Prospettive assistenziali, n. 41, gennaio-marzo 1978

 

 

UNA RETRIVA BOZZA DI PROPOSTA DI LEGGE SULL'ASSISTENZA DEL MINISTERO DELL'INTERNO

 

 

Pubblichiamo il testo della bozza di proposta di legge di riforma dell'assistenza predisposta dal Ministero dell'interno in data 5 dicembre '77, che costituisce un netto passo indietro rispetto al DPR n. 616 «Attuazione della legge n. 382».

Ci risulta che il Governo non abbia approvato la bozza in quanto i Ministeri del lavoro e della sanità hanno contestato l'attribuzione al Ministe­ro dell'interno dei compiti di indirizzo, program­mazione e coordinamento sul piano nazionale. Ma di fatto in questa bozza è chiara la volontà di salvare tutto il salvabile da parte della DC.

Per quanto concerne le IPAB, infatti, che sono - com'è noto - le istituzioni più forti sia per il numero del personale addetto, sia per l'entità di patrimoni, il Ministero dell'interno vorrebbe lo scioglimento solo di quelle inattive in una linea che non può che appagare ogni desiderio della DC.

Sandro Magister su l'Espresso del 15-1-1978 così riassume in rapida successione i traguardi raggiunti dall'offensiva democristiana:

«1) l'esenzione del trasferimento ai Comuni, come prevede la legge 382, delle opere pie che "svolgono in modo precipuo attività inerenti la sfera educativo-religiosa" (formula escogitata dal comunista Paolo Bufalini al termine di una trattativa a tre Dc-Pci-Vaticano);

2) un'estensione senza precedenti dei privilegi concordatari agli enti ecclesiastici (questo se an­drà in porto l'attuale bozza di revisione del Con­cordato, non a caso distribuita ai partiti da An­dreotti nei giorni più caldi dell'offensiva del Car­dinal Benelli);

3) il non passaggio ai Comuni, anche qui in deroga alla 382, delle cosiddette "Misericordie" (articolo 38 della legge di riforma sanitaria, ag­giunto ex novo il 20 novembre, quattro giorni do­po un acceso discorso di Benelli, in seguito a trattativa fra il comunista Rubes Triva e la demo­cristiana, ben introdotta presso la CEI, Maria Eletta Martini);

4) il salvataggio delle opere pie attive nel set­tore dell'assistenza (è quanto risulta dalla bozza della legge quadro che riportiamo);

5) l'accollamento ai Comuni delle opere pie a gestione antieconomica, in deroga alle deroghe prima enunciate».

 

 

TESTO DELLA BOZZA DI PROPOSTA DI LEGGE DEL MINISTERO DELL'INTERNO

 

Art. 1. (Contenuto della legge)

In attuazione delle norme costituzionali e nel quadro della sicurezza sociale, la presente legge determina e disciplina gli interventi di assisten­za diretti a garantire al cittadino il pieno e libe­ro sviluppo della personalità e la sua partecipa­zione alla vita del Paese, prevenendo e rimuo­vendo gli ostacoli di natura personale, familiare e sociale.

Tali obiettivi si realizzano attraverso un com­plesso di servizi sociali collegati ed integrati con i servizi sanitari, e in armonia con gli altri servizi finalizzati allo sviluppo sociale, nonché attraverso prestazioni economiche.

 

Art. 2. (Destinatari)

Tutti i cittadini hanno diritto a fruire dei ser­vizi sociali, a prescindere da qualsiasi distinzio­ne di carattere giuridico, economico e sociale.

Sono, altresì, ammessi ai suddetti servizi gli stranieri e gli apolidi che si trovano in territo­rio italiano, anche se non siano assimilati ai cit­tadini italiani o non risultino appartenenti a Sta­ti per i quali sussiste il trattamento di reciprocità.

Può essere chiesto agli utenti il concorso al costo di determinate prestazioni in relazione al­le loro condizioni economiche, tenendo conto della situazione locale e della rilevanza sociale dei servizi.

Le leggi regionali provvedono a stabilire i cri­teri per il concorso di cui al precedente comma.

