Prospettive assistenziali, n. 51, luglio - settembre 1980

 

 

LEGGI DELLA REGIONE TOSCANA «INTERVENTI A FAVORE DELLE PERSONE NON AUTOSUFFICIENTI» (1) E «IDONEITA' DELLE STRUTTURE DI OSPITALITA' E DEI NUCLEI AFFIDATARI O OSPITANTI» (2)

 

 

Nel pubblicare il testo delle leggi della Regio­ne Toscana n. 20 e 28 sottolineiamo che la linea perseguita offre purtroppo un notevole spazio alle strutture tradizionali di ricovero per minori, per anziani e per invalidi.

È un'ulteriore conferma della ristrutturazione in atto del settore assistenziale da noi denuncia­te nell'editoriale del n. 48 di Prospettive assi­stenziali.

 

 

TESTO DELLA LEGGE N. 20

 

Art. 1

La presente legge in armonia con i principi contenuti nella legge regionale 7 aprile 1976 n. 15, e successive integrazioni e modificazioni e nell'ambito dell'integrazione dei servizi prevista dall'ultimo comma dell'articolo 15 della legge 23 dicembre 1978, n. 833 disciplina gli interventi a favore delle persone non autosufficienti che non possono essere assistite nel proprio ambito fa­miliare e vengono ospitate in residenze sociali protette.

 

Art. 2

I comuni singoli o associati individuano e uti­lizzano le strutture atte a garantire un'adeguata assistenza sociale, infermieristica, nonché inter­venti di riattivazione funzionale a favore delle persone non autosufficienti e stipulano, ove ne­cessario, con istituzioni pubbliche e private, ap­posite convenzioni, le quali devono prevedere opportune forme di controllo sulla qualità del ser­vizio e sulla gestione degli eventuali finanzia­menti pubblici.

Con l'espressione «comuni singoli o associa­ti» s'intendono i soggetti di cui all'art. 2 della legge regionale 19 dicembre 1979, n. 63.

 

Art. 3

Le residenze sociali protette, individuate in ba­se all'articolo precedente, devono possedere i requisiti stabiliti dalla legge prevista dall'art. 6 della legge regionale 7 aprile 1976 n. 15, e suc­cessive integrazioni e modificazioni.

 

Art. 4

L'aggiornamento degli operatori delle residen­ze sociali protette è assicurata nell'ambito del piano annuale di formazione professionale.

Art. 5

Il ricovero della persona non autosufficiente in idonea residenza sociale protetta è disposto dai comuni singoli o associati, su richiesta dell'inte­ressato o di chi esercita la tutela o la potestà, accompagnata dal parere del medico di famiglia, previo accertamento della condizione di non au­tosufficienza psicofisica.

La richiesta di cui al comma precedente è valutata anche in relazione alla situazione del nucleo familiare ed alle condizioni socio-ambien­tali.

 

Art. 6

A decorrere dal 1 gennaio 1980 i comuni sin­goli o associati assumono a carico della quota loro assegnata per il finanziamento delle spese sanitarie di parte corrente, il costo dell'assisten­za infermieristica e degli interventi di riattivazio­ne funzionale assicurati dalle residenze sociali protette ai propri ricoverati.

La Regione determina, con la legge di approva­zione del piano sanitario, l'ammontare della spe­sa capitaria giornaliera dell'assistenza di cui al comma precedente, tenuto conto del costo me­dio regionale del servizio e delle disponibilità complessive del fondo sanitario regionale.

I comuni singoli o associati, nella relazione an­nuale prevista dall'art. 24 della legge regionale 19 dicembre 1979, n. 63, renderanno conto anche delle spese complessive sostenute nell'anno pre­cedente per la gestione del servizio previste dal­la presente legge con l'indicazione del numero totale degli assistiti nell'anno e nelle giornate di presenza.

 

Art. 7

In sede di prima applicazione della presente legge e fino alla data di approvazione del piano sanitario regionale, il Consiglio determina con atto deliberativo l'ammontare della spesa di cui al II comma del precedente art. 6.

 

 

TESTO DELLA LEGGE N. 28

 

Art. 1

In attuazione dell'articolo 6 della legge regio­nale 7 aprile 1976 n. 15 e successive modifiche ed integrazioni, e in conformità delle condizioni stabilite con la presente legge, i comuni singoli o associati determinano con proprio regolamento i requisiti di idoneità delle strutture di ospitalità.

I suddetti comuni nel regolamento di cui al pre­cedente comma determinano altresì i requisiti di cui debbono essere in possesso le famiglie o le persone affidatarie di minori o ospitanti adulti inabili.

Per «comuni singoli o associati» si intendono i soggetti di cui all'art. 2 della legge regionale 19 dicembre 1979, n. 63.

