Prospettive assistenziali, n. 48, ottobre - dicembre 1979

 

 

Notiziario dell'Associazione nazionale famiglie adottive e affidatarie

 

 

INDAGINE CONOSCITIVA DEL SENATO SULLE MODIFICHE ALLE LEGGI DELLA ADOZIONE SPECIALE E ORDINARIA, DELL'AFFIDAMENTO E DELL'AFFILIAZIONE

 

Proseguiamo in questo numero a relazionare sulle udienze conoscitive che la Commissione Giustizia del Senato ha promosso sulle proposte di legge presentate nella scorsa legislatura in materia di adozione speciale e ordinaria, affilia­zione e affidamento.

Le precedenti parti sono state pubblicate sui nn. 45 e 47; il seguito sarà pubblicato prossima­mente.

Ricordiamo infine che DC e PCI hanno ripre­sentato al Senato proposte identiche a quelle del­la precedente legislatura; si è aggiunto inoltre un progetto di legge del PSI.

 

 

Tribunale per i minorenni di Palermo

 

Il presidente Ignazio Baviera premette che «nella zona di Palermo l'assistenza ai minori si svolge tuttora quasi esclusivamente mediante ri­covero». A suo parere, «sarebbe necessario pas­sare almeno, per quanto più è possibile, dal rico­vero completo al ricovero a tempo parziale».

Per quanto concerne l'istituto della affiliazione, considera «opportuno mantenerlo, avendo una sua utilità, quale sviluppo naturale che fa seguito all'affidamento familiare. Circa l'adozione ordina­ria ritiene che effettivamente essa possa nuocere all'applicazione dell'adozione speciale, e che per­tanto il legislatore dovrebbe precisare che possa farsi ricorso ad essa soltanto quando manchino i presupposti per far luogo all'adozione speciale. In ogni caso dovrebbero stabilirsi cautele dirette ad impedire che l'adozione ordinaria possa ser­vire di copertura per il cosiddetto "mercato dei bambini"».

Venendo a considerare il problema fondamen­tale, costituito dall'adozione speciale, comunica anzitutto che «presso il Tribunale per i minori di Palermo, negli undici anni di applicazione della relativa legge, sono state pronunciate 937 ado­zioni speciali, partendo da una massa di procedi­menti instaurati superiore a 2.500. Ritiene che il problema più serio per l'attuazione della legge sia ancora oggi quello dell'interpretazione dei pre­supposti, ovvero dello stato di abbandono; affer­ma tuttavia che la definizione dello stato di ab­bandono come di una situazione di "mancanza di assistenza" (definizione con cui si possono sintetizzare le formulazioni di cui ai disegni di legge n. 797 e 968) appare soddisfacente. Resterà poi, naturalmente, rimesso alla evoluzione della so­cietà il determinare, di fatto, l'evoluzione del con­cetto di assistenza, ovvero l'insieme dei compor­tamenti dei genitori indispensabili per concretare l'assistenza stessa. Ritiene comunque che si deb­ba privilegiare l'interesse del minore contro quel­la che è stata giustamente qualificata come una assurda pretesa di proprietà da parte dei genitori naturali: deplora che la stampa locale, in Sicilia, abbia invece in passato costantemente sostenuto il diritto dei genitori naturali. Suggerisce inoltre l'opportunità di trovare qualche rimedio al grave protrarsi dei giudizi in appello. Ritiene infine che nei giudizi di opposizione alla dichiarazione di adottabilità dovrebbe stabilirsi il patrocinio gra­tuito a spese dello Stato a favore del minore, i cui reali interessi non sono purtroppo debitamente difesi, nella prassi attuale». Ad una domanda del­la senatrice Tedesco precisa che «tale gratuito patrocinio a suo avviso dovrebbe essere inserito nella stessa legge di riforma dell'adozione».

