Prospettive assistenziali, n. 45, gennaio - marzo 1979

 

 

REGIONE EMILIA-ROMAGNA - DIRETTIVE PER LA VIGILANZA DEGLI ISTITUTI E SERVIZI PER MINORI E PER I RAPPORTI DEI CONSORZI CON GLI ORGANI DELLO STATO E CON LA GIUSTIZIA MINORILE

 

 

Pubblichiamo integralmente la deliberazione del Consiglio regionale dell'Emilia-Romagna n. 1728 del 14 settembre 1978, che prende atto del­le funzioni di vigilanza trasferite alle Regioni.

Speriamo che le Regioni diano sollecita e pie­na attuazione all'art. 4 della legge n. 698 del 23 dicembre 1975 relativa allo scioglimento e al trasferimento delle funzioni dell'ONMI, articolo che prevede quanto segue: «Le Regioni a sta­tuto ordinario, nell'osservanza dei principi fon­damentali stabiliti nella legge statale, discipli­nano con legge l'esercizio delle funzioni trasfe­rite relativamente alla protezione e assistenza alla maternità ed infanzia in rapporto ai servizi sanitari ed assistenziali esistenti, coordinandola con l'assistenza all'infanzia di cui al R.D.L. 8 maggio 1927, n. 798, convertito nella legge 6 di­cembre 1928, n. 2838, e successive modificazioni ed integrazioni».

Ma altre competenze e doveri hanno le Regioni nel rispetto dei principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato e nell'esercizio delle fun­zioni ad esse delegate. È urgente allora che le Regioni regolamentino l'assistenza agli anziani, agli handicappati e agli altri casi assistenziali, in attuazione del D.P.R. 616 del 24 luglio 1977, prov­vedendo altresì ad emanare le direttive per la preventiva autorizzazione a funzionare e la vigi­lanza degli istituti di ricovero per le persone suddette.

 

 

TESTO DELLA DELIBERAZIONE

 

PARTE I

DIRETTIVE PER LA VIGILANZA ED IL CONTROLLO SU ISTITUTI E SERVIZI PER MINORI

 

CAPITOLO I

Direttive generali riguardanti i servizi a carattere residenziale per i minori

 

1) Indicazioni di carattere generale

I consorzi socio-sanitari esercitano la vigilanza e il controllo nei confronti dei servizi a carattere residenziale che ospitano i minori.

Poiché l'attività di vigilanza e di controllo con­siste principalmente nel verificare che siano ri­spettate le norme vigenti e che siano salvaguar­dati gli interessi e i diritti dei minori, l'osservan­za delle leggi e la tutela dei diritti dei minori dovranno essere fatte valere da parte dei con­sorzi socio-sanitari indipendentemente dalle di­versità strutturali e di esperienze educative esi­stenti tra gli enti e gli istituti che ricoverano o prestano servizi ai minori, qualunque sia la forma di esercizio di tale attività.

I consorzi socio-sanitari esercitano la vigilanza ed il controllo loro delegati innanzitutto con la istruttoria delle domande per l'autorizzazione al funzionamento di servizi a carattere residenziale per minori.

L'istruttoria per la concessione dell'autorizza­zione al funzionamento di servizi dovrà verificare con la massima cura il rispetto - oltre che delle leggi che ne regolano la struttura e l'attività - anche degli standards di queste direttive e degli obiettivi di politica assistenziale della Regione Emilia-Romagna.

Il controllo e la vigilanza consistono anche nell'esame del concreto esercizio delle attività di cura e di tutela dei minori da parte di enti, di istituti e di privati per verificarne anche la ri­spondenza alle attuali esigenze sociali ed indi­viduali, pur nel rispetto delle diverse metodolo­gie e dei vari orientamenti pedagogico-culturali.

La Regione Emilia-Romagna si prefigge come obiettivo quello di promuovere la realizzazione, entro i prossimi cinque anni, di servizi territoriali e residenziali che rendano possibile il supera­mento dell'istituto per minori. In tale prospettiva, tenuto però anche conto dell'attuale situazione, la Regione Emilia-Romagna indica con le pre­senti direttive ai consorzi socio-sanitari gli stan­dards ritenuti minimi inderogabili per il funzio­namento di servizi residenziali destinati ai mi­nori, quali prescrizioni uniformi da applicare nel­la vigilanza.

Gli standards di queste direttive non costitui­scono perciò un modello di servizio o di istituto proposto dalla Regione Emilia-Romagna; essi tendono soltanto a garantire, nell'interesse del minore, che siano osservate, quanto meno, con­dizioni minime di carattere tecnico, amministra­tivo, igienico sanitario ed educativo.

Le direttive, gli obiettivi e gli standards in questo capitolo prendono in considerazione e riguardano tutti gli istituti e tutte le forme di assistenza residenziale riguardanti i minori, di cui ai successivi capitoli.

In relazione ai convitti-scuola che ospitano mi­nori dai 6 ai 18 anni, su affidamento della fami­glia, si applicano solo le prescrizioni e gli stan­dards di cui ai paragrafi 4 (funzioni sanitarie) e 7 (struttura residenziale) di questo capitolo. Sarà applicata la vigilanza finalizzata alla tutela dei diritti del minore e per l'applicazione delle leggi dello Stato e della Regione Emilia-Romagna. Ove un ente presti congiuntamente assistenza a minori e ad altre collettività di soggetti (ad esempio adulti, anziani, ecc.) nello stesso com­plesso, istituto o edificio, si dovranno creare di­verse e distinte comunità educative e assisten­ziali. La vigilanza dei consorzi socio-sanitari sarà esercitata in base a queste direttive per quanto attiene le competenze delegate per i minori.

 

2) Adeguamento agli standards

L'adeguamento degli istituti residenziali alle prescrizioni delle direttive e agli standards indi­cati, sarà proposto dal consorzio socio-sanitario e attuato, concordandone con i responsabili i tempi di attuazione, in un periodo di tempo che va da uno a tre anni, in relazione al tipo di pre­scrizioni e di standards da applicare e all'urgenza della loro applicazione, in funzione del rispetto delle norme e della tutela degli interessi dei minori.

La proroga dei termini sopra indicati può es­sere consentita dal consorzio socio-sanitario solo in casi eccezionali, per particolari, oggettive e comprovate ragioni di impossibilità materiali non dipendenti dall'ente o dalla sua amministrazione di portare a compimento l'adeguamento degli istituti e dei servizi.

Gli istituti già esistenti e funzionanti non po­tranno ospitare più di sessanta minori.

Non potrà invece essere superato il numero di 7 minori ospiti nell'autorizzazione al funziona­mento di nuovi servizi residenziali.

Ciò non esclude la gestione di più strutture da parte dello stesso ente.

 

3) Organizzazione educativa

 

a) Costituzione di piccoli gruppi

All'interno di ogni comunità educativa deve es­sere promossa la formazione di piccoli gruppi con un numero massimo di otto minori ciascuno.

Per i minori di età inferiore a tre anni il gruppo non può comprendere più di cinque minori.

Il rapporto educatore-minori deve permettere la presenza di un educatore per ogni gruppo negli orari extrascolastici e di attività educativa dell'istituto.

Il gruppo deve, di regola, usufruire di locali e di attrezzature per le proprie attività, nell'ambito della comunità educativa e delle strutture dell'istituto.

 

b) Partecipazione alla gestione

Alla gestione degli istituti debbono essere in­teressate le famiglie e gli enti affidanti, la cui collaborazione l'istituto deve promuovere.

A tal fine le famiglie e i rappresentanti degli enti affidanti hanno diritto di accesso alle strut­ture che ospitano i minori.

 

c) Funzioni di educatore e di direzione

Premesso che l'educazione esige una comunità educante, tutto il personale impegnato ai diversi livelli nei servizi residenziali per minori svolge, pur nell'assolvimento di specifiche funzioni, com­piti educativi.

La responsabilità e la direzione degli istituti e dei servizi destinati ai minori e delle comunità educative di regola saranno affidate, anche per la parte tecnico-amministrativa, alla persona o alle persone incaricate e preposte alle attività educative dei minori.

L'educatore deve avere la maggiore età e una specifica qualificazione pedagogica.

È fatta eccezione per le persone le quali, per pluriennali esperienze fatte nel campo dell'edu­cazione e le personali attitudini dimostrate, ab­biano dato prova concreta di possedere i requi­siti per lo svolgimento di compiti educativi.

Si deve favorire l'utilizzazione di personale che garantisca la massima stabilità e la continuità del rapporto educativo.

 

d) Rapporto tra la comunità educativa e l'esterno

I minori non devono essere isolati o esclusi da contatti con le comunità del territorio e dalla par­tecipazione alla sua vita sociale.

