Prospettive assistenziali, n. 46, aprile - giugno 1979

 

 

SEI PIATTAFORME SUGLI INTERVENTI PER GLI HANDICAPPATI

 

 

L'ANFFAS (Associazione nazionale famiglie di fanciulli subnormali) e il CSA (Coordinamento sanità e assistenza fra i movimenti di base) (1) hanno organizzato in data 11 novembre 1978 una manifestazione di protesta a cui hanno partecipa­to oltre 400 persone (militanti di base, rappresen­tanti di associazioni e soprattutto genitori con figli handicappati).

Riuniti in corteo, i partecipanti, partendo dalla sede della Regione Piemonte, hanno percorso le vie del centro sostando davanti alla sede della Provincia di Torino per avere un confronto per una trattativa che si è iniziata con gli Assessori del Comune e della Provincia nell'aula del Con­siglio comunale di Torino. In questa sede il Co­mune si è impegnato ad assumere 30 handicap­pati psichici (v. la delibera a pag. 53) e ad isti­tuire entro il 1979 33 nuovi posti in comunità alloggio e 160 in centri diurni per subnormali gravi.

Così pure è stata accolta dopo estenuanti sol­lecitazioni, la richiesta dell'ANFFAS e del CSA di discutere con i competenti Assessori della Regione, dei Comuni e della Provincia di Torino le rivendicazioni specifiche riguardanti i proble­mi non assistenziali degli handicappati.

Qui di nuovo l'ANFFAS e il CSA hanno ribadito il rifiuto a quella linea politica che considera co­me assistenziali tutti i settori di intervento (la­voro, casa, sanità, diritto allo studio, formazione professionale, ecc.) riguardanti gli handicappati.

Per evitare che gli incontri specifici assumes­sero, come spesso avviene, un carattere interlo­cutorio o fossero solo un'occasione per vaghe dichiarazioni, l'ANFFAS e il CSA hanno predispo­sto piattaforme specifiche che pubblichiamo inte­gralmente insieme con il volantino che era stato distribuito in occasione della manifestazione dell'11 novembre 1978.

 

 

TESTO DEL VOLANTINO

 

Vogliamo l'inserimento sociale di tutti gli han­dicappati

Troppi sono ancora gli handicappati esclusi dalle cure sanitarie e riabilitative, dai servizi so­ciali, dal lavoro, dall'assegnazione di alloggi, dai trasporti pubblici, dalle attività ricreative e mo­torie, ecc., ecc.

TROPPI HANDICAPPATI SONO ANCORA RICOVE­RATI NEGLI ISTITUTI ANCHE FUORI PROVINCIA.

Non solo gli enti pubblici torinesi (Comune e Provincia) non istituiscono i servizi alternativi, ma i posti gestiti dalla provincia di Torino sono diminuiti dai 35 del 1975 agli attuali 17.

La carenza di interventi pubblici ha portato allo sviluppo dell'assistenza privata.

Dove andranno a finire gli handicappati che verranno dimessi dagli istituti fuori Regione?

LE LEGGI VIGENTI SUL COLLOCAMENTO OBBLI­GATORIO AL LAVORO CONTINUANO A NON ESSERE APPLICATE.

Le aziende private rifiutano di assumere handi­cappati e così pure gli enti pubblici (Regione, Comune, A.T.M., A.E.M., Raccolta Rifiuti, Acque­dotto, ecc. Solo la Provincia di Torino ha prov­veduto ad alcune assunzioni).

Le Commissioni Sanitarie Regionali per l'inva­lidità arrivano addirittura a bollare molti handi­cappati come K pericolosi a sé ed agli altri » sen­za nemmeno visitarli.

L'INSERIMENTO LAVORATIVO RICHIEDE UNA ADEGUATA FORMAZIONE PROFESSIONALE.

Oggi, praticamente, c'è poco o nulla!

Gli handicappati devono essere inseriti nei nor­mali centri di formazione professionale perché possano imparare un mestiere.

Per i più gravi, che non possono frequentare questi centri, si richiedono corsi che diano gli elementi di base per l'inserimento lavorativo.

Vogliamo che la scuola sia realmente aperta an­che agli handicappati

Molti sono stati gli inserimenti degli handicap­pati negli asili nido, scuole materne, scuole dell'obbligo: i risultati sono stati positivi solo dove sono stati accettati da insegnanti, compagni, ge­nitori degli altri bambini od idoneamente seguiti.

GLI INSUFFICIENTI MENTALI GRAVI E GRAVIS­SIMI NON DEVONO ESSERE DIMENTICATI.

Mancano centri di attività diurni, assistenza domiciliare e comunità alloggio per i privi di fa­miglia, con posti disponibili per i casi di assoluta urgenza.

Vogliamo l'eliminazione delle barriere architet­toniche

I trasporti pubblici, le scuole, le case, gli edi­fici aperti al pubblico, devono essere resi acces­sibili anche agli handicappati.

Le barriere architettoniche (scalini superflui, rampe ripide, ecc.) sono una difficoltà per tutti e causano infortuni.

GLI ALLOGGI DELL'EDILIZIA ECONOMICA POPO­LARE DEVONO ESSERE ASSEGNATI ANCHE AGLI HANDICAPPATI.

In applicazione delle leggi vigenti si richiede che agli handicappati e alle famiglie con figli in­validi siano assegnati alloggi sparsi nelle varie case per non creare ghetti.

La situazione attuale degli handicappati e delle loro famiglie è drammatica!

Chiediamo pertanto che siano aperti, entro la fine dell'anno, i centri di attività diurna, già deli­berati, per gli handicappati gravi.

Sia estesa l'assistenza domiciliare a tutti i 23 quartieri della città.