 

 

Giudice tutelare di Roma

 

Il giudice Montoro, dopo essersi soffermato sulle molteplici competenze attribuite ai giudici tutelari nel settore minorile, rileva che «l'istituto dell'affiliazione, dopo il venir meno degli impieghi abnormi che di esso si facevano per sopperire al­la possibilità (che ora esiste) di riconoscere i figli adulterini, conserva un sia pur limitato campo di applicazione, che appare tuttavia valido: le po­che affiliazioni che si registrano oggi sono dirette effettivamente allo scopo di proteggere il minore. Quanto all'adozione speciale, ritiene che siano in gran parte superati i contrasti fra i giudici tutelari ed i tribunali per i minori sulla applicazione della relativa legge: i giudici tutelari, superata la ini­ziale impreparazione dei nuovi compiti, hanno di­mostrato di sapere operare utilmente, e ciò anche in relazione alla tutela degli interessi patrimo­niali dei minori, interessi che hanno pur sempre la loro importanza per l'educazione del minore».

In riferimento quindi alle proposte di legge all'esame della Commissione, il giudice Montoro ritiene necessario che «l'affiliazione sia conser­vata unitamente all'adozione ordinaria, anche per lasciare possibilità intermedie tra l'obiettivo mas­simo dell'adozione speciale ed il semplice affida­mento familiare, insoddisfacente sotto molti aspetti». Ritiene inoltre eccessiva la previsione «di tutori e curatori speciali (di nomina del tri­bunale per i minori) nel disegno di legge n. 791: sottolinea invece la validità del tutore nominato dal giudice tutelare, che svolge una funzione du­ratura e che deve rispondere del suo operato». A tale proposito ravvisa l'opportunità di valoriz­zare maggiormente «le funzioni del giudice tute­lare, dal momento che si evidenziano oggi, da ogni parte, i vantaggi offerti dalla figura del giu­dice monocratico, in stretto contatto con i cit­tadini».

«Di fronte alle critiche avanzate verso la giu­risprudenza delle Corti d'appello (nell'attività di secondo grado sulle decisioni dei Tribunali per i minori), ritiene che una certa insofferenza nei confronti di tale giurisprudenza possa essere giu­stificata, tenendo conto della differenza culturale e generazionale rispetto ai Tribunali per i minori. Tale differenza va peraltro diminuendo, e comun­que egli ritiene che si possano e debbano adot­tare soltanto misure idonee ad accelerare i giu­dizi di appello».

 

 

Tribunale per i minorenni di Roma

 

A parere del giudice Giuseppe Salmè «l'ado­zione speciale sembra oggi l'unico, isolato, stru­mento di intervento con il quale il Tribunale per i minori deve affrontare le innumerevoli e ango­sciate richieste di ogni genere che gli pervengo­no: forse una riforma generale dei servizi e delle strutture assistenziali avrebbe dovuto precedere la legge con cui nel 1967 si è creato l'istituto dell'adozione speciale, dal quale troppo ci si at­tende».

Ritiene pertanto che si imponga «con urgenza la riforma dell'assistenza, in particolare per il settore minorile: su questo punto i due disegni di legge offrono solo indicazioni schematiche».

Sul funzionamento dell'istituto dell'adozione speciale, riconosce che «mentre non vi sono dub­bi sulla necessità di insistere sulla tutela del minore anche in contrapposizione con i diritti dei genitori naturali, resta molto da discutere sulla interpretazione da dare di questa tutela, ovvero sulla valutazione realistica degli interessi del mi­nore. In tal senso occorre sottoporre ad un vaglio approfondito i comportamenti dei genitori, aven­do presente che lo stato di abbandono non dipen­de tanto dalla misura degli interessamenti e in­terventi dei genitori, quanto dallo stato sogget­tivo del minore, che può sentirsi abbandonato anche in presenza di interessamento assiduo. Ciò nonostante non si può nemmeno sopravvalu­tare il rimedio offerto dall'adozione speciale: il rapporto fra genitori e figli deve essere tenuto sotto controllo anche in riguardo ai genitori adot­tivi, e comunque l'affidamento preadottivo dovreb­be essere considerato come un periodo di prova, durante il quale gli adottanti dovrebbero essere aiutati dall'ente pubblico, ma al tempo stesso seguiti e controllati. In tal senso è da sottolineare una maggiore prudenza che oggi si riscontra nei Tribunali per i minori, quanto all'uso della ado­zione speciale».

