Prospettive assistenziali, n. 35, luglio-settembre 1976

 

 

NOTIZIE

 

 

MOSTRA «PER UNA CITTÀ PER TUTTI»

 

Dalla quotidiana frequenza con gli handicap­pati, dalla consapevolezza di quelli che sono i loro concreti bisogni psicologici e materiali e del­la possibilità di rispondervi - purché esistano disponibilità e volontà da parte di tutti - è nata in un piccolo gruppo di volontari del Centro Vo­lontari Sofferenza e dell'Unione Italiana Lotta al­la Distrofia Muscolare l'esigenza di proporre, al di là della ristretta cerchia dei membri delle as­sociazioni volontarie e degli «addetti ai lavori», all'attenzione di un pubblico più vasto il proble­ma delle barriere architettoniche.

La Mostra «Per una città per tutti» si è tenu­ta a Corno dal 2 al 6 giugno 1976.

Le «barriere architettoniche», d'altra parte, sono il simbolo più evidente delle chiusure esi­stenti in troppi di noi verso gli handicappati e verso gli stessi anziani (dimenticando che anzia­ni saremo tutti un giorno).

L'idea di affidare l'indagine sulle barriere ar­chitettoniche ai bambini delle scuole elementari è stata suggerita dalla consultazione di una gui­da per handicappati di alcune città inglesi, pub­blicata in base ai dati raccolti dagli alunni delle scuole elementari.

Così è stata predisposta una scheda grafica fa­cilmente leggibile dai bambini e l'indagine si è mossa dalla scuola di Tavernola a quella di Sol­zago-Ponzate (Como) per un doppio e diverso controllo del progetto (progetto che si vorrebbe estendere a tutte le scuole di Como nel prossi­mo anno scolastico, per la «lettura» di tutta la città).

Su una lunga serie di pannelli didascalici sono stati esposti scritti, disegni, fotografie, rilevazio­ni di misure, osservazioni elementari, il tutto volto a constatare che ben poco è lo spazio con­cesso al l'handicappato, perché il suo problema non è stato preso in considerazione.

Il lavoro di questi bambini è un invito e al tem­po stesso un monito agli adulti ad essere meno egoisti, ad essere meno pietistici e molto più maturi e concreti nell'accostarsi ad un problema così importante.

La scoperta dell'esistenza delle barriere ar­chitettoniche è stata per i bambini si direbbe quasi una sorpresa che li ha profondamente tur­bati e li ha portati direttamente al cuore del pro­blema.

Con tempestiva sollecitudine l'Ente Provincia­le del Turismo di Como, ha colto l'occasione del­la mostra per presentare l'«Annuario Turistico 1976», pubblicato dopo un'accurata indagine sull'accessibilità degli Alberghi della Provincia di Como. Si tratta della prima guida in Italia recan­te il simbolo internazionale di accessibilità, va­lido contributo per rendere le strutture di questa società più aperte e disponibili per gli handicap­

Il terzo ed ultimo settore della Mostra è stato organizzato a cura della Scuola politecnica di de­sign di Milano.

Qui il discorso non è più di rottura a livello psicologico, ma è sul terreno del contributo spe­cifico.

Si dice, e non a torto, che il design ha avuto ed ha molti punti di contatto con fenomeni di consumismo tipici della società industrializzata; bisogna però riconoscere che sopravvive almeno un settore informato alla ideologia e alla finaliz­zazione umana.

Alla Mostra erano esposti progetti e modelli degli studenti del secondo anno del corso di de­sign industriale, i quali si sono sottoposti ad una preparazione specifica, raccogliendo contributi a livello di neuro-fisiologia, di ergonomia, di mo­dellistica, di dinamica dei movimenti ed hanno visitato numerosi centri per handicappati, dopo aver raccolto informazioni bibliografiche italiane e straniere.

 

(Per informazioni più dettagliate sulla mostra rivolgersi a Carla Bignami, Via Ambrosoli 2, Como, tel. 031/268.178)

 

 

CONTROINDICATA LA CURA CON «CELLULE VIVE» DEL DOTT. KRÜGER

 

Risposta del Ministro della Gioventù, Famiglia e Sanità di Bonn in data 14-4-1976 ad una richie­sta dell'ANFFAS di Bologna.

 

Voglia scusare che rispondo solo oggi al suo scritto del 6-12-75. Dispiace che ci siano ancora delle famiglie italiane che, sulla base di articoli sulla stampa, decidono di sottoporre i figli ai trattamenti costosi con le «cellule vive» presso il Sig. Krüger.