Sia aperta la comunità di via Monginevro.

Sia aperta la Comunità Alloggio di via Soste­gno 37, dopo averne modificato il progetto in modo da renderla idonea per gli handicappati gravi che non possono camminare.

Gli Enti Pubblici (Regione, Comuni, A.E.M., A.T.M., Raccolta Rifiuti, Acquedotto, ecc.) assu­mano il numero di invalidi prescritto dalla legge.

Siano iniziati i lavori di ristrutturazione dell'ex Istituto Bonafous per realizzarvi centri di attività diurna ed un centro residenziale.

La Regione, la Provincia, i Comuni rendano noto ed aprano il confronto con le forze sociali ed i cittadini sulle iniziative che si impegnano di assumere entro la fine del mandato (primavera dell'80) precisando i tempi di realizzazione tenen­do conto delle necessità delle zone fuori Torino. Basta con le parole, vogliamo i fatti

Su questi temi partecipiamo insieme sabato 11 novembre 1978 alle ore 9,30 alla manifesta­zione davanti alla Regione, in piazza Castello 165.

 

Torino, 4-11-1978 - Stampato in proprio - Ass. Nazionale Famiglie Fanciulli Subnormali (ANFFaS) - Coordinamento Sanità Assistenza fra i movimenti di base.

 

 

PIATTAFORMA SUI PROBLEMI DELLA SANITÀ E DELL'ASSISTENZA RIGUARDANTI GLI HANDICAPPATI

 

La posizione dell'ANFFaS e del CSA sulla sa­nità e sull'assistenza e sulla formazione dei rela­tivi operatori è precisata nella proposta di legge regionale di iniziativa popolare «Riorganizzazio­ne dei servizi sanitari e assistenziali e costitu­zione delle unità locali di tutti i servizi», propo­sta che conserva piena validità anche dopo l'ap­provazione della legge di riforma sanitaria.

Si deplora che in merito all'iniziativa popolare l'Amministrazione regionale finora non abbia ri­spettato né le modalità previste dallo statuto regionale (informazione e consultazione), né i tempi.

La proposta di legge, fra l'altro, aveva ed ha ancora lo scopo di sollecitare la costituzione dei Consorzi, costituzione che è in notevole ritardo (l'impegno del Consiglio regionale era di costi­tuirli tutti entro il 30-6-78).

Questo ritardo ha portato come conseguenza la mancata attuazione di molte funzioni assisten­ziali da parte dei Comuni, in particolare di quelli piccoli (funzioni che sono state trasferite dal DPR 616 a decorrere dall'1-1-1978), fatto che ha provocato e provoca gravi e sovente irreparabili danni alle famiglie e ai loro figli handicappati per l'assenza quasi assoluta di prevenzione e le spes­so gravi deficienze dei servizi sanitari e assisten­ziali.

È dunque urgente che la Regione assuma le iniziative necessarie per la costituzione delle. Unità locali, adeguando le norme della legge re­gionale n. 39 alla legge di riforma sanitaria per avviare la creazione di adeguati servizi sanitari e assistenziali al più presto e comunque entro il 1979.

Si sottolinea che per la città di Torino la Re­gione dovrebbe confermare le deleghe al Comune di Torino, con l'obbligo del Comune di trasferire poteri ai Consigli di Circoscrizione.

Si chiede inoltre, che la Regione, in accordo con il Comune di Torino assuma un'iniziativa in merito all'art. 47 della legge di riforma sanitaria per ottenere dal Governo che il decreto avente valore di legge che deve essere predisposto e approvato dal Governo stesso stabilisca per tut­to il personale paramedico e amministrativo del servizio sanitario regionale uno stato giuridico ed economico valido anche per il personale degli enti locali di modo che risulti anche per questo fondamentale aspetto che l'Unità sanitaria locale non è un ente a sé stante, ma uno strumento dei Consorzi fra Comuni, delle Comunità montane, dei Comuni e delle Circoscrizioni.

Per consentire all'iniziativa suddetta di avere reali sbocchi, si propone che la Regione Piemonte e il Comune di Torino coinvolgano gli altri Co­muni, le Comunità montane, l'ANCI, l'UNCEM, le forze sindacali e sociali e le altre Regioni.

La legge di riforma sanitaria prevede che la Regione predisponga e approvi entro il 30 otto­bre 1979 il piano regionale per il triennio 1980/82 e si chiede che esso comprenda anche la parte assistenziale e la formazione di base e perma­nente del relativo personale:

Poiché l'assenza di indicazioni politiche da par­te della Regione ha conseguenze negative sui piani che devono essere fatti dal Comune di To­rino e dai Consorzi (di cui nessuno è in funzione) e sulle iniziative degli enti locali, si chiede che la Regione predisponga la bozza di piano entro il mese di maggio di modo che prima dell'estate essa possa esser ampiamente discussa.

 

Si chiede inoltre alla Regione:

- di orientare tutti gli sforzi ed i finanziamenti disponibili ai servizi di territorio e di prevenzione, cura e riabilitazione, stabilendo fra l'altro un or­ganico collegamento fra consultori familiari, as­sistenza ginecologica, parto, interventi nei con­fronti dei bambini rischio;

- di assumere le necessarie iniziative nei con­fronti dei Comuni e del personale medico, para­medico e sociale affinché siano in grado di fornire informazioni valide ai genitori con bambini han­dicappati e soprattutto non si rifiutino di fornire le prestazioni dovute;

- di intervenire affinché le Commissioni per gli invalidi civili adottino criteri omogenei rife­riti esclusivamente alla mancanza o perdita della capacità lavorativa al fine di evitare anche che siano dichiarate invalide persone che non lo sono. Per questo problema si chiede che la Regione costituisca un apposito gruppo di lavoro con la presenza anche di una rappresentanza del CSA;

- di sollecitare il Comune di Torino a istitui­re un apposito servizio per la formazione di base e permanente degli operatori sanitari e sociali;

- di assicurare una vigilanza effettiva sugli istituti di ricovero di handicappati (minori, adulti, anziani), vigilanza che deve essere fatta in via straordinaria dalla Regione e in via ordinaria dal Comune di Torino, dalle Comunità montane Val Pellice e Val Chisone e dai Consorzi fra i Comuni.

