Prospettive assistenziali, n. 40, ottobre-dicembre 1977

 

 

PROPOSTA DI LEGGE DC SULL'AFFIDAMENTO EDUCATIVO E SULL'ADOZIONE

 

 

Pubblichiamo la lettera dell'ANFAA che pre­cisa i motivi per cui non è assolutamente d'ac­cordo con l'impostazione data dalla DC all'affi­damento educativo di minori (1).

Pubblichiamo inoltre il testo della proposta di legge «Revisione delle norme sull'adozione spe­ciale e l'affidamento familiare».

 

 

Questa Associazione, presa visione in questi giorni della proposta di legge n. 1552 «Revisione delle norme sull'adozione e l'affidamento fami­liare» presentata dall'on. Cassanmagnago e altri alla Camera e dal sen. De Carolis al Senato, n. 791 «Revisione delle norme sull'adozione spe­ciale ed ordinamento e regolamentazione dell'affidamento familiare», richiede un urgente in­contro coi destinatari della presente, prima che vengano presi in esame i testi in oggetto in quanto questa Associazione non condivide l'im­postazione che i firmatari hanno dato alle sud­dette proposte.

Riteniamo infatti che tutta la materia relativa all'affidamento a scopo educativo di minori debba restare di competenza degli enti locali (visto anche il decreto attuativo della legge 382) e che il Tribunale per i minorenni debba intervenire solo nel caso in cui vi sia conflitto fra la fami­glia d'origine, quella affidataria e l'ente affidante: in questo caso il Tribunale per i minorenni do­vrebbe intervenire, nell'ambito delle sue compe­tenze attuali, solo per provvedere o meno per l'allontanamento del minore dalla sua famiglia e disporre conseguentemente se l'ente deve in­tervenire o meno.

All'ente locale dovrebbero, ad avviso di questa associazione, rimanere le competenze seguenti:

a) messa a disposizione di servizi e interventi non assistenziali (asili nido e scuole materne con orari adeguati, scuola dell'obbligo a tempo pie­no, casa, ricerca di posti di lavoro, ecc.);

b) assistenza economica;

c) assistenza domiciliare compresa quella edu­cativa;

d) affidamenti educativi presso famiglie, per­sone e comunità alloggio;

e) interventi a favore di minorenni soggetti a provvedimenti delle autorità giudiziarie minorili nell'ambito della competenza amministrativa e civile (art. 23 del DPR n. 616 del 24/7/1977).

Al riguardo va precisato che alcune Regioni e alcuni enti locali si sono già mossi nella dire­zione dei servizi alternativi sopra citati: si veda­no ad esempio la legge della Regione Umbria n. 12 del 23/2/1973, della Regione Toscana n. 15 del 7 aprile 1976, le leggi regionali relative ai consultori, la delibera della Regione Piemonte n. 40-2603 del 13/4/1976, la delibera del Comune di Torino n. 1398 del 20/7/1976.

Vi è inoltre da tener presente che ai sensi del DPR n. 616 del 24/7/1977 «Attuazione della de­lega di cui all'art. 1 della legge 22/7/1975 nu­mero 382» le competenze assistenziali dello Stato, dei vari enti nazionali e locali sono state trasferite ai Comuni.

Si fa inoltre presente che l'esperienza italiana e straniera dimostra che gli affidamenti disposti dall'autorità giudiziaria sono quasi tutti falliti sia perché la famiglia d'origine del minore vive l'affidamento disposto dalla magistratura non co­me un aiuto ma come un intervento negativo (punitivo) nei suoi riguardi, sia perché il tribu­nale non può disporre gli interventi alternativi all'affidamento stesso prima indicati, sia infine perché l'autorità giudiziaria non può garantire l'aiuto tecnico (selezione, preparazione, appog­gio continuo durante l'affidamento) agli affidata­ri, aiuto tecnico che è indispensabile per la buo­na riuscita dell'inserimento del minore e per adeguati rapporti con la famiglia d'origine.

Tenuto conto di quanto sopra, si propone che la legge definisca solo i poteri e doveri degli affidatari ed i rapporti con la famiglia di origine e l'ente affidante. Per quanto riguarda i poteri di intervento del tribunale per i minorenni si ritiene che siano sufficienti quelli previsti dagli artt. 330 e 333 del codice civile, che potrebbero essere esplicitamente estesi agli affidatari, pre­vedendo anche la possibilità di ricorso al giudice dei genitori o degli affidatari solo però nel caso di contrasto fra di loro e/o l'ente assistenziale. Per quanto riguarda l'affiliazione, questa asso­ciazione è pienamente d'accordo sulla sua sop­pressione.