Ripetutamente ci sono state chieste informa­zioni da parte di ambasciate straniere ed ultima­mente, nell'ottobre del 1975, abbiamo comunica­to all'ambasciata italiana che le cure del dott. Krüger, secondo le nostre informazioni, non sono finora scientificamente verificate e che si tratta pertanto di metodi non di uso corrente e non ri­conosciuti ufficialmente dalla medicina scolasti­ca, per cui quest'ufficio non può prendere posi­zione rispetto alla efficacia del trattamento; tut­tavia ci risulta che la Società tedesca di Pedia­tria da noi interpellata abbia preso posizione e ciò sulla base del giudizio di cinque esperti. In tale documento si dice che, secondo le cono­scenze oggi a disposizione, non esistono per det­ta cura presupposti biologici scientificamente verificabili circa l'efficacia terapeutica ai fini di una evoluzione cerebrale nei casi di sindrome di Down (mongolismo) o di cerebropatie, come ad es. coreoatetosi, atassia, ecc.

Al contrario una serie di fatti importanti accer­tati testimoniano contro l'efficacia della cura. In svariati giudizi di competenti si afferma che il trattamento non promette alcun risultato positi­vo e pertanto non è indicato. Dato che le ripetute iniezioni necessarie portano con sé il pericolo di una sensibilizzazione, tale cura pare anzi contro indicata.

 

 

UNA PROPOSTA SULL'ALIMENTAZIONE POPO­LARE (1)

 

È chiaro, almeno per molti, che il disegno delle grandi compagnie alimentari è quello di cercarsi un mercato il più ampio possibile. Se il loro sco­po è quello di guadagnare denaro, non si può chiedere ad esse di risolvere i problemi alimen­tari mondiali. La stessa conferenza mondiale per l'alimentazione dell'anno scorso ha messo in luce che per il momento non c'è scarsità di cibo su scala mondiale, ma c'è l'impossibilità da parte di chi non ne ha di pagare per procurarselo.

Un esempio di accordo commerciale stipulato da potenze più ricche solo per il proprio profitto senza tener conto delle necessità degli abitanti è il caso della Nestlé nel Terzo Mondo. Incurante della denuncia di un gruppo di giovani che ave­vano accusato nel Lactogen la causa di gravis­simi disturbi (anche mortali) in piccoli di quei paesi, ha querelato i giovani per salvaguardare la compagnia di vendita, senza risalire a monte del fatto. Cosa era successo? Quel prodotto de­stinato alle superprivilegiate popolazioni d'Europa, somministrato senza condizioni di igiene e di preparazione adeguata, si era trasformato in un inutile se non pernicioso prodotto per una popo­lazione del Terzo Mondo che sarebbe stata assai meglio aiutata con la ricerca di tecniche per pro­durre in loco risorse proprie in campo alimentare.

Il caso dell'Italia è certo diverso, ma anche qui un «pubblico» che segue il corso dei prodotti reclamizzati da carosello nell'interesse del pro­fitto, ha disimparato a far dei conti e si distacca dal cibo tradizionale (la cucina dei contadini ci­nesi pare che sia così delicata e varia proprio perché non è ossessionata dal consumismo occi­dentale) data l'autorevolezza di chi emette il messaggio.

Ci pare perciò ottima l'iniziativa dei centri sa­nitari di Napoli che, andando in questa direzione, hanno pubblicato un chiaro e semplice libretto di 16 pagine illustrando un'alimentazione infan­tile che sappia ancora sfruttare il latte, le uova, le carote, i fagioli, i piselli. Si propone, dice l'in­troduzione, «di imparare insieme alle madri (an­che ai padri?) a preparare alimenti semplici e ricchi di sostanza senza dover ricorrere a quelli speciali, consigliati dalla televisione e dai gior­nali, che costano carissimi». Viene spiegato in modo agevole come, dopo l'allattamento, e nello svezzamento si debbano dare e fare le pappe con il riso, le patate, le cipolle, i piselli, i fa­gioli, come sia utile la frutta e in che misura essa debba esser data ai bambini.

Insomma in questi centri popolari le mamme potranno discutere e capire come «una cattiva alimentazione possa essere una malattia».

E i bambini non dovranno comprarsi quella macchina, reclamizzata ironicamente in una rivi­sta scientifica, in cui essi sono costretti a intro­durre vasetti di mele omogeneizzati per fare uscire mele che potranno finalmente mangiare.

 

 

(1) Dal numero unico Alimentazione popolare nel bambino fino ad 1 anno, a cura dei Centri sanitari popolari di Napoli, aprile 1975.

 

 

www.fondazionepromozionesociale.it