Prospettive assistenziali, n. 33, gennaio-marzo 1976

 

 

DOCUMENTI

 

DECRETO DEL TRIBUNALE PER I MINORENNI DI BARI A TUTELA DI MINORI RICOVERATI IN OSPEDALE

 

 

Nel N. 19 (luglio-settembre 1972) di Prospetti­ve assistenziali avevamo favorevolmente com­mentato un decreto del Tribunale per i minorenni di Bologna del 23-5-1972 e nel n. 24 (ottobre-di­cembre 1973) avevamo invece espresso le no­stre perplessità sul decreto del Tribunale per i minorenni di Bari del 12 luglio 1973.

Poiché nello scorso numero abbiamo pubblica­to un articolo di F. Occhiogrosso che riteneva di rilevare una contraddizione nei giudizi da noi espressi, vogliamo meglio ribadire la nostra im­postazione.

Noi riteniamo che i Tribunali per i minorenni debbano intervenire - e la cosa ci sembra ov­via - quando sono lesi i diritti dei minori, viva­no essi in famiglia (d'origine, adottiva e affidata­ria), in istituto, in ospedale o presso qualsiasi altra istituzione, ma siamo assolutamente contra­ri al fatto che i Tribunali per i minorenni impar­tiscano ordini su come debbano essere forniti gli interventi, su come essi debbano essere organiz­zati e sulle occorrenze qualitative e quantitative del personale necessario.

Ed è per questo motivo che abbiamo parlato di giurisdizionalizzazione dell'assistenza in quanto i Tribunali per i minorenni non debbono mai e per nessun motivo sostituirsi agli enti di assistenza per quanto concerne gli interventi.

Con questa premessa pubblichiamo il decreto del Tribunale per i minorenni di Bari del 14 no­vembre 1974 che, a nostro avviso, si differenzia da quello del 12 luglio 1973.

In quest'ultimo da parte del Tribunale si im­partivano» delle disposizioni; nel decreto del 1974 il Tribunale si limitava ad una serie di «con­sigli» non obbligatori.

Anche se vi è da dubitare su una funzione di «consigliere tecnico assistenziale» del Tribuna­le per i minorenni, riconosciamo la difficoltà di conciliare gli interventi che si devono assume­re al presente con gli obiettivi a medio e lungo termine (cambiamento sociale).

Malgrado la difficoltà deve però esser chiari­to che ogni intervento tecnico o teorico che si ponga anche solo un obiettivo intermedio deve chiedersi cosa significhi fare scelte operative in quel contesto, e quali siano le implicazioni poli­tiche dello strumento scelto.

 

 

TESTO DEL DECRETO DEL 14-11-1974

 

Il Tribunale per i Minorenni di Bari, riunito in Camera di Consiglio nelle persone dei signori Vincenzo LORUSSO, Presidente; Francesco Pao­lo OCCHIOGROSSO, Giudice; Renata MAGGIO­NI, Giudice On. e Domenico SCOPPIO, Giudice On, sentito il parere del P.M., ha pronunziato il seguente decreto:

 

Svolgimento del procedimento

Con nota del 28 settembre 1973, su richiesta di questo Tribunale, il Direttore sanitario dell'Ospe­dale pediatrico «Giovanni XXIII» (già Ospedalet­to dei bambini) di Bari trasmetteva elenchi e schede nominative dei minori ricoverati presso la sede di detto Ente, sita in Molfetta, precisan­do che esse riguardavano gli ospiti della Divisio­ne di pneumotisiologia e del Centro handicappa­ti di quell'ospedale.

Successivamente, in data 1-3-1974, l'Assisten­te sociale dell'O.N.M.I. di Bari - convocata in relazione alla vicenda della minore N.L., in favo­re della quale era stato da tempo pronunziato provvedimento cautelare da questo Tribunale e la cui tutela era affidata all'O.N.M.I. di Bari - ri­feriva che la minore stessa era ospite dell'Ospe­daletto dei bambini di Bari, sezione di Molfetta, da circa quattro anni e che la madre della stessa, C.D., le aveva richiesto il trasferimento della figlia L. in un istituto assistenziale, manifestan­do timori conseguenti alle negative esperienze avute dalla figlia durante la sua permanenza al­I'Ospedaletto, dove la stessa era stata oggetto di «attenzioni» da parte di una suora. Veniva anche ascoltata C.D., la quale confermava con ulteriori e circostanziati dettagli quanto riferito dall'Assistente sociale F., riferendo, tra l'altro, che - a quanto ella sapeva - la minore L. do­veva essere guarita già nella estate precedente, perché non era sottoposta ad alcuna terapia.

In data 4-3-1974, il Giudice delegato - ritenu­ta la necessità di svolgere una più approfondita indagine sulla situazione personale della mino­re N.L. e sulle condizioni di vita dei minori ospi­ti - si portava all'Ospedaletto - Sezione di Molfetta, per espletare opportuni accertamenti con la collaborazione dei dott. C.D.N. ed A.P., rispettivamente dell'Istituto di Medicina legale e della Clinica pediatrica dell'Università di Bari. Veniva esaminata la minore L.N. e, successiva­mente, le minori F.M. e F.Ma. La M. ve­niva sottoposta a visita medica, presentando una escoriazione al volto, mentre non si riteneva - al momento - di fare altrettanto per la picco­la L.N. per evitare particolari traumi alla stessa.

Nella stessa circostanza veniva dato ai consu­lenti nominati l'incarico di procedere all'esame delle cartelle cliniche dei minori ospiti della Di­visione pneumotisiologica e del Centro handicap­pati dell'Ospedaletto.

