Prospettive assistenziali, n. 49, gennaio - marzo 1980

 

 

PROPOSTA DI LEGGE DELLA DC «LEGGE QUADRO SULL'ASSISTENZA E I SERVIZI SOCIALI» (1)

 

 

Art. 1.

(Principi ed obiettivi).

In attuazione delle norme costituzionali e nel quadro della sicurezza sociale, la presente legge determina i principi fondamentali relativi agli in­terventi di assistenza diretti a garantire al citta­dino il pieno e libero sviluppo della personalità e la sua partecipazione alla vita del Paese.

Tali obiettivi si realizzano con un'attività di prevenzione e di rimozione degli ostacoli di na­tura personale, familiare e sociale, mediante un complesso di servizi sociali coordinati ed inte­grati sul territorio con i servizi sanitari e forma­tivi di base e in armonia con gli altri servizi fina­lizzati allo sviluppo sociale, nonché attraverso prestazioni economiche.

È garantita a norma degli articoli 2, 3 e 38 della costituzione la libertà dell'iniziativa privata.

 

Art. 2.

(Servizi sociali).

I servizi sociali provvedono ad erogare le pre­stazioni assistenziali ai cittadini favorendone il mantenimento o il reinserimento nel loro ambien­te familiare e sociale. Essi sono preferibilmente organizzati in forme territoriali aperte, con carat­tere domiciliare o di centro diurno.

 

Art. 3.

(Destinatari).

Tutti i cittadini hanno diritto a fruire dei servizi sociali senza distinzione di carattere giuridico, economico, sociale, ideologico o religioso.

Ai cittadini è assicurata la libera scelta dei servizi disponibili nel territorio, ivi compresa la possibilità alternativa di assegni di assistenza finalizzati alla libera utilizzazione dei servizi di­sponibili nel territorio.

Sono, altresì, ammessi ai suddetti servizi, gli stranieri e gli apolidi che si trovano in territorio italiano, anche se non siano assimilati ai cittadini o non risultino appartenenti a Stati per i quali sussiste il trattamento di reciprocità, salvo i di­ritti che la presente legge conferisce con riguardo alla condizione di cittadinanza.

Può essere chiesto agli utenti il concorso al costo di determinate prestazioni in relazione alle loro condizioni economiche, tenendo conto della situazione locale e della rilevanza sociale dei servizi, secondo i criteri stabiliti con legge regionale.

 

Art. 4.

(Prestazioni economiche).

Le prestazioni di carattere economico si distin­guono in ordinarie e straordinarie.

Hanno diritto alle prestazioni ordinarie:

a) sotto forma di pensione sociale, tutti i cittadini che, per età, inabilità o per altri motivi indipendenti dalla loro volontà non possono acce­dere al lavoro e sono sprovvisti dei mezzi neces­sari per vivere;

b) sotto forma di assegni continuativi di as­sistenza, tutti i cittadini che, a causa della loro inabilità, hanno bisogno dell'aiuto di terzi per compiere gli atti quotidiani della vita, o di una sorveglianza personale continua e siano sprov­visti dei mezzi necessari per far fronte a tali esigenze.

Le prestazioni economiche ordinarie e le rela­tive misure sono definite con leggi dello Stato. Le prestazioni straordinarie sono dirette a co­loro che si trovano in difficoltà economiche con­tingenti e temporanee, e sono erogate dai comuni secondo i criteri indicati dalle leggi regionali.

 

Art. 5.

(Compiti dello Stato).

Sono di competenza dello Stato:

1) la funzione di indirizzo e di coordinamento delle attività amministrative delle regioni a sta­tuto ordinario in materia di servizi sociali atti­nenti ad esigenze di carattere unitario anche con riferimento agli obiettivi della programmazione nazionale e agli impegni derivanti dagli obblighi internazionali e comunitari;

2) la determinazione dei livelli minimi dei servizi che debbono essere assicurati a tutti i cittadini garantendo comunque le prestazioni spe­cifiche erogate ai sensi delle leggi e dei regola­menti vigenti a favore di particolari categorie di assistiti;