Essi, pertanto, devono poter utilizzare, di nor­ma, le strutture scolastiche, sportive, ricreative e gli altri servizi esistenti nel territorio.

L'istituto deve favorire e promuovere, d'intesa con gli enti e le istituzioni del territorio, l'uso delle sue strutture da parte della comunità.

 

4) Funzione sanitaria

Le funzioni sanitarie sono svolte di norma dal­le competenti strutture territoriali le quali de­vono assicurare la pronta reperibilità diurna e notturna di un medico.

Dovranno essere garantiti:

4.1) La tenuta e l'aggiornamento periodico delle schede sanitarie individuali per i minori conte­nenti:

- l'esito dei controlli periodici dello sviluppo, eseguito secondo il calendario e la metodologia indicata dalla scheda regionale nei primi tre anni di vita e secondo le disposizioni di legge in ma­teria di medicina scolastica per gli anni suc­cessivi;

- gli interventi profilattici, comprese le vac­cinazioni di legge;

- gli stati morbosi e le relative terapie.

4.2) La tenuta e l'aggiornamento periodico delle schede sanitarie individuali del personale, con la registrazione degli interventi igienico-profilattici eseguiti.

4.3) Le profilassi delle malattie infettive diffu­sive.

4.4) La vigilanza igienica e dietetica sull'alimen­tazione, con particolare riguardo alla compilazio­ne e all'osservanza della tabella dietetica.

4.5) La vigilanza sull'igiene degli ambienti e sul­la idoneità degli arredi e delle attrezzature.

4.6) La vigilanza sull'approvvigionamento idro­potabile e sullo smaltimento dei rifiuti solidi e liquidi.

4.7) La segnalazione di tutti i problemi igienico­-sanitari alla direzione della struttura, all'autorità sanitaria locale per i provvedimenti di rispettiva competenza.

4.8) La collaborazione con il restante personale nell'organizzazione interna della struttura, con particolare riguardo ai problemi igienico-sanitari della collettività e individuali dei minori.

4.9) Per i nuovi ammessi dovrà esser eseguito:

- il controllo profilattico per la esclusione di malattie infettive diffusive in atto;

- il controllo delle avvenute vaccinazioni di legge e la esecuzione di quelle mancanti;

- il controllo del certificato di « zona inden­ne » di provenienza;

- il controllo o esecuzione degli accertamenti radiologici o tubercolinici per la esclusione di manifestazioni tubercolari in atto.

 

a) Prescrizioni igieniche riguardanti il personale

Le prescrizioni igienico-sanitarie riguardanti il personale debbono essere tassativamente osser­vate e controllate dal medico e dal personale sanitario ausiliario.

Tutto il personale che a qualunque titolo presti la sua attività all'interno della struttura deve es­sere in possesso dei requisiti fisici necessari allo svolgimento delle specifiche mansioni cui è addetto.

Il personale senza distinzione deve essere sot­toposto:

1) ad accertamento clinico-radiologico, alme­no biennale, presso un Dispensario Antituberco­lare al fine di manifestazioni tubercolari in atto;

2) ad un accertamento batteriologico sul muco­rino-faringeo presso un Laboratorio medico di Igiene e Profilassi al fine di dimostrare l'assenza del bacillo difterico;

3) alla vaccinazione antitifica per via orale con validità di un anno;

4) alla ricerca annuale degli entero batteri patogeni (salmonelle, seigelle) nelle feci da ese­guire presso un Laboratorio di Igiene e Profilassi.

Il personale di cucina, in possesso del libretto di idoneità sanitaria rilasciato dall'Ufficiale sa­nitario a norma dell'art. 14 della tegge 30 aprile 1962, n. 283, deve sottoporsi, oltre agli accerta­menti di cui sopra, anche alla ricerca annuale, con esito negativo, dello stafilococco coagulasi-­positivo nel muco rinofaringeo.

Per il personale addetto alla cucina la vaccina­zione antitifica deve essere effettuata per via orale solamente nei soggetti che presentino con­troindicazioni all'uso del vaccino parenterale.

La vaccinazione per via parenterale ha validità triennale purché seguita ogni anno da una vac­cinazione per via orale.

 

5) Organizzazione amministrativa

a) Regolamento

Ogni ente o istituto o servizio che ospiti mi­nori deve essere dotato di un regolamento che disciplini i rapporti tra l'amministrazione, il per­sonale, gli ospiti, le loro famiglie e gli enti, e indichi il funzionamento del servizio e le respon­sabilità del personale.

Il regolamento deve riflettere gli indirizzi e rispettare gli standards di queste direttive.

Il regolamento deve riguardare anche il servi­zio economale, ivi comprese le rette e l'organiz­zazione ed il funzionamento di ogni altro servizio.

Ogni ente o istituto deve tenere un elenco ag­giornato del personale, con le relative mansioni e responsabilità, la documentazione sanitaria del personale e degli ospiti, ed un registro delle presenze, sia per gli adulti che per i minori.

Devono essere annotati anche i movimenti temporanei, sia all'interno come all'esterno dell'istituto, per ragioni sanitarie, quali í ricoveri all'infermeria e le spedalizzazioni.

b) Rette

L'ammontare delle rette deve essere di regola uniforme per tutti gli ospiti, non deve assumere carattere di discriminazione né consentire scelte nell'accettazione.

Una eventuale diversificazione della retta de­gli ospiti dello stesso istituto può essere con­sentita solo in quanto corrisponda ad un tratta­mento necessario per comprovate esigenze del minore.

L'ammontare della retta deve essere comuni­cato al consorzio socio-sanitario nel cui territo­rio ha sede l'istituto.

 

6) Ammissioni e dimissioni

L'ammissione e la dimissione del minore rive­stono un'importanza fondamentale, per le riper­cussioni sul minore e sulla sua famiglia e per l'intervento dell'ente locale.

La istituzionalizzazione di un minore dovrà es­sere consentita solo in mancanza di ogni altro e diverso intervento assistenziale e non altri­menti evitabile.

 

a) Ammissioni

1) Bacino d'utenza

I minori, di regola, devono provenire dal ter­ritorio del Consorzio socio-sanitario o del com­prensorio ove ha sede l'istituto, salvo che com­provate, oggettive e specifiche ragioni imponga­no di ricoverare il minore in un istituto di un diverso territorio.

2) Preparazione all'ammissione

Ogni richiesta di ammissione di un minore in un istituto deve essere attentamente ed adegua­tamente preparata, con incontri tra gli operatori del consorzio socio-sanitario, la famiglia e l'isti­tuto, allo scopo di approfondire la valutazione del caso, anche con rapporti diretti con il minore, se opportuno.

Una volta constatata l'assoluta necessità del ricovero l'ammissione deve essere disposta te­nendo conto delle esigenze del minore, delle ri­chieste espresse dalla famiglia, o da chi la rap­presenta e la sostituisce.

Nel disporre l'ammissione di un minore in un istituto deve essere indicata la presumibile du­rata della permanenza nell'istituto.

Il minore deve essere informato delle ragioni del ricovero, della sua presumibile durata e del­le caratteristiche dell'istituto.

3) Ammissioni

Il minore dovrà essere accompagnato nell'isti­tuto, di regola, da un familiare o da una persona a lui nota e gradita.

L'ente che chiede il ricovero dovrà trasmettere all'istituto o servizio di affidamento, contestual­mente all'ammissione, la documentazione in suo possesso sul minore, la cartella-sanitaria e l'im­pegnativa dell'Ente per la erogazione della retta.

L'ente che affida il minore trasmetterà all'isti­tuto informazioni aggiornate sulla situazione del­la famiglia dello stesso minore, anche perché siano valutate le possibilità della futura dimis­sione.

4) Comunicazione delle ammissioni

Entro tre giorni dall'ingresso del minore in un istituto il responsabile di questo dovrà darne comunicazione:

- al Presidente del consorzio socio-sanitario nel cui territorio è situato l'istituto;

- al Sindaco del Comune di residenza del minore e al Presidente del Consorzio socio-sa­nitario;

- al Giudice tutelare (Pretore) competente nel territorio dove è situato l'istituto e a quello del territorio di residenza del minore;

- al Presidente del Tribunale per i Minorenni del territorio dove è situato l'istituto e a quello del territorio di residenza del minore.

5) Cartella personale

L'istituto deve avere la cartella personale nel­la quale devono essere riportati tutti i dati socio educativi (evoluzione educativa del minore, rap­porti con la famiglia d'origine, comprese le vi­site ecc.) nonché quelli riguardanti lo sviluppo fisico e psichico del minore ospitato.

Al momento dell'ammissione dovranno essere annotati i precedenti familiari e sociali del mino­re, le ragioni del ricovero ed il periodo program­mato per il soggiorno del minore nell'istituto.