Con successivo decreto del 7-3-1974, questo Tribunale - esaminate le risultanze fino allora emerse - riteneva necessario integrare il colle­gio dei periti, nominando, oltre che i suindicati dott. D.N. e P., anche il Prof. P.A., docente di Ti­siologia all'Università di Bari, attribuendo agli stessi l'incarico di accertare le condizioni di sa­lute dei minori ospitati nei due reparti sopra cita­ti da oltre sei mesi e d'i riferire se esse rendeva­no effettivamente indispensabile il ricovero ospe­daliero. Veniva anche dato incarico al Giudice de­legato di svolgere ulteriori accertamenti sull'am­biente in cui i minori vivevano, con particolare riguardo al modo in cui si realizzava il rapporto educativo verso i minori stessi.

Dopo il giuramento dei consulenti tecnici e la formulazione dei quesiti loro proposti, in data 15­3-1974 si procedeva alla immissione nell'incarico dei tre consulenti, i quali accedevano all'Ospe­daletto con il Giudice delegato. In tale circostan­za, venivano esaminati in maniera formale C.F.; nella sua qualità di consigliere di amministrazio­ne dell'Ospedaletto, e il Direttore sanitario, I.P., assistiti dall'avv. Ennio Barnaba, dell'Ufficio le­gale dell'Ente. Inoltre, insieme ai primari e ad al­cuni medici dei rispettivi reparti, si procedeva all'ispezione dagli ambienti delle Divisioni pneu­motisiologica e del Centra handicappati. Le ope­razioni d'i consulenza avevano effettivo inizio il 22-3-1974.

Perveniva, poi, notizia del trasferimento avve­nuto il 14-3-1974 - per disposizione del Giudice tutelare di Bari - della minore L.N. all'Istituto «Maria Cristina di Savoia» di Bitonto. Quindi, a norma dell'art. 3 C.P.P., venivano trasmessi, per quanto di competenza, al Procuratore della Re­pubblica di Trani copie conformi delle dichiara­zioni rese da C. D., dall'Assistente Sociale dell'O.N.M.I. di Bari, A.F., e dalle minori L.N., F.M. e F.M. Venivano inoltre richiesti e allegati agli atti l'elenco nominativo del personale, un aggior­namento degli elenchi dei minori ospiti dell'Ospe­daletto con l'indicazione della data di dimissioni di quelli già segnalati in precedenza nonché una relazione dettagliata sui modi in cui si svolge la vita dei minori ospiti e sulle modalità che disci­plinano il rapporto educativo, anche con riferi­mento ai rapporti dei medesimi con le rispettive famiglie. Veniva, quindi, depositata la relazione di consulenza tecnica. Infine, sentito il P.M., gli atti venivano ritenuti per la decisione.

 

Motivi della decisione

Il Tribunale ritiene importante proporsi il que­sito relativo alla sua legittimazione a pronunzia­re il presente provvedimento. Il problema va af­frontato in due momenti distinti: dapprima è ne­cessario accertare se questo Tribunale è legitti­mato a svolgere un'indagine simile a quella pre­sente nei confronti di un'istituzione che ospiti mi­nori a fini assistenziali; poi occorre verificare se tale indagine è legittima nel caso di specie, es­sendo i minori ospiti di un ospedale e cioè dell'O­spedale «Giovanni XXIII» - Sezione di Molfetta.

Riguardo al primo quesito, già affrontato in precedenza, il Collegio ritiene di dover dare ri­sposta affermativa, uniformandosi alla affermata giurisprudenza (Trib. Min. Bologna 23-5-1971; C. App. Bologna 28-6-1971; Trib. Min. Bologna 23-5­-1972; Trib. Min. Bari 12-7-1973), la quale trae il suo fondamento sia dalla legge 5-6-1967 n. 431 (e, in particolare, dagli artt. 314/6 e 314/8 di tale legge, che fanno parte integrante del Codice ci­vile), sia dal disposto degli artt. 333-336 C C.

Com'è noto, la legge sull'adozione speciale ha per prima riconosciuto e tutelato in via giurisdi­zionale il diritto del minore al pieno e adeguato sviluppo della sua personalità, e cioè il diritto all'educazione. Esso, che in precedenza era protet­to solo in via amministrativa come mero interes­se legittimo, ora è assunto a vero e proprio dirit­to soggettivo. Con questa legge, il diritto all'edu­cazione ha ricevuto una così ampia e completa tu­tela, da poter comportare, con la dichiarazione di adottabilità e l'adozione speciale, persino l'inter­ruzione definitiva del rapporto naturale di filiazio­ne rispetto a genitori che abbiano colpevolmente abbandonato il minore, e l'inserimento di que­st'ultimo, come figlio legittimo, in un diverso nucleo familiare che sia tale da assicurargli un completo sviluppo della personalità. A maggior ragione, quindi, il diritto all'educazione deve tro­vare protezione nelle situazioni (quale appunto la presenza del minore in una istituzione), che ap­parentemente incidono in maniera meno rilevan­te dello stato di totale abbandono materiale e mo­rale, ma che, del pari, possono risultare lesive della sua personalità.