Sulle modifiche proposte alla legge 5/6/1967 n. 431 relativa all'adozione speciale, si ritiene sarebbe preferibile provvedere alla revisione delle norme vigenti sull'adozione speciale che si sono dimostrate essere inadeguate; si avanzano pertanto riserve e vive preoccupazioni sull'op­portunità di un testo completamente nuovo che sostituisca la legge 431.

Si concorda invece sull'elevazione dell'età de­gli adottabili da 8 a 18 anni, in attuazione anche della Convenzione europea sull'adozione ratifi­cata e resa esecutiva in Italia (legge 22/5/1974 n. 357),

Si ribadisce che l'adozione speciale non deve essere concessa a persone singole ma solo a persone coniugate, salvo sopravvenuta separa­zione dopo l'affidamento preadottivo poiché l'in­teresse prevalente da tutelare è quello del bam­bino e non quello degli aspiranti adottanti e stante il fatto che vi sono più coppie che inten­dono adottare dei minori dichiarati in stato di adottabilità (il rapporto è di 10 a 1).

Questa Associazione, confidando in un positivo riscontro della richiesta di incontro per un co­struttivo confronto sui temi dell'affidamento e dell'adozione su cui da anni opera, porge i mi­gliori saluti.

 

 

PROPOSTA DI LEGGE «REVISIONE DELLE NOR­ME SULL'ADOZIONE E L'AFFIDAMENTO FA­MILIARE» (1)

 

Art. 1. (Diritto del minore alla propria famiglia).

Il minore ha diritto di crescere nell'ambito della propria famiglia. Gli organi socio assistenziali, nella sfera delle loro rispettive competenze, devono attuare tale diritto, rimuovendo gli ostacoli che si frappongono alla sua rea­lizzazione anche attraverso un'opera di sostegno econo­mico, sociale e psicologico ai genitori e, in mancanza di essi, ai parenti entro il quarto grado, al fine di porli in condizione di adempiere direttamente alla loro funzione educativa.

 

Art. 2. (Affidamenti familiari e ricoveri in istituti educativo-assistenziali).

Il minore che sia temporaneamente privo di un am­biente familiare idoneo ad assicurargli un adeguato svi­luppo psico-fisico, può essere affidato ad un'altra famiglia, o ad una persona singola, o ad una comunità di tipo fami­liare, al fine di ottenere il mantenimento, l'educazione e l'istruzione.

Il ricovero in un istituto educativo o assistenziale pub­blico o privato è consentito solo quando ciò corrisponda meglio all'interesse del minore a mantenere i rapporti con la famiglia di origine o qualora non sia possibile un conveniente affidamento familiare.

In tal caso la direzione dell'istituto designa una persona che assuma la cura del minore, con i diritti e i doveri dell'affidatario.

 

Art. 3. (Provvedimento di affidamento).

L'affidamento familiare - quando non suscita una si­tuazione di abbandono che comporta l'apertura del proce­dimento di adottabilità ai sensi degli articoli seguenti - è disposto dal presidente del tribunale per i minorenni o da un giudice da lui delegato il quale provvede d'ufficio oppure su istanza dei genitori o dei parenti, oppure su richiesta dei servizi sociali preposti all'assistenza all'in­fanzia, ovvero degli enti di assistenza pubblica o privata.

 

Art. 4. (Opposizione all'affidamento).

Avverso il provvedimento di affidamento, il genitore ha facoltà di proporre opposizione entro 30 giorni dalla comunicazione del provvedimento avanti al tribunale per i minorenni che decide con decreto nella sua composizione collegiale.

Contro il decreto è ammesso ricorso in cassazione. L'affidamento può essere revocato se il genitore assu­me l'impegno di curare personalmente il figlio e sussi­stono le condizioni che fanno prevedere che tale impegno sarà mantenuto. In tal caso il tribunale può imporre pre­scrizioni al genitore.

Il giudice con il provvedimento di affidamento dispone le modalità di esecuzione di esso e l'organo che deve svolgere opera di sostegno e di vigilanza durante l'affi­damento riferendo periodicamente al tribunale.

 

Art. 5. (Poteri e doveri dell'affidatario).

L'affidatario deve convivere con il minore e provvedere alle funzioni educative, osservare le prescrizioni eventual­mente stabilite dall'autorità affidante. Deve mantenere e favorire i rapporti tra il minore da una parte e i suoi ge­nitori e parenti dall'altra e favorire il recupero della fa­miglia d'origine per il reinserimento in essa del minore.

