Prospettive assistenziali, n. 44, ottobre-dicembre 1978

 

 

Notiziario del Centro italiano per l'adozione internazionale

 

 

L'ADOZIONE IN INDIA

 

I Rodrigues sono un felice quartetto: vi sono John e Linda (genitori), Gita e Sheila (figlie). Mentre John lavora come direttore, Linda spen­de le sue energie nel duplice lavoro di organiz­zare adozioni per una agenzia assistenziale e per organizzare, un po' più di corsa, la sua famiglia. Il problema dei Rodrigues è il problema di mol­te altre coppie che da anni hanno un figlio adot­tivo senza riuscire a chiamarlo col proprio co­gnome.

Trent'anni dopo l'indipendenza e la dichiarazio­ne della giustizia sociale per tutti, non è ancora possibile oggi per una persona, ad eccezione che per un Hindu, adottare legalmente un bambino in india. Mussulmani, Cristiani, Parsi e membri di altre comunità che vorrebbero adottare un bam­bino, debbono ricorrere ad una legge che risale al diciannovesimo secolo: il Guardian and Wards Act (atti dei tutori e dei minori) del 1890, secondo il quale una persona può avere in affidamento un bimbo che è orfano o è stato abbandonato dai suoi genitori. Questo atto autorizza il tutore o i tutori ad avere la custodia del minore finché com­pie 18 anni.

Per quanto riguarda l'adozione legale, gli Hindu secondo una più recente legge hanno un vantag­gio sui gruppi minoritari.

Secondo l'adozione Hindu e Maintenance Act (Atto di mantenimento) del 1956, un Hindu che può provare che è sterile o che non ha figli ma­schi può adottare un solo bimbo maschio; e se non ha figlie o nipoti (di sesso femminile) viventi ha anche la possibilità di adottare una bimba.

Così gli Hindu che desiderano accogliere nella loro famiglia più di due bambini non possono usufruire della adozione legale concessa dal «Hindu e Maintenance Act», ma debbono sotto­stare al vecchio «Guardian and Wards Act» co­me i gruppi minoritari.

L'impossibilità da parte delle comunità mino­ritarie di adottare legalmente ha serie implica­zioni per tutti quelli che sono interessati alla adozione di un bambino.

Per decenni parecchi bambini sono stati affidati per mezzo della legge di tutela e parecchi bam­bini che oggi sono in affido sono abbastanza fe­lici, ben amati e seguiti; ma la mancanza di vin­coli legali rende la situazione notevolmente .pre­caria. Mentre l'assenza di vincoli legali scarsa­mente intacca la relazione genitori-bambini, è causa invece di insicurezza e molti inconvenienti. Un bambino adottato secondo la legge Hindu acquista la stessa condizione di un figlio natu­rale: acquista il cognome della famiglia ed ha accesso a tutte le ricchezze e le proprietà della stessa. In caso di morte dei genitori, automatica­mente eredita una giusta parte dei loro beni; non così il bambino che non ha uno status legale in famiglia.

Naturalmente sono state introdotte norme per proteggere anche il bambino in tutela: infatti, negli ultimi tempi, l'Alta Corte dello Stato del Maharashtra ha reso obbligatorio ai tutori di re­digere disposizioni testamentarie a favore dei loro protetti.

L'assistenza medica e altri benefici sono spes­so negati al bambino in affido, come nel caso dei Rodrigues, che non poterono adottare legalmen­te. Se le ragazze fossero figlie naturali di John e Linda avrebbero ottenuto ufficialmente quei be­nefici dai quali attualmente sono escluse.

In una nazione come l'India dove i problemi monetari affliggono tutti, meno una microscopica parte della popolazione, il non poter usufruire di assistenza e previdenza può scoraggiare molte persone a prendere in tutela dei bambini, perso­ne che d'altro canto sarebbero dei potenziali buoni genitori adottivi.

Inoltre, sebbene le agenzie di adozione ponga­no una grande cura per interrompere i legami tra i bambini indesiderati ed i genitori naturali, la mancanza di una legislazione adeguata rende vivo il timore che un giorno il bambino possa es­sere reclamato dai suoi genitori naturali.