 

Art. 3. (Principi generali)

Il sistema dei servizi sociali tende a realizzare i seguenti obiettivi generali:

- rimuovere, anche attraverso la necessaria opera di prevenzione, le situazioni di bisogno e di disadattamento individuale, familiare e so­ciale;

- assicurare, per quanto possibile, il mante­nimento e il reinserimento della persona nel pro­prio nucleo familiare, ovvero l'inserimento in altro nucleo familiare ritenuto idoneo, garanten­do comunque la permanenza del soggetto nel normale ambiente di vita;

- considerare prioritariamente le esigenze delle categorie della popolazione più esposte ed in particolare i bambini, i disadattati e gli an­ziani;

- tener conto delle preferenze degli utenti nella scelta dei servizi e delle prestazioni;

- assicurare la partecipazione dei cittadini e dei rappresentanti degli utenti alla programma­zione e controllo dei servizi;

- attuare interventi di tipo aperto, limitando il ricovero ai casi eccezionali, non altrimenti ri­solvibili;

- correlare le prestazioni alle necessità de­gli utenti, anche attraverso una costante opera di qualificazione e di aggiornamento del personale;

- attuare il più ampio decentramento dei ser­vizi sul territorio e garantirne l'organica inter­dipendenza.

 

Art. 4. (Prestazioni economiche)

Le prestazioni di carattere economico sono or­dinarie e straordinarie.

Hanno diritto alle prestazioni ordinarie - sot­to forma di pensione sociale o di altri assegni continuativi - tutti i cittadini che, per età, ina­bilità o per altri motivi indipendenti dalla loro volontà, non possano accedere al lavoro, siano sprovvisti dei mezzi necessari per vivere e non usufruiscano di trattamento assicurativo previ­denziale.

Le prestazioni economiche ordinarie e le rela­tive misure sono definite con leggi dello Stato. Le prestazioni straordinarie sono dirette ai cit­tadini che si trovano in difficoltà economiche, contingenti e temporanee, e sono disciplinate con leggi regionali.

 

Art. 5. (Compiti dello Stato)

Sono di competenza dello Stato.

a) la funzione di indirizzo e di coordinamento delle attività amministrative delle regioni a sta­tuto ordinario in materia di servizi sociali atti­nente ad esigenze di carattere unitario anche con riferimento agli obiettivi della programma­zione nazionale e agli impegni derivanti dagli obblighi internazionali e comunitari;

b) gli interventi di primo soccorso in caso di catastrofe o calamità naturali di particolare gra­vità ed estensione;

c) gli interventi di prima assistenza in favore dei connazionali profughi e rimpatriati, in conse­guenza di eventi straordinari ed eccezionali;

d) gli interventi in favore dei profughi stra­nieri, limitatamente al periodo strettamente ne­cessario alle operazioni di identificazione e di riconoscimento della qualifica di rifugiato e per il tempo di attesa per il trasferimento in altri paesi;

e) gli interventi di protezione sociale prestati ad appartenenti alle Forze Armate dello Stato, all'Arma dei Carabinieri, agli altri Corpi di poli­zia e al Corpo nazionale dei vigili del fuoco e ai loro familiari, da enti ed organismi appositamen­te istituiti;

f) i rapporti in materia di assistenza con or­ganismi stranieri ed internazionali, la distribu­zione tra le Regioni di prodotti destinati a finali­tà assistenziali in attuazione di Regolamenti del­la Comunità economica europea, nonché l'adem­pimento di accordi internazionali in materia di assistenza;

g) le pensioni e gli assegni di carattere con­tinuativo disposti dalla legge a favore degli in­validi civili, dei ciechi civili e dei sordomuti;

h) le pensioni e gli assegni per gli orfani e gli invalidi del lavoro;

i) le pensioni sociali a carico dell'INPS, le in­dennità di disoccupazione e gli assegni a carico della Cassa integrazione stipendi e salari o ad essi assimilabili.

 

Art. 6. (Compiti del Ministero dell'Interno)

Il Ministero dell'Interno esercita le funzioni amministrative di cui all'articolo precedente, sal­vo quelle di cui alle lettere a), h), i) dello stes­so articolo e gli interventi di protezione sociale a favore degli appartenenti alle Forze Armate dello Stato e all'Arma dei Carabinieri.