Il giudice Salmè ritiene inoltre che qualora venisse approvata l'elevazione del limite di età a diciotto anni, qualora fosse stabilita, dovrebbe essere definito «in maniera diversificata il pre­supposto dello stato di abbandono, distintamente per le diverse fasce di età, assumendo il proble­ma aspetti ben diversi quando si passa dall'infan­zia all'adolescenza. A tale riguardo osserva anche come non possa parlarsi con assoluta certezza di stato di abbandono nemmeno in situazione di ricovero, posto che anche in tale situazione sus­sistono talvolta presupposti psichici favorevoli per il minore».

Per quanto riguarda i lamentati ritardi delle de­cisioni delle Corti di appello, ritiene che «si potrebbe eliminare la reclamabilità dei provvedi­menti cautelari e delle prescrizioni impartite in sede istruttoria. Il giudizio di appello in ogni caso deve essere conservato, in quanto svolge una funzione positiva».

Per quanto concerne il problema delle «ado­zioni internazionali» suggerisce «una preventiva delibazione delle sentenze di adozione straniera, con riguardo alla idoneità degli adottanti, e previo divieto di lasciare entrare il minore in Italia (pri­ma della delibazione)».

Considerando infine il problema della prospet­tata adozione prenatale, ritiene «che gli scopi con essa perseguiti possano essere raggiunti da altri mezzi, mentre la preadozione in se stessa sembra psicologicamente controproducente».

I giudici Antonietta Carestia e Giovanni Carlino esprimono perplessità sull'istituto dell'adozione speciale in quanto, interrompendo definitivamen­te i rapporti con la famiglia di origine, potrebbe «produrre crisi di identità del minore»; per que­sto «sarebbe quindi consigliabile utilizzare l'isti­tuto dell'adozione ordinaria, con la quale non si cancella il vincolo di sangue, purché tale istituto sia integrato con quei controlli sulla idoneità de­gli aspiranti all'adozione che sono stabiliti per l'adozione speciale».

La senatrice Tedesco chiede ai magistrati di Roma se essi ritengano, comunque, adeguata la definizione dello stato di abbandono nella vigente normativa stabilita con la legge del 1967. Il dottor Salmè dichiara «di ritenere adeguata tale nor­mativa, purché si tolga in essa il presupposto del­la forza maggiore, che oggi è sempre intesa, cor­rettamente, come circostanza transitoria: in caso di impossibilità ad assistere i figli per forza mag­giore, i genitori naturali devono essere aiutati adeguatamente dall'ente pubblico».

Il giudice Carestia ribadisce, a tale riguardo, che «la definizione dello stato di abbandono do­vrebbe comunque essere diversificata per fasce di età, volendosi elevare il limite di età ai diciotto anni».

Ad una ulteriore domanda della senatrice Te­desco, se essi ritengano preferibile l'affiliazione o l'affidamento familiare, rispetto all'adozione speciale, e ciò al fine di non rompere del tutto i vincoli con la famiglia naturale, il giudice Carlino «dichiara preferibile una legislazione che con­senta un passaggio graduale dall'affidamento fa­miliare (o dall'adozione ordinaria) all'adozione speciale, in modo da non interrompere brusca­mente i vincoli con la famiglia naturale».

 

Giudice tutelare di Bergamo

 

Il dirigente della Pretura Corrado Bufardeci dopo alcune considerazioni generali sul ruolo del giudice tutelare nella attuale realtà legislativa, rispondendo ad alcuni quesiti, dichiara «che lísti­tuto della affiliazione dovrebbe essere conservato dal legislatore - sebbene sia ormai scarsamen­te applicato - e per dare al giudice una ulteriore possibilità di intervento, e per agevolare quelle coppie che non sono disposte ad assumersi la responsabilità piena derivante dall'adozione. An­che l'adozione ordinaria, sebbene meno usata di un tempo, potrebbe conservare una sua funzione, per gli adottandi maggiorenni, risolvendo proble­mi patrimoniali di successione. Per quanto riguar­da i minori, l'adozione ordinaria potrebbe confluire nella speciale, facendosi di esse un unico istituto. Quanto infine all'affidamento familiare, ritiene che possa essere un istituto utile, anche per i suoi possibili sviluppi (ritorno alla famiglia di origine, affiliazione, adozione): dovrebbe però ricevere un assetto giuridico più preciso, e venire anche sanzionato dal giudice».