Questi princìpi trovano specifico fondamento nel disposto degli artt. 314/6 e 314/8, ultimo comma, Cod. Civ. Il primo comma dell'art. 314/6 Cod. Civ. impone al Tribunale di svolgere appro­fonditi accertamenti - oltre che sui precedenti, sulle loro condizioni giuridiche e di fatto - an­che sull'ambiente in cui hanno vissuto e vivono i minori stessi: non c'è dubbio, quindi, che se il minore è ospite di una istituzione, tali accerta­menti debbano essere estesi alla istituzione stes­sa. Ciò è confermato dal secondo comma dello stesso art. 314/6 Cod. Civ., che attribuisce - tra i vari provvedimenti temporanei che possono es­sere emessi dal Tribunale o anche dal solo Pre­sidente o dal Giudice delegato, a norma dell'art. 314/8, ultimo comma, Cod. Civ. - la facoltà di ordinare il ricovero in idoneo istituto, presuppo­nendo in sostanza che l'Autorità giudiziaria ab­bia già compiuto una valutazione sull'idoneità o non idoneità dell'istituto. D'altro canto, il Tribu­nale è legittimato a promuovere il presente prov­vedimento anche in base agli artt. 333-336 Cod. Civ.: infatti è stato affermato (Trib. Min. Bolo­gna 23-5-1972) che ogni qual volta un genitore delega ad un Istituto l'educazione, l'istruzione ed il mantenimento del proprio figlio, automatica­mente i dirigenti ed i responsabili dell'Istituto esercitano in forma sussidiaria e vicariale la fun­zione di genitori e quindi esercitano la patria po­testà limitata al periodo in cui il minore vive e cresce nella loro sfera di influenza. E ciò, anche se si tratti di istituti con compiti educativi di con­tenuto specializzato, quale quello di recuperare minori affetti da turbe di carattere e di persona­lità.

Alla stessa conclusione il Collegio ritiene che si pervenga indirettamente anche dall'esame dell'art. 402, secondo comma, Cod. Civ.: tale norma prevede il caso in cui il genitore riprenda l'eser­cizio della patria potestà sul minore ricoverato in istituto (caso di reintegrazione della patria potestà, ma anche di ritorno vicino al figlio, dopo un periodo di lontananza o comunque di impos­sibilità di esercitare la patria potestà) e dispone, per l'istituto, l'obbligo di rivolgersi all'Autorità Giudiziaria per ottenere che venga limitato l'e­sercizio della patria potestà. Ora una tale limita­zione della patria potestà non trova certo la sua giustificazione in una condotta pregiudizievole del genitore (unica causa che, ai sensi degli artt. 330-333 Cod. Civ., può determinare la limitazione o l'ablazione della patria potestà); detta norma, invece, si fonda su una ragione diversa: e cioè sul fatto che l'istituto esercita sul minore un po­tere di contenuto simile alla patria potestà, con cui può venire in conflitto e con cui va concilia­ta. Tale potere, che possiamo anche indicare con il termine di «poteri tutelari», come fa l'art. 402 Cod. Civ., non può intendersi, tuttavia, come qual­cosa di analogo alla tutela sul minore, poiché in tal caso la ripresa dell'esercizio della patria po­testà da parte del genitore ne dovrebbe importa­re automaticamente il venir meno, come in caso di reintegrazione del genitore nella patria pote­stà: si tratta, invece, di un potere assimilabile alla patria potestà e limitato al periodo di ricove­ro del minore. Pertanto, come è eventualmente applicabile al genitore la norma dell'art. 333 Cod. Civ., così essa è analogamente applicabile all'i­stituto: quando un trattamento riservato ai mino­ri appaia comunque pregiudizievole al medesimo, il Tribunale deve adottare i provvedimenti con­venienti all'interesse dei minori stessi, ivi com­presi quelli diretti ad una più valida realizzazione del rapporto educativo nel l'istituzione. In caso estremo, può anche disporre l'allontanamento dei minori dall'istituto.

Inoltre, va anche rilevato che l'accertamento obiettivo della situazione di una istituzione, an­che se svolto inizialmente riguardo al alcuni mi­nori (com'è appunto per l'Ospedale pediatrico «Giovanni XXIII» - Sezione di Molfetta, di cui erano ospiti, tra gli altri, i minori F.G., L.G., P.A., per i quali sono in corso procedimenti di adozio­ne speciale; N.L. e L.G., per le quali pendono procedimenti cautelari) non può non estendersi nei suoi effetti a tutti gli altri minori ospiti: sa­rebbe assurdo ed inaccettabile, infatti, ritenere che la legge abbia voluto realizzare il diritto all'educazione del solo minore, per cui pende pro­cedimento, trascurando il diritto all'educazione degli altri che vivono nello stesso negativo am­biente e che ne subiscono interamente le negati­ve conseguenze, perché i loro genitori non li han­no abbandonati o trascurati e, quindi, perché non pende alcun procedimento nei loro riguardi.

Il Collegio, infine, ritiene di dover affermare la sua giurisdizione in relazione al presente procedi­mento, anche nella eventuale presenza di una funzione di controllo dell'Autorità amministrativa. Lo stesso principio è stato già affermato dalla Corte di Appello di Bologna nella decisione del 28-6-1971, già citata. La Corte ha rilevato che il controllo dell'Autorità amministrativa «non è esclusivo e, se mai, concorre con quello deman­dato al Tribunale minorile; e ciò per varie ragio­ni. In primo luogo la tutela delle situazioni giuri­diche dei minori, ed in particolare di quelli che versano nella condizione di subnormali o di ca­ratteriali, è attribuzione squisitamente propria dell'Autorità giudiziaria ordinaria attraverso i suoi organi specializzati; e l'interesse dei singo­li minori non solo è personale di essi, ma, data la natura del bene tutelato, si configura come aspetto particolare di un più vasto interesse ge­nerale. E ciò è tanto vero che, laddove se ne rav­visi la necessità, l'organo giudiziario può e deve sostituirsi, nella protezione di quell'interesse, an­che agli stessi esercenti la patria potestà; sì che si versa in un caso tipico di quella che la dottrina chiama gestione pubblica di privati interessi, la quale si concreta, secondo l'ordinamento, nei po­teri e nell'intervento non già dell'Autorità ammi­nistrativa, ma di quella giudiziaria ordinaria.