La cartella dovrà essere sistematicamente ag­giornata.

b) Dimissioni

1) Preparazione delle dimissioni

La preparazione del ritorno del minore nell'am­biente di provenienza o di quello che è disponi­bile ed idoneo ad accoglierlo, deve essere ade­guatamente e gradualmente seguita, con contatti diretti con la famiglia, con l'ambiente e con gli operatori del Consorzio socio-sanitario, tenendo conto delle esigenze del minore e dei suoi diritti.

2) Comunicazione delle dimissioni

Anche della dimissione del minore da un isti­tuto deve essere data comunicazione scritta nei modi e alle stesse persone alle quali si è data comunicazione della ammissione.

 

7) La struttura residenziale

Le strutture destinate alla residenza di minori, costituite da un corpo unico o da un complesso di edifici, devono essere rispondenti alle norme del locale regolamento edilizio e d'igiene -e al piano regolatore, sia per quanto concerne I'ubica­zione come per la consistenza e la funzionalità, e devono avere ottenuto il riconoscimento da parte del Sindaco allo specifico uso, ai sensi dell'art. 221 T.U. Leggi Sanitarie.

Anche le modificazioni che saranno eseguite per adeguare le strutture residenziali alle pre­scrizioni e agli standards delle presenti direttive dovranno essere conformi alle prescrizioni di legge e dell'autorità locale in materia di urbani­stica, edilizia ed igiene.

L'articolazione, la divisione e la fruibilità degli spazi interni delle strutture residenziali destina­te ai minori devono superare la rigida contrappo­sizione e la separazione delle aree utilizzabili dagli ospiti di un istituto, in relazione alle varie esigenze di vita, di studio, di ricreazione e di riposo dei singoli e alle attività della comunità e dei piccoli gruppi.

Dovrà perciò favorirsi - nell'ambito del pos­sibile - l'utilizzazione multipla degli spazi esi­stenti da parte degli ospiti.

Per il riposo dei minori devono essere elimi­nate le camerate, con la creazione preferenziale di camere individuali o per due persone. Ove ciò non fosse possibile nella trasformazione dei vec­chi istituti si dovranno creare camere con un limitato numero di posti letto, che non dovrebbe mai e comunque essere superiore a quello del piccolo gruppo istituito nella comunità educativa.

È richiesto un minimo di quattro metri qua­drati per posto-letto. L'arredamento delle camere deve essere funzionale e possibilmente persona­lizzato in relazione alle esigenze del minore; deve inoltre essere soddisfacente sul piano igienico-sanitario.

I servizi igienici debbono essere il più possi­bile individualizzati ed essere direttamente col­legati con le camere.

Essi debbono comprendere servizi adeguati al numero e alle esigenze degli ospiti e debbono rispondere alle prescrizioni del regolamento co­munale di igiene.

Le camere del personale educativo debbono essere situate in prossimità delle camere dei minori.

Anche per le camere degli educatori è richie­sto il minimo di quattro metri quadrati per posto letto.

La zona utilizzata per i pasti degli ospiti deve prevedere un'area non inferiore a un metro qua­drato per posto.

Deve essere favorita la distribuzione, la de­stinazione e l'arredamento dei locali in funzione delle esigenze di riposo, di vita e di attività re­lativamente autonoma ed autosufficiente di pic­coli gruppi.

La zona destinata al riposo non potrà essere inferiore al 60% della superficie destinata alla vita ed alla attività collettiva ed individuale diurna dei minori.

Nel locale destinato a cucina deve osservarsi la separazione tra la zona di preparazione e di cottura degli alimenti da quella destinata al la­vaggio e al rigoverno delle stoviglie.

La dispensa destinata agli alimenti deve esse­re separata dal ripostiglio del materiale di puli­zia. Devono prevedersi servizi per il personale di cucina e di mensa.

Tali servizi e le attrezzature della cucina devo­no rispondere alle prescrizioni di igiene e di sicurezza che saranno impartite dal personale sanitario e dalle autorità competenti.

 

CAPITOLO II

Servizi residenziali per minori comprendenti handicappati

 

Le direttive e gli standards che precedono so­no riferibili anche agli istituti che ospitano dei minori handicappati.

In considerazione delle specifiche esigenze degli ospiti handicappati si applicheranno le se­guenti ulteriori direttive.

 

1) Organizzazione educativa

Nell'istituto o servizio ove sono presenti mi­nori handicappati il piccolo gruppo non può su­perare il numero di cinque minori con un rap­porto educatore-minori che varia da uno a due e da uno a cinque in relazione alla gravità dell'handicap.

 

2) Funzioni di direzione

Negli istituti ove sono ospitati minori handi­cappati la responsabilità e la direzione dell'isti­tuto e dei servizi destinati in maniera specifica o prevalente ai minori handicappati devono es­sere affidate a persone qualificate ed esperte dei problemi degli handicappati e dei processi riabilitativi. Negli istituti convenzionali con il Ministero della Sanità è richiesta la presenza di un direttore sanitario.

 

3) Funzioni sanitarie

L'ente gestore deve assicurare inoltre la pre­senza medica giornaliera. Sarà cura del direttore di predisporre la durata della presenza medica e la durata dei vari momenti riabilitativi specifici secondo un'apposita tabella da esporsi. Vi sa­ranno assistenti sanitarie ed infermiere profes­sionali nel numero ritenuto necessario dall'età, dalla gravità e dal tipo di handicaps presenti nell'istituto. L'ente gestore provvederà, per mezzo di personale specialistico proprio o in convenzio­ne con i servizi del territorio, a garantire un pro­cesso di recupero dei minori prevedendo un ade­guato numero di prestazioni specialistiche tali da garantire l'effettivo momento riabilitante.

Per quanto riguarda la cartella personale, ai dati richiesti per tutti i minori (vedi normativa generale) va aggiunta la documentazione riguar­dante:

- origine e caratteristiche dell'handicap stesso;

- diagnosi;

- terapia;

- aggiornamento della diagnosi e della terapia.

4) Retta

L'ammontare della retta, ove siano state stipu­late convenzioni, è fissato dal Ministero della Sanità.

 

5) Struttura

Per le particolari esigenze che i diversi handi­cappati presentano, si devono eliminare ed evi­tare tutte le barriere architettoniche che limitano di fatto l'uso degli spazi interni ed esterni. Ove esistano, dovranno essere apportate tutte quelle modifiche che eliminano l'inconveniente entro il termine massimo di un anno.

L'istituto dovrà disporre di arredamento ed at­trezzature utili ad assicurare la continuità del processo riabilitativo posto in essere dai servizi del territorio o comunque previsto nel piano terapeutico al momento della ammissione.

 

CAPITOLO III

Gruppi appartamento

 

1) Premessa

I Consorzi socio-sanitari eserciteranno il con­trollo e la vigilanza anche in relazione ai gruppi appartamento, con riferimento alle direttive ge­nerali e alle prescrizioni fin qui riportate, in quanto applicabili a tale forma di intervento, che dovrà costituire entro 5 anni la risposta ai biso­gni residenziali di minori.

In considerazione delle specifiche caratteristi­che dei gruppi appartamento si applicheranno le seguenti ulteriori direttive.

I «gruppi appartamento», devono tendere principalmente ad evitare la istituzionalizzazione dei minori nel territorio e a favorire contempora­neamente la deistituzionalizzazione di quelli già ricoverati.

Essi non debbono rispondere a bisogni non risolti ad altri livelli e da altri servizi.

Deve essere esclusa la predeterminazione di modelli e di standards generalizzabili per i «gruppi appartamento» da parte dei Consorzi socio-sanitari: sarà consentita solo la indicazio­ne di tendenze, quali desumibili anche dalle spe­cifiche prescrizioni che seguono.

 

2) Utenza dei gruppi appartamento

Nella costituzione, gestione e funzionamento dei «gruppi appartamento» deve essere assicu­rato il rispetto della territorialità dell'intervento. I «gruppi appartamento» di regola possono ospi­tare solo minori provenienti dal territorio del Consorzio o del comprensorio in cui è ubicato l'appartamento.

La deroga alla territorialità può essere consen­tita solo dietro espressa richiesta dell'autorità amministrativa o giudiziaria del territorio di pro­venienza, con il consenso del Consorzio in cui è ubicato il «gruppo appartamento».

 

3) Formazione dei gruppi

Il numero massimo dei minori per ogni gruppo non deve essere superiore a sette.

La composizione del gruppo, possibilmente di­somogenea per età e sesso, deve essere fatta dopo un esame della situazione concreta dei mi­nori, tenendo conto delle loro esigenze e delle richieste espresse dalla famiglia, o da chi la rappresenta o la sostituisce.

 

4) Personale

Si deve favorire l'utilizzazione di personale che garantisca la massima stabilità e la continuità del rapporto educativo.