3) la fissazione dei requisiti per la determi­nazione dei profili professionali degli operatori sociali; le disposizioni generali in materia di ordi­namento e durata dei corsi e la determinazione dei requisiti necessari per l'ammissione;

4) gli interventi di primo soccorso in caso di catastrofe o calamità naturali di particolare gra­vità ed estensione e gli interventi straordinari ad essi collegati;

5) gli interventi di prima assistenza in favore dei connazionali profughi e rimpatriati, in conse­guenza di eventi straordinari ed eccezionali;

6) gli interventi in favore dei profughi stra­nieri, limitatamente al periodo strettamente ne­cessario alle operazioni di identificazione e di riconoscimento della qualifica di rifugiato e per il tempo che intercorre fino al loro trasferimento in altri paesi o al loro inserimento nel territorio nazionale, nonché gli oneri relativi all'assistenza agli stranieri e agli apolidi;

7) gli interventi sociali prestati ad apparte­nenti alle Forze armate e agli altri dipendenti del­lo Stato, limitatamente al funzionamento e alla gestione di circoli e mense e comunque di atti­vità direttamente collegate all'espletamento del servizio;

8) i rapporti in materia di assistenza con organismi stranieri ed internazionali, la distribu­zione tra le regioni di prodotti destinati a finalità assistenziali in attuazione di regolamenti della Comunità economica europea, nonché l'adempi­mento di accordi internazionali in materia di as­sistenza;

9) le pensioni e gli assegni di carattere con­tinuativo disposti dalla legge in attuazione dell'art. 38, primo comma, della Costituzione;

10) gli interventi fuori del territorio nazionale a favore degli italiani all'estero;

11) la certificazione della qualifica di orfano, vedova, inabile e degli altri titoli di legittimazione al godimento dei benefici previsti dalle leggi vi­genti, da esercitarsi mediante delega alle regioni.

 

Art. 6.

(Ministero della sicurezza sociale).

Fino all'attuazione della riforma della Presiden­za del Consiglio dei ministri, che dovrà prevedere l'unificazione delle competenze dello Stato in ma­teria di previdenza sociale, di sanità e di assi­stenza in un Ministero della sicurezza sociale, le funzioni statali di cui alla presente legge sono esercitate, in via transitoria, dal Ministero della sanità.

Gli interventi previsti dai numeri 7) e 10) del precedente articolo 5 restano assegnati ai Mini­steri rispettivamente competenti.

La Direzione generale dei servizi civili del Mi­nistero dell'interno e le relative funzioni previste dell'art. 2, terzo comma, del decreto del Presi­dente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 617, sono trasferite al Ministero della sanità.

In sede di riordinamento del Ministero della sanità ai sensi dell'art. 59 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, si dovrà tener conto delle esigenze connesse all'attuazione dei compiti di cui alla presente legge.

 

Art. 7.

(Consiglio nazionale della sanità e dei servizi sociali).

L'art. 8 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, è sostituito dal seguente:

«È istituito il Consiglio nazionale della sanità e dei servizi sociali con funzioni di consulenza e di proposta nei confronti del Governo per la de­terminazione delle linee generali della politica sanitaria e assistenziale e per l'elaborazione e l'attuazione del piano sanitario nazionale.

Il Consiglio è sentito obbligatoriamente in or­dine ai programmi globali di prevenzione anche primaria, alla determinazione dei livelli di presta­zioni sanitarie stabiliti con le modalità di cui al secondo comma dell'art. 3 e alla ripartizione degli stanziamenti di cui all'art. 51, nonché alle fasi di attuazione del servizio sanitario nazionale e alla programmazione del fabbisogno di personale sa­nitario necessario alle esigenze del servizio sani­tario nazionale. Il Consiglio è, altresì, sentito ob­bligatoriamente in ordine ai programmi globali di intervento in materia assistenziale, alla determi­nazione dei livelli minimi dei servizi sociali che debbono essere garantiti a tutti i cittadini, alla determinazione dei profili professionali degli ope­ratori sociali, alle pensioni ed assegni di carat­tere continuativo di competenza dello Stato.