In secondo luogo, non solo di tali interessi si tratta, ma anche della tutela e difesa di diritti perfetti subiettivi dei minori medesimi (oltre che delle Amministrazioni cui fa carico il manteni­mento, l'educazione e la cura di essi): invero, per ogni ricoverato, viene dalle Amministrazioni in­teressate corrisposta una retta agli Istituti di ri­covero, sì che gli assistiti vengono a vantare una pretesa tutelare specificamente dalla legge alle controprestazioni promesse. È evidente che com­petente a conoscere di siffatto tipo di pretesa è l'Autorità giudiziaria ordinaria».

È necessario ora affrontare il problema della legittimazione nel caso in esame, che si riferisce ad un Ospedale pediatrico ed, in particolare, a due sezioni distaccate nella sede di Molfetta dell'Ente stesso.

La soluzione di esso comporta preliminarmen­te un'indagine interpretativa sul significato e contenuto delle espressioni: «istituzioni pubbli­che e private di protezione o assistenza all'infan­zia», a cui fa riferimento l'art. 314/5 Cod. Civ. per individuare i soggetti che hanno l'obbligo di trasmissione trimestrale di elenchi e schede; «ambiente in cui hanno vissuto e vivono», che l'art. 314/6 Cod. Civ., primo comma, utilizza per individuare uno degli ambiti verso i quali il Tri­bunale minorile deve svolgere approfonditi ac­certamenti; e del termine «idoneo istituto», a cui si richiama l'art. 314/6, secondo comma, Cod. Civ., per indicare la sede in cui un minore può essere ricoverato da parte del Tribunale stesso.

Non ci può essere alcun dubbio (dottrina e giu­risprudenza sono pacifiche a questo proposito) che le espressioni citate devono essere intese nel senso più ampio possibile e con riferimento alla funzione concretamente svolta piuttosto che al loro nome. Si è, pertanto, autorevolmente pre­cisato in dottrina e confermato nell'applicazione giudiziaria dei Tribunali minorili che l'espressio­ne «istituzioni», usata dall'art. 314/5 Cod. Civ., ha un significato onnicomprensivo, pur se non molto corretto, in quanto comprende anche gli organi dello Stato e di Enti pubblici che, a rigo­re, non possono essere qualificati istituzioni, non avendo personalità giuridica. Vengono, per­tanto, compresi nell'espressione suddetta la Pre­sidenza del Consiglio dei Ministri (da cui dipen­de l'Amministrazione per le attività assistenziali italiane e internazionali), i Ministeri della sanità, dell'interno, del lavoro e della previdenza socia­le, di grazia e giustizia (Patronati per l'assisten­za ai carcerati ed ai liberati dal carcere ed alle relative famiglie); gli enti autarchici territoriali (Regioni, Province, Comuni, alcuni consorzi di Co­muni e di Province); gli enti autarchici istituzio­nali (O.N.M.I., O.N.I.G., E.N.A.O.L.I., O.N.O.G., E.N.P.M.F., ecc.); le istituzioni locali di assisten­za (E.C.A.); le istituzioni private con diversa strut­tura e conformazione.

Come si nota, si tratta di un obbligo estrema­mente esteso: esso si rivolge certamente a tutti coloro che direttamente o indirettamente abbia­no dei rispettivi regolamenti o comunque, svol­gano di fatto compiti di assistenza e protezione dell'infanzia, anche se insieme ad altri compiti ed in posizione subordinata a questi ultimi. L'obbli­go, peraltro, ribadisce la dottrina e la costante prassi giudiziaria, non si limita ai minori degli an­ni otto, ma riguarda tutti i minori assistiti, poi­ché la segnalazione del minore e la sua scheda nominativa (che accompagna l'elenco) non han­no il solo fine di consentire l'apertura del proce­dimento di adottabilità, ma quello di verificare la situazione di ogni minore e consentire ogni volta che sia possibile una più completa tutela dello stesso (ad esempio, imposizioni di prescri­zioni a carico dei genitori ex art. 315/8 o 333 Cod. ­Civ.; stimolazione ad incontri più frequenti con i figli e all'adempimento di altri doveri da parte dei genitori ex art. 333 Cod. Civ.).

Si è, quindi, definitivamente chiarito che sog­getti del dovere di trasmettere elenchi (e schede nominative) sono tutte le istituzioni e che l'iden­tificazione di esse va fatta con il criterio della funzione concretamente svolta: l'intervento svol­to va, cioè, guardato non dal punto di vista dell'Ente che lo compie, ma da quello del minore che lo riceve. Anche le altre due espressioni usate dall'art. 314/6 Cod. Civ. sopracitate hanno un significato molto ampio. Non ha bisogno di chiarimenti la formula «ambiente in cui hanno vissuto e vivono» i minori, che, dalla sola lette­ra, è evidentemente comprensiva di ogni luogo in cui i minori si trovino (si tratti o non di istitu­zioni). Ma anche il termine «istituto», usata dall'art. 314/6 Cod. Civ. per indicare il luogo in cui il Tribunale può collocare il minore, va intesa nel senso più ampio: non c'è dubbio, infatti - e la prassi giudiziaria pacificamente lo conferma -, che il Tribunale può, a seconda delle necessità, disporre il ricovero del minore in un istituto me­dico-psico-pedagogico o in un istituto per sordo­muti o ciechi oppure anche in ospedale.

