Prospettive assistenziali, n. 36, ottobre-dicembre 1976

 

 

OBIETTIVI E METODO DI LAVORO DELLA COMMISSIONE INTERCOMUNALE PER GLI INTERVENTI SOCIALI (1)

 

 

Alcune considerazioni

In attuazione della legge n. 386 del 17-8-74, il 1° luglio 1977 saranno aboliti gli attuali enti mutualistici e casse mutue, e la gestione dei servizi sanitari passerà alle Regioni, agli Enti locali e loro Consorzi.

Nascono dunque alcuni interrogativi:

- Quale sarà il Consorzio di comuni che, de­legato dalla Regione, sappia sostituire l'at­tuale disastrosa situazione con una tutela della salute seria, efficiente ed aderente ai bisogni reali della popolazione?

- Come essere certi che le esigenze di tutte le zone del territorio siano equilibratamente soddisfatte, p.es. per l'allocazione degli am­bulatori e dei servizi specialistici?

- Chi garantisce che tutto il potere non ricada un'altra volta nelle mani di un ristretto nu­mero di persone, che operano tenendo pre­sente piuttosto i loro interessi particolari che gli interessi di tutti?

La Regione Piemonte, come molte altre re­gioni, ha emanato e sta emanando parecchie leggi che in tutti i settori privilegiano i Con­sorzi di comuni rispetto ai Comuni singoli.

In particolare per ciò che riguarda i servizi di base (sanitari, sociali, scolastici, etc.) vi è una chiara strategia per attribuire le funzioni principali (ed i relativi finanziamenti) ai soli Consorzi di Comuni, per una evidente necessità di programmazione e di coordinamento di inter­venti nell'ambito del territorio: vedi, ad es., i recenti provvedimenti per l'assistenza domi­ciliare, per i minori, etc.

Quanti sono oggi i Comuni in grado di inse­rirsi in queste prospettive nuove?

Quante sono, d'altra parte, le iniziative valide e promettenti che però muoiono sul nascere perché le piccole dimensioni ed i problemi eco­nomici del Comune singolo le soffocano e per­ché lo scoordinamento ed i campanilismi tra Comuni diversi ne rendono impossibile l'attua­zione?

I servizi ospedalieri, la tutela dell'ambiente nei luoghi di lavoro e nel territorio, i consul­tori per la coppia, la distribuzione dei servizi scolastici, e così via, incidono profondamente sulla qualità della vita di tutta la popolazione: è giusto che continuino ad essere gestiti solo dal piccolo gruppo dei tecnici addetti ai lavori? Qual è la reale influenza sulle scelte di fondo che può essere esercitata da chi abita nei quar­tieri e nei paesi?

Come possono le forze sociali e tutta la base dei cittadini discutere la programmazione di questi servizi, come possono controllarne la realizzazione?

Per rispondere positivamente a questi inter­rogativi sta nascendo la nuova prospettiva delle Unità Locale dei servizi:

- basate su Consorzi di Comuni

- ancorate al territorio ed ai reali bisogni dei suoi abitanti

- competenti su tutti i servizi di base

- con la garanzia di una seria partecipazione e di un continuo controllo della popolazione.

Tutto questo però non deve essere calato dall'alto, magari in modo burocratico, ma deve invece maturare in un ambiente già preparato da esperienze precedenti.

Ecco allora che anche nella zona della futura Unità locale dei servizi n. 40 (Ivrea, territorio circostante e Comunità Montane della Bassa Valle Dora, Valchiusella e Valle Sacra) è asso­lutamente necessario che sia creato subito un Consorzio per i servizi territoriali di base che comprenda tutti i Comuni della Unità stessa (i cui confini sono già stabiliti dalla legge della Regione Piemonte n. 41 del 9-7-76).

Un Consorzio in embrione esiste già: è quello nato tra una decina di Comuni (Ivrea e dintorni) per la cosiddetta «medicina scolastica»; ora può essere facilmente esteso, sia in senso ter­ritoriale sia come contenuti.

Un primo passo, nella direzione giusta, è stato l'inserimento nelle sue competenze dei servizi del consultorio per la coppia.

Come giungere rapidamente a questo Con­sorzio?

È necessaria una programmazione concreta dello sviluppo dei servizi di base su tutto il territorio, garantendo contemporaneamente una profonda partecipazione popolare alla sua co­struzione.

A questo fine riteniamo fondamentale il la­voro che può svolgere, in tempi brevi, la Com­missione intercomunale per gli interventi socia­li, che già da qualche mese ha iniziato le riu­nioni: bisogna però precisarne gli obiettivi e garantirne un corretto metodo di lavoro, impo­stando l'attività su un piano concreto ed ope­rativo.

 

Gli obiettivi della commissione

Molto brevemente, gli obiettivi della Commis­sione intercomunale potrebbero così schematiz­zarsi:

- individuare e rilevare le esigenze ed i bi­sogni fondamentali della popolazione nel set­tore dei servizi di base, studiando con pre­cisione le diverse zone del territorio (come punto di partenza: i servizi socio-sanitari);

- inventariare le risorse già oggi esistenti, sia pure con tante «etichette» di enti diversi: patrimoni, strutture, attrezzature e personale;

- studiare le possibili unificazioni di compe­tenze tra: comuni, regione, province, enti di assistenza sanitaria e sociale;

- proporre una scala di priorità, anche in fun­zione delle risorse economiche disponibili o ipotizzabili (contributi regionali, conven­zioni, etc.) ;

- proporre una programmazione degli interventi sul territorio, precisandone tempi, modi e qualità;

- proporre un piano per l'aggiornamento (in certi casi per la riqualificazione) del perso­nale attualmente impiegato nei servizi con l'obiettivo di giungere anche alla reale pos­sibilità di lavorare in gruppo nell'ottica delle équipes pluridisciplinari;

- verificare e controllare le attività impostate.