 

5) Gestione economico-finanziaria

La gestione del gruppo appartamento deve se­guire criteri di semplicità amministrativa e di partecipazione dei componenti.

 

6) Struttura edilizia

L'ubicazione logistica del gruppo appartamen­to deve favorire l'inserimento sociale e facilitare scambi e rapporti dei minori con il contesto so­ciale.

Gli appartamenti devono altresì essere dotati di accessi e di interni funzionali e privi di bar­riere architettoniche, per renderli facilmente usufruibili da chiunque.

 

CAPITOLO IV

Controllo e vigilanza sui soggiorni di vacanza per minori

 

1) Premessa

Per effetto dell'art. 1 secondo comma, lett. f), del decreto legislativo 15-1-1972, n. 9, sono state trasferite alle Regioni a statuto ordinario le fun­zioni concernenti l'attività estiva ed invernale in favore dei minori.

Tale forma di assistenza sociale veniva eser­citata anche attraverso la gestione di soggiorni di vacanza comunemente chiamati «colonie», sotto la vigilanza, per ogni provincia, delle Pre­fetture e dei Medici Provinciali.

La Regione Emilia-Romagna ha adottato dispo­sizioni per la regolamentazione di soggiorni di vacanza, al fine di rendere tale forma di assisten­za più rispondente ad una moderna ed evolutiva concezione dei servizi sociali.

Il regolamento «Disposizioni per la gestione di soggiorni di vacanza nella regione Emilia-Romagna e è stato approvato con deliberazione con­siliare n. 96 del 29-3-73.

Tale regolamento viene trascritto in quanto conserva validità, anche come direttiva per i con­sorzi cui viene delegata la vigilanza su tali forme di intervento a favore dei minori.

 

2) Disposizioni per la gestione dei soggiorni di vacanza

Principi generali:

I soggiorni di vacanza per minori nella regione Emilia-Romagna sono costituiti da case di va­canza, pre-campeggi, campeggi, campi solari, centri estivi diurni ed altre forme più specifiche di soggiorno.

L'apertura dei suddetti soggiorni è soggetta ad autorizzazione da parte della Giunta regionale. Le presenti modalità mentre pongono alcune disposizioni fondamentali da ritenersi vincolanti a partire dalla gestione 1973, prevedono già, nel­le parti a titolo indicativo, gli obiettivi da rag­giungere, quale termine ultimo, con la gestione 1975.

Le disposizioni di cui trattasi, devono essere applicate per tutte le forme di soggiorno sopra citate.

Tra gli organizzatori delle vacanze dei ragazzi, le famiglie e le rappresentanze organizzative del­la società civile si deve instaurare un rapporto continuo e vicendevole di partecipazione, affin­ché tutti siano corresponsabili nella organizza­zione e nella gestione sociale dei soggiorni di vacanza. In particolare:

a) sarà favorito il contatto delle famiglie e delle rappresentanze sociali con il complesso del personale che opererà nei soggiorni, prima della partenza per ogni ciclo di soggiorno;

b) le famiglie e le rappresentanze sociali po­tranno entrare nei soggiorni, fatte salve le es­senziali norme di sicurezza e di ordine, ai fini di concorrere alla determinazione dello svolgi­mento dell'attività del servizio.

Inoltre in questa prima fase di trasformazione dei soggiorni di vacanza, si indica la necessità che si provveda ad alcune modalità di formazio­ne del personale, modalità che si esplicitino al­meno in tre fasi fondamentali:

1) conversazioni generali sulle finalità socio­educative dei soggiorni di vacanza;

2) incontri della comunità allo scopo di orga­nizzare la vita e l'attività del gruppo, di prendere contatto con i genitori e di acquisire elementi di conoscenza sulle strutture e l'ambiente in cui la comunità si troverà ad operare;

3) corsi per coordinatori.

Nel rispetto della libera scelta, che il genitore deve esprimere nella stessa domanda di am­missione del proprio figlio ai soggiorni di vacan­za, è garantita l'assistenza religiosa.

Tutta la documentazione inerente all'organizza­zione ed al funzionamento dei soggiorni di vacan­za deve essere tenuta a disposizione per even­tuali visite e controllo da parte della Regione, degli amministratori locali ospitanti le case di vacanza e dei rappresentanti delle organizzazioni ufficialmente corresponsabilizzate nella gestione del servizio.

 

Case di vacanza

La casa di vacanza è costituita da una o più comunità. Ogni comunità è composta dalle 120 unità alle 150 unità. La comunità al suo interno può articolarsi in due momenti organizzativi fon­damentali:

a) gruppo di base o gruppo di vita o piccolo gruppo composto dalle 10 alle 12 unità affidate ad almeno un educatore, presso il quale il fan­ciullo trascorre i primi giorni del suo soggiorno, ed in termini pedagogici i momenti fissi della giornata;

b) grande gruppo formato da 4 o 5 piccoli gruppi (dalle 40 alle 50 unità) secondo le scelte e gli interessi che si manifestano spontaneamen­te nel corso della vita in comune. In questo più vasto gruppo gli educatori operano come anima­tori delle scelte, delle iniziative e degli interessi sorti dai gruppi base.

Ogni comunità deve avere almeno:

- un coordinatore responsabile;

- eventuale personale per i servizi propri del­le comunità;

- un congruo numero di educatori.

Il rapporto fra educatori e fanciulli non deve essere supe­riore di 1/15, ponendo come obiettivo il rapporto di un educatore per ogni gruppo di 10-12 unità.

Condizioni necessarie per svolgere il ruolo di coordinatore e di educatore sono:

a) il compimento del diciottesimo anno di età;

b) il conseguimento del diploma di scuola me­dia superiore.

L'organico della casa di vacanza è costituito da:

- personale educativo e non, relativo alle sin­gole comunità sopra determinate;

- un economo dietista;

- personale di servizio che deve comprendere almeno un cuoco ed il necessario numero di inservienti;

- personale sanitario composto da:

a) un medico, che di norma non deve essere l'ufficiale sanitario del comune ove ha sede il soggiorno. La residenza del medico all'interno della casa di vacanza non è indispensabile; deve tuttavia essere garantita la sua tempestività e certa reperibilità. Per gli stessi fini l'ente gestore del soggiorno può convenzionarsi con un Ente ospedaliero che disponga di una sezione pedia­trica. Il numero dei minori assistiti nei soggiorni di vacanza, per ogni medico, non deve superare le 500 unità;

b) assistenti sanitarie visitatrici o infermieri professionali, nel numero ritenuto necessario. Le case di vacanza, quando occorre, devono inoltre disporre di bagnini diplomati.

La gestione della casa di vacanza si realizza con la partecipazione di tutti gli adulti che ope­rano all'interno della stessa, dove ciascuno as­solve i propri compiti secondo specifiche respon­sabilità. Al funzionamento tecnico amministrati­vo della casa di vacanza, ove esistono più comu­nità, sovraintende un responsabile.

Tutto il personale che a qualunque titolo pre­sta la sua attività nelle case di vacanza deve essere in possesso dei requisiti fisici necessari per lo svolgimento dello specifico ramo di attivi­tà al quale è addetto.

Esso senza distinzione deve:

a) sottoporsi ad un accertamento clinico-radio­logico presso un Dispensario Antitubercolare al fine di dimostrare l'assenza di manifestazioni tubercolari in atto;

b) sottoporsi ad un accertamento batteriologi­co sul muco rinofaringeo presso un laboratorio medico di Igiene e Profilassi al fine di dimostrare l'assenza del bacillo difterico;

c) sottoporsi alla vaccinazione antitifica che, con la sola esclusione del personale di cucina, viene effettuata per via orale con validità di un anno.

Il personale di cucina deve, oltre agli accerta­menti di cui sopra, sottoporsi anche:

- alla ricerca, con esito negativo, degli ente­robatteri patogeni (Salmonelle, Shigelle) nelle feci da eseguire presso un laboratorio di Igiene e Profilassi;

- alla ricerca, con esito negativo, dello stafi­lococco coagulasi positivo nel muco rinofaringeo. Per il personale di cucina la vaccinazione anti­tifica deve essere effettuata per via orale sola­mente nei soggetti che presentano controindica­zioni all'uso del vaccino parenterale.

Negli individui di età inferiore ai 35 anni e non presentanti alcuna controindicazione, la vaccina­zione antitifica viene eseguita per via parente­rale.

La vaccinazione per via parenterale ha validità triennale purché sia seguita ogni anno da una vaccinazione per via orale.

 

Compiti del personale sanitario

Il personale sanitario curerà che quotidiana­mente venga riportato sul registro della casa di vacanza ogni arrivo o partenza dei fanciulli ed i dati relativi a diagnosi, terapie, profilassi ese­guite.