Tornando ora al caso in esame, la risposta al quesito propostoci non può che essere positiva, quando si ponga mente alla funzione concreta­mente svolta dall'Ente, che è il criterio guida per individuare le « istituzioni » comprese nelle nor­me sopra indicate.

L'indagine presente non riguarda l'intero Ospe­dale pediatrico «Giovanni XXIII», ma solo due reparti di esso e precisamente la Divisione di pneumotisiologia ed il Centro handicappati. Se si considera non il vuoto nome «Ospedale pedia­trico Giovanni XXIII» in cui sono compresi an­che i due reparti citati, ma la sostanza, cioè la funzione dei reparti e le cure che vengono ivi svolte, emergono facilmente notevoli differenze tra il tradizionale ospedale (sia pure pediatrico) e l'Ospedaletto di Bari - Sezione di Molfetta, e la diversa funzione che quest'ultimo svolge nei riguardi dei minori ospiti, tanto che sono facil­mente individuabili compiti assistenziali e carat­teristiche presenti nelle istituzioni assistenzia­li specializzate. Infatti, per pacifico riconoscimen­to, a Molfetta non viene attuata la cura di affe­zioni acute di minori, che possono cioè compor­tare una degenza limitata ad un periodo prevedi­bilmente breve, ma si attua la cura per minori de­finiti n lungodegenti . Ciò è pacificamente con­fermato dall'esame delle schede nominative tra­smesse dalla Direzione dell'Ospedale, nel set­tembre del 1973. Da esse risulta che, mentre nel Centro handicappati la degenza dei minori risa­liva al massimo ad alcuni mesi prima, nella Di­visione Pneumotisiologica molti ricoveri di mino­ri duravano da anni: per la precisione 54 rico­veri su 83 erano di data precedente al novembre 1972, 28 erano stati effettuati prima del 1970 e duravano quindi da oltre tre anni e mezzo, alcu­ni (D.T.R., M.B. e N., P.F., M. e G., R.D., S.G. e I., V.N.) erano cominciati nel 1966 o nel 1967, fino al caso-limite della piccola M.F., nata a C. il 1-13-1963 e ricoverata in data 16-7-1964 (quando aveva poco più di otto mesi) e, quindi, ospitata per quasi dieci anni, essendo stata dimessa il 16-3-1974, dopo cioè che i consulenti tecnici ven­nero immessi da questo Tribunale nel loro inca­rico di accertamento delle condizioni di salute dei piccoli ospiti, ma prima che gli stessi cominciassero le relative operazioni.

Ancora, va rilevato che la vita nei due reparti è programmata per una lunga permanenza dei mi­nori ospiti. Funziona, infatti, all'interno dell'Ospe­dale, un plesso scolastico del IV Circolo didatti­co di Molfetta; mentre nel pomeriggio è prevista la possibilità di doposcuola. È stabilita una par­ticolare disciplina per i rientri dei minori in famiglia durante i periodi di vacanze natalizie, pasquali ed estive, oltre che in altre occasioni (come risulta dalla relazione su un giornata-tipo dei minori trasmessa dalla Direzione stessa). An­cora, le cure, che i minori ricevono, non sono di­rette a superare una affezione acuta, ma, come si è detto. una situazione personale di minorazio­ne: si tratta, cioè, in sostanza, di minori conside­rati handicappati o nel fisico (divisione pneumo­tisiologica) o nella mente (turbe psichiche: Cen­tro handicappati). Infine, la stessa sistemazione ambientale è significativa: i due reparti sono collocati in una sede distaccata e del tutto auto­noma, sia per quanto riguarda la sede sia per quanto riguarda il personale. In conclusione, si può affermare con certezza che i due reparti siti nella sede molfettese dell'Ospedale pediatrico «Giovanni XXIII», pur portando il nome appunto di Ospedale, svolgono nella sostanza, cioè dal punto di vista dei minori ospitati e delle funzio­ni concretamente svolte, i compiti di un vero e proprio istituto specializzato per minori.

Ben legittima è, pertanto, l'indagine espletata sulla base delle norme esaminate. Alla luce delle considerazioni svolte, va affermato anche l'ob­bligo dell'Ospedale pediatrico «Giovanni XXIII», limitatamente alla sede distaccata di Molfetta, di trasmettere trimestralmente l'elenco e le sche­de nominative dei minori ricoverati.

L'esame della documentazione richiesta e tra­smessa dallo stesso Ospedale (ed, in particola­re, le relazioni sulla giornata-tipo dei minori ivi ricoverati) ha evidenziato, senza possibilità di errore, che accanto alla funzione terapeutica v'è una consistente azione assistenziale, la quale as­sorbe molte ore della giornata di ciascun minore e vale a ribadire le caratteristiche già rilevate della istituzione molfettese: pertanto tale obbli­go sussiste in questo caso come per ogni istitu­zione similare, dovendosi fare riferimento, come si è già rilevato, ai compiti realmente svolti nel­la istituzione e non al suo nome.

Questo Tribunale ritiene, pertanto, di dover in­vitare i responsabili dell'Ospedale pediatrico ad adempiere puntualmente a tale obbligo, a co­minciare dal trimestre che scade alla fine di di­cembre 1974, prospettando altresì che l'inadem­pimento di tale obbligo potrà importare respon­sabilità penali, a norma dell'art. 328 Cod. Pen..