Esso predispone una relazione annuale sullo stato sanitario e sulla situazione dei servizi so­ciali del Paese sulla quale il Ministro della sanità riferisce al Parlamento entro il 31 marzo di ogni anno.

Il Consiglio sanitario nazionale, nominato con decreto del Presidente della Repubblica su pro­posta del Ministro della sanità, per la durata di un quinquennio, è presieduto dal Ministro della sanità ed è composto:

a) da due rappresentanti per ciascuna regio­ne e, per quanto concerne la regione Trentino­-Alto Adige, da due rappresentanti della provincia di Trento e da due rappresentanti della provincia di Bolzano;

b) da tre rappresentanti del Ministero della sanità e da un rappresentante per ciascuno dei seguenti Ministeri: lavoro e previdenza sociale; pubblica istruzione; interno; grazia e giustizia; difesa; tesoro; bilancio e programmazione eco­nomica; agricoltura e foreste; industria, commer­cio e artigianato; marina mercantile; da un rap­presentante designato dal Ministro per il coordi­namento delle iniziative per la ricerca scientifica e tecnologica;

c) dal direttore dell'Istituto superiore di sa­nità, dal direttore dell'Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro, da un rap­presentante del Consiglio nazionale delle ricerche, da dieci esperti in materia sanitaria desi­gnati dal CNEL, tenendo presente i criteri di rap­presentatività e competenze funzionali al servizio sanitario nazionale, e da quindici esperti in ma­teria assistenziale, di cui dieci designati dal CNEL tenendo presenti i criteri di competenza funzionale rispetto ai servizi socio-assistenziali e cinque designati dalle associazioni di rappresen­tanza delle istituzioni private di assistenza so­ciale.

Il Consiglio elegge tra i suoi componenti un Vice Presidente.

L'articolazione in sezioni, le modalità di funzio­namento e le funzioni di segreteria del Consiglio sono disciplinate con regolamento emanato dal Ministro della sanità, sentito il Consiglio stesso».

 

Art. 8.

(Compiti delle Regioni).

La potestà delle regioni in materia di servizi sociali e di prestazioni economiche a carattere straordinario è svolta nel rispetto delle norme e dei principi stabiliti dalla presente legge.

Le regioni attuano le finalità della presente legge mediante la programmazione degli inter­venti socio-assistenziali coordinati con gli obiet­tivi definiti in sede di programmazione nazionale e con gli obiettivi generali dello sviluppo regio­nale secondo le procedure previste nei rispettivi statuti, assicurando comunque il concorso dei comuni e delle province e tenendo conto delle indicazioni e proposte emerse dalla consultazione delle associazioni delle formazioni sociali e degli organismi rappresentativi delle istituzioni di cui al successivo art. 12 ivi compresi quelli del volon­tariato, operanti nella regione.

Le regioni in particolare provvedono, con legge regionale, a:

1) stabilire le norme generali per la istitu­zione, la organizzazione e la gestione dei servizi sociali pubblici nonché i livelli qualitativi e le forme delle prestazioni nell'ambito dei principi stabiliti ai sensi del precedente art. 5 numero 2);

2) determinare i criteri generali per il con­corso degli utenti al costo delle prestazioni se­condo i principi indicati nel precedente art. 3;

3) determinare le aree territoriali più idonee per una funzionale organizzazione dei servizi so­ciali pubblici tenendo presente quanto stabilito dal secondo e terzo comma dell'art. 25 del decre­to del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616;

4) promuovere nell'ambito dei principi sta­biliti ai sensi del precedente articolo 5, numero 3), iniziative per la qualificazione, la riqualifica­zione e l'aggiornamento del personale addetto o da adibire ai servizi sociali, in collaborazione con le università e le altre istituzioni formative, e sulla base del fabbisogno di operatori determina­to in sede di programmazione regionale;

5) determinare gli indirizzi di carattere ge­nerale per la erogazione delle prestazioni econo­miche straordinarie e temporanee per i cittadini che si trovino in particolari situazioni di difficoltà personali o familiari;

6) provvedere alla ripartizione fra i comuni singoli e associati, comprese le comunità mon­tane, dei fondi comunque disponibili per I'impian­to e la gestione dei servizi sociali sulla base delle priorità prospettate dagli organismi preposti alla gestione dei servizi e definite in sede di program­mazione regionale;

7) provvedere alla tenuta e alle iscrizioni nel registro delle istituzioni private di cui all'arti­colo 14;

8) disciplinare le modalità della vigilanza sulle attività socio-assistenziali svolte nell'ambi­to regionale;

9) svolgere e promuovere una azione di as­sistenza tecnica diretta alla istituzione e al mi­glioramento dei servizi sociali, anche favorendo la sperimentazione di nuovi servizi, mediante isti­tuzioni specializzate pubbliche o private.