 

Tribunale per i minorenni di Napoli

 

Il giudice Stefano Trapani rileva anzitutto «che il legislatore dovrebbe rendere più chiara l'at­tuale definizione dello stato di abbandono, spe­cialmente precisando il tempo a cui si deve fare riferimento e chiarendo ogni circostanza, in modo da prevenire, per quanto è possibile, i conflitti con i genitori naturali». Ritiene inoltre che «nei giu­dizi di opposizione si debba superare la difficoltà connessa con il patrocinio, in presenza di persone di modesta condizione: il patrocinio obbligatorio dovrebbe essere soppresso, oppure dovrebbe es­sere gratuito per i non abbienti».

Passando a considerare il difficile problema affidato ai Tribunali per i minorenni riguardo alla valutazione comparativa delle coppie aspiranti all'adozione, afferma che le difficoltà dei giudici dovrebbero essere appianate stabilendo per legge criteri obiettivi e più dettagliati, nonché determi­nando il tempo a cui la valutazione deve riferirsi. Lamenta inoltre il fatto che la scelta negativa del Tribunale (nei riguardi di una coppia) spesso ven­ga annullata in appello, senza fondarsi sulla com­plessa situazione della coppia, che è accertata e valutata solo dal Tribunale. Non è infine ben chia­ro cosa si debba fare delle domande momenta­neamente disattese».

Fa presente quindi «le conseguenze dannose, per gli effetti di devianza minorile, derivanti dalla scarsa sorveglianza effettuata dai giudici ordinari sugli istituti di ricovero: se tali compiti venissero trasferiti al Tribunale per i minori, questo potreb­be prevenire deviazioni che poi conducono inevi­tabilmente al crimine, ed inoltre accertare tem­pestivamente gli stati di abbandono, che gli isti­tuti abusivamente nascondono».

Per quanto concerne l'istituto dell'adozione or­dinaria, ritiene che «dovrebbe includersi in esso la valutazione della coppia, che è caratteristica oggi del procedimento di adozione speciale: in pratica converrebbe riunire le due adozioni in un unico istituto».

Il giudice Chiariello si sofferma «sui frequenti casi di aggiramento dell'adozione speciale non già mediante il ricorso a quella ordinaria, bensì per mezzo di riconoscimento non fondato nei fat­ti. Per combattere gli abusi in questione, riterreb­be efficace un attento controllo sugli istituti di ricovero, che faccia emergere in tempo gli stati di abbandono, offrendo così maggiori possibilità per le regolari procedure di adozione».

Rispondendo ad alcune domande della sena­trice Tedesco, il giudice riferisce che «nella zona di Napoli gli affidamenti familiari sono rari, per il disfavore verso la provvisorietà di tali situa­zioni: la giurisdizionalizzazione dell'affidamento familiare gioverebbe, in tal senso, e combattereb­be inoltre il mercato clandestino. In ogni caso gli abusi diminuirebbero, quando le coppie aspiranti all'adozione potessero contare su una legge più completa e funzionale di quella vigente. Conside­rando quindi le difficoltà inerenti a una soddisfa­cente definizione del presupposto morale dello stato di abbandono, afferma che in ogni caso si dovrebbe richiedere maggior rigore per quanto concerne l'assistenza dei genitori nei confronti dei figli dati in ricovero ad istituti».

Rispondendo al senatore Gozzini, il giudice Tra­pani dichiara che «l'adozione prenatale dovrebbe essere resa possibile, in quanto la futura madre può legittimamente indicare una determinata coppia di adottanti, nella quale ha più fiducia. D'altra parte, l'adozione speciale stessa dovrebbe essere suscettibile di revoca, nei casi in cui il minore, giunto all'adolescenza, desideri tornare alla fami­glia di origine ». II dottor Trapani ritiene infine « assai consigliabile abilitare la madre nubile non ancora sedicenne a riconoscere il proprio figlio: ciò eviterebbe inconvenienti ed abusi piuttosto seri. Circa l'esame della incompatibilità genetica (per combattere i riconoscimenti abusivi) espri­me perplessità sul carattere obbligatorio dell'ac­certamento, nonché in relazione alla validità non assoluta di tale prova».