 

Art. 2

Le norme della presente legge si applicano alle strutture gestite da enti pubblici o da privati che svolgono, anche a titolo gratuito, attività di tipo assistenziale mediante ospitalità, a tempo pieno e a tempo parziale, con particolare riferi­mento a:

1) centro residenziali per anziani e inabili

2) residenze sociali protette

3) comunità educative per minori

4) case-famiglia

5) famiglie o persone affidatarie o ospitanti.

Per gli asili nido gestiti da privati o da enti pubblici si applicano le norme di cui al regola­mento regionale previsto dall'art. 25 della legge regionale 24 marzo 1973, n. 16.

 

Art. 3

Le strutture di cui ai punti 1), 2), 3), e 4) del precedente articolo sono gestite in modo da ga­rantire la permanenza dell'utente nel proprio am­biente sociale, evitandone l'isolamento. Esse operano, di norma, nell'ambito del comune o dell'associazione dei comuni dove hanno sede.

Le strutture di ospitalità operano in stretto rapporto con i servizi socio-sanitari del territorio. Agli ospiti è consentito di avvalersi delle presta­zioni di sanitari di propria fiducia, in conformità alle disposizioni della legge 23 dicembre 1978, n. 833.

Al fine di favorire un più stretto legame con l'ambiente sociale possono essere previste op­portune forme di collaborazione con il volonta­riato.

 

Art. 4

I requisiti necessari per l'autorizzazione sono fissati nel regolamento di cui all'articolo 1 in re­lazione all'attività svolta, agli utenti previsti e all'ubicazione della struttura.

Le strutture di cui ai punti 1), 2), 3) e 4) dell'articolo 2, sono di norma collocate nei centri abitati o nelle immediate vicinanze e devono es­sere conformi al regolamento di cui all'articolo 27 della legge del 30 marzo 1971, n. 118.

Le strutture di ospitalità accolgono anche sog­getti con handicaps.

Il numero dei posti letto per stanza non deve essere superiore a quattro. L'ambiente deve as­sicurare agli ospiti l'arredamento necessario e condizioni adeguate di aerazione, riscaldamento e luminosità.

Le strutture devono essere dotate di ambula­torio per le prestazioni sanitarie ed essere at­trezzate per le brevi degenze che non richiedono ricovero ospedaliero.

 

Art. 5

I centri residenziali accolgono anziani autosuf­ficienti o adulti inabili, non altrimenti assistibili. L'ammissione e la dimissione, in rapporto alla condizione di autosufficienza, è valutata tenendo conto delle capacità relazionali del soggetto, del­le possibilità di servizio della struttura di ospita­lità e del sostegno dei servizi territoriali.

Ogni centro non può essere dotato di un nu­mero di posti letto superiore alle sessanta unità. I servizi comuni ed individuali devono essere numericamente e qualitativamente idonei a ri­spondere alle esigenze personali e sociali degli ospiti, in modo da assicurare loro, oltre ad un ambiente confortevole, riservatezza e spazi ade­guati di vita comunitaria. Il personale utilizzato nei servizi deve essere numericamente adegua­to, debitamente qualificato e stabilmente occu­pato.

Gli ospiti possono usufruire degli spazi comu­nitari senza limitazioni di sesso o di categoria. Agli ospiti devono essere stabilmente offerti interventi sociali individuali e collettivi che fa­cilitino la vita di relazione ed i rapporti con l'estero.

Nei regolamenti interni è prevista la partecipa­zione degli ospiti all'organizzazione della vita co­munitaria.

 

Art. 6

Le residenze sociali protette assicurano assi­stenza generica continuativa, assistenza infer­mieristica ed interventi di riattivazione funziona­le a persone non autosufficienti non assistibili a domicilio o nelle strutture di cui all'art. 5.

La ricettività massima per le residenze sociali protette è fissata nel numero di 80 posti. Parte della ricettività complessiva può essere riser­vata al soggiorno di breve durata di persone che, pur trovando collocazione in ambito familiare, hanno necessità momentanea di ricovero in strut­ture protette.

La struttura edilizia e l'arredamento delle resi­denze debbono facilitare la mobilità delle perso­ne che abbiano difficoltà di movimento.

I servizi igienici debbono essere provvisti di accorgimenti per facilitare l'uso anche da parte di persone invalide; si deve prevedere almeno un servizio igienico ogni due camere, preferibil­mente con esse direttamente comunicanti.

Gli spazi collettivi destinati alla vita di rela­zione, alle attività diurne o ricreative, alle atti­vità di riattivazione funzionale, devono essere strutturati ed arredati in modo da consentire la utilizzazione differenziata da parte di piccoli gruppi di ospiti.

Al fine di garantire una presenza di personale sufficiente nell'intero arco delle 24 ore, nell'orga­nico delle residenze deve essere prevista, per ogni due ospiti, una unità di personale, fra quello di assistenza diretta e quello infermieristico.