 

 Si chiede al Comune di Torino:

- di trasferire immediatamente ai Consigli di Circoscrizione i poteri deliberativi loro spettanti (il trasferimento avrebbe dovuto decorrere dall'1-1-1979) ai sensi della delibera approvata dal Consiglio comunale il 23-6-1978, assumendo tutti i necessari provvedimenti (delibere settoriali, no­mina del coordinatore per i servizi sanitari e as­sistenziali, definizione delle procedure, ecc.);

- di istituire il servizio di formazione di base e permanente degli operatori sanitari e sociali con l'obiettivo di assorbire e unificare le inizia­tive formative oggi sparse fra i vari enti pubblici: Provincia, Croce Rossa, Enti ospedalieri, ecc.;

- di provvedere con la massima urgenza a predisporre un piano per i necessari investimen­ti, soprattutto per i poliambulatori di quartiere aventi locali anche per i servizi assistenziali e per le attività di riabilitazione;

- di rivendicare la delega regionale per tutte le funzioni gestionali concernenti la sanità, l'as­sistenza e la formazione dei relativi operatori. Si chiede inoltre al Comune di Torino:

- di assicurare un'efficiente assistenza odon­toiatrica per gli handicappati con la possibilità di appoggio presso tutte le strutture ospedaliere, mutualistiche e comunali esistenti;

- di istituire un corso di informazione per i genitori degli handicappati sui problemi pedago­gici e riabilitativi. L'esigenza di tale tipo di corso era già stata espressa nella primavera del 1977 da parte di un gruppo di genitori dell'ANFFaS con una lettera all'Assessore Sabbadini;

- di istituire punti di consulenza fisiatrica, or­topedica, neuropsichiatrica e sanitaria in genere, presso i quali i genitori possano ottenere indica­zioni, diagnosi, terapie, comportamenti riabilitati­vi utili alla possibilità di recupero dei propri figli, particolarmente nella prima infanzia.

 

Agli altri Comuni si chiede:

- di istituire con la massima celerità i Con­sorzi, tenendo conto della necessità di omoge­neizzare per quanto possibile l'ambito territoriale delle Unità locali con le Comunità montane so­prattutto raggruppando queste ultime;

- di predisporre i piani programmatici di in­tervento;

- di avviare in concreto i servizi, approvando delibere impegnative e non solo varando docu­menti su documenti;

- di istituire i necessari centri per la forma­zione di base e permanente degli operatori sani­tari e sociali.

Si confermano infine le richieste avanzate con il documento presentato in occasione della riu­nione avuta il 24-11-1978 con gli assessori Foppa, Molineri, Sabbadini e Vecchione e cioè:

 

Soluzioni residenziali (comunità alloggio) o equivalenti

Anzitutto si richiede da parte delle Amministra­zioni l'impegno a soddisfare almeno il 50% delle nuove richieste di inserimento in tali strutture con posti gestiti da Comuni o loro Consorzi a par­tire dal giugno 1979.

Pertanto si richiede:

che, oltre ai 55 posti programmati per la città di Torino e ufficialmente annunciati nel comunicato alle Associazioni ed alla stampa del 10-11-1978, come primo immediato intervento, siano istituiti entro il mese di aprile 1980:

n. 50 posti in Torino

n. 100 posti in Provincia di Torino;

e inoltre, che, in sede di programmazione, sia prevista la ulteriore possibilità di collocazione entro giugno 1981 di:

n. 50 soggetti in Torino e n. 100 soggetti in Provincia, mediante deliberazione da assumere entro il giu­gno 1979.

 

Centri diurni

Si richiede:

- l'apertura di n. 5 nuovi centri diurni in To­rino, al di là di quelli preannunciati con il sopra citato comunicato, con capienza massima di 30 posti ciascuno, entro l'aprile 1980. Verificando le esigenze dell'utenza al giugno 1979, si stabilirà se i centri citati siano da considerare come nuovi posti o come eventuale decentramento dei centri di lavoro protetto gestiti dalla Provincia;

- l'apertura di centri diurni in tutte le ULS della Provincia sprovviste di tale tipo di servizi o insufficientemente servite. Inizialmente si propo­ne che i primi tre centri siano istituti, entro il giugno 1979 nei Comuni di:

Collegno e zona dell'ULS 24

Settimo Torinese e zona dell'ULS 28

Ivrea e zona dell'ULS 40.

I quattro successivi entro l'aprile 1980 a:

Ciriè e zona dell'ULS 27

Orbassano e zona dell'ULS 34

Susa e zona dell'ULS 36

Chivasso e zona dell'ULS 39.

In tutti i centri diurni devono poter essere ac­colti in modo adeguato i soggetti handicappati che la sera rientrino in famiglia o in comunità, anche se gravissimi.

 

 

PIATTAFORMA SUI PATRIMONI DEGLI EX-ECA E SULLE IPAB

 

L'art. 25 del D.P.R. 616 prevede quanto segue: «Fino all'entrata in vigore della legge di riforma della finanza locale la gestione finanziaria delle attività di assistenza attribuite ai Comuni viene contabilizzata separatamente ed i beni degli ECA e delle IPAB di cui al presente articolo conserva­no la destinazione ai servizi di assistenza sociale anche nel caso di loro trasformazione patrimo­niale».