L'affidatario - che può ricevere un contributo da parte degli organi assistenziali per il mantenimento del minore - esercita tutte le funzioni inerenti alla potestà genito­riale ma i genitori, se non decaduti dalla potestà, hanno il potere di vigilare sulle concrete modalità di esercizio della potestà da parte dell'affidatario, ricorrendo al giu­dice ove tale potere di vigilanza sia impedito ovvero ove sussista un pregiudizio del minore.

All'affidatario spettano gli assegni familiari e le pre­stazioni previdenziali relative al minore a lui affidato.

 

Art. 6. (Segnalazione al tribunale per minorenni di ogni affidamento).

(Capo A dell'affidamento familiare).

Chiunque - non essendo parente entro il quarto grado alloggi per un periodo presumibilmente superiore ai due mesi, un minore a scopo di allevo o di educazione deve darne entro 10 giorni segnalazione al tribunale per i mi­norenni.

L'omissione della segnalazione comporta a titolo di sanzione amministrativa la pena pecuniaria di lire 50.000 nonché, se trattasi di privato, l'automatica inidoneità ad ottenere affidamenti adottivi o familiari.

Analogo onere incombe sul genitore che affidi a pri­vati non parenti entro il quarto grado un minore per un periodo superiore a due mesi, affinché sia ospitato per la intera giornata compreso il pernottamento. L'omissione della segnalazione comporta, se accompagnata da disin­teresse per il minore, la decadenza della potestà geni­toriale a norma dell'articolo 330 del codice civile e l'aper­tura della procedura di adottabilità.

 

Art. 7. (Abrogazione delle norme sull'affiliazione).

Le norme di cui agli articoli 404, 405, 406, 407, 408, 409, 410, 411, 412, 413, del codice civile sono abrogate. Restano in vigore salo per le affiliazioni già pronunciate alla data di entrata in vigore della presente legge.

 

Art. 8. (Condizioni per la dichiarazione di adottabilità).

Il minore che non riceve da parte dei genitori o pa­renti entro il quarto grado quella diretta assistenza mate­riale o morale indispensabile per un adeguato sviluppo psico-fisico è in situazione di abbandono e deve essere dichiarato in stato di adottabilità.

Non può essere dichiarata l'adottabilità quando la man­canza di assistenza è dovuta a forza maggiore di carattere transitorio. La situazione di abbandono sussiste per i minori ricoverati presso pubbliche o private istituzioni o dati in affidamento familiare qualora i genitori non segua­no con continuità i figli, non creino un valido rapporto affettivo con essi o comunque non provvedano, senza giustificato motivo, a predisporre le condizioni idonee per il reinserimento del minore in famiglia.

 

Art. 9. (Denuncia della situazione di abbandono).

La situazione di abbandono può essere segnalata da chiunque e accertata anche d'ufficio dal giudice. Deve essere segnalata da qualunque pubblico ufficiale o inca­ricato di pubblico servizio che ne sia venuto comunque a conoscenza nell'esercizio delle sue funzioni. Gli enti che assistono minori e gli istituti pubblici o privati che li ospitano per l'intera giornata con pernottamento sono tenuti ad inviare ogni sei mesi al tribunale per minorenni l'elenco completo dei minori assistiti od ospitati con in­dicazione specifica, per ciascuno di essi, della località di residenza dei genitori, dei rapporti tra il minore e la fa­miglia e delle condizioni psico-fisiche del minore stesso. L'omissione dell'invio degli elenchi o l'inesatta indicazione dei rapporti familiari costituisce reato punibile con la pena prevista dall'articolo 328 del codice penale.

 

Art. 10. (Affidamento a scopo adottivo senza autorizzazione del tribunale per minorenni: sanzioni).

Chiunque istighi un genitore ad affidare a scopo adot­tivo, senza autorizzazione del tribunale per minorenni, un minore a privati o svolga comunque opera di media­zione al fine di realizzare tale affidamento o la realizzi è punito con la pena prevista da reato di usurpazione di pubbliche funzioni. Se l'istigazione è accolta e se l'affi­damento è realizzato la stessa pena si applica anche ai genitori del minore ed agli affidatari.

La pena è raddoppiata per gli esercenti la professione sanitaria o forense, per i notai, per gli operatori degli organismi appartenenti agli enti di assistenza pubblica o privata.

 

Art. 11. (Riconoscimento allo scopo di eludere le norme sull'adozione legittimante: impugnazione del riconoscimento per difetto di veridicità).