Il Collegio ritiene peraltro di dover cogliere l'occasione per sottolineare che anche nelle se­di ospedaliere vere e proprie sarebbe necessaria un'azione di verifica e tutela di minori. È stato già, infatti, rilevato e criticato negativamente su riviste specializzate il fatto che i bambini ricove­rati in ospedali, sebbene in età prescolastica, non possono avere alcun familiare accanto a sé tranne che durante le ore di visita e che ciò de­termina spesso nei bambini lasciati soli chiare reazioni isteriche. Si è anche giustamente con­statato che questo atteggiamento rileva la ten­denza a considerare il bambino solo da un punto di vista fisico, senza preoccuparsi minimamente di eventuali traumi psichici. Ma a ciò si aggiun­ge, d'altro canto, che talora minori, pur guariti e dimissibili, restino per lunghi periodi in Ospe­dale per il disinteresse della famiglia nei loro confronti: in qualche caso gli Ospedali sono di­venuti il mezzo di collegamento tra famiglia di origine del bambino ed aspiranti adottanti per procedere alla «sistemazione» del bambino, in modo tale da evitare ogni intervento del Tribuna­le per i minorenni.

Il Collegio, nel ribadire l'illiceità di questi ul­timi comportamenti, fa presente che la situazio­ne relativa ad un minore, dimissibile dall'Ospe­dale perché guarito, ma non ripreso in famiglia dai genitori, rientra senza dubbio tra quelli disci­plinati dall'art. 314/5, 2° comma, Cod. Civ., che i pubblici ufficiali (in questo caso i responsabili dell'Ospedale) debbono riferire al più presto al Tribunale per i minorenni: il che già avviene tempestivamente da parte dell'Ospedale pediatri­co «Giovanni XXIII», riguardo ai minori ospiti della sede centrale.

Passando all'esame del merito e cioè alla si­tuazione dell'Ospedale-sede di Molfetta, il Tri­bunale ritiene di dover esprimere notevoli per­plessità in ordine alla sua idoneità ad assicurare uno sviluppo armonico e valido della personalità dei minori ospiti: ciò con riguardo al modo in cui è attualmente strutturato e con particolare rife­rimento alla Divisione di pneumotisiologia. Le conclusioni qui anticipate emergono dalle osser­vazioni seguenti e che si soffermano solo su al­cuni punti qualificanti: 1) condizioni di salute dei minori; 2) impostazione del rapporto educativo.

 

Condizioni di salute dei minori ospiti

Per quanto riguarda il Centro handicappati, la consulenza tecnica espletata ha accertato che di­ciannove minori vi erano ricoverati da un periodo di tempo superiore a sei mesi. Tutti presenta­vano all'ingresso malattie di interesse neurolo­gico ed avevano bisogno di terapie riabilitative e di continua assistenza, assicurate appunto nel Centro; pertanto, sotto questo profilo trovava giu­stificazione valida la degenza in Ospedale.

Per quanto si riferisce, invece, alla Divisione di pneumotisiologia, si può ritenere che i risul­tati ottenuti sotto questo profilo giustifichino di per se soli l'indagine espletata. Va, infatti, rileva­to che dalla documentazione inviata dalla Dire­zione sanitaria dell'Ospedale si desume che du­rante i sei mesi dal 22-9-1973 al 30-3-1974, inter­corsi tra il primo intervento di questo Tribunale (trasmissione, su richiesta, delle schede nomina­tive dei minori ricoverati a Molfetta) ed i succes­sivi (le ispezioni all'Ospedale avvennero il 4 ed il 15-3-1974; i Consulenti tecnici cominciarono le operazioni di perizia il 22-3-1974), ben 48 minori sono stati dimessi da tale Divisione: di essi 12 nei dieci giorni intercorsi tra le due visite ispet­tive del 4-3-74 e del 15-3-74. E poiché nello stes­so periodo furono ricoverati altri 17 minori (co­me da comunicazione della Direzione sanitaria dell'Ospedale in data 30-3-1974), si ha che il nu­mero degli ospiti, che al 22-9-1973 ammontava a 83 minori, si era ridotto alla data del 30-3-1974 a 52 minori, con una diminuzione numerica di oltre un terzo.

L'indagine peritale si è svolta su trentadue de­genti, per otto dei quali (F.R., M.F., M.G., M.E., C.B., P.P, M.G. e M.A.) è stata accertata la guarigione completa e, quindi, l'insussistenza di un bisogno di cure e degenza ospedaliera. Per altri cinque minori (L.R., R.C., M.S., M.G. e C.T.) è stata rilevata l'opportunità di un pruden­ziale periodo di osservazione, a titolo cautelativo, integrato da terapia: periodo, peraltro, già decor­so in conseguenza del tempo passato dalla data degli accertamenti peritali.

In considerazione di tali risultanze e tenendo presenti le dichiarazioni rese da C.D. il 4-3-1974 («Per quanto io sappia, la bambina era guarita già nella scorsa estate, perché non le veniva da­ta alcuna medicina. Non so se i bambini vengono sottoposti a controlli, ma penso di sì, perché lì vi sono sia bambini guariti che bambini malati, distinti solo per sesso... Per quanto riguarda mia figlia, posso dire che la guarigione risale a que­sta estate: se i controlli sono necessari periodi­camente, non è necessario che i bambini stiano ricoverati solo per il ricovero»), il Collegio ri­tiene di dover trasmettere copia della consulen­za peritale e degli atti trasmessi dalla Direzione sanitaria dell'Ospedale in data 30-3-1974 al Pro­curatore della Repubblica di Trani per eventuali reati, che dovessero ravvisarsi nella specie.

