Prospettive assistenziali, n. 35, luglio-settembre 1976

 

 

DOCUMENTI

 

 

MINORI COLLOCATI IN ISTITUTI LONTANI DAL LUOGO DI RESIDENZA DEI FAMILIARI (1)

 

 

Vari istituti, per motivi non spiegabili, e co­munque in nessun caso validi, ospitano minori appartenenti a famiglie residenti in distretti o province diversi da quelli in cui gli istituti stessi operano.

Si sommano in tal modo i noti guasti che alla personalità del minore ed al suo normale svi­luppo psico-fisico derivano dalla sua istitutizza­zione con quelli, ancora più gravi, derivanti dalla lontananza delle proprie famiglie. Si indeboli­scono, cioè, o addirittura si spezzano i legami familiari parentali ed ambientali col minore; si affievoliscono i sentimenti fra congiunti; si dere­sponsabilizzano i genitori che, peraltro, sono spesso impossibilitati, per la loro miseria o per ragioni di lavoro, ed a causa della lontananza, a visitare i propri figli colla necessaria frequenza ed assiduità. I rarissimi incontri che hanno con essi si svuotano sempre più di valido contenuto umano e pedagogico; i minori sempre più cre­scono nel gelo del loro spaventoso isolamento affettivo che lascerà su di loro tracce quasi sempre irreversibili.

Ed è particolarmente grave che tale situazio­ne sia spesso determinata da iniziative e prov­vedimenti di qualche ente assistenziale, pubbli­co o privato che, sordo al problema e preoccu­pato unicamente della sistemazione amministra­tiva della pratica, colloca il minore in istituto situato, appunto, oltre l'ambito della propria lo­cale giurisdizione, favorito, peraltro, in tale «operazione», dall'acquiescenza degli istituti stessi o dell'organizzazione laica o religiosa da cui l'istituto dipende.

Le iniziative di questo ufficio in tale materia non sono servite ad eliminare tale incredibile fenomeno peraltro deprecato unanimemente, quanto meno in sede di congressi o di tavole ro­tonde o di studi monografici, da studiosi, opera­tori minorili, pubblici amministratori, presidenti di enti assistenziali e gestori di istituti.

L'interesse del minore costituzionalmente ga­rantito (art. 3,29,30 e 31 della costituzione) non è compatibile con tale sistema che di una vera e propria «deportazione» ha tutte le caratteri­stiche.

Conseguenza drammatica di tale situazione, che presuppone una arcaica concezione dei do­veri assistenziali verso i minori è, inoltre quella di rendere difficilmente applicabile a loro favore, in tali casi (nell'ipotesi in cui essi rimangono privi di assistenza materiale o morale da parte dei genitori e pertanto in stato di abbandono), la procedura per la dichiarazione dello stato di adottabilità con conseguente impossibilità di in­serimento definitivo del minore, attraverso l'isti­tuto dell'adozione speciale, in una regolare fa­miglia. E ciò perché il Tribunale dei minorenni, nella estrema difficoltà di stabilire le effettive ragioni del disinteresse apparente dei genitori verso i figli (ragioni che potrebbero costituire causa di forza maggiore a favore dei primi che, qualche volta, per la lontananza degli istituti si trovano nell'impossibilità di curare conveniente­mente i rapporti coi propri figli minori e di soddi­sfare le loro esigenze affettive), è posto nella disumana alternativa, o di condannare ad una permanente istitutizzazione il minore, facendone, conseguentemente, un sicuro candidato al disa­dattamento, o di condannare i suoi genitori (forse incolpevoli, e forse capaci di ricreare attorno al minore, con una più adeguata politica di assi­stenza dei pubblici enti, un valido nucleo familia­re) a rinunciare definitivamente al proprio figlio.

Si rivolge, pertanto, un vivo appello alla sen­sibilità di tutti gli enti destinatari della presente perché vogliano accertare, per loro conto, se ed in quale misura il lamentato fenomeno si verifichi nell'ambito delle rispettive competenze e nei confronti di quegli istituti sui quali esercitano doveri di sorveglianza od amministrativi. Si in­vitano pertanto i direttori dei singoli istituti del distretto a voler comunicare a questo tribunale dei minorenni colla massima sollecitudine, l'elen­co dei minori le cui famiglie risiedono attual­mente in altri distretti od in altre province e di voler indicare l'ente che ha adottato il provve­dimento.

Analogo elenco deve essere trasmesso all'en­te pubblico (che sul singolo istituto laico o reli­gioso esercita poteri di sorveglianza o di con­trollo) che attraverso iniziative opportune e ri­cercati gli accordi del caso coll'ente pubblico che esercita giurisdizione nel territorio nell'ambito del quale risiedono i familiari del minore, potrà adottare o sollecitare i provvedimenti necessari per il riavvicinamento del minore.

Altro elenco dovrà essere trasmesso ai com­petenti giudici tutelari che sono vivamente pre­gati di adoperarsi nel senso suesposto prenden­do tutte le iniziative del caso e ricercando i con­tatti cogli istituti e cogli enti pubblici locali in­teressati.

 

 

 

(1) Testo della circolare del 2-1-1976 del Presidente del Tribunale per i minorenni di Genova, Italo Tanga, indirizzata agli istituti di assistenza all'infanzia della Liguria.

 

www.fondazionepromozionesociale.it