I patrimoni immobiliari e mobiliari degli ex ECA e delle IPAB del Piemonte ammontano a diverse centinaia di miliardi.

L'applicazione corretta del D.P.R. 616 è l'occa­sione unica e irripetibile per avere a disposizione i capitali necessari per l'istituzione dei numero­sissimi servizi mancanti nel campo dell'assi­stenza.

Con i capitali disponibili è possibile creare tutti i servizi alternativi per gli handicappati, per gli anziani, per í minori e gli altri soggetti assi­stibili:

 

Pertanto si richiede:

- alla Regione di istituire un apposito servizio incaricato di raccogliere Unità locale per Unità locale tutti i dati relativi ai patrimoni degli ex ECA e delle IPAB comprese quelle dichiarate estinte dopo l'entrata in vigore del D.P.R. 616; - tali dati, periodicamente aggiornati e con l'indicazione del reddito prodotto e del loro uti­lizzo, dovranno essere allegati ai bilanci preven­tivi e consuntivi della Regione.

Si chiede inoltre alla Regione che:

- i decreti di estinzione delle IPAB contenga­no il riferimento all'art. 25 del D.P.R. 616;

- comunichi a tutti i Comuni l'obbligo di legge della destinazione dei patrimoni degli ex ECA, ex IPAB ai servizi di assistenza sociale anche nel caso di loro trasformazione patrimoniale;

- assuma le necessarie iniziative affinché i patrimoni già destinati in violazione del D.P.R. 616 siano recuperati e utilizzati secondo legge oppure sia destinata al settore assistenza una somma corrispondente al valore del patrimonio. A que­sto riguardo si chiede che la Regione fornisca entro il 30 gennaio 1979 l'elenco dei patrimoni (con il relativo valore) già destinati in violazione del D.P.R. 616.

Inoltre la Regione deve entro la fine di gennaio 1979 indicare i criteri per l'assegnazione ai Co­muni e l'utilizzazione dei patrimoni degli ex ECA e ex IPAB, assegnazione che deve essere fatta in funzione delle esigenze di tutte le Unità locali al fine di un adeguato riequilibrio delle risorse.

Si richiede inoltre:

- che i Comuni, il Comune di Torino, le Co­munità montane Val Pellice e Val Chisone, i Con­sorzi fra i Comuni (e fino alla loro costituzione i Comuni più importanti) predispongano entro la fine di marzo 1979 i piani di utilizzazione dei pa­trimoni disponibili. Tuttavia la predisposizione dei piani di cui sopra non deve costituire un alibi per il non utilizzo immediato di quanto disponi­bile, osservando quanto stabilito dall'art. 25 del D.P.R. 616.

Alla Provincia di Torino si richiede di destinare a strutture alternative per handicappati una som­ma equivalente al valore del patrimonio acquisito gratuitamente can l'estinzione dell'IPAB Marro utilizzato in modo difforme dal D.P.R. 616 ad atti­vità scolastiche.

L'utilizzo della somma suddetta dovrà aver luo­go tenendo conto delle unità locali più scoperte.

Al Comune di Torino e altri Comuni si chiede analogamente a quanto richiesto alla Regione, di allegare ai proprii bilanci preventivi e consuntivi l'elenco dei beni mobili e immobiliari degli ex ECA e ex IPAB con l'indicazione del reddito pro­dotto e del loro utilizzo.

 

Patrimoni di proprietà di Comuni e Province destinati attualmente a servizi assistenziali

La Provincia di Torino possiede degli immobili già destinati al settore assistenziale (es. IPIM di Superga, Mainero 1 e 2) e così pure il Comune di Torino (es. Villa Capriglio, istituto di Mongre­no). Si chiede che i Comuni e la Provincia di To­rino utilizzino queste risorse e le somme corri­spondenti, per la creazione di strutture alternati­ve. Nello stesso modo si dovrà procedere per i patrimoni provenienti dal trasferimento di Enti assistenziali.

 

 

PIATTAFORMA SUI PROBLEMI DELLA CASA PER GLI HANDICAPPATI, LORO FAMIGLIE E ALTRI ASSISTITI E SULL'ELIMINAZIONE DELLE BARRIERE ARCHITETTONICHE

 

1) Problemi della casa: il D.P.R. 384 del 27-4­1978 riguardante l'eliminazione delle barriere ar­chitettoniche prevede all'art. 17 quanto segue: «gli alloggi situati nei piani terreni dei caseg­giati dell'edilizia economica e popolare dovranno essere assegnati per precedenza agli invalidi che hanno difficoltà di deambulazione, qualora gli as­segnatari ne facciano richiesta. Agli alloggi così assegnati dovranno essere apportate le variazio­ni possibili per adeguarli alle prescrizioni del pre­sente regolamento».

A sua volta la convenzione stipulata il 28-10­1974 fra il Consorzio regionale degli IACP e la Regione Piemonte prevede che in attuazione della legge 22-10-1971 n. 865 sia prevista «in tutti i complessi di costruzione edilizia di abitazione» «una riserva di alloggi, fino ad un massimo del 90% della consistenza volumetrica totale del fab­bricato da assegnare a persone anziane e inva­lide».