 

Art. 9.

(Compiti delle province).

Le province concorrono alla elaborazione del piano di individuazione degli ambiti territoriali e del piano regionale di sviluppo dei servizi sociali. Approvano nell'ambito di tale piano il programma provinciale di localizzazione dei presidi assisten­ziali che, per le finalità specifiche perseguite e per le caratteristiche tecniche e specialistiche, svolgono attività prevalentemente rivolte a ter­ritori la cui estensione include più comuni o con­sorzi di comuni, ed esprimono il parere sulla ri­spondenza alla gestione dei servizi stessi delle delimitazioni territoriali determinate dalla re­gione.

Le funzioni in materia di assistenza attualmen­te svolte dalle province sono trasferite ai comuni singoli o associati con il relativo personale e pa­trimonio, nei tempi e con le modalità stabilite dalla legge regionale.

Le province svolgono le funzioni amministra­tive che siano ad esse delegate dalle regioni.

 

Art. 10.

(Ruolo dei comuni).

I comuni sono titolari di tutte le funzioni am­ministrative concernenti l'assistenza sociale sal­vo quanto diversamente disposto dalla presente legge.

I comuni singoli o associati partecipano alla elaborazione, realizzazione e controllo del pro­gramma regionale di sviluppo dei servizi sociali

e stabiliscono le modalità per assicurare ai citta­dini il diritto di partecipare alla programmazione dei servizi stessi, anche mediante l'intervento dei rappresentanti degli utenti e delle formazioni sociali organizzate nel territorio, ivi compresi gli organismi rappresentativi delle associazioni e delle istituzioni di cui al successivo articolo 13.

 

Art. 11.

(Compiti dei comuni).

I comuni per realizzare le finalità della presente legge:

a) provvedono alla organizzazione del com­plesso dei servizi sociali pubblici localizzati nel loro territorio qualificando e potenziando i servizi sociali esistenti, anche attraverso la trasforma­zione delle strutture già funzionanti, e istituendo nuovi servizi, e stipulano convenzioni con le isti­tuzioni private iscritte nel registro di cui al suc­cessivo articolo 14;

b) garantiscono il diritto dei cittadini di par­tecipare alla gestione e al controllo dei servizi sociali pubblici, stabilendo anche le modalità d'in­tervento degli utenti, delle famiglie e delle for­mazioni sociali organizzate nel territorio;

c) erogano le prestazioni economiche straor­dinarie e temporanee secondo gli indirizzi gene­rali determinati dalla Regione.

Ai fini di cui alla lettera a) i comuni si avval­gono anche della collaborazione del volontariato e attuano una politica di incentivi in favore delle iniziative private che svolgono opera di tipo in­novatore e sperimentale.

I corrispettivi delle convenzioni di cui alla let­tera a) sono riferiti ai costi del servizio in rela­zione ai livelli qualitativi del servizio stesso.

Art. 12.

(Organizzazione dei comuni).

I comuni singoli o associati provvedono alla gestione dei servizi sociali pubblici di assistenza secondo gli indirizzi del programma regionale e nel rispetto degli ambiti territoriali definiti anche per i servizi sanitari.

La legge regionale stabilisce le norme per la gestione amministrativa dei servizi sociali svolti dai comuni singoli o associati, assicurandone il coordinamento e le opportune forme di collega­mento con i servizi sanitari gestiti dall'unità sa­nitaria locale e con gli altri servizi finalizzati allo sviluppo sociale.

 

Art. 13.

(Libertà dell'assistenza privata).