Per gli otto minori, di cui è stata accertata la guarigione, va senz'altro ordinata la dimissione dall'Ospedale ed il rientro in famiglia, con invito a dare comunicazione a questo Tribunale dell'e­ventuale già avvenuta dimissione di una o di tutti gli otto minori detti.

Per quanto riguarda gli altri cinque minori, l'O­spedale verrà invitato a comunicare se i minori siano tuttora ricoverati o siano stati dimessi, con riserva della facoltà di disporre un accertamento suppletivo circa le loro condizioni di salute, ove tutti o qualcuno risultino ancora degenti.

 

Rapporto educativo

Questo Tribunale non ha ritenuto di dover pro­cedere all'esame diretto di tutto il personale e dei minori ospiti, né di svolgere altre particolari indagini per evitare che il clima già teso, in con­seguenza degli accertamenti effettuati e del pro­cedimento penale in corso, si accentuasse mag­giormente con grave danno dei minori stessi.

Le osservazioni che seguono si fondano, per­tanto, sulla documentazione trasmessa dalla Di­rezione sanitaria (relazione su una giornata-tipo dei minori ricoverati in ciascuno dei due reparti sottoposti ad esame, elenco del personale di cia­scun reparto con indicazioni di qualifiche e man­sioni) sull'ispezione dei luoghi effettuata e sull'esame delle minori N.L., M.F., M.F., avvenu­to il 4-3-1974.

Ciò non esclude, evidentemente, la possibili­tà che in futuro una ulteriore indagine possa es­sere svolta in maniera più approfondita, ove ri­sulti necessaria.

Allo stato, gli elementi già acquisiti sono più che sufficienti per formulare le seguenti consi­derazioni. Gli orientamenti educativi attuali, de­rivanti anche da norme di legge - quale la legge 5-6-1967 n. 431 - tendono a favorire il più pos­sibile lo sviluppo psicofisico del minore, rispet­tandone la personalità col favorirne lo sviluppo e cercando di realizzare in ogni modo le condizioni più simili a quelle naturali, cioè a quelle familia­ri. Sono state, quindi, poste in evidenza le conse­guenze gravemente negative della istituzionaliz­zazione di minori, carenze che hanno ripercussio­ni sul piano fisico e psichico, tanto maggiori quanto più tenera è l'età del minore ricoverato e più prolungata la durata del ricovero (così, è det­to nella relazione alla proposta di legge n. 750 del 17-8-1972 sull'affidamento familiare di minori, pre­sentata dagli On. Foschi e Cassanmagnago).

Ora, dalle relazioni trasmesse dall'Ospedale pediatrico su una giornata-tipo dei minori ospi­tati nella sede di Molfetta, non risulta che tali orientamenti vengano seguiti. Va precisato, però, che il discorso è diverso per i due reparti, es­sendo apprezzabile e valido quello svolto presso il Centro handicappati, dove i vari operatori la­vorano in équipe, seguendo ciascun minore con trattamento individualizzato, dove si effettua te­rapia occupazionale e si tende a trattenere cia­scun minore ospite per un periodo ragionevol­mente breve. Riguardo a questo reparto, il Col­legio ritiene di dover sottolineare, tuttavia, l'op­portunità di superare l'attuale quasi completo isolamento, in cui i piccoli ospiti (al pari di quel­li ricoverati nella Divisione di pneumotisiologia) si trovano e che li pone in una situazione di to­tale emarginazione, accentuando i contatti e an­zi realizzando una vera e propria apertura verso l'esterno, sia con l'incontro con gruppi giovanili, sia soprattutto facendo frequentare la scuola spe­ciale in esternato a tutti quei minori che doves­sero presentare un grado tale di autonomia da poterlo fare, sia infine consentendo il rientro do­menicale - o comunque il più frequente possi­bile - presso la famiglia o i parenti in tutti i ca­si in cui la situazione familiare, la condizione per­sonale del minore e la distanza del luogo di ori­gine dovessero renderlo passibile. In proposito, il Collegio ritiene anche di suggerire ai respon­sabili dell'Ospedale l'opportunità di integrare i servizi dello stesso con un veicolo (eventual­mente un piccolo pullmann) che possa consen­tire il rientro periodico dei minori in famiglia ed il loro ritorno in Ospedale.

Va aggiunto anche - per quanto riguarda il Centro handicappati - che si appalesa opportu­no integrare l'équipe con uno psicologo ed un pedagogista: la pur valida supplenza di questi ruoli da parte degli altri componenti l'équipe non può consentire tuttavia di ovviare adeguatamen­te e completamente alla mancata copertura di ruoli tanto importanti, sicché v'è il pericolo che venga data prevalenza alla condizione e progres­so fisico, rispetto alle esigenze pedagogiche dei minori.