A sua volta la legge n. 513 dell'8-8-1977 prevede che non meno del 30% delle abitazioni realizzate dai programmi di intervento «debbono essere di superficie utile di mq. 45 ed assegnate, in via provvisoria a famiglia di nuova formazione e ad anziani».

a) Si chiede alla Regione di fornire i dati rela­tivi all'applicazione della citata convenzione con gli IACP: assegnazioni complessive, assegnazioni agli anziani, assegnazioni agli invalidi. Idem per le costruzioni in corso e per le opere progettate. Si chiede inoltre che la convenzione con gli IACP sia modificata introducendo la percentuale mini­ma (8%) degli alloggi per anziani e invalidi e pre­vedendo anche alloggi per comunità per handicap­pati, anziani e minori e altri casi sociali. Si chie­de inoltre che la Regione intervenga nelle sedi opportune affinché gli alloggi per invalidi di cui al DPR 384 siano previsti al primo piano quando il piano terreno non è destinato ad abitazione.

Un analogo intervento dovrà essere fatto af­finché gli alloggi siano assegnati anche a fami­glie con invalidi a carico che hanno difficoltà di deambulazione o che presentano un grave han­dicap di tipo psichico.

Si chiede inoltre alla Regione di emanare una legge atta a finanziare le opere necessarie per l'abolizione delle barriere architettoniche degli edifici pubblici e aperti al pubblico. Inoltre la Re­gione deve controllare che i nuovi progetti ed i regolamenti (compresi quelli edilizi) prevedano l'eliminazione delle barriere architettoniche.

Si chiede inoltre alla Regione una iniziativa af­finché le Commissioni per gli invalidi civili assu­mano criteri omogeneizzati riferiti esclusivamen­te alla mancanza e perdita della capacità lavora­tiva, al fine di evitare che siano dichiarate inva­lide persone che tali non sono. Definiti i criteri come sopra indicato, dovranno essere revisionate tutte le dichiarazioni di invalidità già emesse. Si potrà evitare in tal modo che le assegnazioni di alloggi siano fatte a falsi invalidi.

b) Si chiede al Comune di Torino di appoggiare le richieste di cui sopra, di modificare il proprio regolamento edilizio, di eliminare le barriere ar­chitettoniche nelle sue nuove costruzioni e, ove possibile, nei servizi pubblici già esistenti.

Si chiede inoltre che il Comune di Torino as­segni ad handicappati, ad anziani e ad altri casi sociali gli alloggi ad esso trasferiti dallo sciogli­mento dell'ECA, di IPAB e di altri Enti assisten­ziali e svolga un'azione per le finalità di cui sopra nei confronti delle IPAB non ancora trasferite.

c) Si chiede agli IACP di assegnare ad handi­cappati, anziani e altri casi sociali gli alloggi già costruiti e resisi comunque disponibili; di attuare per la parte di sua competenza quanto indicato ai punti precedenti, e di pubblicizzare tramite il pro­prio organo di stampa le iniziative assunte per la costruzione e assegnazione di alloggi a invalidi, anziani e altri casi sociali.

Inoltre si chiede agli IACP di eliminare le bar­riere architettoniche da tutti i nuovi progetti co­me previsto dal DPR 384 e di procedere ai pos­sibili adattamenti nelle costruzioni in corso o esi­stenti, con priorità in quelle assegnate e da asse­gnare ad invalidi.

 

 

PIATTAFORMA SUI PROBLEMI DELL'INSERIMENTO PRESCOLASTICO E SCOLASTICO, DELLA FORMAZIONE PREPROFESSIONALE E PROFESSIONALE

 

Positivi sono i risultati dell'inserimento presco­lastico e scolastico degli handicappati, in parti­colare di quelli psichici, laddove sono stati accet­tati da insegnanti, personale ausiliario della scuo­la, compagni, genitori degli altri bambini e sono stati idoneamente seguiti.

Tuttavia sono presenti disfunzioni che occorre eliminare al più presto.

 

Si chiede pertanto:

a) al Provveditorato agli Studi di procedere all'inserimento di handicappati nelle proprie scuo­le materne, così come avviene in quelle comunali e di fornire fin dall'inizio dell'anno scolastico il personale di appoggio necessario per la scuola dell'obbligo, evitando che si ripetano gli intolle­rabili ritardi che danneggiano gli handicappati e il buon funzionamento delle scuole dell'obbligo. Si chiede altresì al Provveditorato agli Studi di assumere le necessarie iniziative nei confronti del proprio personale docente e non docente per­ché sia quantitativamente sufficiente, qualitativa­mente preparato e svolga le attività necessarie per un reale inserimento degli handicappati;

b) al Provveditorato agli Studi e al Comune di Torino di programmare e attuare le necessarie iniziative per garantire l'educazione nelle scuole elementari normali dei bambini gravi e gravis­simi.

L'inserimento di tali alunni dovrà avvenire for­mando gruppi specifici di alunni (come previsto dall'art. 2 della legge 517) dotati dei sussidi di­dattici e riabilitativi necessari e dell'apporto di personale insegnante comunale (circolare mini­steriale 169 del 21-7-1978).

Nella formazione e dotazione di mezzi e perso­nale di tali gruppi dovrà realizzarsi il completo decentramento del Centro educativo speciale co­munale.

L'amministrazione scolastica e comunale devo­no garantire un livello qualitativo degli interventi non inferiore a quello oggi fornito dal Centro edu­cativo speciale comunale.

Tali specifici gruppi (uno o più per distretto) dovranno assicurare la flessibilità dell'intervento in termini tali da favorire il massimo possibile di attività con gli alunni non dotati ed il progressivo passaggio dei soggetti alle classi normali non ap­pena e qualora ciò sia possibile e utile per i bam­bini.