In conformità all'ultimo comma dell'articolo 38 della Costituzione è garantita la libertà di costi­tuzione e di attività alle associazioni, fondazioni e altre istituzioni - dotate o meno di personalità giuridica - che perseguano finalità assistenziali.

 

Art. 14.

(Registro regionale istituzioni private).

In ogni regione è istituito un registro per la iscrizione delle associazioni, fondazioni e istitu­zioni private, dotate o meno di personalità giuri­dica, che intendono essere consultate dagli enti locali di cui all'articolo 10 nella fase preparatoria della programmazione dei servizi sociali e con­correre alla stipulazione di convenzioni con gli enti medesimi.

L'iscrizione nel registro delle istituzioni priva­te, fermo restando il loro regime giuridico-am­ministrativo, è disposta dalla regione, sentiti i comuni nei cui territori l'istituzione opera, previo accertamento dei seguenti requisiti:

1) assenza di fini di lucro;

2) idonei livelli delle prestazioni e di qualifi­cazione del personale;

3) rispetto per i dipendenti delle norme con­trattuali in materia, fatta eccezione per i casi in cui si tratti di prestazioni volontarie o rese in forza di convenzioni fra le istituzioni e le fonda­zioni di cui al primo comma e istituti religiosi;

4) corrispondenza ai principi stabiliti dalla presente legge.

Nel rispetto di tali requisiti i servizi gestiti dai privati sono inclusi, a domanda, nel piano dei ser­vizi sociali formulato dalle Regioni con il con­corso dei comuni e delle province e convenzionati ai sensi dell'articolo 10.

Per le istituzioni operanti in più regioni l'iscri­zione è effettuata nel registro tenuto presso la regione in cui l'istituzione ha sede legale, sentite le altre regioni interessate.

 

Art. 15.

(Volontariato).

È riconosciuta la funzione di utilità sociale del­le associazioni e delle altre istituzioni di volonta­riato dotate o non di personalità giuridica, libera­mente costituite, fondate sul prevalente apporto dei soci e che concorrano al conseguimento dei fini dell'assistenza sociale.

I comuni singoli o associati stipulano con gli organismi di cui al primo comma convenzioni per la loro utilizzazione nell'ambito delle strutture pubbliche o in ambiti esterni e prevedono, nel quadro della programmazione, incentivi finaliz­zati all'espletamento di attività promozionali e di servizi innovativi e sperimentali.

Tra le associazioni di volontariato di cui al primo comma sono ricomprese anche le istituzio­ni a carattere associativo, di cui all'articolo 45 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, che assu­mano personalità giuridica privata ai sensi dell'articolo 18 della presente legge.

 

Art. 16.

(IPAB soppresse).

Le istituzioni pubbliche di assistenza e benefi­cenza che operano nell'ambito regionale sono soppresse entro il 30 giugno 1980 salvo quanto disposto dagli articoli successivi.

La legge regionale stabilisce le modalità per il trasferimento delle funzioni dei beni e del per­sonale delle IPAB che operano nell'ambito regio­nale ai comuni singoli e associati, sulla base dei principi stabiliti dai successivi commi.

Le funzioni vengono trasferite al comune o ai comuni singoli o associati alla cui popolazione erano destinate, in modo esclusivo o prevalente, le prestazioni dell'istituzione soppressa.

Il patrimonio mobiliare e immobiliare delle istituzioni, con il relativo arredamento e attrez­zature, è trasferito ai comuni cui spetta di eserci­tare le rispettive funzioni secondo le disposizioni del comma precedente.

I comuni singoli o associati subentrano dal momento del trasferimento, nelle situazioni pa­trimoniali attive e passive, e nei rapporti penden­ti a qualsiasi titolo, inerenti a beni e loro per­tinenze.

I trasferimenti ai comuni dei beni delle istitu­zioni avvengono in esenzione da qualsiasi impo­sta o tassa di registrazione.

In deroga alle disposizioni previste dalla legge 17 luglio 1890, n. 6872, e della legge comunale e provinciale i comuni sono autorizzati ad effet­tuare alienazioni patrimoniali fino alla concorren­za delle passività accertate alla data del trasfe­rimento nell'ambito di ogni singola dotazione pa­trimoniale.