Si dovranno studiare e realizzare i modi per:

- ottenere tutte le informazioni necessarie;

- trasmettere le informazioni per realizzare un vero coinvolgimento della popolazione sulle scelte principali;

- realizzare una consultazione preventiva ed agile tra i vari Comuni.

 

L'insistenza sulla partecipazione

Perché anche per questo Consorzio (e quindi per la Commissione intercomunale che deve stimolare la sua creazione) si insiste tanto sulla «partecipazione»?

In effetti oggi quasi tutte le forze politiche e sociali si dicono d'accordo per lavorare e lot­tare affinché il potere pubblico in ogni sua for­ma (nazionale e locale, di grandi o piccole di­mensioni) diventi realmente democratico.

Per un'autentica democrazia sono però neces­sarie due condizioni:

- chi gestisce il potere è eletto dal popolo;

- le decisioni avvengono con un confronto co­stante ed aperto con il popolo stesso.

Non basta quindi porsi pubblicamente e chia­ramente l'obiettivo di esprimere gli interessi del popolo: bisogna anche che le masse popo­lari diventino le vere padrone delle proprie con­dizioni di esistenza, attraverso un sistema che sia obbligato a verificare continuamente bisogni ed esigenze tramite l'informazione ed il dibat­tito collettivo.

Solo così si possono evitare deformazioni ne­gative, come la burocrazia, il corporativismo e lo spontaneismo. Bisogna in sostanza essere ben certi che vi sia una reale autonomia tra le forze sociali e di base - da una parte - (per es. sindacati, comitati spontanei), e le isti­tuzioni dall'altra (per es. comuni, amministra­zione del consorzio, ecc.) per poter garantire una dialettica seria ed un controllo efficace.

In particolare non si deve confondere «la partecipazione» con:

- «il decentramento» - che si ha quando ci si avvicina alla base solo in termini geografici e burocratici;

- «la ricerca del consenso» - che significa discutere insieme dopo avere già deciso;

- «la informazione» - che si ha quando si rac­conta tutto, ma solo a posteriori, e non si ascolta;

- «la cogestione» - che si attua quando si gestisce e si amministra quotidianamente tutti insieme, perdendo però ogni potere di verifica e di controllo.

 

Il metodo di lavoro

Per una partecipazione costante durante la fase di lavoro che ora si apre, si può così esem­plificare una corretta sequenza operativa:

1) Le Amministrazioni comunali (di Ivrea in primo luogo) espongono le linee politiche generali che intendono seguire per i servizi in discussione e rendono noto pubblicamente un programma con scadenze precise.

2) La Commissione discute queste propo­ste criticamente ed elabora alternative e/o approfondimenti, con la garanzia del pieno acces­so a tutte le informazioni che si reputano ne­cessarie.

Questo vale sia per le forze sociali e di base che per gli altri Comuni interessati.

3) Sui temi più importanti si indicono pub­bliche assemblee nei territori interessati, onde tutti siano capillarmente coinvolti, stimolati ed ascoltati.

4) Le Amministrazioni comunali sintetizza­no, insieme alle forze politiche, le esigenze fon­damentali emerse e deliberano di conseguenza.

5) La Commissione e la popolazione tutta verificano la coerenza delle delibere con quan­to emerso dai dibattiti precedenti e controllano con continuità l'applicazione pratica successiva, con la massima attenzione ai tempi di esecu­zione ed alla qualità degli interventi.

Ovviamente la Commissione stessa può in parallelo sollevare altri problemi che risultasse­ro prioritari ed elaborare richieste e proposte proprie, sia direttamente che attraverso i grup­pi e le forze che ne fanno parte.

Per rendere efficace ed agevole la propria azione, data anche la notevole mole di lavoro che si può prevedere, la Commissione si dà un minimo di struttura ed organizzazione, pur man­tenendo la più completa apertura ad ogni forza interessata ed evitando quanto possa nuocere all'agilità e tempestività del lavoro.

Si propongono due sole decisioni:

a) Si forma un «gruppo organizzativo», sempre molto informale, all'interno della Com­missione, che si assume l'incarico di:

- indire le riunioni e precisare l'ordine del giorno;

- distribuire prima delle riunioni la documen­tazione necessaria;

- elaborare, quando necessario, una sintesi scritta delle riunioni.

b) Il Comune di Ivrea, come «Comune ca­poluogo» e come è già del resto consuetudine, garantisce di:

- mettere a disposizione la sede per le riu­nioni;

- curare la duplicazione e l'invio della docu­mentazione e delle convocazioni a titolo gra­tuito (non disponendo la Commissione di fondi propri) e di assicurare la presenza dei propri Amministratori alle riunioni (od al­meno quando la Commissione esplicitamen­te lo richiede).

 

 

 

(1) Documento della Sezione di Ivrea dell'Unione per la lotta contro l'emarginazione sociale del 27 ottobre 1976.

 

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