Quando vi è fondato sospetto che un minore sia stato riconosciuto da chi non è il padre naturale, con lo scopo di eludere le norme sulla adozione legittimante, il tribu­nale per i minorenni, d'ufficio, può nominare un curatore perché inizi l'azione di cui agli articoli 263 e 264 del codice civile.

La competenza a giudicare è in questo caso attribuita al tribunale per i minorenni.

 

Art. 12. (Accertamenti sulla situazione di abbandono).

Il presidente del tribunale per i minorenni, o il giudice da lui delegato, quando ha motivo di ritenere che un mi­nore possa trovarsi in situazione di abbandono, assume tutte le informazioni necessarie e adotta, anche d'ufficio, i provvedimenti temporanei per la custodia e la protezione del minore, egli può disporre altresì la sospensione della potestà dei genitori e dell'esercizio delle funzioni del tutore, nominando nell'uno e nell'altro caso un tutore prov­visorio.

I provvedimenti temporanei sono comunicati ai geni­tori e al pubblico ministero e possono essere impugnati soltanto insieme al provvedimento definitivo sullo stato di adottabilità.

 

Art. 13. (Provvedimenti ex articoli 330-333 nel corso della procedura d'adottabilità).

Nel corso della procedura di adottabilità il tribunale, nella sua composizione collegiale, può emettere anche d'ufficio - previo parere del pubblico ministero - i provvedimenti di cui all'articolo 330, 333 ecc.

 

Art. 14. (Adottabilità dei minori non riconosciuti).

I minori per i quali sull'atto di nascita non è stata in­dicata la paternità né la maternità sono adottabili senza necessità di una pronuncia giudiziaria dello stato di adot­tabilità. Il giudice, in tal caso, provvede immediatamente all'affidamento preadottivo a meno che non vi sia richie­sta di sospensione della procedura di affidamento da parte di chi, affermando di essere uno dei genitori naturali, chiede un congruo termine per provvedere al riconosci­mento.

La sospensione può essere disposta per un periodo massimo di sei mesi. Nel caso di non riconoscibilità per difetto di età del genitore la sospensione può essere pro­lungata fino a due mesi dopo il raggiungimento dei 16 anni, purché vi sia diretta assistenza del minore da parte del genitore naturale o dei suoi parenti entro il quarto grado.

Se entro detti termini viene effettuato il riconoscimen­to deve dichiararsi la cessazione dello stato di adotta­bilità ove non sussista più abbandono materiale o morale. Se trascorrono i termini senza che sia stato effettuato il riconoscimento si procede, senza altre formalità di pro­cedura, all'affidamento preadottivo.

Intervenuto l'affidamento preadottivo il riconoscimento e la dichiarazione di paternità o maternità sono privi di efficacia.

 

Art. 15. (Adottabilità dei minori quando i genitori vi consentano).

I genitori possono consentire alla dichiarazione dello stato di adottabilità del figlio. La dichiarazione di consenso è resa al giudice o ad un operatore dei servizi sociali pubblici che ne redigono verbale.

In tal caso il giudice, omessa ogni formalità di proce­dura, promuove con decreto non impugnabile la dichiarazione dello stato di adottabilità e provvede contestual­mente, se possibile, all'affidamento preadottivo.

 

Art. 16. (Procedura di accertamento dell'abbandono quando vi siano genitori o parenti).

Fuori dei casi di cui agli articoli 14 e 15 quando attra­verso le indagini effettuate consta l'esistenza di genitori, il giudice deve ascoltarli contestando loro, anche verbal­mente, la situazione di abbandono.

Nel caso in cui i genitori risiedono fuori del territorio di competenza del tribunale procedente, la loro audizione può essere delegata al tribunale per i minorenni o al giudice tutelare competente per territorio.

Nel caso di residenza all'estero è delegata l'autorità consolare.

Qualora non risulti la residenza del genitore il giudice dispone ricerche a mezzo della polizia nel luogo di ultima dimora e, se queste risultino negative, emette decreto di irreperibilità ordinando che tutte le notifiche siano eseguite mediante deposito in cancelleria.

Devono essere anche sentiti i parenti tenuti agli ali­menti solo quando risulti sul provvedimento la loro esatta residenza e vi siano prove concrete che abbiano mante­nuto rapporti con il minore.

 

Art. 17. (Accertamenti sulla situazione di abbandono).