Il personale delle IPAB in servizio alla data di entrata in vigore della legge 21 ottobre 1978, n. 641, di conversione del decreto-legge 18 ago­sto 1978, n. 481, è trasferito ai rispettivi comuni contestualmente al passaggio delle funzioni con­servando la posizione economica conseguita pres­so l'Ente di provenienza, unitamente alla posi­zione giuridica.

I comuni destinatari delle funzioni trasferite, effettuano la ricognizione dagli scopi delle IPAB soppresse, ne assicurano la continuazione dell'attività con eventuali adeguamenti per meglio rispondere alle esigenze della comunità locale, assicurando per quanto possibile, il rispetto dei fini originari.

 

Art. 17.

(Trasferimento dei beni delle IPAB).

Tutti gli immobili trasferiti ai comuni a norma della presente legge, degli articoli 113 e 117 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, della legge di conversione 21 otto­bre 1978, n. 641, del decreto-legge 18 agosto 1978, n. 481, della legge 23 dicembre 1975, n. 698, già adibiti a centri assistenziali degli enti e delle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza soppresse, comprese quelle già amministrate da­gli Enti comunali di assistenza, debbono essere destinati a sede di servizi sociali.

In via transitoria e comunque fintanto che non sarà realizzato un equilibrato sviluppo dei servizi sociali in tutto il territorio nazionale, i comuni cui sono trasferiti immobili di cui al comma prece­dente destinati ad utenti di più comuni, provve­dono a garantire, attraverso l'associazione con i comuni limitrofi e con convenzioni con altri co­muni la continuità delle prestazioni ai cittadini interessati.

I proventi netti derivanti dall'amministrazione e dalla eventuale trasformazione patrimoniale dei beni acquisiti per trasferimento dai comuni e dal­le regioni in forza delle disposizioni di legge di cui al precedente comma, debbono essere portati ad incremento dei fondi di bilancio iscritti per lo svolgimento di attività socio-assistenziali.

La gestione finanziaria delle attività di assi­stenza e di tutti i beni trasferiti ai comuni con­cernenti le istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza, gli enti comunali di assistenza e gli enti nazionali di cui al decreto del Presidente del­la Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, viene conta­bilizzata separatamente.

 

Art. 18.

(Procedure per le IPAB).

Le IPAB operanti nell'ambito regionale sono soppresse entro il 30 giugno 1980, salvo quanto previsto dai successivi commi.

Sono escluse dal trasferimento ai comuni le IPAB per le quali ricorra una o più delle seguenti condizioni:

a) che l'istituzione svolga attività o servizi non rientranti nelle materie contemplate dal de­creto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, e per le quali le funzioni ammini­strative sono trasferite o delegate alle Regioni o attribuite agli Enti locali. Tale condizione ricorre quando l'istituzione svolge o promuove attività di scienza, di arte, di cultura, di istruzione - ivi compresa quella prescolare - non artigiana o professionale, ovvero di religione o di culto;

b) che si tratti di istituzione avente struttura associativa. Tale struttura sussiste allorché con­corrono le seguenti circostanze:

1) che la costituzione dell'Ente sia avvenuta per iniziativa volontaria di soci o promotori pri­vati;

2) che l'amministrazione ed il governo del­]'Istituzione siano, per disposizioni statutarie, determinati dai partecipanti nel senso che gli stessi eleggano almeno la metà dei componenti l'organo collegiale deliberante;

3) che l'attività dell'Ente si esplichi sulla base di prestazioni volontarie dei soci o con mez­zi derivanti da atti di liberalità privata o da con­tributi degli associati; detta ultima condizione ricorre anche quando il patrimonio risulti formato da beni derivanti da atti di liberalità privata e da apporti degli associati;

c) che si tratti delle associazioni di volonta­riato di cui all'articolo 45 della legge 23 dicembre 1978, n. 833;

d) che si tratti di istituzione promossa ed amministrata da privati ed operante prevalente­mente con mezzi di provenienza privata. Tale circostanza sussiste allorché concorrono i se­guenti elementi:

