Prospettive assistenziali, n. 56, ottobre - dicembre 1981

 

 

Editoriale

 

PROPOSTA DI UNA ORGANIZZAZIONE SPECIFICA DELL'ASSISTENZA A LIVELLO LOCALE

 

 

Dalla lettura dei progetti dei piani socio-sani­tari regionali balza evidente la collocazione su­bordinata dell'assistenza rispetto alla sanità.

La subordinazione deriva in primo luogo dal fatto che la sanità è un settore forte e l'assi­stenza un settore debole.

In secondo luogo c'è da tener conto che il di­battito politico e tecnico sull'assîstenza è arre­trato notevolmente in questi ultimi anni, a se­guito della caduta della partecipazione.

In sostanza oggi non si riconosce più al setto­re assistenziale una sua specificità. Ne deriva che i progetti di piano socio-sanitario non preve­dono équipes di operatori dell'assistenza.

Evidentemente si ritiene che le attività assi­stenziali siano così semplici da svolgere che ciascun operatore può fare tutto e bene da solo.

Di qui la proposta, contenuta nei suddetti pia­ni, di équipes socio-sanitarie di distretto, coor­dinate da un sanitario e composte da medico di base, pediatra, tecnico di ambiente, infermieri e altro personale sanitario in cui sono inseriti an­che un assistente sociale e qualche colf.

 

Interventi di competenza del settore assistenziale

 

Anche se il termine «assistenza» è poco ac­cettato, e spesso addirittura rifiutato, per le per­sone prive di sufficienti mezzi economici e del sostegno dei familiari, senza una abitazione ido­nea, senza lavoro; respinte dagli ospedali o co­munque in condizioni di emarginazione, non re­sta, per sopravvivere, altra soluzione della ri­chiesta di essere assistite.

Poiché l'assistenza può quasi sempre solo aiu­tare a sopravvivere, ma non eliminare le cause del bisogno, è indispensabile il collegamento fra le prestazioni di natura assistenziale e gli inter­venti di prevenzione: occupazione; pensioni suf­ficienti; alloggi adeguati; scuola dell'obbligo non selettiva; cura, riabilitazione e assistenza degli anziani cronici non autosufficienti esclusivamen­te a carico della sanità (1); abolizione delle bar­riere architettoniche, ecc.

Ciò premesso gli interventi di competenza del settore assistenziale (2) possono essere indica­ti nei seguenti:

- analisi qualitativa e quantitativa dei bisogni e definizione delle risposte che, se attuate dai settori preposti al lavoro, alla casa, alla scuola, alla sanità, ai trasporti, alla cultura, allo sport, al tempo libero, ecc., prevengono il bisogno as­sistenziale;

- informazione di massa ai cittadini e alle forze sociali e sindacali sui problemi generali e specifici dell'emarginazione;

- programmazione degli interventi con scelta delle relative priorità e verifica dell'efficacia ed efficienza degli interventi;

- raccolta ed elaborazione dei dati relativi alle esigenze e alle risposte;

- autorizzazione preventiva a funzionare per gli istituti pubblici e privati di ricovero per mino­ri, anziani, handicappati;

- vigilanza sulle istituzioni pubbliche e priva­te di assistenza;

- prestazioni di servizio sociale dirette al superamento di difficoltà personali e familiari;

- assistenza economica continuativa e stra­ordinaria;

- aiuto domestico;

- affidamenti educativi di minori, affidamenti assistenziali di interdetti, inserimenti di handi­cappati adulti e di anziani presso famiglie, nu­clei parafamiliari e persone singole;

- comunità alloggio;

- istituti di ricovero;

- segnalazione dei minori in situazione di ab­bandono;

- tutele e curatele;

- interventi nei confronti dei minorenni sog­getti a provvedimenti delle autorità giudiziarie minorili;

- prestazioni di protezione sociale nei con­fronti delle persone dedite alla prostituzione o al vagabondaggio;

- assistenza post-penitenziaria;

- centri diurni per handicappati psichici e plu­riminorati gravissimi non inseribili nel lavoro;

- assistenza alle gestanti e madri nubili o coniugate in difficoltà, comprese le attività diret­te a garantire il segreto del parto alle donne che non intendono riconoscere i propri nati.