Al fine di garantire un organico collegamento con le Regioni è istituito - con decreto del Pre­sidente del Consiglio dei Ministri - il consiglio nazionale per l'assistenza sociale con funzioni consultive composto da un Assessore per cia­scuna delle Regioni a statuto ordinario e a sta­tuto speciale e, per la Regione Trentino Alto Adige, da un Assessore della Provincia di Trento e della Provincia di Bolzano, nonché da tre rappresentanti delle organizzazioni sindacali e da tre rappresentanti delle Associazioni naziona­li delle istituzioni assistenziali.

Il consiglio nazionale per l'assistenza sociale è presieduto dal Ministro dell'Interno ed ha il compito di elaborare proposte e indicazioni in relazione ai problemi che si pongono a livello nazionale per assicurare un equilibrato sviluppo dei servizi sociali nel Paese.

 

Art. 7. (Compiti delle Regioni)

Le Regioni hanno autonoma potestà legislativa in materia di servizi sociali e di prestazioni economiche a carattere straordinario, nel rispetto delle norme e dei principi stabiliti dalla presente legge.

Le Regioni attuano le finalità della presente legge mediante la programmazione degli inter­venti socio-assistenziali coordinati con gli obiet­tivi generali dello sviluppo regionale e sulla ba­se delle indicazioni e proposte dei Comuni, sin­goli o associati, nonché degli altri enti pubblici e privati operanti nell'ambito regionale, delle As­sociazioni degli operatori sociali, dei rappresen­tanti degli utenti e delle formazioni sociali.

Le Regioni provvedono in particolare a:

- stabilire le norme generali per la istituzio­ne, la organizzazione e la gestione dei servizi sociali e delle unità locali dei servizi sociali pre­viste dal successivo art. 11, nonché í livelli qua­litativi e le forme delle prestazioni;

- determinare i criteri per il concorso degli utenti al costo delle prestazioni secondo i prin­cipi indicati nel precedente articolo 2;

- determinare le aree territoriali più idonee per una funzionale organizzazione dei servizi so­ciali, da individuare con la consultazione dei Co­muni, assicurando la loro corrispondenza alle zonizzazioni regionali definite per i servizi sani­tari e per gli altri settori dello sviluppo sociale. Le Regioni stabiliscono i modi per realizzare l'in­tegrazione fra i suddetti servizi e, nelle zone comprendenti più Comuni, favoriscono forme as­sociative, anche obbligatorie, fra i Comuni per la gestione dei servizi stessi;

- definire i requisiti del personale addetto o da adibire ai servizi sociali nonché promuove­re iniziative per la qualificazione, la riqualifica­zione e l'aggiornamento dello stesso, in collabo­razione con le Università e le altre istituzioni formative e sulla base del fabbisogno di ope­ratori;

- determinare la misura e le modalità di ero­gazione delle prestazioni straordinarie e tempo­ranee per i cittadini che si trovino in partico­lari situazioni di difficoltà personali o familiari;

- provvedere alla ripartizione dei fondi co­munque disponibili per l'impianto e la gestione dei servizi sociali sulla base delle priorità pro­spettate dagli organismi preposti alla gestione dei servizi e definite in sede di programmazione regionale;

- determinare le condizioni ed i requisiti per l'iscrizione delle istituzioni private nell'apposito registro regionale;

- esercitare la vigilanza su tutte le attività socio-assistenziali svolte nell'ambito regionale;

- svolgere una azione di assistenza tecnica diretta alla istituzione e al miglioramento dei servizi sociali.

 

Art. 8. (Compiti delegati alle Regioni)

È delegato alle Regioni l'esercizio delle funzio­ni amministrative statali concernenti il ricono­scimento della personalità giuridica, l'acquisto di immobili e l'accettazione di donazioni, eredi­tà o legati, nonché la vigilanza sotto ogni forma, a norma del Titolo II del Libro I del Codice Ci­vile, nei confronti degli enti privati di assistenza, le cui finalità statutarie si esauriscono nell'am­bito di una sola Regione.

Nell'esercizio delle funzioni delegate, le Re­gioni si attengono ai criteri direttivi stabiliti dall'organo statale competente, al quale spetta an­che di accertare che le funzioni delegate conse­guano i fini di interesse generale cui sono preor­dinate.

In caso di persistente inattività degli organi regionali nell'esercizio delle funzioni delegate, si applicano, per i provvedimenti sostitutivi, le di­sposizioni di cui all'art. 2 della legge 22 luglio 1975, n. 382.