Segnalerà immediatamente all'ufficiale sanita­rio comunale ogni caso di malattia infettiva dif­fusa ed ogni altro evento morboso di notevole e straordinaria importanza.

Dovrà attentamente verificare il rispetto delle norme dietetiche, predisposte sulla base delle direttive che la Regione si riserva di impartire al riguardo.

Dovrà verificare inoltre l'alimentazione della collettività ed il rispetto delle norme igieniche nella preparazione conservazione e distribuzione degli alimenti.

Curerà che il trasferimento dei malati conta­giosi avvenga nel rispetto delle norme igieniche oltreché di quelle medico-assistenziali.

Verificherà che venga eseguita una accurata disinfezione, conservazione e distribuzione degli alimenti.

 

Ammissione dei fanciulli alla casa di vacanza e preventive misure sanitarie

I fanciulli da ammettere nelle case di vacanza dovranno avere l'età compresa fra i 3 ed i 12 anni. In particolare, volendo realizzare la casa di vacanza come una comunità educativa in grado di rispondere adeguatamente ad esigenze e biso­gni derivate da motivazioni omogenee minime, si deve tendere ad escludere i ragazzi che già hanno frequentato il primo anno di scuola media per i quali possono essere organizzati altri sog­giorni a se stanti. Per le motivazioni sopra ac­cennate è bene che anche per i minori in età compresa tra i tre ed i sei anni siano predisposte forme di soggiorno specifiche.

I fanciulli non devono essere affetti da malat­tie infettive diffuse, né debbono aver subito oc­casione recente di contagio; dovranno pertanto produrre una certificazione dell'Ufficiale Sanita­rio Comunale o Consorziale che attesti sia la mancanza in essi di malattie diffusive, sia la provenienza degli stessi da zona priva di malat­tie infettive in forma epidemica.

I fanciulli devono essere stati sottoposti alle seguenti vaccinazioni:

a) antivaiolosa (o rivaccinazione antivaiolosa per i bambini di età superiore agli 8 anni);

b) antidifterica (o rivaccinazione antidifterica per i bambini di età superiore ai sei anni e non oltre i dieci);

c) antitetanica (o rivaccinazione antitetanica per i bambini di età superiore ai 6 anni);

d) antipoliomielitica completa delle cinque somministrazioni.

I fanciulli non devono presentare manifesta­zioni tubercolari in atto; allo scopo dovrà pro­dursi certificazione dell'Ufficiale Sanitario redat­ta sulla base di un accertamento radiologico re­cente oppure di un test tubercolinico negativo eseguito nell'ultimo anno scolastico.

Tutti i fanciulli ammessi al soggiorno nella ca­sa di vacanza dovranno essere muniti di scheda sanitaria individuale completa di tutte le notizie sopra elencate, firmata dall'Ufficiale Sanitario del Comune di provenienza, e, se ne sono in pos­sesso, anche della cartella sanitaria individuale compilata dal Servizio di Medicina Scolastica.

 

Strutture delle case di vacanza

Gli spazi funzionali delle case di vacanza, cioè quelli riservati soltanto ed esclusivamente ai fanciulli, debbono essere determinati da un pre­ciso rapporto, secondo le più avanzate regole psico-pedagogiche, tra spazi collettivi (soggior­ni, ateliers, biblioteche, refettori e servizi igie­nici corrispondenti) e spazi individuali (camere notte, relativi servizi igienici).

Essi si determinano come segue: la somma totale della superficie di pavimento dei vani da destinare alle attività collettive non deve essere inferiore al 40% della superficie complessiva destinata sia alle attività collettive che a quelle individuali.

Ciò comporta di conseguenza che, rispetto alla superficie complessiva suddetta (spazi collettivi e spazi individuali) la superficie dei vani destinati alle attività individuali non deve superare il 60% del totale.

Deve essere osservato tuttavia uno standard minimo di mq. 4 per persona (posto-letto).

Per ridurre l'affollamento si deve facilitare una organizzazione di 10-12 ragazzi per ogni camera della zona notte e fare il possibile perché le ca­merate siano ristrutturate per favorire piccoli gruppi di letti.

I servizi igienici (gabinetti, lavandini, docce, ...) devono essere individualizzati e suddivisi per piccoli gruppi, ubicati in vicinanza sia degli spazi personali (camere), che di quelli collettivi (sog­giorni, ateliers, refettori ...); sia all'interno che all'esterno dell'ambiente dove si svolge di solito l'attività educativo-formativa (spazi scoperti in uso della casa di vacanza).

I locali di cucina devono consentire una sepa­razione netta (anche solo funzionale) fra la zona addetta alla preparazione-cottura dei cibi e quel­la riservata al lavaggio ed al rigoverno delle sto­viglie.

In ogni caso i servizi igienici e la cucina sa­ranno rispondenti alle norme del locale regola­mento di igiene e di edilizia comunale.

Sarà negata o, se concessa, revocata l'autoriz­zazione qualora l'edificio da adibire ad uso di soggiorno presenti uno o più inconvenienti tali da violare le predette norme edilizie e sanitarie.

Si richiede, anche per il personale, una ade­guata sistemazione, osservando sempre lo stan­dard minimo di mq. 4 per posto-letto.

Ogni edificio ad uso di casa di vacanza deve disporre almeno di un ambulatorio medico e di due stanze di infermeria per la degenza di bam­bini ammalati in forma non contagiosa: il nume­ro dei letti a disposizione deve comunque rap­presentare almeno il 4% del numero delle per­sone presenti a tutti gli effetti nella casa di vacanza.

Lo spazio per ciascun posto-letto non sarà inferiore a mq. 4, avuto riguardo alla posizione del letto in funzione della presenza di porte e finestre.

In attesa di una diversa sistemazione ed uti­lizzazione dei locali di isolamento per fanciulli colpiti da malattie contagiose, le case di vacanza che già oggi dispongono di un reparto apposito, devono conservarlo nelle attuali dimensioni.

 

Esercizio della vigilanza

I consorzi dovranno esercitare la vigilanza, in base a quanto indicato nelle disposizioni sopra riportate, anche sulle nuove forme di intervento per le vacanze dei minori, quali i soggiorni in alberghi, in appartamenti, in campeggi, ecc.

Anche in relazione a tali servizi i Consorzi do­vranno, di norma, richiamarsi alle disposizioni sopracitate, in quanto si ritiene opportuno che vi siano anche per questi servizi, garanzie igienico- sanitarie, ambientali e sociali.

Per quanto possibile dovranno richiedersi ade­guati spazi interni ed all'aperto per le attività di gruppo ed individuali dei minori ospiti.

 

CAPITOLO V

Controllo e vigilanza sugli asili-nido

 

Chiunque intenda gestire asili-nido nel terri­torio regionale, o già li gestisca, deve rispettare la legge regionale 7 marzo 1973, n. 15 («Deter­minazione dei criteri generali per la costruzione, la gestione ed il controllo degli asili-nido di cui all'art. 6 della legge statale 6 dicembre 1971, n. 1044»), modificata con l.r. 30-8-1978, n. 36 (Modificazioni in materia di personale alla l.r. 7-3-1973, n. 15, relativa alla determinazione dei criteri generali per la costruzione, la gestione ed il controllo degli asili-nido di cui all'art. 6 del­la legge statale 6-12-1971, n. 1044) ed il regola­mento di esecuzione n. 51 del 28 dicembre 1973, per quanto si riferisce all'ubicazione degli edifici, gli standards edilizi ed organizzativi, il rapporto tra l'organico del personale ed i posti-bambino, e la vigilanza igienico-sanitaria.

Tali norme si applicano anche agli asili gestiti da enti pubblici e privati diversi dai Comuni, ai sensi dell'art. 17 della legge regionale citata («Le norme di cui agli articoli 10, 11, 12, III com­ma, e 15 della. presente legge, si estendono a tutti gli enti ed istituzioni sottoposte al controllo ed alla vigilanza della Regione»).

Ai sensi della legge 23 dicembre 1975, n. 698, il controllo e la vigilanza riguardano tutti gli enti e le istituzioni pubbliche e private che svolgono assistenza all'infanzia.

Per quanto attiene la vigilanza ed il controllo che i Consorzi devono esercitare in proposito, si intende come asilo-nido, a norma della legge 6 dicembre 1971, n. 1044, ogni servizio che prov­veda alla temporanea custodia dei bambini da 0 a 3 anni, qualunque sia la denominazione adot­tata in concreto, quali baby parking, ecc. ecc.

