Prospettive assistenziali, n. 57, gennaio - marzo 1982

 

 

Notiziario del Centro italiano per l'adozione internazionale

 

 

IL TRIBUNALE PER I MINORENNI E LA CORTE DI APPELLO DI VENEZIA CONTRO IL MERCATO DEI BAMBINI STRANIERI

 

Diamo pubblicazione di due importanti provve­dimenti emessi dal Tribunale per i minorenni e dalla Corte di appello, sezione minori, di Venezia, relativi a un caso di «presunta filiazione avvenuta all'estero e successivamente trascritta in Italia».

Dobbiamo dare atto al Tribunale per i minoren­ni di Venezia di aver agito ancora una volta con coraggio e correttezza avocando responsabilmen­te a sé il diritto-dovere di tutelare gli interessi del minore straniero che entra in territorio ita­liano.

Nell'attesa che l'adozione internazionale sia di­sciplinata da una propria normativa in tempi bre­vi, riteniamo la posizione assunta dal Tribunale per i minorenni di Venezia di estrema importan­za per contenere e combattere il triste fenomeno del «mercato dei bambini stranieri», fenomeno che sta sempre più dilagando.

 

Decreto del Tribunale per i minorenni

 

Il Tribunale per i minorenni di Venezia, riunito in camera di consiglio e composto dei seguenti giudici: Fiorio dr. Giampaolo, Presidente; Carlini dr. Giacomo, giudice; Torlone dr. Italo, compo­nente privato; Schenekel dr. Vittoria, componen­te privato; visti gli atti relativi alla minore S.B.P.Z., OSSERVA:

S.B.P.Z. fu denunciata, alla nascita, avvenuta a R. in Uruguay, il 30.10.1980, come figlia legittima dei coniugi F.P. e F.Z., cittadini italiani.

L'atto di nascita, formato in Uruguay, è stato trascritto in Italia. Essendo sorti gravi sospetti sulla veridicità delle dichiarazioni consacrate nell'atto di nascita di cui sopra, questo Ufficio inve­stì della questione la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Venezia, che promosse azio­ne penale contro il P. e la Z. per il delitto di alte­razione di stato (art. 567, 2° comma C.P.); il pro­cedimento fu formalizzato e il Giudice istruttore dispose una perizia medico-legale, che concluse escludendo che la Z. avesse mai partorito.

Il procedimento penale fu sospeso, ai sensi del 1° comma dell'art. 19 C.P.P., per dare ingres­so all'azione civile, promossa dal Pubblico mini­stero, ex art. 19, ultimo comma C.P.P., diretta ad accertare la supposizione di parto prevista dall'art. 248 C.C.

Allo stato dei fatti va considerato che l'impos­sibilità a procreare e quindi il non avvenuto par­to ad opera della sig. Z. è stato accertato sulla base di indagini strettamente tecniche, che esclu­dono ogni possibilità di errore (vedi perizia in atti, che è intervenuta, fra l'altro, a rendere incon­futabili altri elementi probatori rappresentati dalle deposizioni degli operatori sociali che si sono occupati del caso); ciò permette di ritenere pressoché scontato l'esito del giudizio civile pro­mosso dalla Procura della Repubblica ex art. 248 C.C.

Ne consegue che la minore S.B.P.Z. risulterà figli di ignoti una volta eliminata, a breve scaden­za, la finzione giuridica che attualmente la fa figlia legittima di F.P, e F.Z. Tale circostanza, basata - si ripete - non su illazioni e deduzioni, ma su elementi di certezza, permette l'apertura della procedura per la dichiarazione dello stato di adot­tabilità della bambina e il ricorso all'art. 314/C.C. per l'adozione dei provvedimenti provvisori che più appaiono corrispondere ai suoi interessi.

La norma citata, infatti, é per sua natura e spe­cifica funzione, strumentale rispetto alle finalità che si ritiene debbano essere attuate nell'interes­se del minore e permette l'adozione di provvedi­menti che, non avendo una loro specifica auto­nomia, sono rivolti ad anticipare risultati futuri che appaiono altamente probabili o addirittura ragionevolmente certi anche se non immediata­mente realizzabili in via definitiva.

Nella fattispecie, l'interesse della minore in questione suggerisce la sospensione della po­testà nei suoi confronti di F.P. e F.Z. che, come s'è detto, risultano suoi genitori solo per mera apparenza giuridica, così da permettere una ade­guata difesa dei suoi sostanziali interessi e di­ritti ad opera di un tutore che possa svolgere la sua funzione con una oggettività preclusa ai co­niugi P.Z., imputati di un grave reato che vede coinvolta, quale soggetto passivo, appunto la mi­nore e convenuti in un giudizio civile che mira ad escluderli per sempre dalla suddetta potestà.

Contemporaneamente, appare del tutto oppor­tuno allontanare, in attesa della decisione defi­nitiva, la bambina da chi non potrebbe, in un prossimo futuro, continuare a mantenere con lei rapporti instaurati in un modo che si può defini­re, con pressoché assoluta sicurezza, artificioso e illegittimo.

P.Q.M.

