Prospettive assistenziali, n. 49, gennaio - marzo 1980

 

 

Notizie

 

 

RESPINTA LA PARTECIPAZIONE DI 13.000 CITTADINI

 

Come abbiamo riferito nel n. 43, luglio-settem­bre 1978, di Prospettive assistenziali, oltre 13.000 cittadini avevano sottoscritto la proposta di legge regionale di iniziativa popolare «Riorganizzazione dei servizi sanitari e assistenziali e costituzione delle Unità locali di tutti i servizi», proposta che era stata depositata al Consiglio regionale del Piemonte il 21 luglio 1978.

Per la raccolta delle firme c'erano stati centi­naia di dibattiti in moltissime città piccole e gran­di del Piemonte, dibattiti che hanno consentito di discutere con i cittadini, con le forze sociali, con attivisti sindacali e amministratori locali sui pro­blemi relativi alla riorganizzazione degli enti lo­cali, alla sanità, all'assistenza e alla formazione degli operatori sanitari e assistenziali.

I primi tre firmatari della proposta di legge era­no: Giuseppe Reburdo, presidente delle ACLI di Torino; Cesare Delpiano, segretario generale del­la CISL di Torino; Bianca Guidetti Serra, avvocato.

Alla proposta di legge di iniziativa popolare, promossa dal CSA, Coordinamento sanità e assi­stenza fra i movimenti di base, avevano dato la loro adesione le seguenti organizzazioni e perso­ne fisiche: segreterie regionali CISL e UIL; segre­terie provinciali CISL e UIL di Torino; segreterie provinciali ospedalieri FISO-CISL e UIL-UISAO di Torino; Ezio Gallina, presidente regionale delle ACLI; Giorgio Perinetti, presidente del comitato provinciale torinese dell'associazione italiana cul­tura e sport (AICS) di Torino; Alfredo Morabito, presidente del comitato provinciale del centro sportivo italiano di Torino; Carmelina Nicola, se­gretaria provinciale ACLI-ENARS di Torino; Comi­tato didattico della scuola superiore di servizio sociale della Provincia di Torino; Operatori dell'Ufficio distrettuale di servizio sociale per i mi­norenni di Torino; Assemblea donne ASM; Emilio Germano, presidente della Sezione per i mino­renni della Corte di Appello di Torino.

Contro l'iniziativa popolare si era schierata la Commissione sicurezza sociale della Federazione torinese del PCI che, pur richiesta di un incontro­confronto con i promotori della proposta di legge, incontro mai concesso, ha creduto bene di dira­mare una nota ai propri militanti per indirizzare il loro orientamento in senso negativo, anche a titolo personale.

Nonostante le richieste più volte avanzate, il Consiglio regionale non ha voluto sottoporre la proposta di legge di iniziativa popolare alla con­sultazione con gli Enti locali e le forze sindacali e sociali, dimostrando così di rifiutare nei fatti la partecipazione di 13.000 cittadini.

Anche le numerose sollecitazioni per un incon­tro con la Giunta non hanno trovato accoglimento. La partecipazione non può essere intesa, se si vuole veramente praticare un metodo democra­tico, come allargamento del consenso, ma come rapporto dialettico.

Vi è da rilevare infine la scorrettezza del Con­siglio regionale che in data 14 dicembre 1979 ha respinto senza nemmeno averla discussa la pro­posta di legge nonostante che alcune parti di essa riguardassero materie (in particolare la forma­zione professionale e l'assistenza) non ancora definite sul piano legislativo dalla Regione Pie­monte.

 

 

MANIFESTAZIONE DI PROTESTA DEGLI HANDICAPPATI

 

Il 1° dicembre 1979, su iniziativa del CSA, Co­ordinamento sanità e assistenza fra i movimenti di base (1), oltre 300 persone fra handicappati, genitori, rappresentanti di movimenti di base di Torino, Savigliano, Chieri, Pinerolo, Moncalieri e altre città, hanno manifestato davanti alla sede della Regione Piemonte. Hanno poi sfilato in cor­teo raggiungendo gli assessorati regionali alla sanità e all'assistenza dove c'è stato un incontro con l'assessore regionale all'assistenza Vecchio­ne e il vice presidente della Provincia di Torino, Ardito.

Ancora una volta si sono defilati gli altri As­sessori regionali che dovrebbero occuparsi dei problemi degli handicappati: sanità, lavoro, tra­sporti, scuola, formazione professionale. L'asses­sore ai problemi della casa ha inviato un funzio­nario.

Il Comune di Torino non si è degnato invece di inviare alcun suo rappresentante e la cosa è mo's­to grave anche perché la trattativa, iniziatasi con la manifestazione del novembre scorso (vedi Pro­spettive assistenziali n. 46, pag. 5) è ferma da tempo.

Nell'incontro di cui sopra sono state ribadite le richieste contenute nel volantino che riportia­mo, e sono stati fissati incontri per entrare nel merito di alcuni problemi.

L'arretratezza della posizione della Regione è emersa dalla lettura di una nota della Presidenza della Giunta in cui, per l'assunzione di due han­dicappati psichici, si richiedevano assurdamente capacità quasi da «superman».

Il fatto poi che fosse presente solo l'assessore regionale all'assistenza è purtroppo una ulteriore conferma che per gli handicappati (e ciò vale an­che per i minori e gli anziani), la Regione continua a ritenere che le soluzioni siano sempre e solo assistenziali, mentre sono determinanti e priori­tari gli interventi dei settori della sanità, del la­voro, della casa, della scuola, dei trasporti e della formazione professionale.