1) che si tratti di istituzione il cui atto costi­tutivo o tavola di fondazione sia stato posto in essere da privati;

2) che almeno la metà dei componenti l'or­gano collegiale deliberante siano, per disposizio­ne statutaria, nominati o designati da privati;

3) che il patrimonio risulti prevalentemente da beni provenienti da atti di liberalità privata o dalla trasformazione dei beni stessi;

4) che il funzionamento si fondi su contributi, redditi, rendite e altri mezzi patrimoniali e finan­ziari di provenienza privata e che comunque non benefici di sovvenzioni o d'altri finanziamenti pub­blici a titolo continuativo, ad eccezione delle rette o di altri corrispettivi per servizi o presta­zioni determinati;

e) che si tratti di istituzione di ispirazione religiosa. Si considerano di ispirazione religiosa le IPAB che svolgono una attività istituzionale ispirandosi ad indirizzi o finalità religiosi e che risultino collegate a confessioni religiose me­diante la nomina o la presenza, negli organi col­legiali in forza di disposizioni statutarie, di mi­nistri del culto o di appartenenti a congregazioni religiose o di rappresentanti di autorità eccle­siastiche o mediante la collaborazione di perso­nale religioso.

I commi quinto e sesto dell'articolo 25 del de­creto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, sono abrogati.

Il comma settimo del citato articolo 25 del de­creto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, è sostituito dal seguente:

«La legge regionale disciplina i modi e le for­me di attribuzioni in proprietà o in uso ai comuni singoli o associati e a comunità montane dei beni trasferiti alle regioni a norma dei successivi ar­ticoli 113 e 115, nonché il trasferimento dei beni delle IPAB soppresse, ai sensi della legge di ri­forma dell'assistenza sociale e disciplina, altresì, l'utilizzo dei beni e del personale da parte degli enti gestori in relazione alla riorganizzazione ed alla programmazione dei servizi disposte in at­tuazione del presente articolo».

Entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge il legale rappresen­tante, o altro componente dell'organo collegiale deliberante delle IPAB interessato alla esclusione del trasferimento, presenta alla regione e ai co­muni interessati, domanda per l'applicazione del presente decreto, fornendo gli elementi utili ai fini della esclusione.

Entro i successivi trenta giorni i comuni inte­ressati fanno pervenire le proprie osservazioni alla regione.

Entro i successivi sessanta giorni, le regioni, anche in assenza delle comunicazioni dei comuni di cui al presente comma, comunicano alla Pre­sidenza del Consiglio dei ministri, che provvede immediatamente a trasmetterle alla Commissio­ne parlamentare di cui al comma successivo, le proposte di esclusione del trasferimento o di soppressione con riferimento alle domande pre­sentate.

Entro i successivi novanta giorni una Com­missione parlamentare, formata da dieci deputati e dieci senatori nominati dai Presidenti della Camera e del Senato, sulla base delle designa­zioni dei gruppi parlamentari, trasmette alla Pre­sidenza del Consiglio dei ministri il parere sulle proposte delle regioni.

Decorso tale termine, il Presidente del Consi­glio dei ministri, con proprio decreto, provvede in conformità del parere della Commissione par­lamentare prescindendo da esso ove non sia per­venuto nel termine suindicato.

Le IPAB così escluse dal trasferimento ai co­muni, continuano a sussistere come enti morali assumendo la personalità giuridica di diritto pri­vato rientrando nella relativa disciplina.

Ove non sia stata presentata la domanda di esclusione di cui al precedente quinto comma, entro il termine ivi prescritto, le IPAB sono sop­presse e trasferite ai comuni, ai sensi del primo comma del precedente articolo.

Il trasferimento ai comuni dei beni, delle fun­zioni e del personale per le IPAB soppresse de­corre dalla data di emanazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri che accerta il difetto delle condizioni previste per l'inquadra­mento delle IPAB in una delle categorie di cui al secondo comma del presente articolo, ovvero dalla scadenza del termine entro il quale deve essere presentata la domanda di esclusione dalla soppressione ove la domanda medesima non sia stata presentata.

 

Art. 19.