Il Tribunale, visto l'art. 314/6 C.C. e sentito il P.M., sospende F.P. e F.Z, dalla potestà su S.B.P.Z. nata a R.M. il 30.10.1980; nomina tutore di S.B.P.Z. l'avv. Giampietro Carlet del Foro di Venezia; dispone che S.B.P.Z. sia allontanata dal­la residenza di F.P. e F.Z. e affidata a idonea cop­pia, che sarà scelta a cura di questo Tribunale.

Il presente provvedimento, che è immediata­mente efficace, sussistendo pericoli nel ritardo, ex. art. 741 2° comma C.P.C. sarà eseguito, per quanto concerne l'allontanamento, da personale della Polizia femminile della Questura di Venezia, in collaborazione con il Servizio sociale alle di­pendenze di questo Tribunale.

Si comunica al P.M. a F.P. e F.Z., al Tutore, alla Questura di Venezia, al Comune di Jesolo, al Giu­dice Tutelare di Venezia.

 

Venezia, 16.10.1981

 

 

Decreto della Corte di appello

 

La Corte di appello di Venezia, Sezione mino­ri, riunita in camera di consiglio nelle persone di: dott. Francesco Tardio, Presidente; dott. Gi­no Longega, Consigliere; dott. Giuseppe La Guar­dia, Consigliere relatore; prof. Luigi Tescari, com­ponente privato; sig. Emilia Baroni Ligabue, com­ponente privato, ha pronunciato il seguente de­creto:

omissis

Con il decreto reclamato il Tribunale per i mi­norenni di Venezia dava atto che:

- la minore S.B.P.Z. era nata a R. (Uruguay) il 30.10.1980 ed era stata denunciata all'ufficiale di stato civile locale come figlia legittima dei co­niugi P.F. e Z.F., cittadini italiani, residenti a Jesolo e colà temporaneamente presenti;

- in occasione della trascrizione a Jesolo dell'atto di nascita della minore, formato all'estero, sorgevano perplessità sulla veridicità del rappor­to di filiazione, dalle quali scaturiva un procedi­mento penale contro i coniugi P. per il delitto di alterazione di stato (art. 567, II° comma C.P.);

- la perizia medico legale disposta dal giudi­ce penale si concludeva con l'esclusione che Z.F. avesse mai partorito;

- il P.M. aveva, una volta acquisita tale pro­va, promosso avanti il Tribunale civile l'azione intesa alla contestazione della legittimità (art. 248 c.c.).

Alla stregua di tali premesse di fatto il Tribu­nale concludeva che la situazione in cui versava la minore era tale da far presagire, con certezza, che, a breve, la stessa sarebbe venuta a trovarsi nelle condizioni di un infraottenne privo di geni­tori o di altri parenti tenuti a fornirgli assistenza materiale e morale e, conseguentemente, in sta­to di abbandono.

Di qui la ritenuta esigenza di adottare, ora per allora al fine di ridurre al minimo i pregiudizi che ne sarebbero derivati alla minore, i provvedimenti di cui all'art. 314/6, II° comma c.c. individuati nella: sospensione dei genitori legittimi, o per meglio dire, dei soggetti che apparivano rivesti­re tale fittizia qualifica, dalla patria potestà; no­mina di un tutore alla minore; allontanamento della stessa dalla casa dei coniugi P.; affidamen­to provvisorio e temporaneo della piccola ad una idonea coppia.

Con il reclamo indicato in epigrafe i coniugi P. adivano questa Corte per ottenere l'annullamento o la revoca del decreto impugnato deducendo l'assoluta insussistenza dello stato di abbandono configurato dai primi giudici nella asserita erro­nea supposizione della non corrispondenza al ve­ro del rapporto di filiazione considerato.

Intervenivano nel procedimento il tutore della minore ed il PG i quali concludevano, in princi­palità per la declaratoria di inammissibilità del reclamo e, il primo, in subordine, anche per il rigetto in linea di merito del medesimo all'esito di una valutazione positiva, da parte della Corte, dell'operato dei primi giudici.

Il procedimento va definito in limine, in acco­glimento della richiesta principale del tutore e del PG.

Invero, come la Corte ha sempre ritenuto, in armonia, del resto, con quella che è l'opinione dominante in dottrina e in giurisprudenza, quelli assunti dal Tribunale per i minorenni a sensi dell'art. 314/6, II° comma c.c., sono provvedimenti di intrinseca natura cautelare, intesi ad assicu­rare la miglior tutela degli interessi del minore nella pendenza della procedura per la dichiara­zione dello stato di adottabilità.

Per questo nesso di strumentalità necessaria con il provvedimento terminale di quella proce­dura, essi non sono suscettibili di autonoma im­pugnazione al giudice superiore ed ogni censura che li investa, per ragioni di legittimità o di me­rito, non può che essere portata alla cognizione dello stesso giudice che li ha emessi unico fun­zionalmente competente, in relazione alla natura e alle finalità dei medesimi, alla loro eventuale revoca e/o modifica.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il reclamo come sopra proposto da P.F. e Z.F. avverso il decreto 16.10.1981 del Tribunale per i minorenni di Venezia.

 

Venezia 21.12.1981

 

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