Prospettive assistenziali, n. 53, gennaio - marzo 1981

 

 

Libri

 

 

AUGUSTO BALLONI E LUIGI FADIGA, Ambiente, ritardo mentale, devianza. Deboli di mente si nasce?, Patron Editore, Bologna, 1978, pagg. 136, L. 5.000.

 

Nella prima parte del libro gli Autori, dopo aver esaminato le caratteristiche del comporta­mento deviante analizzando 647 fascicoli di mi­nori segnalati dal Tribunale per i minorenni di Bologna negli anni 1953, 54, 64, 66, 68, 70 e 72, arrivano alle seguenti conclusioni: «Le conside­razioni esposte consentono di ribadire che oc­corre tener presente, anche se può sembrare inu­tile, che una comprensione del disadattamento giovanile, in senso lato, non si può fondare su dati scarsi, che ripropongono, secondo schemi stereotipati, che i minori devianti sono ipodo­tati sul piano intellettivo, che hanno un livello di scolarità molto basso, che hanno iniziato preco­cemente il lavoro senza qualificazione professio­nale, che risiedono soprattutto in quartieri in cui il problema della devianza esiste in misura mag­giore che altrove, e che provengono per lo più da nuclei familiari più o meno disorganizzati. Questi concetti, che emergono frequentemente in ricerche socio-psicologiche sulla devianza, possono diventare i simboli attraverso i quali si creano pregiudizi e stereotipi, che facilitano l'e­marginazione sociale. Infatti come si sostiene che il comportamento deviante non è ereditario od inventato ma viene appreso, così si può co­minciare a portare qualche contributo per tenta­re di dimostrare che l'intelligenza si può impa­rare».

Nella seconda parte del libro sono riportati i dati di una ricerca compiuta su 21 minori adottati. Dieci di essi erano stati adottati fra il 7° e il 10° anno di età e nove fra il 3° e il 4°.

Sedici bambini su ventuno erano figli di genito­ri definiti «ipodotati» o comunque affetti da «disturbi psichici».

Prima dell'adozione sei bambini avevano un quoziente intellettuale inferiore a 80; tre inferio­re a 90; sei erano stati definiti con grave ritardo psicomotorio, tanto che non era stato possibile effettuare alcun esame per rilevare il quoziente intellettuale. Infine sei bambini erano stati rite­nuti affetti da rilevanti disturbi comportamentali.

Dell'esame dei bambini dopo l'adozione (la permanenza nella famiglia adottiva varia da due a più di cinque anni) risulta che solo tre non hanno presentato miglioramenti. Per uno di essi il quo­ziente intellettuale è rimasto invariato, ma il com­portamento e l'adattamento all'ambiente sono sensibilmente migliorati.

Per i rimanenti diciotto l'aumento del quozien­te intellettuale è sensibile (si veda la prima pa­gina di copertina).

Particolarmente interessante è poi il confronto della situazione dei bambini prima e dopo l'ado­zione.

 

 

FIORA LUZZATI IZZI, Ingiustizia è fatta! Cento storie di violenza sui bambini, Edizioni Enne, via Petrella 12, Campobasso, 1979, pagg. 198, L. 3.000

 

«Sono stati qui raccolti i casi di violenza pa­rentale contro i bambini trovati nella cronaca dei giornali degli ultimi tre anni: gli infanticidi com­messi subito dopo il parto, i casi di abbandono 0 compra-vendita di minori, i maltrattamenti con conseguenze anche mortali, i figlicidi contestua­li al suicidio della madre ed infine gli episodi di violenza paterna».

Così introduce il libro l'Autrice, la quale - al di là della sua diretta esperienza di lavoro e di impegno sociale e politico nell'ambito di servizi per minori - ha voluto utilizzare il linguaggio delle cronache giornalistiche nella trascrizione brutale dei fatti, forti anche nel numero (cento storie di violenza), quasi a rilanciare una chiave di lettura socio-giuridica.

I brevi commenti tra un capitolo e l'altro sono riflessioni articolate, analisi dei fatti che richia­mano cause e motivazioni antiche e nuove di quei vasti processi di emarginazione i cui effetti con­tinuano ad essere operanti nei soggetti «più deboli» - donne e bambini -.