 

PARTE II

IL RAPPORTO DEI CONSORZI CON GLI ORGANI DELLO STATO E CON LA GIUSTIZIA MINORILE PER L'APPLICAZIONE DELLE LEGGI DI TUTELA DELLA MATERNITÀ E DEI MINORI

 

CAPITOLO I

1) Premessa

Nei capitoli che precedono sono contenute le direttive riguardanti la vigilanza delegata, intesa in senso specifico come controllo tecnico-giuri­dico sugli istituti e sugli standards da questi adottati nell'assistenza alla maternità, all'infan­zia e all'età evolutiva.

Ma si è anche accennato che vi è una parte della vigilanza trasferita alla Regione, e da que­sta delegata ai Consorzi, che non si rivolge ne­cessariamente e direttamente sugli istituti e sugli enti di assistenza, ma che riguarda più in generale «l'applicazione delle disposizioni legi­slative e regolamentari in vigore per la protezio­ne della maternità e l'infanzia» (art. 4, n. 4, R.D. 24-12-1934, n. 2316) ai sensi della L. 23-12­1975, n. 698.

Tale potere concorre e coesiste con quello di altri organi dello Stato, quali quelli giudiziari e di polizia, che hanno il compito di vigilare sull'applicazione di tutte le leggi ed in caso di inos­servanza, di intervenire applicando sanzioni e rendendo coercitiva l'applicazione delle leggi e delle misure previste per le ipotesi di violazione.

In conseguenza di ciò, l'impostazione di un continuo e positivo rapporto di collaborazione tra i Consorzi ed i loro operatori e gli organi del­lo Stato presenti nel territorio regionale e del consorzio aventi una generica o specifica com­petenza sulle materie nelle quali i Consorzi sono chiamati ad esercitare la vigilanza vera e propria, come per la protezione della maternità e dei minori.

Risulta pertanto evidente l'opportunità che i Consorzi prendano l'iniziativa di stabilire rappor­ti di collaborazione con gli organi giudiziari, di polizia ed amministrativi presenti ed operanti nel territorio perché, pur nelle distinte rispettive sfere di competenza, non si verifichino sovrap­posizioni o conflitti e si realizzino invece con­cordanze nei criteri di svolgimento delle rispet­tive funzioni e si stabiliscano intese per il so­stanziale e proficuo svolgimento dell'attività di vigilanza e di controllo.

Naturalmente l'obiettivo prevalente dei Con­sorzi dovrà essere e rimanere quello di agire in modo che siano i servizi del territorio (e l'inizia­tiva privata che si coordinerà con essi) ad affron­tare i temi della tutela della maternità, dell'in­fanzia e dell'età evolutiva, senza delegare ad alcuno la supplenza di tale compito, e tenendo sempre presente che la vigilanza ed il controllo devono assumere prevalentemente una funzione strumentale per i servizi ed essere un elemento per la loro programmazione.

Va ancora ricordato che l'attività di vigilanza dei Consorzi per il rispetto di tutte le leggi a protezione della maternità, dell'infanzia e dell'età evolutiva, deve essere prevalentemente ri­volta alla prevenzione delle situazioni di emer­genza e di crisi, e perciò anche delle violazioni delle norme, caratterizzandosi come intervento sulle cause, e stimolo alla loro risoluzione con la partecipazione democratica e sociale.

 

2) Rapporti con gli organi giudiziari e la giustizia minorile

In modo particolare per quanto concerne spe­cificatamente la tutela dei diritti dei minori, il potere di vigilanza dei Consorzi concorre con quello degli organi della giustizia e specificata­mente della giustizia minorile, la quale ha istitu­zionalmente il compito anche di curare la prote­zione dei diritti dei minori.

Va rilevato che la giustizia minorile nell'ultimo decennio, anche a seguito dell'emanazione di nuove leggi, a partire da quella sulla adozione speciale per finire con il nuovo diritto di fami­glia, sta assumendo un sempre più specifico ruolo non solo di garanzia dei diritti, ma anche di promozione della tutela sostanziale dell'inte­resse del minore.

Compete agli organi della giustizia minorile (Tribunale per i minorenni e relativa Procura della Repubblica, che hanno competenza in tutta la Regione, e i giudici tutelari, cioè i Pretori) di intervenire in varie maniere che saranno som­mariamente indicate: sia in sede amministrativa e di volontaria giurisdizione, sia in via di repres­sione; sia per quanto riguarda il rispetto delle leggi da parte degli istituti come per la protezio­ne dei diritti dei minori. Pertanto appare neces­sario che i Consorzi si colleghino con tali orga­ni, stabilendo collegamenti che valgano ad armo­nizzare le distinte sfere di competenza - si ripete - senza deleghe o supplenze.

 

3) Rapporto con l'Ispettorato del Lavoro

Per quanto concerne la tutela della maternità della donna lavoratrice e del lavoro dei minori, i Consorzi dovranno instaurare specifici rapporti di collaborazione con l'ispettorato del lavoro, che ha appunto una specifica esperienza e conoscenza della materia e funzioni di vigilanza ammini­strativa e di polizia giudiziaria.

Tutta la materia dei rapporti con gli organi sta­tali per l'intervento di tutela e di vigilanza, som­mariamente indicata in questa parte, costituirà oggetto di successive istruzioni più dettagliate.

 

CAPITOLO II

 

1) Vigilanza dei Consorzi sui poteri di tutela de­gli enti e degli istituti e rapporti coi Giudici tutelari

A seguito del D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, in particolare sono attribuite ai Comuni «tutte le funzioni amministrative relative alla organizza­zione e alla erogazione dei servizi di assistenza e di beneficienza» (art. 25), ivi comprese «le attività relative: ... c) agli interventi in favore di minorenni soggetti a provvedimenti delle auto­rità giudiziarie minorili nell'ambito delle compe­tenze amministrativa e civile» (art. 23).

A seguito di tale attribuzione di funzioni i Co­muni svolgono l'intervento nei confronti di mi­nori in situazione di abbandono e di bisogno, come proprio compito, di cui sono socialmente e giuridicamente responsabili, senza attendere l'intervento di altri organi.

Esercitando tale intervento assistenziale sui minori i Comuni assumono l'esercizio del potere tutelare.

I Consorzi hanno potere di vigilanza sull'appli­cazione che gli enti e gli istituti di pubblica as­sistenza fanno dei «poteri tutelari» loro spet­tanti secondo l'art. 402 del C.C.

Tale norma prevede che «l'istituto di pubblica assistenza esercita i poteri tutelari sul minore ricoverato o assistito, secondo le norme del Ti­tolo X, Capo I di questo Libro (343-389), fino a quando non si provveda alla nomina di un tutore, e in tutti i casi nei quali l'esercizio della patria potestà o della tutela sia impedito. Resta salva la facoltà del Giudice tutelare di deferire la tu­tela all'ente di assistenza o all'ospizio, ovvero di nominare un tutore a norma dell'art. 354.

Nel caso in cui il genitore riprenda l'esercizio della patria potestà, l'istituto deve chiedere al Giudice tutelare di fissare, eventualmente, limi­ti o condizioni, a tale esercizio.

Anche tale attività di vigilanza deve essere svolta secondo i criteri generali già indicati e tenendo conto della particolare protezione che deve essere attuata dei diritti del minore. In modo particolare deve essere tenuto presente che si attua il controllo e la vigilanza su una at­tività che corrisponde al rapporto parentale e all'esercizio della potestà dei genitori, nei suoi aspetti di «cura della persona» e di rappresen­tanza legale del minore.

Soprattutto va ricordato che ai sensi dell'art. 344 del C.C. «Il Giudice tutelare (pretore) sovra­intende alle tutele». Il Giudice secondo le nor­me del C.C. sulla tutela (titolo X - art. 343) ha nella sostanza il potere di indirizzo, scelta e con­trollo istituzionale sulla gestione dei poteri tu­telari nei suoi vari aspetti; per tali attività «può chiedere l'assistenza degli organi della pubblica amministrazione e di tutti gli enti i cui scopi corrispondono alle sue funzioni». (Art. 344 C.C.).

Tali organi ed enti nell'Emilia-Romagna, dopo l'approvazione della legge regionale n. 22 del 10 giugno 1976 e del D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, sono i Comuni ed i loro Consorzi socio-sanitari. Oltre a quanto previsto dal C.C., il collegamento è reso necessario dalle nuove funzioni attribuite ai Comuni e dalla delega di poteri ai Consorzi socio-sanitari. I Consorzi hanno il dovere di fare intervenire i servizi del territorio per affrontare e risolvere i problemi del bambino istituzionaliz­zato. Dovranno inoltre sottoporre agli enti, agli istituti e al Giudice tutelare concrete proposte riguardanti la cura della persona e quant'altro è necessario per il minore, eventualmente anche per la scelta e la nomina del tutore.