Si tratta dunque di attività molto diverse fra di loro che richiedono una preparazione molto ap­profondita e quindi, a nostro avviso, il lavoro di équipe degli operatori.

D'altra parte vi è da considerare che, mentre la sanità interviene su tutti gli abitanti, l'assi­stenza riguarda al massimo l'uno-due per cento della popolazione.

Va altresì tenuto conto che, mentre la stra­grande maggioranza degli interventi sanitari con­cernono i singoli, per l'assistenza il riferimento deve sempre essere il nucleo familiare.

Inoltre il settore assistenziale ha raramente la necessità di tenere rapporti costanti con i me­dici di base; molto più frequentemente c'è biso­gno di un lavoro comune con le équipes psichia­triche per l'infanzia e per gli adulti.

Poiché la collocazione di questi servizi non è distrettuale, il riferimento al distretto sanitario per le attività assistenziali non sembra essere, anche sotto questo punto di vista, il più idoneo.

 

Proposte (3)

 

Proponiamo quindi che, riconosciuta la speci­ficità del settore assistenziale e l'impossibilità di reperire ed aggiornare operatori che siano ca­paci di adeguatamente svolgere a livello indivi­duale tutte le competenze assistenziali, e tenuto conto del numero relativamente basso di utenti, l'organizzazione sia tale da rispondere alle esi­genze di specificità, professionalità e globalità.

Inoltre l'organizzazione deve essere prevista in modo da rispettare l'unitarietà dei nuclei fa­miliari.

Deve inoltre essere impedita la frattura fra operatori «pensanti» (coordinatori, gruppo pro­grammazione) e operatori «esecutori» (gli altri).

Infine riteniamo che l'accessibilità degli utenti ai servizi debba essere conciliata con la neces­sità di evitare la proliferazione delle sedi di la­voro, le conseguenti difficoltà di coordinamento e gli appesantimenti burocratici e gerarchici.

A livello di unità locale dovrebbero quindi es­sere previsti:

- il coordinatore del settore assistenziale con responsabilità sia tecniche che amministrative; - un'équipe di operatori preposti alla raccolta di dati, alla programmazione, al coordinamento ed alle verifiche di efficacia e di efficienza degli interventi. Di questo gruppo dovrebbero far parte sia il personale addetto solo a questa incomben­za, sia tutti gli operatori delle équipes sotto spe­cificate;

- équipes costituite per filoni di intervento (V. il sopra riportato elenco delle funzioni assisten­ziali) e non per età (minori, adulti, anziani) o per categorie (handicappati, disadattati, ecc.). Raggruppando i filoni di intervento più affini, una équipe potrebbe avere competenza nei se­guenti settori:

- impostazione dello schedario degli assistiti, in collaborazione con il personale amministra­tivo;

- assistenza economica;

- aiuto domestico;

- rapporti, per i problemi relativi alla preven­zione, con gli organismi preposti alla sanità, alle prestazioni previdenziali, alle pensioni di invali­dità e inabilità.

Un'altra équipe potrebbe essere preposta a:

- affidamenti e inserimenti;

- coordinamento delle comunità alloggio pub­bliche e private;

- tutele e curatele;

- rapporti con le autorità giudiziarie e peni­tenziarie e, per i problemi relativi alla preven­zione, con i settori dell'istruzione, della formazio­ne professionale, della casa e del lavoro.