Nelle 198 pagine del libro si snoda una sorta di lunga galleria di delitti di famiglie, consumati il più spesso tra le pareti domestiche, con o senza premeditazione o testimoni: le vittime, le «parti lese» sono sempre i bambini, neonati o ragazzi. Autori dei delitti i genitori: le madri specie quan­do il figlio, ucciso, maltrattato è molto piccolo, di pochi mesi, di pochi anni di vita. Ai figli più grandicelli, all'adolescente che disturba, irrita, indispone o si oppone provvede la violenza del padre.

La madre, quando non si sopprime insieme al figlio, sopravviverà in carcere se riconosciuta sana di mente, in manicomio giudiziario se giu­dicata psichicamente anormale. Le interpreta­zioni del suo gesto - da qualunque parte vengo­no, esperti compresi - ruotano intorno a quegli stereotipi di giudizio che accollano soprattutto alla donna-madre colpe antiche e recenti: dal­l'incultura al disamore, all'isteria, al narcisismo, all'assenza di spirito di sacrificio o di servizio, al rifiuto di quel ruolo biologico di per sé gratifi­cante per la vita.

I casi nei quali l'autore di violenza sui figli è il padre sono numericamente pari a quelli di vio­lenza compiuti dalla madre, lo afferma la Luzzato in base a ricerche del suo gruppo o di altri autori.

Cambiano invece - oltre all'età delle vittime preadolescenti o adolescenti - i moventi imme­diati che vanno dalla negazione di autonomia del figlio, alle sue scelte di vita «liberata», a volte ai suoi tentativi di difesa di una madre subordi­nata e passiva di fronte al potere del padre.

Cambiano anche le interpretazioni della violen­za paterna, improntate spesso a molta «com­prensione» fino a frequenti assoluzioni dettate quanto meno dalla preoccupazione di non privare la famiglia di un «capo» così indispensabile.

Il libro si chiude con alcune tabelle riassuntive, una sarta di statistiche dei citati casi di violenza, che richiamano alcune delle variabili più signifi­cative (ad esempio il numero complessivo dei figli, l'età della vittima, il luogo dove la violenza si è compiuta, ecc.).

Ci sembra auspicabile una lettura ragionata del libro in gruppo misto, operatori-giudici-am­ministratori pubblici, così impegnati in questo periodo in complessi rituali programmatori sotte­si da elaborate tecniche del rimbalzo di respon­sabilità e del rinvio di forme attuate per ora a livello prevalentemente fantasmatico.

MIMMA MASSARI

 

 

VALERIO POCAR e PAOLA RONFANI, Famiglia, diritto, mutamento sociale in Europa, Edizioni Comunità, Mílano, 1979, pagg. 277, L. 7.000

 

I mutamenti intervenuti nella struttura e nelle funzioni della famiglia negli ultimi decenni sono stati oggetto , com'è noto, di approfondite analisi da parte dei sociologi.

Non altrettanto si può affermare per le trasfor­mazioni della disciplina giuridica della famiglia, che solo in tempi recenti hanno sollecitato l'at­tenzione dei sociologi del diritto.

Si pone quindi l'esigenza di conoscere qual è lo stato delle ricerche e degli studi sociologico­giuridici in questo campo e, come necessaria premessa, quali sono state le trasformazioni del­la legislazione in materia.

A questa esigenza cercano di rispondere i quattordici saggi che compongono questo volu­me, relativi ad altrettanti paesi europei: Austria, Belgio, Cecoslovacchia, Finlandia, Francia, Gran Bretagna, Jugoslavia, Norvegia, Paesi Bassi, Por­togallo, Repubblica federale tedesca, Romania, Spagna e Svezia.

Questi saggi, scritti da specialisti del settore, offrono un quadro delle ricerche più notevoli promosse e realizzate da organismi scientifici nei paesi su indicati e mettono in luce le linee evolutive della disciplina giuridica dell'istituto familiare e i modelli della famiglia cui s'ispirano le diverse legislazioni.

Essi consentono anche di valutare in un conte­sto più ampio le innovazioni introdotte nel nostro paese con la riforma del diritto della famiglia, in materia di matrimonio, separazione, divorzio, potestà dei genitori, tutela dell'infanzia, filiazio­ne, adozione.

 

 

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