(Fondo per i servizi sociali).

Presso il Ministero del tesoro è istituito un Fondo nazionale per i servizi sociali costituito:

a) dal fondo per gli asili nido istituito con legge 6 dicembre 1971, n. 1044;

b) dal fondo speciale di cui all'articolo 10 della legge 23 dicembre 1975, n. 698 (ONMI);

c) dal fondo sociale di cui all'articolo 75 del­la legge 27 luglio 1978, n. 392 (equo canone);

d) dai fondi previsti dall'articolo 1-duodecies della legge 21 ottobre 1978, n. 641 (ENAOLI, ONPI, ANMIL);

e) dai proventi netti di cui al terzo comma dell'articolo 117 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616 (beni in liqui­dazione degli enti nazionali, sedi centrali);

f) dalle quote degli utili di gestione degli istituti di credito devolute in base ai rispettivi statuti, a finalità assistenziali;

g) da una somma aggiuntiva pari a lire 200 miliardi per il triennio 1979-1981 iscritto nello stato di previsione del Ministero del tesoro in ragione di lire 10 miliardi nell'anno 1979, di lire 95 miliardi nell'anno 1980 e di lire 95 miliardi nell'anno 1981.

Le somme stanziate a norma del precedente comma vengono ripartite con delibera del Comi­tato interministeriale per la programmazione eco­nomica (CIPE) tra tutte le regioni, comprese quel­le a Statuto speciale, su proposta del Ministero della sanità, sentito il Consiglio nazionale della sanità e dei servizi sociali, tenuto conto delle indicazioni contenute nei piani sanitari nazionali e regionali e sulla base di indici e di standards distintamente definiti per la spesa corrente e per la spesa in conto capitale.

La ripartizione avviene sulla base di program­mi presentati dalle singole regioni tenendo conto di garantire:

1) la gestione dei servizi esistenti;

2) lo sviluppo dei servizi sociali, specie di quelli di assistenza domiciliare agli anziani e agli inabili, in particolare per le regioni del Mezzo­giorno;

3) le erogazioni economiche straordinarie di cui all'ultimo comma dell'articolo 4 della presente legge.

Alle iniziative di cui al numero 2) del prece­dente comma deve essere destinato non meno del 30 per cento del complesso del fondo di tale quota; non meno del 60 per cento deve essere destinato alle regioni meridionali.

 

Art. 20.

(Norma transitoria).

Fino al riordino delle leggi regionali le somme di cui alle lettere a), b), c) e d) del primo comma del precedente articolo continuano ad essere de­stinate agli scopi previsti dalle rispettive leggi e mantengono la suddivisione per regione sulla base dei criteri stabiliti dalle medesime leggi.

Fino al riordino delle leggi regionali le somme di cui alle lettere e), f) e g) del primo comma del precedente articolo sono interamente desti­nate agli scopi di cui al numero 2) del terzo com­ma del precedente articolo.

Art. 21.

(Applicazione della legge nelle Regioni a statuto speciale e nelle Province autonome di Trento e Bolzano).

Le disposizioni della presente legge si appli­cano anche nelle Regioni a statuto speciale e nel­le Province autonome di Trento e Bolzano in quanto compatibili con l'ordinamento derivante dall'esercizio della potestà legislativa primaria.

 

Art. 22.

(Abrogazione di norme incompatibili).

Sono abrogati:

a) la legge 17 luglio 1890, n. 6972 e succes­sive modificazioni e integrazioni e relativi regola­menti di esecuzione;

b) gli articoli 91, lettera h), e 144, lettera g), del testo unico delle leggi comunali e provinciali approvate con regio decreto 3 marzo 1934, n. 383;

c) la legge 3 giugno 1937, n. 847;

d) il regio decreto-legge 14 aprile 1944, nu­mero 125;

e) ogni altra norma che risulti incompatibile ed in contrasto con le disposizioni contenute nel­la presente legge.

 

 

 

(1) Proposta di legge n. 166 presentata alla Camera dei Deputati in data 26 giugno 1979 dall'on. Cabras e altri par­lamentari DC.

 

www.fondazionepromozionesociale.it