Si tenga presente che l'art. 354 del C.C. pre­vede che «la tutela dei minori che non hanno nel luogo del loro domicilio parenti conosciuti o capaci di esercitare l'ufficio di tutore, può es­sere deferita dal Giudice tutelare ad un ente di assistenza del Comune ove ha domicilio il mi­nore o l'ospizio in cui questo è ricoverato». L'Amministrazione dell'ente o dell'ospizio delega uno dei propri membri ad esercitare le funzioni di tutela. È tuttavia in facoltà del Giudice tute­lare di nominare un tutore al minore quando la natura o l'entità dei beni od altre circostanze lo richiedano.

Dovrà ricordarsi ancora che ai sensi dell'art. 371 C.C. ... «il Giudice tutelare su proposta del tutore e sentito il protutore, delibera:

n. 1 - Sul luogo dove il minore deve essere al­levato e sul suo avviamento agli studi o all'eser­cizio di un'arte, mestiere o professione, sentito lo stesso minore se ha compiuto gli anni 10 e richiesto, quando è opportuno, l'avviso dei pa­renti prossimi e del comitato di patronato dei minorenni», oggi sostituito quest'ultimo dal Con­sorzio, a seguito della legge statale n. 698/75 e della legge regionale n. 22/76.

Sotto il profilo giuridico formale (per la scelta del tutore e dell'indirizzo della tutela) sarà preva­lente la decisione del Giudice tutelare; sotto l'aspetto sostanziale sarà determinante per i contenuti della deliberazione del Giudice tute­lare l'iniziativa del consorzio, sia come control­lo vero e proprio sugli enti e istituzioni, sia come amministrazione attiva, sia come tramite tra i servizi del territorio e il giudice tutelare. Anche di qui l'importanza che l'esercizio della vigilanza sia costantemente coordinato e colle­gato con il giudice o i giudici tutelari (i pretori) del territorio, oltre per quanto si è detto nei pa­ragrafi che precedono, per quanto si dice in se­guito.

 

2) Trasmissione degli elenchi trimestrali dei ri­coverati ed assistiti

Ai sensi dell'art. 314/5 Codice civile tutte «le istituzioni pubbliche o private di protezione o assistenza alla infanzia trasmettono trimestral­mente al Giudice tutelare (Pretore) del luogo ove hanno sede l'elenco dei ricoverati o assistiti».

Il termine «assistito» si riferisce ai minori affidati ad ente o privato diverso da quello che ne cura l'assistenza. Esso deve essere inteso nel senso più ampio possibile e comprende le forme di affidamento assistenziale, anche di carattere provvisorio, a terzi, pure se parenti, compiute tramite istituti.

L'adempimento di tale dovere da parte degli istituti pubblici o privati, serve a mettere il Giu­dice tutelare ed il Tribunale per i minorenni in condizione di compiere le attività e di prendere le proprie deliberazioni, loro esclusivamente ri­servate.

L'omissione dell'obbligo di trasmissione degli elenchi deve essere severamente e attentamente considerato dai Consorzi, potendo configurare ipotesi di responsabilità giuridica penale e civile.

 

3) Denuncia della situazione di abbandono di minori degli anni 8

Ai sensi dell'art. 314/5 Cod. Civ. «chiunque ha facoltà di segnalare all'autorità pubblica situa­zioni di abbandono di minori di anni 8».

I pubblici ufficiali (quali sono considerati an­che gli organi delle IPAB, i funzionari e i membri delle Commissioni di controllo e di vigilanza dei Consorzi) e gli organi scolastici «debbono rife­rire al più presto al Tribunale per i minorenni, tramite il Giudice tutelare, sulle condizioni di ogni minore di anni 8 in situazione di abbandono di cui vengano comunque a conoscenza».

L'omissione di tale segnalazione può essere penalmente sanzionata come omissione di atti d'ufficio, sempre che non emergano più specifi­che responsabilità.

Va ricordato che la situazione di abbandono va ravvisata per quei minori «privi di assistenza materiale e morale da parte dei genitori o dei parenti tenuti a provvedervi» (art. 314/4 Cod. Civile).

In particolare la legge espressamente stabili­sce che «la situazione di abbandono sussiste anche quando i minori sono ricoverati presso pubbliche o private istituzioni di protezione ed assistenza per l'infanzia». Pertanto è un preciso obbligo di chi svolge attività di vigilanza verifi­care di propria iniziativa se si profilino condizioni di abbandono nei minori ricoverati o assistiti, e di segnalare all'autorità giudiziaria gli elementi che fanno ritenere esistente tale situazione an­che ove l'istituto non vi abbia già provveduto.

L'omissione di tale segnalazione da parte degli organi di controllo e di vigilanza può costituire anche il reato di omissione di atti d'ufficio.

Va ricordato che il giudizio sulla situazione di abbandono di un minore degli anni 8 appartiene al Tribunale per i minorenni, e si concretizza nel­la dichiarazione di adottabilità, presupposto per la successiva adozione del minore.

È ben noto come l'adozione di minori in situa­zione di abbandono costituisca un fenomeno di regola positivo per il minore, che viene reinse­rito in una famiglia, eliminando così le cause della istituzionalizzazione.

 

4) Interventi delle pubbliche autorità a favore dei minori

L'art. 403 Cod. Civ. dispone che «quando il mi­nore è moralmente o materialmente abbandona­to o è allevato in locali insalubri o pericolosi, oppure da persone per negligenza, immoralità, ignoranza o per altri motivi incapaci di provve­dere all'educazione di lui, la pubblica autorità a mezzo degli organi di protezione dell'infanzia, lo colloca in luogo sicuro fino a quando si possa provvedere in modo definitivo alla sua prote­zione».

Tale norma ha origine e si collega con l'art. 13 R.D. 24-12-1934, n. 2316 (Testo Unico delle leggi per la protezione della maternità e dell'infanzia) in base al quale i Comitati di patronato dell'ONMI, ed ora la Regione e gli organi da questa delegati, «esercitano una vigilanza igienica, edu­cativa e morale sui fanciulli minori di 14 anni, col­locati fuori della dimora dei genitori e tutori, presso nutrici e allevatori o istituti pubblici o privati di beneficienza e assistenza, e provvedo­no all'assistenza, al ricovero, all'istruzione ed all'educazione dei fanciulli abbandonati; ... vigilano sui fanciulli adolescenti, denunciando, ove occor­ra all'autorità giudiziaria, i fatti venuti a cono­scenza che possano importare la perdita della patria potestà, della tutela legale, e della qualità di tutore, e curano che, in questi casi, si prov­veda alla legale rappresentanza dei minorenni...; denunciano i fatti, pervenuti a loro notizia, i qua­li possano costituire contravvenzioni alla legge sul lavoro dei fanciulli e alle altre disposizioni emanate a tutela di questi».

Va infine ricordato sempre ai sensi di tale norma, che coloro che svolgono funzioni di vigi­lanza «nell'esercizio delle funzioni di protezione dell'infanzia» «possono richiedere, ove occorra, il diretto intervento degli ufficiali ed agenti di po­lizia giudiziaria i quali devono prestare la loro opera».

 

a) Affidamenti di minori da parte di istituti

Il successivo art. 404 Cod. Civ. stabilisce che «l'istituto di pubblica assistenza, a norma delle leggi speciali, può affidare il minore ricoverato a persona di fiducia». In proposito il Tribunale per i minorenni dell'Emilia-Romagna, con opinione che la Regione condivide, ha ritenuto che tali disposizioni vadano collegate con l'art. 336 ulti­mo comma del Codice civile; con le norme sull'adozione speciale introdotte nel Codice civile con legge 5-6-1967, n. 431, e comunque con l'art. 13 della Costituzione, applicabile non solo nel processo penale, bensì in tutti i casi di restrizio­ne di libertà, a qualunque titolo - anche di mi­nori - per i quali le coazioni diverse da quelle previste dall'ordinamento come manifestazioni normali attribuite ai soggetti degli stessi respon­sabili devono essere attuate con tutte le garan­zie prescritte dal sistema, tra cui l'intervento dell'autorità giudiziaria.