Tutti gli alunni saranno così iscritti ad una classe e frequenteranno i gruppi suddetti esclu­sivamente i gravissimi per i quali l'équipe, in ac­cordo con gli organi scolastici e le famiglie, ri­tengono controproducente la frequenza della clas­se normale;

c) al Comune di Torino

1) di assicurare tramite i propri servizi decen­trati gli interventi di prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione e di assistenza sociale necessari per il buon fine dell'inserimento prescolastico e scolastico degli handicappati, promuovendo an­che iniziative di formazione rivolte a tutte le per­sone interessate e alla cittadinanza;

2) di allargare le prestazioni di assistenza do­miciliare di tipo educativo rivolte ai bambini han­dicappati a partire dai primi mesi di vita allo scopo di rendere efficace la prevenzione secon­daria rispetto all'insorgere di ulteriori disturbi dovuti direttamente e indirettamente all'handicap e di favorire una tempestiva attività educativa e riabilitativa, qualora questa non possa essere as­sicurata dagli altri servizi socio-sanitari di quar­tiere;

3) di fornire un programma inerente gli inter­venti di cui sopra con indicazione di modalità e tempi compresi gli impegni per il completamento delle équipes;

d) alla Regione Piemonte di provvedere a delegare la formazione professionale al Comune di Torino, alle Comunità Val Pellice e Val Chisone e ai Consorzi di Comuni al fine di un valido inse­rimento degli handicappati nei corsi professionali e preprofessionali: per garantire la continuità de­gli interventi attuati dagli enti locali; per assicu­rare condizioni concrete di intervento rapido ed idoneo e un efficace controllo sulle attività e sul­la destinazione dei finanziamenti.

Si chiede inoltre alla Regione Piemonte che le iniziative indicate nel progetto presentato alla C.E.E. vengano realizzate comunque, anche nel caso che i finanziamenti non siano concessi dal Fondo Sociale Europeo, in base ad un programma di cui si chiede la discussione alla Regione Piemonte e al Comune;

e) alla Regione Piemonte e al Comune di To­rino di assicurare l'inserimento nei normali corsi professionali degli handicappati che sono in gra­do di imparare un mestiere che offra concreti sbocchi lavorativi.

Per consentire quanto sopra dovranno essere stipulati accordi con le aziende per assicurare che le future assunzioni siano effettuate con sog­getti idoneamente preparati. Ciò comporta fra l'altro sia il prestito d'uso di attrezzature azien­dali atte ad una preparazione professionale ca­lata nella realtà, sia tirocini presso aziende, sia l'inserimento temporaneo di personale delle aziende sui centri di formazione professionale, sia l'inserimento temporaneo di personale dei centri di formazione professionale nelle aziende per aggiornamento e per seguire nella prima fase gli invalidi assunti.

Si chiede l'inserimento nei corsi preprofessio­nali degli handicappati, in particolare quelli psi­chici, che possono inserirsi nel mondo del lavoro in attività di tipo generico. Deve essere prevista la possibilità di passaggio dai corsi preprofessio­nali a quelli professionali;

f) al Comune e alla Provincia di Torino di for­nire semestralmente l'elenco delle aziende che nel periodo considerato hanno assunto handicap­pati con l'indicazione del numero delle assunzioni effettuate.

 

 

PIATTAFORMA SUI PROBLEMI DELL'INSERIMENTO LAVORATIVO DEGLI HANDICAPPATI

 

Si prende atto innanzitutto con viva soddisfa­zione dei 18 handicappati psichici recentemente assunti dalla Provincia di Torino e della delibera approvata dal Consiglio Comunale di Torino per l'assunzione nei propri ruoli di 30 handicappati psichici.

 

Si richiede:

a) alla Regione Piemonte di assumere nei propri ruoli una quota da concordare di handicap­pati psichici e di promuoverne l'assunzione da parte degli enti e società con partecipazione e/o con presenza di propri rappresentanti (SAGAT, Enti ospedalieri, ecc.), enti e società di cui si chiede che la Regione fornisca l'elenco entro 15 giorni;

b) al Comune di Torino di promuovere l'as­sunzione di quote di handicappati psichici presso le aziende municipalizzate (ATM, AEM, AMMR, Acquedotto municipale, ecc.) e presso gli altri enti e società con partecipazione e/o presenza di rappresentanti del Comune, enti e società di cui si richiede che il Comune di Torino fornisca l'elenco entro 15 giorni;

c) alla Provincia di Torino di promuovere l'as­sunzione di handicappati psichici presso gli enti e società con partecipazione e/o presenza di rap­presentanti della Provincia, enti e società di cui si chiede che la Provincia fornisca l'elenco entro 15 giorni.

Effettuate le assunzioni di cui sopra, si chiede che la Regione, il Comune e la Provincia di To­rino appoggino l'azione che verrà intrapresa dall'ANFFaS e dal CSA per ottenere che le aziende private assumano handicappati delle varie cate­gorie compresi quelli psichici.

 

Si chiede inoltre:

1) al Comune di Torino e transitoriamente alla Provincia per il resto di territorio di compe­tenza di predisporre un servizio preposto a con­trollare e seguire gl'inserimenti lavorativi presso enti pubblici e aziende private fino a quando sia necessario;

2) alla Regione Piemonte, al Comune e alla Provincia di Torino di intervenire insieme all'ANFFaS e al CSA affinché le Commissioni per gli invalidi civili assumano criteri omogenei e ri­feriti esclusivamente alla mancanza o perdita del­la capacità lavorativa al fine di evitare che siano dichiarate invalide persone che non lo sono e per evitare che le Commissioni suddette impedisca­no l'inserimento lavorativo degli invalidi o revo­chino quelli in corso con l'inaccettabile dichiara­zione di pericolosità a sé e agli altri che viene fatta senza verifica alcuna delle condizioni di la­voro e delle possibilità dell'handicappato.