Nel corso della procedura di adottabilità devono anche essere sentiti il rappresentante dell'istituto ove è ricove­rato il minore, la persona a cui eventualmente lo stesso è affidato, il tutore ove esista, i servizi sociali e specia­listici che abbiano seguito il minore.

Si devono altresì raccogliere elementi utili ad accertare la situazione psico-fisica del minore e i suoi rapporti psico-affettivi con il genitore.

 

Art. 18. (Prescrizioni).

Udite le dichiarazioni dei genitori o dei parenti, il giu­dice può impartire prescrizioni idonee a garantire al mi­nore l'assistenza morale e materiale di cui ha bisogno.

Analoghe prescrizioni possono essere emesse nei con­fronti degli organismi assistenziali al fine di realizzare più validi rapporti fra il minore e la famiglia.

Nel caso in cui le prescrizioni non possano essere impartite personalmente il giudice emette decreto da no­tificare agli interessati.

Le prescrizioni possono essere impugnate solo con il provvedimento definitivo.

Il giudice dispone periodici accertamenti sull'osservan­za delle prescrizioni impartite.

Lo stesso giudice può segnalare i fatti accertati al pubblico ministero presso il tribunale ordinario per l'even­tuale esercizio dell'azione diretta ad ottenere la corre­sponsione degli alimenti a carico di chi vi è tenuto per legge.

 

Art. 19. (Sospensione del procedimento).

Il giudice può ordinare, prima della emissione del de­creto di adottabilità, la sospensione del procedimento, quando tale sospensione può essere utile nell'interesse del minore.

 

Art. 20. (Dichiarazione della procedura).

Nell'ipotesi in cui si accerti l'insussistenza od il venir meno delle condizioni di adottabilità, il collegio pronunzia decreto di archiviazione.

Analogo decreto può essere emesso quando la dichia­razione di adottabilità contrasterebbe con l'interesse del minore.

Con lo stesso decreto il collegio può, anche d'ufficio, emettere i provvedimenti di cui agli articoli 330 e 333 del codice civile, nominare se del caso il tutore, anche al di fuori dei casi di decadenza dalla potestà, ed imporre prescrizioni all'ente tenuto ad assistere il minore.

Il decreto è comunicato al pubblico ministero, ai geni­tori, al tutore, all'ente che assiste il minore ed all'istituto o alla persona che ha presso di sé il minore.

Il pubblico ministero e l'ente possono chiedere al tri­bunale la revoca del decreto.

 

Art. 21. (Decreto di adottabilità).

Quando sia accertata la situazione di abbandono, il giudice, sentito il pubblico ministero, dichiara con decreto motivato lo stato di adottabilità del minore e contestual­mente nomina un tutore provvisorio ed emette i provve­dimenti necessari nell'interesse del minore.

La pronunzia del decreto di adottabilità sospende con efficacia immediata la potestà dei genitori. Ogni ricono­scimento successivo è inefficace.

Qualora il tutore provvisorio sia diverso dal tutore già esistente, la pronunzia del decreto sospende con efficacia immediata l'esercizio dei poteri del tutore già nominato.

Il decreto è comunicato al pubblico ministero ed è notificato per esteso ai genitori od al tutore ed ai parenti sentiti nel corso della procedura. È altresì notificato al tutore provvisorio ed alle persone od agli istituti che hanno in affidamento il minore.

Nel decreto debbono essere richiamati gli articoli di legge che disciplinano il giudizio di opposizione.

 

Art. 22. (Opposizione alla dichiarazione di adottabilità).

L'opposizione al provvedimento che dichiara lo stato di adottabilità è proposta al tribunale per i minorenni, anche personalmente, con ricorso contenente una succin­ta esposizione dei motivi o con dichiarazione resa a ver­bale avanti al cancelliere.

Il ricorso deve essere depositato in cancelleria o la dichiarazione resa entro 20 giorni dalla notificazione del decreto di adottabilità.

L'opposizione non può più essere proposta quando sia stato comunque pronunciato l'affidamento preadottivo. Sono legittimati all'opposizione esclusivamente i sog­getti a cui è stato notificato il decreto di adottabilità.

 

Art. 23. (Procedimento di opposizione).

Il procedimento di opposizione si svolge in camera di consiglio. Il presidente accerta la regolarità dell'opposi­zione e se la ritiene inammissibile o irrecevibile richiede il parere del pubblico ministero, pronunciando quindi, se del caso, l'inammissibilità o irrecevibilità.

Contro il provvedimento presidenziale da notificare all'opponente e al pubblico ministero è ammesso ricorso per cassazione per violazione di legge.