 

Art. 9. (Compiti delle Province)

Le province concorrono per il proprio ambito territoriale alla elaborazione del programma re­gionale di sviluppo dei servizi sociali, ne appro­vano il piano di localizzazione, esprimono il pa­rere sulla rispondenza alla gestione dei servizi stessi delle delimitazioni territoriali determinate dalla regione.

 

Art. 10. (Compiti dei Comuni)

Le province svolgono le funzioni amministra­tive che ad esse possono essere delegate dalle regioni.

I Comuni singoli e associati ai fini dell'attua­zione dei principi e degli obiettivi della presente legge ed in conformità alla normativa regionale:

- provvedono alla organizzazione e alla ge­stione del complesso dei servizi sociali localiz­zati nel loro territorio;

- partecipano alla elaborazione, realizzazio­ne e controllo del programma regionale di svi­luppo dei Servizi Sociali di cui all'art. 7 della presente legge;

- provvedono alla qualificazione e al poten­ziamento dei Servizi Sociali già funzionanti sul territorio e alla istituzione di nuovi servizi cu­randone il coordinamento e la interdipendenza tra di loro e con gli altri servizi sanitari e forma­tivi funzionanti nell'ambito territoriale di com­petenza;

- provvedono ad erogare le prestazioni eco­nomiche straordinarie agli aventi diritto secondo i criteri stabiliti dalla legge regionale;

- assicurano il diritto dei cittadini di parte­cipare alla programmazione, alla gestione e al controllo dei servizi sociali pubblici attraverso l'intervento dei rappresentanti degli utenti e del­le rappresentanze delle formazioni sociali orga­nizzate nel territorio;

- stipulano Convenzioni con le istituzioni pri­vate di assistenza iscritte nel registro regionale di cui al successivo art. 13 purché non abbiano scopi di lucro e sempreché risultino idonee per i livelli di prestazioni, per la qualificazione del personale e per l'efficienza organizzativa e ope­rativa. Provvedono a consultare le stesse nella fase preparatoria della programmazione regio­nale;

- si avvalgono della collaborazione degli or­ganismi del volontariato.

Allorché gli ambiti territoriali dei servizi defi­niti ai sensi dell'art. 7 della presente legge coin­cidono con quelli delle comunità montane, le funzioni di cui al comma precedente sono attri­buite alle stesse.

 

Art. 11. (Unità locali dei Servizi Sociali)

Le funzioni di cui al precedente articolo pos­sono essere esercitate dai Comuni, dalle Comu­nità montane e dalle loro associazioni attraverso le Unità locali dei Servizi Sociali.

Per i Comuni organizzati in circoscrizioni, l'Unità locale corrisponde ad una o più circoscri­zioni, secondo le determinazioni dei Comuni in­teressati.

L'Unità locale dei servizi sociali è un organo del comune, o del consorzio o della comunità montana con propria gestione e contabilità sepa­rata, salvo quanto sarà previsto dalla legge di riforma della finanza locale.

La legge regionale fissa norme per:

1) la costituzione e la gestione dell'Unità lo­cale dei servizi sociali quale strumento tecnico­operativo inserito nella struttura amministrativa del Comune singolo o associati o della comuni­tà montana;

2) la definizione delle strutture dell'unità lo­cale, prevedendo in particolare la costituzione di un comitato di gestione con la partecipazione di rappresentanti del Consiglio Comunale, o dell'Assemblea del Consorzio dei Comuni, o dell'Organo rappresentativo della comunità monta­na, con garanzia di presenza delle minoranze nonché di rappresentanti delle locali forze so­ciali, delle associazioni dei destinatari dei ser­vizi, degli operatori sociali e delle associazioni, fondazioni e istituzioni di cui al successivo ar­ticolo 12;

Il comitato di gestione:

a) sovraintende alla gestione della Unità lo­cale ed al coordinamento dei servizi sociali che ne fanno parte;

b) propone le dotazioni di personale tecnico e amministrativo dell'Unità locale e dei relativi servizi sociali; tale personale fa parte dell'orga­nico del Comune o, secondo i casi, della comu­nità montana o dell'associazione di comuni;

c) elabora il programma annuale di attività dell'unità locale, compreso l'aggiornamento e la qualificazione del personale tecnico e ammini­strativo;

d) predispone il bilancio preventivo e consun­tivo dell'unità locale, che costituisce parte in­tegrante del bilancio del Comune o associazione dei Comuni o comunità montana, fermi restan­do: il vincolo di destinazione degli specifici stan­ziamenti regionali, le norme concernenti il pa­trimonio e i proventi patrimoniali delle istituzio­ni trasferite al Comune di cui al successivo ar­ticolo 16 della presente legge, la separazione di eventuali passività.