 

Tribunale per i minorenni di Milano

 

Il giudice Gilberto Barbarito rileva anzitutto i ritardi e le incertezze con cui Regioni ed Enti Locali stanno assumendo le competenze assisten­ziali attribuite loro: «spetterebbe ai Comuni la competenza amministrativa circa l'adozione spe­ciale e l'affidamento familiare, ma non tutti i Comuni sono pronti ad esercitare tale competen­za o hanno una sufficiente conoscenza di tali problemi».

Riferendo quindi, sull'attuazione data alla leg­ge sull'adozione speciale, il giudice Barbarito afferma che «il Tribunale per i minori di Milano è convinto che la legge del 1967 sull'adozione speciale ha consentito una diversa visione del minore nell'ambito familiare, e che quindi i prin­cipi informatori di tale legge vanno mantenuti. Si riscontrano circa 300 dichiarazioni annue di adottabilità, pur se negli ultimi tempi sono au­mentate le opposizioni delle famiglie di origine alla dichiarazione dello stato di abbandono. Per quanto riguarda l'affidamento familiare, la batta­glia contro gli istituti ha conseguito notevoli suc­cessi, ma vi è qualche incertezza sulle nuove strutture».

Il presidente Beria D'Argentine rileva, quindi, che il Tribunale di Milano «ha inteso rendere massimamente trasparente la procedura per la adozione speciale, e ha sporto denuncia per i fe­nomeni di mercato di bambini presso la Procura della Repubblica».

Il giudice Caruso afferma quanto segue: «il principio che si deve cercare una famiglia per il minore, e non il contrario: tale principio ispira­tore deve reggere tutti gli istituti giuridici previsti dal legislatore. È necessario, quindi, ripensare l'adozione ordinaria, che tradizionalmente rispon­de allo scopo di cercare l'erede per il nome e il patrimonio; e l'affiliazione, che indubbiamente of­fre al minore scarse garanzie giuridiche e so­stanziali».

Esprime poi il proprio consenso «al principio di prescindere, per l'accertamento dello stato di

abbandono (nella procedura verso l'adozione spe­ciale) dal potere di disposizione dei genitori e quindi dal loro consenso».

Afferma inoltre: «Il progetto Petrella giusta­mente intende coordinare l'attività del Tribunale con quella degli enti locali, che devono offrire assistenza alle famiglie, in modo da metterle in grado di continuare a compiere i loro doveri nei riguardi dei figli. Attualmente capita, purtroppo spesso, che dei minori vengano ricoverati in isti­tuti semplicemente perché gli orari di lavoro dei genitori non coincidono con quelli della scuola. Ritiene poi che l'attuale previsione di quattro gra­di di giudizio, per i ricorsi contro la dichiarazione dello stato di adottabilità, sia sovrabbondante e dia luogo ad un eccessivo allungamento dei tem­pi. Non crede che sia necessario prevedere obbli­gatoriamente un difensore di ufficio dei genitori naturali nella procedura per la dichiarazione del­lo stato di adottabilità, mentre è opportuna sem­pre la presenza di un rappresentante del minore». Lamenta quindi « l'eccessivo risalto dato da più parti all'istituto dell'affidamento familiare, che sembra spesso la soluzione più semplice, mentre in realtà ha effetti deleteri per lo sviluppo dei bambini».

Il giudice Caruso rileva che «il disegno di leg­ge n. 124 intende assicurare l'esigenza della se­gretezza per il periodo che inizia dal momento dell'adozione, mentre lascia scoperta la fase de­licatissima dell'affidamento preadottivo, nella quale si verifica effettivamente l'inserimento del minore nella nuova famiglia».

Sugli affidamenti familiari sarebbe utile - a parere del giudice Caruso - «un controllo dell'autorità giudiziaria sull'affidamento familiare, che comunque può svolgere una funzione positiva nel caso di bambini handicappati e di adolescenti caratteriali. Un contributo finanziario alle fami­glie affidatarie può essere poi opportuno, ma non deve essere previsto in tutti i casi».

Per il giudice Scaparro «l'affidamento familia­re, crea sempre legami affettivi, che poi rischia­no di dover essere spezzati. In tutta la materia gli elementi psicologici hanno un tale rilievo che si avverte l'esigenza di una legislazione di prin­cipi piuttosto che una legislazione a carattere regolamentare; e di poter fare affidamento su operatori sociali professionalmente preparati».