Ad una terza équipe potrebbero essere asse­gnate le funzioni relative a:

- informazione di massa;

- ricovero in istituti gestiti direttamente o da terzi (ammissioni, dimissioni, convenzioni, vi­gilanza, ecc.);

- coordinamento con i centri diurni per han­dicappati;

- nomadi e persone dedite alla prostituzione e al vagabondaggio (per i problemi specifici non di competenza degli altri gruppi di lavoro);

- rapporti con i settori della cultura, dello sport, del tempo libero, della prevenzione degli infortuni e degli incendi (4).

Un servizio apposito, a disposizione del coordi­natore, del gruppo programmazione e delle équi­pes, dovrebbe essere previsto per l'espletamento di tutte le pratiche amministrative (organizzazio­ne e tenuta degli schedari, pagamento delle ret­te, pratiche burocratiche, ecc.).

Gli operatori sociali dovrebbero provvedere a turno al primo ricevimento del pubblico, che do­vrebbe aver luogo presso la sede centrale, e, solo nei casi in cui l'utenza abbia effettiva diffi­coltà a raggiungere in tempi ragionevoli la sede centrale con i trasporti pubblici, negli altri Co­muni della zona (5).

Chi è preposto nelle sedi decentrate al primo ricevimento del pubblico dovrebbe anche assicu­rare sul posto tutti gli interventi che la sua com­petenza professionale gli consente di fare.

Questi interventi dovrebbero essere resi noti alle équipes centrali e, se del caso, discussi pre­ventivamente con le stesse.

Apposite conferenze di servizio, la partecipa­zione di tutti gli operatori al gruppo programma­zione, la predisposizione di piano di lavoro sui casi singoli, dovrebbero risolvere i problemi di collegamento e coordinamento fra le varie équipes.

Ove necessario, potrebbero infine essere co­stituiti gruppi di lavoro plurisettoriali (6), utilizzan­do il personale addetto ai filoni di intervento in­teressati secondo la loro competenza, per i casi specifici in cui ciò è necessario, ad esempio un gruppo composto da assistente sociale, neuropsi­chiatra infantile e psicologo, per seguire gli affi­damenti familiari a scopo educativo.

Di fondamentale importanza è la predisposizio­ne, da parte di questi gruppi di lavoro, di piani di lavoro da sottoporre a periodiche verifiche, di modo che ciascun operatore sappia quel che deve fare e non si proceda, come purtroppo spesso avviene, senza alcun programma di insieme.

La proposta è tutta da valutare e sperimentare ed ancora da completare, in particolare per quel che riguarda i raccordi con gli operatori delle co­munità alloggio, dei centri diurni per handicappati e degli istituti di ricovero.

Resta tuttavia la necessità che, anche sul pia­no organizzativo, il settore assistenziale non ven­ga subordinato alla sanità, ma conservi la sua specificità, specificità che non deve e non può contrastare con la professionalità degli operato­ri, l'adeguato livello tecnico delle prestazioni e l'intervento globale nei riguardi dei nuclei fami­liari e delle singole persone.

 

 

 

(1) V. l'editoriale del n. 44 di Prospettive assistenziali.

(2) Questo elenco comprende anche le funzioni attual­mente attribuite alle Province, nell'ipotesi del loro trasferi­mento ai Comuni singoli o associati (Unità locale dei ser­vizi), trasferimento che nella situazione attuale può aver luogo mediante il convenzionamento fra i due enti suddetti.

(3) Per le proposte è stata assunta come riferimento di massima una unità locale di 50-60.000 abitanti. Ovvia­mente l'organizzazione dei servizi dovrà essere adattata alle singole situazioni locali.

(4) Quasi tutti gli istituti per minori, per handicappati e per anziani non rispettano le norme di legge relative alla prevenzione degli incendi e degli infortuni sul lavoro.

(5) Ne consegue che, nelle città metropolitane ed in quelle con un consistente numero di abitanti in cui hanno sede gli uffici centrali di assistenza, nessuna attività do­vrebbe essere decentrata a livello di distretto sanitario.

(6) Plurisettoriali, in quanto gli operatori fanno parte dei settori dell'assistenza e della sanità.

 

 

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