilibrio di questi due momenti potrà essere avviato un deciso processo capace di cambiare sensibilmente la condizione di emarginazione di handicappati e famiglie.

 

 

MANIFESTAZIONE DI PROTESTA

 

Oltre 200 persone hanno partecipato alla mani­festazione di protesta organizzata il 26 giugno 1982 dal Coordinamento sanità e assistenza fra i movimenti di base di Torino.

Il corteo è partito dalla sede della Giunta regio­nale e, sfilando per la via centrale del capoluogo del Piemonte, ha raggiunto il Consiglio regionale.

Qui l'Assessore regionale alla sanità ed i con­siglieri della DC, del PCI e del PRI hanno, per l'en­nesima volta, fatto generiche affermazioni di prin­cipio senza dare alcuna concreta risposta alle ri­chieste presentate dai manifestanti con il docu­mento che riportiamo.

 

Testo del documento

Il CSA organizza per sabato 26 giugno 1982 alle ore 9 in piazza Castello, davanti alla Regione, una manifestazione di protesta per richiamare ancora una volta l'attenzione della Regione Piemonte sul problema degli handicappati, con particolare ri­guardo a quelli gravi ed agli anziani cronici non autosufficienti.

È indispensabile che la Regione Piemonte pro­grammi finalmente seri e globali interventi per questo settore.

Poiché la riuscita della manifestazione dipende dalla forza che noi saremo capaci di esprimere, si invitano tutte le persone sensibili ad intervenire in modo massiccio.

Come ben sanno gli interessati ed i loro fami­liari, le esigenze primarie continuano a non rice­vere risposte corrette dalla Regione nonostante le sollecitazioni che da anni sono state fatte.

 

Richieste

A causa della drammatica situazione esistente, chiediamo alla Regione di predisporre un piano di emergenza, da attuarsi entro il 1984, per la costi­tuzione in ciascuna delle U.L.S. che ne sono prive:

- almeno una comunità-alloggio di 8-10 posti per handicappati gravi;

- almeno un centro diurno socio-terapeutico al massimo di 25-30 posti;

- l'istituzione di un servizio di assistenza do­miciliare rivolto anche ai soggetti di cui sopra;

- adeguate prestazioni di tipo economico;

- almeno un servizio ambulatoriale di riabili­tazione per minori, adulti, anziani in ciascuna USL;

- la riduzione di almeno il 25% degli anziani malati cronici non autosufficienti ricoverati in isti­tuti, riduzione da attuarsi con l'attribuzione dei compiti relativi alle strutture sanitarie e median­te l'ospedalizzazione a domicilio.

L'attuazione del piano di emergenza non deve essere un pretesto per la Regione Piemonte per rinviare ancora gli interventi necessari nel setto­re della casa, sanità, scuola, trasporti, formazione professionale, lavoro, ecc.

Nel settore assistenziale i più importanti pro­blemi irrisolti sono:

- grave mancanza di comunità alloggio pub­bliche e private. Il ricovero viene praticato anche in istituti del tutto inidonei;

- l'insufficienza di strutture pubbliche consen­te ai privati di ricattare enti pubblici, assistiti, famiglie, operatori (vedi la grave vicenda dell'Ar­ciconfraternita dello Spirito Santo e della Società Giovannea);

- la mancanza di strutture diurne per handi­cappati la cui gravità non consente alcun tipo di inserimento lavorativo;

- l'espulsione degli anziani dagli ospedali an­che quando necessitano ancora di cure sanitarie;

- carenza di assistenza domiciliare;

- insufficienti aiuti economici alle famiglie in alternativa al ricovero in istituto;

- assenza di controlli nei confronti degli isti­tuti pubblici e privati di assistenza. Non esistono nemmeno i dati sugli handicappati ed anziani rico­verati in istituto.

Nel campo della casa gli alloggi continuano ad essere costruiti con barriere architettoniche. Le assegnazioni di appartamenti sono insufficienti anche perché la Regione non ha definito i punteg­gi riconosciuti agli handicappati, agli anziani, alle famiglie che hanno un handicappato o un anziano. Spesso gli alloggi assegnati agli handicappati so­no vergognosamente inidonei (vedi via Amendola a Nichelino, l'accesso dello stabile di corso Ca­dore a Torino). Inoltre la Regione nulla ha fatto per la modifica dei regolamenti comunali riguar­danti l'eliminazione delle barriere architettoniche delle case di abitazione, negozi, uffici, fabbriche.

Nel campo della formazione professionale le iniziative della Regione sono estremamente re­strittive e i principi ed i contenuti non sono ben definiti. La continuità del progetto CEE non è ovun­que garantita. Non sono previsti corsi di formazio­ne pre-lavorativa per gli handicappati psichici non in grado di inserirsi nei corsi normali, ma capaci di svolgere attività lavorative di tipo generico.

In merito all'inserimento lavorativo degli handi­cappati la Regione non ha nemmeno assunto nel proprio organico la quota di invalidi prevista dalla legge. Praticamente nulla ha fatto nei confronti delle aziende ed enti con partecipazione della Re­gione e nei riguardi dei privati per il rispetto delle norme sul collocamento obbligatorio.

Per quanto riguarda la sanità c'è da rilevare la tendenza a scaricare sull'assistenza le persone non guarite o che richiedono interventi prolungati, come ad esempio parte dei malati mentali o gli anziani cronici non autosufficienti. In tal modo all'assistenza sono sottratti finanziamenti, struttu­re e personale già insufficienti per gli altri inter­venti di competenza dell'assistenza stessa. Nella sanità sono altresì da denunciare le carenze della riabilitazione, l'inadeguato funzionamento delle commissioni per l'accertamento dell'invalidità, le difficoltà di cura per gli handicappati nel campo odontoiatrico, le restrizioni e le lungaggini nella assegnazione delle protesi.

Inoltre esistono gravi problemi per quanto ri­guarda l'integrazione scolastica, le attività ricrea­tive, sportive, culturali, i trasporti, ecc.

A tutto ciò si deve aggiungere la totale man­canza di una programmazione seria e la non defi­nizione degli organi di governo incaricati della gestione dei servizi di base.

 

 

(1) Per informazioni sul Coordinamento, rivolgersi a Ga­briella Giordano, Piazzale Medaglie d'Oro 20, Roma.

 

www.fondazionepromozionesociale.it