 

Art. 12. (Libertà dell'assistenza privata)

In conformità all'ultimo comma dell'art. 38 del­la Costituzione è garantita la libertà di costitu­zione e di attività alle associazioni, fondazioni e altre istituzioni - dotate o meno di personalità giuridica - che perseguano finalità assistenzia­li, salvi i controlli previsti da leggi in via gene­rale per motivi di interesse pubblico.

 

Art. 13. (Registro regionale istituzioni private)

In ogni Regione, presso il competente Asses­sorato regionale, è istituito un registro per la iscrizione delle associazioni, fondazioni e istitu­zioni private che intendono essere consultate nella fase preparatoria della programmazione dei servizi sociali e concorrere alla stipulazione del­le convenzioni di cui al precedente art. n. 10.

L'iscrizione nel Registro delle istituzioni pri­vate è disposta con decreto del Presidente della Giunta regionale previo accertamento della loro corrispondenza ai principi stabiliti dalla presente legge e alle condizioni previste dalle leggi re­gionali, sentiti i Comuni nel cui territorio l'isti­tuzione opera.

Per le istituzioni operanti in più Regioni l'iscri­zione è effettuata nel Registro tenuto presso l'Assessorato della Regione in cui l'istituzione ha sede legale, sentite le altre Regioni inte­ressate.

La legge regionale stabilisce le procedure per l'iscrizione nel registro e per la cancellazione dal registro stesso in caso di gravi violazioni delle normative statali e regionali, prevedendo che le procedure stesse siano atte a garantire l'obiettività delle valutazioni occorrenti e la pre­ventiva consultazione delle istituzioni interes­sate.

 

Art. 14. (Istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza)

Le I.P.A.B. che non svolgono in modo precipuo attività inerenti la sfera educativo-religiosa e che sono in grado, per l'efficiente organizzazione di strutture e di personale, anche volontario, di continuare autonomamente la propria attività, nonché le I.P.A.B. a carattere associativo le cui attività di fondano, a norma di statuto, su pre­stazioni volontarie dei soci, sono escluse dal trasferimento di cui all'art. 25 del D.P.R. 24 lu­glio 1977, n. 616.

A questo fine le I.P.A.B. interessate presenta­no istanza motivata e documentata entro tre me­si dalla pubblicazione del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri di cui al 7° comma dell'art. 25 del sopracitato D.P.R. ai Comuni dove hanno sede legale, che le corredano del proprio parere e le inoltrano alla rispettiva Regione.

Il Presidente della Regione, sentito il Consi­glio regionale, provvede a trasmetterle al Presi­dente del Consiglio dei Ministri, per le determi­nazioni della Commissione istituita ai sensi dell'art. 25 - 6° comma - D.P.R. 24 luglio 1976, n. 616.

L'elenco delle I.P.A.B. che si trovano nelle condizioni citate nel primo comma del presente articolo è approvato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri. Le I.P.A.B. iscritte nell'elenco perdono la personalità giuridica di dirit­to pubblico e rientrano nella disciplina delle per­sone giuridiche private.

Le I.P.A.B. che non abbiano presentato istanza e quelle non iscritte nell'elenco di cui al comma precedente sono trasferite ai Comuni ai sensi dell'art. 25 D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, con le modalità "previste nell'articolo 16 della presente legge.

 

Art. 15. (Regioni a Statuto speciale)

Le disposizioni della presente legge si appli­cano anche alle Regioni a statuto speciale e al­le Province autonome di Trento e di Bolzano, compatibilmente con il loro ordinamento costituzionale.

