Prospettive assistenziali, n. 40, ottobre-dicembre 1977

 

 

Notiziario dell'Unione per la lotta contro l'emarginazione sociale

 

 

UN SERVIZIO DI AVANGUARDIA CONDANNATO AD ESTINGUERSI? (1)

 

Con l'emanazione dei decreti applicativi della legge 382 per il passaggio di competenze dallo Stato alle Regioni, si è finalmente sancita l'abo­lizione di molti enti inutili o parassitari, fonti di sprechi e di clientelismi.

Tra le altre, anche le attività degli Enti Comu­nali di Assistenza (ECA), oggi organismi pub­blici ma autonomi rispetto ai comuni, saranno trasferite ai Comuni stessi entro giugno '78 (e quasi certamente, in Piemonte, addirittura alla fine del '77).

Avendo per anni lottato per questa tesi, non possiamo che rallegrarci di questo risultato con­creto.

Bisogna però fare grande attenzione affinché, durante il periodo delicato del passaggio di com­petenze, venga garantita la sopravvivenza delle iniziative valide oggi gestite dagli Enti da abolire.

L'ECA di Ivrea, in particolare, aveva deciso tre anni fa di tagliare i ponti con la «beneficen­za» classica, fonte di emarginazione e di disa­dattamento, chiudendo un Istituto per minori a Salerano e sostituendolo con una coraggiosa e­sperienza di due «comunità alloggio», cioè di due gruppi parafamiliari in cui i ragazzi e le ra­gazze ospiti che non avevano altre alternative (adozione, affidamento) trovassero un ambiente sufficientemente simile a quello delle famiglie «vere» per un loro sviluppo più sereno ed equi­librato.

La storia delle due comunità è stata abbastan­za lunga e complessa, e Lei, assessore, la co­nosce bene nei suoi aspetti positivi ed in quelli problematici.

Ci pare comunque non si possa negare che questa esperienza:

- risponde ad una precisa esigenza per i servi­zi di base dell'attuale Consorzio per gli in­terventi sociali, e della futura Unità locale dei servizi, come è facilmente verificabile;

- è aperta ad una visione progressista dei ser­vizi sociali del territorio.

Cosa sta succedendo ultimamente?

• I minori ospitati sono drasticamente diminui­ti, passando da 14 a 4, e forse diminuiranno ancora.

• Gli educatori si sono assottigliati, e pare che rimarranno solo in due nei prossimi mesi.

• Non esiste una garanzia formale da parte del Comune di Ivrea (o del Consorzio) per lo sviluppo di questo servizio dopo la cessazio­ne dell'E.C.A., al di là forse di una mera so­pravvivenza (fino a quando? con quali forze ed obiettivi?).

Non si possono naturalmente esaminare qui in dettaglio i problemi oggi aperti, ma ci sembra che il modo in cui verrà affrontata questa vicen­da sarà molto significativo per capire come sa­ranno impostati i futuri servizi sociosanitari del territorio.

Noi per primi ci rallegreremmo che fossero sparite le cause di emarginazione, per cui l'e­stinzione di questo servizio sarebbe logica; c'è però qualche dubbio che la diminuzione dei mi­nori ospitati abbia altre cause.

Riteniamo quindi che almeno su alcuni punti sia necessaria una Sua presenza di posizione chiara ed impegnativa:

1) Quando sono coinvolti dei ragazzi non si può andare a tentoni né fare esperimenti a catena.

Val la pena ripeterlo perché comincia a ri­spuntare qualche voce (non ci fraintenda, non è certamente la Sua!) che, sia pur timidamente, sussurra che «non è poi detto che gli istituti fac­ciano così male, ed almeno lì il mantenimento dei minori costa meno».

Come e dove è avvenuto il «rimpatrio» dei 10 bambini che inizialmente erano in comunità? Sono variate le condizioni familiari di origine od è cambiato il criterio di giudizio?

Quali verifiche reali sono in atto per control­lare se il rientro è avvenuto correttamente e se i ragazzi ne hanno beneficio?

Qual è stato il ruolo delle équipes di base? Come mai nel frattempo non si è proceduto con eguale solerzia ad un censimento completo dei minori ospitati negli istituti della zona, onde essere certi che per taluni non fosse più oppor­tuno un loro inserimento in comunità (gli stru­menti conoscitivi, formali e non, esistono)?

2) Gli educatori adatti ad una Comunità allog­gio né si improvvisano né si trovano ad ogni an­golo di strada.

Si è ben coscienti che, procedendo sulla linea attuale, «prima» questo servizio morirà lenta­mente e «dopo» si farà eventualmente un'in­dagine per conoscere le reali necessità del ter­ritorio in questo settore?

Al di là di affermazioni verbali, quante sono veramente le famiglie oggi disponibili ad un af­fidamento educativo, come alternativa alla co­munità?

3) Uno dei punti programmatici fondamentali delle forze politiche che formano la Giunta (ed hanno la maggioranza nell'ECA) è il criterio del­la partecipazione della base sulle scelte e sulla priorità per i servizi che interessano i cittadini.

Non si ritiene che decisioni che rischiano di far scomparire, o quasi, un'esperienza pubblica di questo tipo debbano essere discusse preven­tivamente con le forze politiche e sociali?

Non si vorrà, per caso, eliminare un servizio pubblico «costoso» ritenendo che poi qualche «privato» per tamponare i buchi si troverà sem­pre?

4) Il lavoro degli educatori nelle comunità e­sige, per sua natura, una forte componente di volontariato. Questo non deve però comportare che questi lavoratori «tanto buoni» diventino «lavoratori di serie B», troppo facilmente og­getto di contratti a termine e di strani orari di lavoro.

Questo non è evidentemente un problema so­lo di Ivrea; ma qui quale potrà essere l'influen­za della loro voce nel momento in cui altri «tec­nici» stanno prendendo decisioni che li riguar­dano così da vicino?

 

 

(1) Lettera aperta inviata il 5-11-1977 dalla Sezione di Ivrea al dr. Stelio Gario, Assessore agli interventi sociali del Comune di Ivrea.

 

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