In caso di regolarità dell'opposizione il presidente fissa con decreto la comparizione avanti al collegio da tenersi entro tre mesi dalla data dell'opposizione disponendo la notifica al pubblico ministero, all'opponente od al tutore provvisorio e la convocazione di tutte le persone sentite nell'istruttoria e degli eventuali testi indicati dall'oppo­nente.

Se l'opposizione è proposta dal tutore il presidente provvede a nominare al minore un curatore speciale. Le parti possono farsi assistere da un difensore. Ove occorra acquisire nuovi mezzi istruttori il collegio li di­spone d'ufficio e li assume direttamente.

Ove l'istruttoria non possa esaurirsi nella stessa udienza il procedimento può essere rinviato ad una udien­za prossima avanti allo stesso collegio.

Del collegio fa parte, salvo impedimenti, il giudice che ha pronunziato il decreto di adottabilità.

All'esito dell'istruttoria il collegio decide immediata­mente dando lettura del dispositivo in udienza.

La sentenza è esente da registrazione ed è notificata d'ufficio nel testo integrale all'opponente, al tutore prov­visorio, al pubblico ministero ed al curatore se questi è stato nominato.

 

Art. 24. (Ricorso per Cassazione).

Entro trenta giorni dalla notificazione può essere pro­posto ricorso per cassazione. Non è richiesto il deposito per multa. Il ricorso per cassazione deve essere, a pena di inammissibilità presentato nel termine suddetto alla cancelleria del tribunale dei minorenni che ha pronunciato la sentenza. Entro dieci giorni la cancelleria del tribunale provvederà a trasmettere alla cancelleria della corte il ricorso e l'intero fascicolo.

La corte di cassazione, ove non debba cassare con rinvio avendo riscontrato vizi del procedimento nelle fasi precedenti o ravvisato la necessità di ulteriori assunzioni di prove, decide anche nel merito nel termine di tre mesi.

Il dispositivo della decisione è depositato immediata­mente in cancelleria ed è comunicato entro dieci giorni a cura della stessa cancelleria del tribunale per i minorenni competente.

 

Art. 25. (Trascrizione della dichiarazione definitiva dello stato di adottabilità).

La dichiarazione di adottabilità divenuta definitiva è trascritta immediatamente, a cura del cancelliere del tri­bunale per i minorenni, in apposito registro.

Copia del decreto con l'attestazione della sua definiti­vità viene trasmessa, a cura del cancelliere, all'ufficiale di stato civile del comune di nascita del minore per l'an­notazione a margine dell'atto di nascita.

Divenuto definitivo lo stato di adottabilità, non sono ammessi il riconoscimento e la dichiarazione giudiziale di paternità o di maternità.

 

Art. 26. (Cessazione dello stato di adottabilità).

Lo stato di adottabilità cessa con la pronunzia che fa luogo all'adozione legittimante e con il raggiungimento della maggiore età, salvo che sia in corso l'affidamento preadottivo.

Lo stato di adottabilità cessa altresì, nell'interesse del minare, per revoca pronunziata con decreto collegiale emesso in camera di consiglio, sentito il pubblico mini­stero.

Nel caso in cui sia in corso l'affidamento preadottivo, lo stato di adottabilità non può essere revocato.

La dichiarazione di revoca è trascritta nel registro di cui all'articolo 19.

 

Art. 27. (L'adozione legittimante: condizioni).

Deve farsi luogo all'adozione legittimante quando il mi­nore - privo di ambiente familiare idoneo ad assicurargli un adeguato sviluppo psico-fisico - sia stato dichiarato in stato di adottabilità.

L'affidamento preadottivo può essere disposto nei con­fronti di coniugi uniti in matrimonio da almeno tre anni, tra i quali non sussista separazione personale neppure di fatto, che siano moralmente, affettivamente e fisica­mente capaci di mantenere, educare ed istruire il minore, così da assicurargli un ambiente familiare stabile ed ar­monioso.

L'età degli adottanti deve superare di almeno diciotto e di non più di quaranta anni l'età dell'adottato.

Sono consentite ai medesimi coniugi più adozioni le­gittimanti, anche con atti successivi.

 

Art. 28. (Casi speciali di adozione legittimante).

È ammessa l'adozione legittimante da parte del coniu­ge del genitore naturale che abbia riconosciuto il figlio, qualora non vi sia stato riconoscimento da parte dell'altro genitore naturale, ovvero questi abbia gravemente tra­scurato l'adempimento dei propri obblighi di assistenza morale e materiale nei confronti del figlio.