Il senatore Petrella pone agli intervenuti una serie di domande «sull'opportunità di una mera legislazione di principi, sui nuovi compiti del Tri­bunale per i minori e sull'azione giuridisdizionale di controllo degli affidamenti familiari».

Il presidente Beria D'Argentine fa notare che «il Tribunale per i minori di Milano ha continui e positivi rapporti con gli enti locali, e che si avvale anche di una notevole partecipazione vo­lontaria. Sono stati inoltre predisposti nove giu­dici decentrati per zone (con esclusione natural­mente delle questioni penali). Su un piano più generale osserva che la formazione professiona­le dei magistrati dovrebbe essere maggiormente curata, apparendo assolutamente inadeguato l'at­tuale sistema di reclutamento, che porta spesso al fallimento nell'applicazione di leggi, pur se tecnicamente bene elaborate».

In risposta ai quesiti della senatrice Giglia Te­desco Tatò, il giudice Barbarito charisce che «le domande delle coppie che intendono adottare un bambino sono oggetto di selezione, tramite un colloquio di gruppo, un successivo colloquio per singola coppia ed una terza definitiva valuta­zione».

Il presidente Beria D'Argentine afferma «che si sta cercando di accelerare al massimo la pro­cedura di formazione di un elenco di coppie di­sponibili, da considerare valido per un anno».

Il giudice Scaparro «lamenta una certa sclero­tizzazione dei criteri comunemente usati per la valutazione delle coppie, mentre dovrebbe essere privilegiato il momento della discussione di grup­po, con la partecipazione di persone che abbiano già un'esperienza di adozione o di affidamento».

Sia il giudice Caruso che il presidente Beria D'Argentine rilevano che «pur cercandosi di pre­venire, con una prassi particolarmente cautela­tiva, i falsi riconoscimenti di paternità, tendenti ad evitare la procedura di adozione speciale, ap­pare difficile intervenire in via legislativa».

In relazione ad alcune domande del senatore Gozzini, il dottor Barbarito afferma «di ritenere positivo il disegno di legge n. 1116 bis, in quanto mette in evidenza la necessità di garantire ogni assistenza alla madre, in particolare anche per consentirle di portare a termine la gestazione in un ambiente riservato; appare inoltre necessario darle una rassicurante certezza circa la futura assistenza al nascituro. Ritiene però impossibile conferire un valore giuridico alla dichiarazione della madre prima della nascita, e tanto meno addivenire, su questa base, a una dichiarazione di adottabilità prenatale. Ritiene anche da esclu­dere che una eventuale coppia aspirante all'ado­zione effettui in proprio la dichiarazione allo stato civile, ai fini dell'atto di nascita: secondo la linea seguita dal Tribunale per i minori di Milano ci si limita ad attendere un breve intervallo di tempo, dopo la nascita, prima di dichiarare lo stato di abbandono».

Ad una domanda della senatrice Tedesco «cir­ca l'eventualità di dare una configurazione parti­colare all'istituto e al procedimento di adozione speciale, limitatamente ai minori adolescenti (qualora cioè il limite di età venisse elevato a diciotto anni»), il giudice Scaparro risponde af­fermativamente: « in particolare non sembra né utile né necessario obbligare l'adolescente ad una interruzione completa dei rapporti con la fa­miglia di origine (sempre che egli conservi una immagine positiva dei genitori naturali). Non sem­bra vi siano ostacoli - ai fini dello sviluppo psi­chico - a consentire un parallelismo, nella co­scienza del minore, fra i nuovi genitori e quelli d'origine. Nel caso poi dell'affidamento familiare, la necessità che vi siano genitori (gli affidatari) in grado di assumere il carico e la responsabilità del minore, non significa che occorra cancellare il ricordo ed ogni collegamento con la famiglia naturale. In tutti questi casi sembra assai oppor­tuno tener conto del punto di vista espresso dal giovane stesso al tribunale dei minori ».

II presidente Beria D'Argentine ritiene infine «di dover sottolineare, in relazione al contrasto che si profila per la ripartizione delle competenze in materia minorile fra i giudici tutelari e i Tribu­nali per i minori, come sia più opportuno fare affidamento sulla specializzazione, nella materia, dei magistrati del tribunale dei minori, e ciò non per un malinteso corporativismo, bensì per rea­lizzare meglio gli interessi dei minori».

 

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