 

*  *  *

 

Concordati i criteri di cui sopra si chiede che Regione, Comune e Provincia di Torino promuo­vano le opportune iniziative da assumere insieme con l'ANFFaS e il CSA per la revisione delle di­chiarazioni di invalidità, finora rilasciate, al fine che le dichiarazioni stesse riguardino esclusiva­mente invalidi veri.

 

 

PIATTAFORMA SULLE COMMISSIONI PER GLI INVALIDI

 

Con riferimento ai provvedimenti che vi pro­ponete di assumere nell'immediato, osserviamo:

1) si concorda sull'opportunità di far presen­te alle commissioni ex-art. 20 della legge n. 482 quanto da voi prospettato, ossia «che le residue energie dell'invalido possono esser utilizzate sen­za rischio, usura e maggior danno e quindi de­vono esser valutate in relazione a tutte le attività presenti nell'ambito dell'organizzazione aziendale e non solo in relazione a quella attività assegnata dal datore di lavoro, sovente senza tener conto dei requisiti attitudinali e delle possibilità di adat­tamento e vicariazione».

In particolare le organizzazioni firmatarie riten­gono che quando la commissione è chiamata ad accertare che «la natura e il grado dell'invalidità non possa riuscire di pregiudizio alla salute o all'incolumità dei compagni di lavoro od alla si­curezza degli impianti», la commissione dovrà rigorosamente attenersi al principio sovratrascrit­to, tenendo anche conto degli opportuni adatta­menti degli impianti, che comunque debbono es­ser assicurati dall'azienda, e delle norme di sicu­rezza ai fini antinfortunistici dei lavoratori validi, così come di quelli invalidi.

Questi problemi dovranno esser oggetto di par­ticolari cure nella fase istruttoria affidata all'ULS;

2) in relazione alla proposta contenuta nella citata vs/ lettera circa «l'opportunità di retribui­re in misura adeguata i medici facenti parte delle commissioni», non si può non concordare sul principio generale di una retribuzione meglio cor­rispondente alle prestazioni di lavoro. L'accorgi­mento, tuttavia, può rendere meno arduo il repe­rimento dei medici-commissari, ma non può avere riflessi positivi sulla qualificazione degli stessi.

Si ritiene pertanto indispensabile, per ovvii mo­tivi di funzionalità, professionalità e continuità, che i  medici chiamati a far parte delle commis­sioni vengano ricercati fra il personale delle ULS costituite, dei Comuni, delle Comunità montane, delle Cliniche universitarie, degli Enti ospedalieri e comunque di presidi pubblici, considerando l'at­tività prestata nelle commissioni come parte in­tegrante dell'orario di lavoro.

Analogo trattamento dovrebbe esser adottato per i medici designati dalle organizzazioni dei la­voratori e dei datori di lavoro, se scelti fra il personale degli enti di cui sopra.

Quale ulteriore intervento immediato l'ANFFaS e il CSA propongono che la Regione assuma in tempi brevi le necessarie iniziative nei riguardi degli organi di governo delle ULS (Comune di To­rino, Consorzi, Comunità montane Val Pellice e Val Chisone) per la costituzione immediata di ser­vizi che possano eseguire istruttorie preliminari volte a fornire alle commissioni la più ampia do­cumentazione sulle reali condizioni soggettive dei richiedenti e dei loro precedenti lavorativi e sa­nitari.

Circa la normativa regionale intesa e regola­mentare tutta la materia a partire dall'1-1-1980, il CSA concorda con quanto previsto al Cap. 5 dal documento regionale «Criteri generali di pro­grammazione e gestione dei servizi sanitari e so­cio-assistenziali» per l'attribuzione al servizio medico-legale delle funzioni relative alle «istrut­torie per la valutazione della condizione di inva­lido civile» e dei «compiti attualmente demanda­ti all'ufficio del medico provinciale in materia di invalidità».

Deve, tuttavia, tenersi presente da parte della Regione, allorché verrà affrontato il problema dell'istituzione dei predetti servizi medico-legali, che essi non possono limitarsi ad approfondire «i rapporti tra gli aspetti biologici umani (nella loro complessità) e il diritto», ma debbono anche e soprattutto valutare le effettive potenzialità dei soggetti esaminati; in particolare quelle lavora­tive.

Da quanto sopra consegue che il contributo del medico legale per l'espletamento dei compiti in questione sarà necessariamente limitato e che acquista valore essenziale e irrinunciabile l'inte­grazione (prevista al Capo 5-2) «con le altre strutture socio sanitarie»; e che cura particolare dovrà esser dedicata al problema di detta inte­grazione, acciocché la valutazione delle condizio­ni del soggetto emerga da una stretta collabora­zione di tecnici qualificati nelle singole discipline (infortunistica, neurologia, ecc. ecc.).

Sulla stessa linea si ritiene indispensabile che il servizio medico-legale, così integrato, sia sem­pre tenuto ad acquisire dai servizi socio-sanitari del territorio tutta la documentazione necessaria per una approfondita conoscenza della situazione soggettiva degli interessati e dei loro precedenti (v. istruttoria preliminare proposta, in apertura della presente, quale provvedimento immediato).

 

Nozione di invalido civile

Facendo riferimento alla definizione dell'OMS che ha indicato lo stato di salute come «stato di completo benessere fisico, psichico e sociale dell'individuo», si propone che siano considerate «invalidi civili» le persone che presentano mino­razioni fisiche e/o psichiche e/o sensoriali, con­genite o acquisite, anche a carattere progressivo, derivanti da qualsiasi causa che abbia determina­to una limitazione alla piena capacità lavorativa del soggetto.