 

 

TESTO DEL VOLANTINO

 

Perché questa manifestazione

Vogliamo l'inserimento sociale degli handicappati

Troppi sono ancora gli handicappati esclusi dal­le cure sanitarie e riabilitative, dai servizi sociali, dal lavoro, dalla assegnazione di alloggi, dai tra­sporti pubblici, dalle attività ricreative e motorie, ecc.

Troppi handicappati sono ancora ricoverati negli istituti anche fuori regione

In alternativa al ricovero in istituto, il Comune di Torino ha previsto di aprire entro il 1980 quat­tro comunità alloggio per un totale di 35 posti. Niente invece è stato finora previsto dai Comuni e dalla Provincia per fuori Torino. La carenza di interventi pubblici ha portato allo sviluppo dell'assistenza privata, non sempre controllabile. Dove andranno a finire gli handicappati che ver­ranno dimessi dagli istituti fuori regione?

Le leggi vigenti sul collocamento obbligatorio al lavoro continuano a non essere applicate

Le aziende private rifiutano di assumere handi­cappati e così pure gli enti pubblici (Regione, ATM, AEM, Raccolta Rifiuti, Acquedotto). Solo la Provincia di Torino ha provveduto a 18 assunzioni e il Comune di Torino ne ha deliberate 30.

L'inserimento lavorativo richiede una adeguata formazione professionale

Oggi, praticamente, c'è poco o nulla. Il proget­to regionale per l'utilizzo dei fondi della Comunità Economica Europea (CEE) è largamente insuffi­ciente.

Anche gli handicappati psichici devono essere inseriti nei normali Centri di formazione profes­sionale perché possano imparare un mestiere. Per i più gravi, che non possono frequentare que­sti Centri, si richiedono corsi che diano gli ele­menti di base per l'inserimento lavorativo.

Vogliamo che la scuola sia realmente aperta an­che agli handicappati

Molti sono stati gli inserimenti di handicappati negli asili nido, nelle scuole materne, nelle scuole dell'obbligo: i risultati sono stati positivi solo dove sono stati accettati da insegnanti, compagni, genitori degli altri bambini.

L'inserimento scolastico solleva però problemi specialmente per i soggetti più gravi a causa del­la mancanza di personale, attrezzature e servizi adeguati.

Gli insufficienti mentali gravi e gravissimi non devono essere dimenticati

Mancano soprattutto fuori Torino centri diurni di attività, assistenza domiciliare, comunità allog­gio per i privi di famiglia, con posti disponibili per i casi di pronto intervento.

Per questo si possono anche utilizzare gli in­genti patrimoni delle istituzioni assistenziali (IPAB e ex ECA) trasferiti ai Comuni e che so­vente vengono - illegalmente - utilizzati per altri scopi.

Vogliamo l'eliminazione delle barriere architet­toniche

I trasporti pubblici, le scuole, le case, gli edi­fici aperti al pubblico, devono essere resi acces­sibili anche agli handicappati. Le barriere archi­tettoniche (scalini, rampe ripide, ecc.) sono una difficoltà per tutti e causa di infortuni.

Gli alloggi dell'edilizia economica popolare de­vono essere assegnati anche agli handicappati

In applicazione delle leggi vigenti si richiede che agli handicappati e alle famiglie con figli invalidi (e così pure agli anziani e agli altri casi sociali) siano assegnati alloggi sparsi nelle case, per non creare ghetti.

L'angoscia dei genitori per il presente e il futuro dei loro figli handicappati, deve far scat­tare interventi ormai indilazionabili.

Deve avere fine l'intollerabile situazione di emarginazione sociale e di esclusione degli han­dicappati.

Basta con le dimissioni illegali dagli ospedali degli anziani ammalati cronici non curabili a do­micilio o in ambulatorio.

 

Richieste urgenti

Alla Regione Piemonte: Impegni concreti sui vari punti sopra richiamati e per l'attuazione di tutti i numerosi servizi mancanti (assistenza eco­nomica, domiciliare anche educativa, comunità alloggio, centri diurni, ecc.). Confronto reale sul­la proposta di legge di iniziativa popolare «Rior­ganizzazione dei servizi sanitari e assistenziali e costituzione delle Unità locali di tutti i servizi» presentata, col supporto di oltre 13.000 firme, sin dal luglio 1978!

Alla Regione Piemonte e ai Comuni fuori Torino di attribuire, in attuazione delle leggi nazionali, tutte le funzioni di gestione dei servizi socio-assi­stenziali ai Consorzi e alle Comunità Montane per creare sicuro riferimento per i cittadini e per at­tuare i servizi oggi quasi totalmente mancanti.

Al Comune, alla Provincia di Torino di dare sol­lecita attuazione a quanto già concordato e di risolvere i problemi ancora in sospeso. In parti­colare si chiede alla Provincia di tenere in attenta considerazione la situazione esistente fuori dalla città di Torino, dove le carenze sono ancor più gravi, quando addirittura non ci sono servizi.

 

Basta con le parole, vogliamo i fatti

Quasi tutte queste richieste erano già state presentate un anno fa nella manifestazione dell'11 novembre 1978. La Regione Piemonte è stata sorda. La Provincia e il Comune di Torino hanno dimostrato maggiore disponibilità ma i risultati raggiunti sono molto modesti.

 

 

(1) Fanno parte del Coordinamento le seguenti organiz­zazioni: AIAS (Associazione italiana assistenza spastici), ANFAA (Associazione nazionale famiglie adottive e affida­tarie), ANFFAS (Associazione nazionale famiglie di fanciulli subnormali), CIPE (Centro informazioni politiche ed econo­miche), Coordinamento autogestione handicappati, Coordinamento dei comitati di quartiere, Gruppo Abele, Unione italiana ciechi, ULCES (Unione per la lotta contro l'emargi­nazione sociale), UILDM (Unione per la lotta contro la distrofia muscolare).

 

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