Prospettive assistenziali, n. 39, luglio-settembre 1977

 

 

Specchio nero

 

 

BARRIERE ARCHITETTONICHE: LETTERA APERTA AL PRESIDENTE ANDREOTTI

 

Centri sociali, poliambulatori, ospedali, altri edifici pubblici, case dell'edilizia economica e popolare, regolamenti edilizi, istituzioni presco­lastiche e scolastiche, queste ultime anche in violazione del D.M. 18-12-1975 (v. Prospettive as­sistenziali n. 37) continuano ad essere costruiti o approvati con barriere architettoniche, le quali da un lato impediscono l'accesso agli handicap­pati in carrozzella e d'altro lato costituiscono un impedimento grave per gli anziani, i cardiopatici, e infine sono una causa di infortuni.

Degli handicappati Governo, Parlamento, Re­gioni, Comuni se ne infischiano e le forze poli­tiche non fanno assolutamente nulla: non pre­sentano nemmeno interrogazioni per sollecitare l'applicazione della legge 30-3-1971 n. 118.

L'art. 27 di detta legge recita al riguardo: «Per facilitare la vita di relazione dei mutilati e invalidi civili gli edifici pubblici o aperti al pubblico e le istituzioni scolastiche, prescolasti­che o di interesse sociale di nuova edificazione dovranno essere costruiti in conformità alla cir­colare del Ministero dei lavori pubblici del 15 giugno 1968 riguardante la eliminazione delle barriere architettoniche anche apportando le pos­sibili e conformi varianti agli edifici appaltati o già costruiti all'entrata in vigore della presente legge; i servizi di trasporto pubblici ed in parti­colare i tram e le metropolitane dovranno essere accessibili agli invalidi non deambulanti; in nes­sun luogo pubblico o aperto al pubblico, può es­sere vietato l'accesso ai minorati; in tutti i luo­ghi dove si svolgono manifestazioni o spettaco­li, che saranno in futuro edificati, dovrà essere previsto e riservato uno spazio agli invalidi in carrozzella; gli alloggi situati nei piani terreni dei caseggiati dell'edilizia economica e popolare dovranno essere assegnati per precedenza agli invalidi che hanno difficoltà di deambulazione, qualora ne facciano richiesta. Le norme di attua­zione delle disposizioni di cui al presente arti­colo saranno emanate, con decreto del Presiden­te della Repubblica su proposta dei ministri com­petenti, entro un anno dall'entrata in vigore del­la presente legge».

Pubblichiamo pertanto la lettera aperta di Gian­ni Selleri, presidente dell'ANIEP, che riassume la «grottesca» vicenda del regolamento di at­tuazione della legge 118 che doveva essere pro­mulgato entro l'aprile 1972, la cui attuazione per gli edifici da costruire non costerebbe una lira.

 

 

TESTO DELLA LETTERA APERTA AL PRESIDENTE ANDREOTTI

 

Signor Presidente,

nel 1971, con la legge 30 marzo n. 118, fu sta­bilito che entro un anno sarebbe stato emanato il decreto di attuazione per l'eliminazione delle barriere architettoniche in tutti gli edifici pubbli­ci o di interesse sociale, al fine di facilitare la vita di relazione e la socializzazione degli handi­cappati e di tutti quei cittadini che, anche tem­poraneamente, abbiano difficoltà di deambula­zione.

Nel 1972 fu affidato al Ministero dell'Interno il compito di predisporre il testo del decreto. Nel 1973 e 1974 si aprì una farraginosa consul­tazione epistolare fra quindici Ministeri.

Nel 1975, anche per l'intervento della nostra Associazione, si giunse alla stesura di un testo concordato e tecnicamente apprezzabile, salvo che per il problema della concessione di un disco speciale per le autovetture guidate da handicap­pati la cui distribuzione il Ministero intendeva af­fidare all'Associazione Mutilati ed Invalidi Civili (uno degli Enti da sopprimere secondo la legge n. 70 del 1975 relativa al parastato), mentre il Mi­nistero della Sanità e numerose associazioni di rappresentanza sostenevano che si trattava di una competenza specifica delle Regioni e dei Co­muni.

Alla fine del 1976 da parte del Ministero dell'Interno si comunica che un «testo» è stato finalmente definito e che ora viene inviato ad un­dici Ministeri per il formale consenso e che do­po, acquisiti i pareri, sarà sottoposto prima al Consiglio di Stato poi al Consiglio dei Ministri, e quindi, alla fine, andrà alla firma del Presidente della Repubblica.

Sempre che, nel frattempo, non venga restau­rata la Monarchia.

Effettivamente la vicenda è talmente grottesca e irrazionale da essere tentati a riderne, se non sapessimo e scontassimo ogni giorno gli effetti di questo ritardo che comporta isolamento ed emarginazione.

Forse è difficile da capire per chi ha «le gam­be buone» o autisti a disposizione, ma la realtà delle barriere architettoniche per gli handicap­pati più gravi significa non potere andare a scuo­la, non potere frequentare i luoghi pubblici, ri­creativi, politici, culturali, amministrativi, di cul­to, non potere andare a lavorare e, talvolta, non potere neppure uscire di casa.

E non si tratta di un problema settoriale, ma di un fatto che interessa il 15% della popolazio­ne (handicappati, anziani, gestanti, traumatizzati, ecc.) costretti a vivere «in un mondo fisico» co­struito a misura di chi, per usare una espressio­ne fascista, «è di sana e robusta costituzione e non presenta imperfezioni fisiche».

Allora cosa dire? Si potrebbe parafrasare la massima biblica e dire che «mille anni agli oc­chi dell'uomo sono come un giorno agli occhi della burocrazia...».

E invece è una cosa seria. Si tratta, cioè, di stabilire se la nostra organizzazione statale è di tipo sud-americano (e quindi diventano preziose le provocazioni espressive dei radicali) o se esi­stono responsabilità politiche deontologiche, la coscienza dello Stato e del contratto positivo fra i cittadini e le espressioni istituzionali.

Come vede, caro Presidente, in fondo non si tratta poi soltanto di scale, porte strette, di mez­zi di trasporto inaccessibili.

Conosco uno spastico grave che vive chiuso in casa da venti anni perché non c'è nessuno che lo trasporti: ha la pelle bianca; non ricorda l'o­dore dell'aria; non sa niente del sole pieno e quando esce si sente stordito e smarrito, quasi angosciato; preferisce leggere e guardare la te­levisione.

Lui dice di non essere infelice, io lo sono per lui.

E Lei, Signor Presidente?

Cordialmente.

GIANNI SELLERI

 

 

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