Il concetto di minorazione deve esser connesso esclusivamente alle condizioni fisiche e/o psichi­che e/o sensoriali del soggetto e la minorazione stessa deve esser valutata in rapporto ad un pa­rametro di normale integrità e sanità biologica.

 

Presentazione delle domande per la dichiarazione di invalidità

Si ritiene che tali domande debbano esser in­dirizzate alla commissione competente ed esser presentate all'organo di governo dell'Unità locale, in modo che detto organo provveda preliminar­mente alla raccolta della documentazione concer­nente il soggetto interessato (v. sopra) e inoltri la pratica al servizio medico legale già opportu­namente corredata.

Le domande dovrebbero esser presentate all'ULS della zona in cui risiede l'interessato, esclu­dendo in ogni caso le domiciliazioni.

Per evitare che possano esser presentate suc­cessive domande di comodo, occorrerebbe:

a) predisporre un modulo contenente, fra l'altro, un quesito formulato all'incirca come se­gue: «Il richiedente attesta, sotto la propria per­sonale responsabilità, di non aver presentato al­tre domande di invalidità o di averne presentata in data ..... alla commissione ..... con l'esito che si allega ecc. »;

b) disporre inoltre che nel caso di cambia­mento di residenza la competenza rimanga alla prima commissione adita, a meno che il trasfe­rimento abbia portato l'interessato e risiedere fuori del territorio regionale, o che siano trascor­si almeno due anni dalla data del cambiamento di residenza.

Chi intende presentare domanda di riconosci­mento di invalidità può corredarla con qualsiasi documento ritenuto utile, procurandoselo a pro­prie spese: in ogni caso la domanda deve esser accompagnata da documentazione e certificazio­ne appositamente e gratuitamente rilasciate, an­che su richiesta dell'interessato, dai servizi dell’ULS.

 

Commissioni di primo e secondo livello

Si ritiene che le commissioni di primo - e tanto meno quelle di secondo livello - non deb­bano esser istituite in tutte le ULS.

Per esser in grado di formulare proposte circa il numera e la localizzazione delle commissioni sarebbe indispensabile ottenere la comunicazione dei dati già richiesti e, in particolare:

- numero domande inevase all'1-1-1978

- numero domande presentate nel 1978

- numero domande esaminate nel 1978

- numero domande inevase all'1-1-1979.

 

Compiti delle commissioni di primo livello

I compiti in oggetto possono riassumersi come segue:

1) provvedere a dichiarare invalidi civili le sole persone che presentano le minorazioni di cui alla definizione sovratrascritta, respingendo le domande motivate unicamente da aspirazioni as­sistenziali;

2) curare, ovviamente nell'ambito delle pro­prie competenze, a che sia reso possibile l'ap­porto lavorativo, anche se residuo, di ciascun soggetto;

3) fornire gli elementi necessari a che gli invalidi possano usufruire delle provvidenze di legge.

Ai fini di un miglior espletamento delle mansio­ni suelencate si ritiene che le commissioni do­vrebbero limitarsi a classificare gli invalidi nelle seguenti due categorie:

- grado di invalidità compreso fra un terzo e due terzi della capacità lavorativa;

- invalidità superiore ai due terzi della capa­cità lavorativa.

Chiaramente l'evitare l'attribuzione di svariate percentuali di invalidità porterebbe ad una sem­plificazione del lavoro delle commissioni. Ne con­segue anche che non dovrebbe esser consentito alle commissioni di sancire che l'unica possibilità di lavoro è il laboratorio protetto, né di stabilire percentuali preclusive dell'inserimento lavora­tivo.

 

Domande ex-art. 20 della legge n. 482

Le domande di cui sopra - indirizzate alla ap­posita commissione - devono esser presentate all'organo di governo dell'ULS in cui il lavoratore presta la propria attività.

L'ULS, acquisiti gli atti della commissione che ha dichiarato l'invalidità civile, provvede ad un supplemento di istruttoria e trasmette la doman­da e la documentazione alla commissione com­petente.

Si propone alla Regione di esaminare la possi­bilità di giungere ad attribuire le funzioni di cui all'art. 20 alle stesse commissioni preposte alla dichiarazione di invalidità civile.

Ove questa proposta potesse trovare accogli­mento, potrebbe prevedersi che la commissione - quando chiamata ad assolvere le funzioni di cui all'art. 20 - sia integrata da medici di parte designati uno dalle organizzazioni sindacali e l'al­tro da quelle dei datori di lavoro.

Per non ritardare troppo a rimettervi le nostre osservazioni abbiamo lasciato in sospeso l'esame del problema «protesi».

Considerato, tuttavia, che sul problema degli invalidi civili si è instaurato fra gli uffici dell'As­sessorato e le organizzazioni sottoscritte un fat­tivo rapporto di collaborazione, ci auguriamo vogliate prevedere un nuovo incontro, inteso a discutere e commentare le nostre prime osser­vazioni ed a concordare i termini per la prosecu­zione della collaborazione stessa.

 

 

(1) Fanno parte del Coordinamento le seguenti organiz­zazioni: AIAS (Associazione italiana assistenza spastici), ANFAA (Associazione nazionale famiglie adottive e affida­tarie), ANFFAS (Associazione nazionale famiglie di fanciulli subnormali), CIPE (Centro informazioni politiche ed econo­miche), Coordinamento autogestione handicappati, Coordi­namento dei comitati di quartiere, Gruppo Abele, Unione italiana ciechi, ULCES (Unione per (a lotta contro l'emargi­nazione sociale).

 

www.fondazionepromozionesociale.it