In tal caso non è necessaria la dichiarazione di adotta­bilità di cui agli articoli 8 e seguenti. Se il figlio è stato riconosciuto anche dall'altro genitore naturale, il decreto che pronuncia l'adozione deve essergli notificato. Entro trenta giorni dalla notifica, l'altro genitore naturale può proporre opposizione al tribunale, secondo le regole indi­cate negli articoli 23 e seguenti. Qualora giudichi fondata l'opposizione, il tribunale revoca l'adozione legittimante e, se del caso, pronuncia l'adozione a norma dell'articolo 29 lettera b).

 

Art. 29. (Adozione senza effetto legittimante: casi).

L'adozione senza effetto legittimante ai sensi dell'arti­colo 291 del codice civile è consentita per i minori solo nei seguenti casi:

a) da parte di persona unita al minore da vincolo di parentela fino al sesto grado;

b) da parte del coniuge nei confronti del figlio dell'altro coniuge;

c) da parte di persone anche non coniugate, quando lo stato di adottabilità sia stato dichiarato cessato per constatata impossibilità di affidamento preadottivo.

Nei casi predetti l'adozione è consentita anche in pre­senza di figli legittimi.

Nel caso previsto dalla lettera a), l'adozione può esse­re disposta anche a favore di una coppia di coniugi.

 

Art. 30. (Dichiarazione di disponibilità all'adozione legittimante).

I coniugi che intendono adottare devono presentare dichiarazione di disponibilità al tribunale per i minorenni. È ammissibile la successiva dichiarazione a più tribunali per i minorenni, purché si dia comunicazione delle prece­denti. I tribunali cui la dichiarazione è presentata possono richiedere copia degli atti di parte ed istruttori, relativi ai medesimi coniugi, agli altri tribunali; gli atti possono altresì essere comunicati d'ufficio.

La dichiarazione di disponibilità all'adozione cessa auto­maticamente di essere efficace dopo due anni dalla sua presentazione.

 

Art. 31. (Accertamenti sulla idoneità degli aspiranti all'adozione).

Per tutti i coniugi che si sono dichiarati disponibili, deve essere effettuata - secondo l'ordine cronologico di presentazione della dichiarazione di disponibilità - una appropriata indagine psicologica e sociale. L'indagine do­vrà riguardare i seguenti elementi:

1)le motivazioni che spingono i coniugi all'adozione;

2) la personalità, la salute, la situazione familiare dei coniugi, anche in relazione ad altri membri della famiglia conviventi, e la loro attitudine ad educare un minore.

Le indagini sono affidate ai servizi specialistici pubblici di assistenza all'infanzia, che sono tenuti ad effettuarli gratuitamente o ad esperti incaricati dal giudice.

Sono a carico dello Stato, senza alcuna rivalsa, tutte le spese per le indagini e per gli accertamenti tecnici fatti eseguire allo scopo di cui sopra.

Le disposizioni precedenti non pregiudicano il potere e l'obbligo del giudice di compiere, ogni altro accerta­mento che appaia necessario.

 

Art. 32. (Accertamenti sul minore dichiarato adottabile).

I servizi specialistici pubblici e gli esperti eventual­mente incaricati dal giudice devono provvedere ad un esame del minore al fine di individuare i bisogni dello stesso, le concrete possibilità di inserimento in una fami­glia adottiva, le caratteristiche ottimali della famiglia in cui può essere inserito.

 

Art. 33. (Giudizio di comparizione e affidamento).

Il tribunale, esaminate le risultanze e le indagini di cui agli articoli 31 e 32, sentiti, se è opportuno, i servizi e gli esperti di cui sopra, accertata la sussistenza dei re­quisiti di cui all'articolo 27 comma secondo e terzo, valu­tate comparativamente e nell'interesse preminente del minore, le dichiarazioni di disponibilità dell'adozione, sen­za formalità di procedura, dispone l'affidamento preadot­tivo.

Il provvedimento è pronunziato, con decreto non sog­getto a reclamo, dal tribunale ed è trascritto, entro tre giorni dalla pronunzia, nel registro di cui all'articolo 25.

Il tribunale per i minorenni vigila sull'andamento dell'affidamento preadottivo, direttamente ed avvalendosi di persone esperte o di servizi specializzati.

 

Art. 34. (Revoca dell'affidamento).