Il personale di assistenza diretta è preposto al servizio personale dell'ospite e alle pulizie degli alloggi degli ospiti.

Si applicano alle residenze sociali protette, in quanto compatibili con quanto disposto ai commi precedenti, le norme previste agli artt. 4 e 5.

 

Art. 7

Le comunità educative accolgono, a tempo pieno o parziale, minori per i quali sia accertata l'impossibilità di garantire l'assistenza, l'educa­zione e l'istruzione con interventi diversi.

Per esigenze particolari possono essere ospi­tati anche giovani in età superiore ai 18 anni. Salvo situazioni eccezionali in cui sia indispen­sabile, per valutazione del servizio sociale o della magistratura minorile, l'allontanamento del soggetto dal proprio ambiente, e salvo giustifica­te motivazioni avanzate dall'interessato o dall'esercente la potestà o dal tutore, le comunità ospitano minori provenienti da un ambito terri­toriale limitato, tale da consentire facili rapporti dei minori stessi con le loro famiglie e l'ambiente di origine o comunque di appartenenza; in tal senso esse sono organizzate come comunità aperte, tali da realizzare interscambi reali con l'ambiente esterno e, di norma, non devono es­sere dotate di struttura scolastica interna, con­sentendo ai minori la frequenza delle scuole esterne.

Le comunità di cui al presente articolo non possono ospitare più di cinquanta minori.

In caso di attività a semiconvitto il numero dei minori da ospitare è valutato in relazione alle esigenze del territorio e alle capacità di servizio delle comunità stesse; deve essere in ogni caso garantita la personalizzazione dei rapporti.

Le comunità si avvalgono in modo continuativo dell'opera di personale qualificato, tale da rispon­dere adeguatamente a tutte le esigenze personali dei minori anche in rapporto all'età.

Le dimissioni sono effettuate quando sia ma­turata una situazione che garantisca un reinse­rimento adeguato o non pregiudichi l'eventuale completamento degli studi.

L'articolazione delle comunità, sia per quanto attiene la struttura degli ambienti che l'organiz­zazione interna, deve essere tale da permettere ai minori di realizzare l'armonico sviluppo della loro personalità.

Le comunità si articolano in gruppi affidati alla responsabilità di educatori, secondo un rapporto massimo di un educatore ogni dieci ragazzi.

L'équipe educativa predispone annualmente un programma generale di attività, effettuando le necessarie verifiche.

Nei regolamenti interni è prevista la partecipa­zione dei minori e delle loro famiglie all'organiz­zazione della vita delle comunità educative.

 

Art. 8

Le case famiglia sono strutture di limitate dimensioni destinate ad accogliere minori privi di famiglia o con famiglia gravemente carente ovvero adulti che necessitino di una situazione protetta.

Esse non possono ospitare più di otto persone, in modo da consentire la realizzazione di rap­porti interni di tipo familiare.

Le case famiglia che accolgono minori devono prevedere di norma la presenza di figure educa­tive maschili e femminili.

L'appartamento utilizzato deve essere adegua­to, sia per le esigenze personali che comuni, al tipo di rapporti interpersonali che caratterizzano tali convivenze.

 

Art. 9

Ai fini della individuazione dei requisiti di cui debbono essere in possesso le famiglie o le persone affidatarie di minori o ospitanti adulti inabili, i comuni singoli o associati tengono con­to nel regolamento di cui all'art. 1:

- dell'interesse del minore;

- della disponibilità degli affidatari a mante­nere i rapporti con la famiglia di origine e con gli operatori dei servizi sociali competenti;

- della rispondenza di ciascuna famiglia a soddisfare le esigenze affettive, sociali e scola­stiche del minore che ad essa viene affidato;

- della necessità di controlli periodici sui ri­sultati dell'affidamento;

- dell'esigenza di un compenso che copra gli oneri del servizio svolto.

Non potrà essere affidato ad uno stesso nucleo più di un minore, salvo che si tratti di minori provenienti dallo stesso nucleo o siano riscon­trabili situazioni particolari che consentano l'ec­cezionalità del provvedimento per più minori.

 

Art. 10

Quando le strutture di ospitalità assicurano prestazioni previste come proprie degli stabili­menti di cure fisiche, trovano applicazione anche le norme previste in materia.

 

Art. 11

Entro 9 anni le strutture già funzionanti, com­prese quelle già in possesso dell'idoneità rila­sciata dall'ONMI, devono gradualmente adeguar­si alle norme contenute nei regolamenti adottati in attuazione della presente legge.

A tal fine i comuni singoli o associati concor­dano con le singole istituzioni, in relazione alle differenti esigenze e complessità delle strutture, i modi, il termine e la gradualità di tale adegua­mento.

 

 

(1) Legge 27 marzo 1980, n. 20.

(2) Legge 16 aprile 1980, n. 28.

 

www.fondazionepromozionesociale.it