 

Art. 16. (Modalità di trasferimento di funzioni, beni e personale delle IPAB soppresse)

Le istituzioni pubbliche di assistenza e bene­ficenza operanti nell'ambito regionale le cui fun­zioni, personale e beni siano trasferiti ai comuni singoli o associati, ai sensi dell'art. 25, quinto comma, del decreto del Presidente della Repub­blica 24 luglio 1977, n. 616 e dell'articolo 13 del­la presente legge, sono soppresse a decorrere dalla data del trasferimento.

I comuni destinatari delle funzioni trasferite, effettuano la ricognizione degli scopi delle IPAB soppresse, ne assicurano la continuazione dell'attività con eventuali adeguamenti per meglio rispondere alle esigenze della comunità locale, assicurando, per quanto possibile, il rispetto dei fini originali.

Le funzioni vengono trasferite al Comune o ai Comuni singoli o associati alla cui popolazione erano destinate, in modo esclusivo o prevalen­te, le prestazioni dell'istituzione soppressa.

Il patrimonio mobiliare e immobiliare delle istituzioni, con il relativo arredamento e attrez­zature, è trasferito ai comuni cui spetta di eser­citare le rispettive funzioni secondo le disposi­zioni del comma precedente.

I comuni singoli o associati subentrano, dal momento del trasferimento, nelle situazioni pa­trimoniali attive e passive e nei rapporti penden­ti a qualsiasi titolo, inerenti ai beni e loro per­tinenze.

I trasferimenti ai Comuni dei beni delle istitu­zioni avvengono in esenzione da qualsiasi impo­sta o tassa di registro.

Gli immobili predetti già adibiti a centri assi­stenziali delle istituzioni soppresse, comprese quelle già amministrate dagli enti comunali di assistenza, debbono essere destinati in via prio­ritaria a sede di servizi sociali.

I proventi netti derivanti dalla amministrazio­ne o dalla eventuale trasformazione patrimoniale dei beni acquisiti per trasferimento debbono es­sere portati ad incremento dei fondi di bilancio iscritti per lo svolgimento di attività socio-assi­stenziali. La gestione finanziaria delle attività di assistenza e di tutti i beni trasferiti ai Comuni concernenti IPAB ed ECA viene contabilizzata separatamente fino alla entrata in vigore della legge di riforma della finanza locale.

Il personale delle istituzioni soppresse, di ruo­lo e avventizio, in servizio continuativo alla data di entrata in vigore del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, è trasfe­rito ai rispettivi comuni, contestualmente al pas­saggio delle funzioni.

Nell'inquadramento dei ruoli al personale me­desimo deve essere assicurata la conservazione della posizione economica conseguita presso l'ente di provenienza.

I trasferimenti ai Comuni delle funzioni, dei beni e del personale delle IPAB vengono disposti con singoli decreti del Presidente della Giun­ta regionale, sentiti i Comuni interessati e pre­via deliberazione del Consiglio regionale.

La legge regionale regola, in conformità ai cri­teri stabiliti nei commi precedenti per le IPAB operanti nell'ambito regionale, la materia con­cernente le funzioni, i beni e il personale delle IPAB che operano nel territorio di più regioni e soppresse a seguito della procedura prevista dall'art. 113 del decreto sopracitato e di quelle per le quali con la stessa procedura sia stata trasferita alle Regioni una parte dei beni e del personale.

I beni di cui al comma precedente vengono dalla Regione trasferiti in proprietà o dati in uso ai Comuni singoli o associati dove gli stessi so­no dislocati per essere utilizzati in attività di assistenza e garantendo, per quanto possibile, il rispetto dei fini originari.

 

Art. 17. (Finanziamento)

Agli oneri derivanti dalla presente legge si provvede:

- con i fondi degli enti locali comunque de­stinati ad interventi aventi finalità assistenziali; - con quota parte del Fondo comune di cui all'art. 8 della legge 16 maggio 1970, n. 281 e successive integrazioni e modifiche;

- con le disponibilità finanziarie conseguenti alla attuazione del D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616 e che confluiranno nel Fondo comune;

- con quota parte degli utili delle Lotterie nazionali, di cui all'art. 1 della legge 26 marzo 1977, n. 105.

 

Art. 18. (Abrogazione di norme incompatibili)

È abrogata ogni norma che risulti incompati­bile con le disposizioni contenute nella presen­te legge.

 

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