L'affidamento preadottivo è revocato dal tribunale per i minorenni, sentiti il pubblico ministero, i coniugi affi­datari, il tutore, le persone o gli istituti di cui all'ultimo comma dell'articolo precedente, quando l'affidamento non risponde all'interesse del minore, o quando il minore rivela gravi difficoltà di ambientamento nella famiglia dei coniu­gi affidatari.

 

Art. 35. (Pronuncia dell'adozione legittimante).

Il tribunale per i minorenni, decorso un anno dall'affi­damento, sentiti i coniugi affidatari, il minore se di età superiore ai dodici anni, il pubblico ministero, il tutore e le persone od i servizi che hanno esercitato la vigilanza, dopo aver verificato che ricorrano tutte le condizioni pre­viste nella presente legge, provvede con decreto in ca­mera di consiglio, decidendo di far luogo all'adozione le­gittimante. Il decreto è comunicato agli adottanti, al pub­blico ministero ed al tutore.

D'ufficio o su domanda dei coniugi affidatari, il tribunale con decreto motivato può prorogare di un anno il termine di cui al primo comma.

Se uno dei coniugi muore o diviene incapace durante l'affidamento preadottivo, l'adozione legittimante può es­sere disposta nei confronti di uno solo o di entrambi i coniugi, se ciò corrisponde all'interesse del minore e il coniuge, o i coniugi, ne facciano richiesta.

 

Art. 36.

I coniugi affidatari, entro trenta giorni dalla comunica­zione di cui al primo comma dell'articolo 35, possono im­pugnare, con reclamo alla sezione per i minorenni della Corte d'Appello, il decreto con il quale il tribunale abbia dichiarato non farsi luogo all'adozione.

Al procedimento davanti alla sezione per i minorenni si applicano le norme che regolano il procedimento da­vanti al tribunale.

 

Art. 37.

La pronunzia di adozione legittimante, divenuta defini­tiva, è trascritta immediatamente, a cura del cancelliere del tribunale per i minorenni, in apposito registro, e co­municata all'ufficiale di stato civile per le prescritte an­notazioni.

Nell'ipotesi di cui all'articolo 37, la Corte d'appello deve comunicare la decisione entro dieci giorni al tribu­nale per i minorenni per gli adempimenti di cui sopra.

 

Art. 38.

Per effetto della dichiarazione di adozione legittimante, l'adottato acquista lo stato di figlio legittimo degli adot­tanti.

Assume e trasmette il cognome del padre. Nel caso che l'adozione sia disposta nei confronti della sola madre separata assume il cognome di origine di costei.

Con l'adozione legittimante cessano i rapporti dell'adot­tato verso la famiglia di origine, salvi i divieti matri­moniali.

 

Art. 39.

La competenza territoriale in ordine all'apertura della procedura di adottabilità appartiene al tribunale per i minorenni nella cui circoscrizione il minore si trova. I successivi mutamenti di dimora del minore non hanno effetto sulla competenza territoriale a meno che il giudice non ritenga opportuno, nell'esclusivo interesse del minore, spogliarsi della competenza per attribuirla al tribunale nella cui circoscrizione il minore è stato trasferito.

 

Art. 40.

Chiunque, essendone a conoscenza per ragioni del pro­prio ufficio, fornisce qualsiasi notizia atta a rintracciare un minore nei cui confronti sia stata pronunziata adozione legittimante, è punito ai sensi dell'articolo 326 del codice penale.

La disposizione del comma precedente si applica anche a chi fornisce tali notizie successivamente all'affidamento preadottivo e senza l'autorizzazione del tribunale per i minorenni.

 

Art. 41.

Tutti gli atti relativi all'adozione sono esenti da ogni tassa, compreso il bollo, e la registrazione.

 

Art. 42.

Agli effetti delle prestazioni mutualistiche e previden­ziali, i minori affidati sono equiparati ai figli legittimi. Alla donna affidataria spettano tutti i benefici di cui alle norme sulla tutela della lavoratrice madre dal mo­mento dell'affidamento preadottivo e qualunque sia l'età del minore.

 

Art. 43.

Il minore straniero o apolide, che sia legittimato per adozione o adottato da persone di cittadinanza italiana, acquista di diritto tale cittadinanza.

 

 

 

(1) Proposta n. 1552 presentata il 17-6-1977 alla Camera dei Deputati dall'on. Cassanmagnago e altri deputati DC. Il testo è identico a quello della proposta di legge presentata al Senato il 23-6-1977 dal sen. De Carolis e altri parlamen­tari DC con il titolo «Revisione delle norme sulla adozione speciale ed ordinamento e regolamentazione dell'affidamento familiare» (n. 791).

 

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