Al riguardo è stato da alcuni negato il potere degli enti e degli istituti di protezione e assi­stenza all'infanzia di provvedere al collocamento diretto al di fuori delle disposizioni del Tribunale per i minorenni, cui prima ancora di pronunciare l'affidamento preadottivo, è consentito di adot­tare, in sostituzione del ricovero in idoneo isti­tuto, il provvedimento temporaneo che reputi più opportuno nell'interesse del minore e perciò an­che l'affidamento a privati. Si è altresì ritenuto che l'istituto di assistenza possa affidare a per­sone di fiducia solo i maggiori degli anni otto dato che l'affidamento connesso a situazioni di abbandono costituisce il presupposto della di­chiarazione dello stato di adottabilità e, quindi, dell'adozione speciale. Tuttavia, questa tesi, seb­bene suggestiva, non sembra totalmente accetta­bile siccome impostata ad eccessivo rigorismo con conseguenze contrastanti con pressanti esi­genze della realtà sociale, in particolare nei casi di abbandono. Perciò, dovendosi ammettere la permanenza di un potere degli Enti in materia, è necessario far ricorso ad un criterio operativo che salvaguardi dette esigenze senza, però, vio­lare fondamentali principi. In concreto, ove si accerti una situazione di abbandono morale e materiale, da parte degli operatori sociali, gli Enti per i quali essi agiscono possono provvedere in via d'urgenza a ricoveri o affidamenti fiduciari, ma devono farne immediata segnalazione al Tri­bunale, direttamente o tramite il giudice tutelare, per i provvedimenti conseguenziali di sua compe­tenza, compreso quello di disporre diversamente circa il collocamento del minore in base ad una valutazione globale alla stregua di tutte le no­tizie acquisite. Del resto, proprio a questo scopo sono preordinati gli obblighi imposti dall'articolo 314/5 C.C., a tutti i pubblici ufficiali di riferire sulle condizioni di ogni minore in abbandono, di cui vengono comunque a conoscenza, e alle isti­tuzioni pubbliche e private di trasmettere trime­stralmente gli elenchi dei minori ricoverati o assistiti».

 

b) Adozione speciale

L'intervento del Giudice a protezione del mino­re stesso può essere di varia intensità e di varia natura, e solo alcune volte si esplica e può esplicarsi con il ricorso alla normativa sull'ado­zione speciale.

Ciò perché spesso il cattivo uso della potestà parentale non giunge a porre in essere uno stato di abbandono.

Va detto a questo proposito che la normativa sull'adozione speciale, per effetto dell'entrata in vigore il 26-8-1976 della legge 22-5-1974, n. 357 che reca ratifica ed esecuzione in Italia della con­venzione europea di Strasburgo 24-4-1967 in ma­teria di adozione di minorenni, può essere appli­cata (e di fatto viene applicata dal Tribunale per i minorenni dell'Emilia-Romagna) anche a minori che abbiano superato gli otto anni.

Ciò rende necessaria la massima sollecitudine dei Consorzi nella vigilanza diretta ed indiretta sulle situazioni di abbandono dei minori, che de­ve essere segnalata ovunque si profilino sussi­stere condizioni di carenza « di assistenza ma­teriale o morale da parte dei genitori o dei pa­renti tenuti a provvedervi » prevista dalla legge.

 

c) Violazione o abusi da parte dei genitori e de­cadenza della patria potestà

Va ricordato che il potere del consorzio dele­gato di «vigilare sui fanciulli adolescenti, de­nunciando, ove occorra, all'autorità giudiziaria i fatti venuti a conoscenza che possano importare la perdita della patria potestà, della tutela legale e della qualità di tutore...» riguarda tutti i mi­nori, istituzionalizzati o no, e va collegato con l'art. 330 C.C., per cui «il giudice può pronun­ciare la decadenza della potestà quando il geni­tore viola e trascura í doveri ad essi inerenti o abusa dei relativi poteri con grave pregiudizio del figlio» e con l'art. 333 C.C. per cui «quando la condotta di uno e di entrambi i genitori non è tale da dar luogo alla pronuncia di decadenza prevista dall'art. 330, ma appare comunque pre­giudizievole al figli, il giudice, secondo le circo­stanze può adottare i provvedimenti convenienti e può anche disporre l'allontanamento di lui dal­la residenza familiare».

È necessario che le eventuali denunce dei ser­vizi dei consorzi affrontino il problema con l'in­dicazione e, se possibile, con l'apprestamento delle misure alternative proposte per il minore.

 

d) Sanzioni e denunce in casi di abbandono di minori

Per assicurare la protezione dei diritti del mi­nore va ricordato ai Consorzi l'esistenza degli artt. 19 e 20 del T.U. R.D. 24-12-1934, n. 2316. Sono norme impeditive del cosiddetto «mercato di bambini» e rivolte contro gli abusi diretti a frodare attraverso private pattuizioni le dispo­sizioni nell'affidamento preadottivo.

Anche perché si tratta di norme la cui viola­zione è sanzionata penalmente e che coinvolgo­no tutti i cittadini dovrà essere cura dei Consorzi divulgarne l'esistenza e pretenderne la rigorosa osservanza.

Tali norme così si esprimono:

Art. 19 - Quando le autorità di pubblica sicu­rezza o le istituzioni di beneficienza e assistenza o le associazioni per la protezione e l'assistenza dei minori raccolgano un fanciullo abbandonato o vengano a conoscere che un fanciullo si trovi in stato di abbandono materiale o morale, debbono, dopo aver provveduto al provvisorio ricovero del fanciullo, darne subito notizia al comitato di pa­tronato incaricato dell'assistenza nel luogo in cui si trovi il fanciullo.

Lo stesso obbligo incombe a qualunque citta­dino che trovi abbandonato in luogo pubblico un fanciullo minore di 14 anni o venga a conoscenza che un fanciullo trovasi in istato di abbandono materiale o morale.

Ai cittadini trasgressori è applicabile la pena prevista nell'art. 593, primo comma, del codice penale.

Art. 20 - Agli effetti della vigilanza di cui al n. 2 dell'art. 13 del presente Testo Unico allorché una persona allevi o custodisca un fanciullo mi­nore di quattordici anni, fuori dalla dimora dei genitori o del tutore, deve farne dichiarazione al locale comitato di patronato, al quale deve inoltre dichiarare ogni suo cambiamento di residenza ed eventualmente la morte o il ritiro del fanciullo.

Al comitato medesimo gli istituti pubblici e privati di beneficienza e assistenza debbono co­municare l'elenco dei fanciulli in essi ricoverati e di quelli affidati a privati allevatori e notificare le eventuali dimissioni dei fanciulli medesimi.

Gli allevatori e custodi e i presidenti degli isti­tuti di beneficienza e assistenza che contravven­gano alle disposizioni del presente articolo sono puniti con l'ammenda.

Mentre la violazione della norma dell'art. 19 va denunciata all'autorità giudiziaria (al pretore) che ha competenza in materia, la violazione dell'art. 20, depenalizzato, è ora di competenza della Regione, cui dovranno essere segnalati i casi verificati nel corso della vigilanza.

 

e) Rapporti con i Procuratori della Repubblica in relazione a decisioni che portino alla decadenza della potestà parentale

Ai sensi dell'art. 22 T.U. 21-12-1934, n. 2316, i Procuratori della Repubblica presso i Tribunali ordinari (ma anche il Procuratore della Repub­blica presso il Tribunale per i minorenni) hanno l'obbligo di comunicare al disciolto organo pro­vinciale dell'ONMI, e perciò nell'Emilia ai Con­sorzi, «Copia delle sentenze che, riguardo ad uno o ad entrambi i genitori, importino privazione del diritto di patria potestà» o «della tutela dei mi­nori...», nei vari casi previsti dalle leggi.

Tale trasmissione ha lo scopo di consentire ai Consorzi l'intervento assistenziale.

Appare pertanto opportuno che i Consorzi ri­chiedano alle Procure della Repubblica del loro territorio, e alla Procura presso il Tribunale per i minorenni dell'Emilia-Romagna, l'adempimento prescritto dalla legge, con la necessaria segna­lazione a tali uffici della costituzione, del reca­pito e della ripartizione geografica dei Consorzi.

Infatti la tempestiva conoscenza di situazioni pregiudizievoli per il minore, come quelle cui la norma richiamata fa riferimento, può essere di grande utilità per un'efficace opera di pre­venzione.

 

f) Partecipazione alle udienze penali del Tribu­nale per i minorenni

Ai sensi dell'art. 16 R.D.L. 20-7-1934, n. 1404 (Istituzione e funzionamento del Tribunale per i minorenni) alle udienze penali del Tribunale pos­sono assistere, oltre i difensori ed i congiunti, anche «il rappresentante del locale comitato di patronato dell'ONMI», cui si sostituisce oggi il rappresentante del Consorzio socio-sanitario competente per territorio.

Poiché la sottoposizione di un minore al giudi­zio penale riveste notevole importanza e signifi­cato per l'esercizio della vigilanza del Consorzio sul trattamento dei minori, anche ai fini conosci­tivi e di prevenzione generale per quanto concer­ne la situazione di abbandono, appare opportuno che i Consorzi si impegnino in tale attività, e in tale opera di presenza e di vigilanza sociale sui fenomeni del disadattamento dei minori.

Anche in questo caso l'assistenza alle udienze penali dovrà essere concordata con il Tribunale, anche e soprattutto in funzione di poter interve­nire socialmente e positivamente sulle cause che hanno dato origine al fatto sottoposto al giudizio penale.

 

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