Il progetto di legge, attualmente al Parlamento indiano, sull'adozione del minore risolve molti di questi problemi. Cerca principalmente di stan­dardizzare le procedure di adozione nel Paese, dando a tutti gli indiani, indipendentemente dalla religione o casta di appartenenza, accesso a una legislazione che tutela il minore adottato.

La proposta di legge tende ad elevare l'età dei minori dai 15 ai 18 anni e stabilisce la possibilità di adottare più di due bambini da parte di quelle coppie che abbiano i requisiti necessari. La leg­ge mira anche a salvaguardare gli interessi dei bambini insistendo che «il lavoro per le adozio­ni» deve essere curato solo da agenzie specia­lizzate ed autorizzate, ponendo così fine alle mol­te finte organizzazioni esistenti.

Sfortunatamente la proposta di legge per l'ado­zione è stata trattata con molta indifferenza e anche con occasionali scoppi di ostilità. Nei ven­tidue anni seguenti alla prima presentazione in Parlamento della legge, questa non ha fatto gran­di progressi, tenendo sulle spine i futuri genitori adottivi.

Dovendo, inoltre, la proposta di legge sull'ado­zione combattere per ottenere l'attenzione fra tanti altri pesanti problemi, come il bando sul massacro delle mucche o il prezzo degli appalti, questa proposta ha provocato grida di protesta da parte di alcune minoranze e, particolarmente, da parte dei Mussulmani i quali vorrebbero che nessuno toccasse la vecchia legge del Corano che, secondo Allah, dovrebbe servire per tutto il tempo a venire.

Il Shariat permette che i bambini orfani o ab­bandonati vengano allevati in affido, ma proibisce l'adozione che è contraria alla legge di succes­sione dei Mussulmani.

Tutto ciò sembra non tenere conto che l'esi­stenza di una legge accessibile a tutti, indipen­dentemente dal loro credo, non obbliga di certo ad adottare se non si è d'accordo. La proposta di legge mira invece a dare ai genitori adottivi i mezzi per cementare i loro legami con i bambini che essi allevano.

Oltre a dover combattere con i movimenti con­trari all'adozione, ci sono anche delle prese di posizioni occasionali come quella di un profes­sore di psicologia dell'Università di Goa che, dopo 18 anni di ricerche, ha concluso che l'ado­zione è innaturale ed attualmente ritarda la cre­scita del bambino, impedendo così lo sviluppo della sua personalità. Una opinione questa che solo chi coltiva «capricci» potrà prendere seria­mente in considerazione.

Un importante lavoro è quello di pubblicizzare il problema dell'adozione e mentre si incorag­giano persone di questo Paese ad adottare bam­bini, bisogna creare una consapevolezza di tutti i diritti connessi. A sostegno di questo l'Indian Council of Social Welfare (Consiglio Indiano del Benessere Sociale) ha presentato un memoran­dum al Primo Ministro sollecitandolo a prendere con urgenza giusti provvedimenti.

Si auspica che l'attuale Governo si interessi maggiormente a questo problema, più di quanto non abbia fatto il precedente. L'india necessita di una legislazione aggiornata in molti campi e nel campo dell'adozione in modo particolare.

UMA RANGANATHAN

(dal Times of India, Bombay, 28-8-1977)

 

 

Abbiamo purtroppo letto lo scorso mese un articolo della signora Deena Ahmadullah nel qua­le riferisce che la proposta di legge sull'adozione è stata ritirata dal Governo indiano a causa di forti pressioni esercitate dalla parte più conser­vatrice dei Mussulmani e di altre comunità mi­noritarie.

Questo fatto è stato denunciato da più parti come una chiara manovra elettorale fatta dal Go­verno per assicurarsi un certo numero di voti. L'Indian Association of Promotion of Adoption (Associazione Indiana per la Promozione dell'Ado­zione) assieme all'Indian Council of Social Wel­fare e l'United Women Organization (Organizza­zione Donne Unite) si sono fatti promotori di proteste, sollecitando il Governo a riprendere in esame la proposta di legge, ma le speranze che questo avvenga sono molto tenui.

Con queste premesse l'India si prepara a cele­brare nel 1979 l'Anno Internazionale del Bambino.

 

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