Notevolmente peggiore è la situazione della Divisione pneumotisiologica, in cui non sussisto­no le situazioni di turbe mentali dei minori, che rendono complessa e delicata l'opera del Centro handicappati. I minori non risultano suddivisi in gruppi-famiglia (cioè in gruppi organizzati nel nu­mero, nel ruolo e nella integrazione reciproca dei suoi componenti, in modo da poter essere con­siderati in maniera simile a una famiglia), ma so­lo in alcuni numerosi gruppi, che si potrebbero definire, con un termine spesso usato dai tecni­ci, di «parcheggio» (in quanto tendono solo a tenere insieme i minori, per vigilarli più facil­mente e fare trascorrere le ore del giorno). Il personale non comprende né uno psicologo né un pedagogista: manca, pertanto, per i minori una direzione pedagogica, come è confermato dall'inesistenza di una équipe, che coordini e unifichi gli interventi dei singoli operatori. Il tempo libero risulta essere lasciato alla improv­visazione dei bimbi o impiegato a vedere la tele­visione, non impegnato in giochi organizzati, che favoriscono la socializzazione degli ospiti.

La provenienza geografica dei bambini risulta essere molto eterogenea; spesso le loro fami­glie risiedono in luoghi lontani. Ne consegue che la possibilità di rapporti dei minori con le fami­glie sono in questi casi molto ridotte. A ciò va aggiunto che anche i periodi di rientro in fami­glia sono ridotti, essendo sottoposti ad autoriz­zazione medica. È opportuno, in proposito, invi­tare il personale medico del reparto a rendere più ampia possibile tale autorizzazione, contempe­rando il bisogno di cure fisiche con le esigenze affettive dei minori.

La sede è costituita da una villetta sita sulla strada provinciale Molfetta-Terlizzi e circondata da un parco, che peraltro non risulta essere uti­lizzato in maniera adeguata (potrebbe, ad esem­pio, essere occasione di richiamo anche di gio­vani provenienti dall'esterno e, quindi, occasio­ne di incontri per gli ospiti). Gli ambienti sono per lo più anonimi, anche se puliti; i letti non in legno, ma in ferro smaltato, tipici appunto degli ospedali. I minori non hanno in sostanza alcun modo di differenziarsi l'uno dall'altro nella pro­pria individualità né di caratterizzarsi (non hanno neppure un armadietto personale per le piccole esperienze). La distanza dai centri abitati più vi­cini accentua la situazione di emarginazione in cui i piccoli ospiti si trovano. Essi non hanno possibilità di contatto esterno neppure per mez­zo della scuola, perché nell'Ospedale funziona un plesso scolastico con classi elementari e spe­ciali.

Il Collegio, sottolineate tali carenze della Di­visione di pneumotisiologia, ritiene doveroso in­vitare i responsabili dell'Ospedale pediatrico ad ovviarvi in modo da adeguarsi ai più moderni orientamenti pedagogici, promuovendo un più va­lido rapporto con le famiglie (a questo proposito si sottolinea anche per tale reparto l'opportuni­tà che l'Ente ponga a disposizione un veicolo - ad esempio un pullmann - che consenta l'ac­compagnamento ed il rientro dei minori, per i quali ciò risulti possibile), facendo frequentare ai minori la scuola in esternato ogni volta che sia possibile, realizzando la costituzione di gruppi­famiglia, attuando una direzione pedagogica del­la vita giornaliera dei minori con la formazione di una équipe degli operatori del reparto, integra­ta dalla collaborazione costante di un pedagogi­sta e di uno psicologo.

Non c'è dubbio che un tale programma possa risultare impegnativo. Ma v'è, d'altro canto, da rilevare che le consistenti rette che gli Enti pa­gano per il mantenimento in Ospedale dei mino­ri (rette che spesso superano le L. 20.000 gior­naliere) rendono legittimo richiedere a codesto Ente di porre in essere quegli indirizzi psicope­dagogici che questo Tribunale richiede abitual­mente agli istituti assistenziali, la cui retta - co­m'è noto - è molto modesta.

Ai rilievi che precedono, di ordine psico-peda­gogico, vanno aggiunte altre più gravi risultanze riguardanti il reparto di pneumotisiologia. Infatti, la minore L.N., ospite di tale reparto, ha riferi­to di aver subito atti di libidine durante l'estate del 1973 ad opera della suora del reparto, Suor X., in cinque diverse circostanze. Ella ha precisato che l'interesse della suora si rivolgeva anche ad altre minori, che dormivano con lei nella stessa stanza. Le sue dichiarazioni sono state conferma­te anche dalla minore F.M. Quest'ultima ha ri­ferito anche di aver ricevuto percosse sia dalla stessa Suor X. che da alcune «assistenti». La stessa cosa ha riferito anche la piccola F.M. In­vece L.N. ha dichiarato di non aver ricevuto mal­trattamenti né percosse, a differenza di quanto avveniva per la sua amica M., «la cui mamma non viene mai». Ha aggiunto che le ragioni per cui costei riceveva percosse erano spesso bana­li. Il Collegio ritiene che ogni valutazione sulla attendibilità dei fatti emersi sia di competenza del Giudice penale, al quale gli atti relativi sono stati tempestivamente trasmessi e, pertanto, ha ritenuto opportuno non approfondire in alcun mo­do le indagini su questi episodi.

In questa sede, tuttavia, non si può non rile­vare che in ogni caso le dichiarazioni suddette sono un indiscutibile indice di totale rifiuto dell'ambiente da parte dei minori. Ora, se è vero che due delle tre minori ascoltate sono state su­bito dopo dimesse dall'Ospedale, non c'è dubbio che, peraltro, potenzialmente sussistano tuttora le condizioni, perché analoghe reazioni possono prodursi anche in altri piccoli ospiti.

Il Collegio, pertanto, nel mentre ritiene indi­spensabile invitare i responsabili dell'Ospedale a disporre la sospensione cautelare dai suoi com­piti di Suor X. (che deve identificarsi in Suor X. X.), sottolinea l'urgente necessità di un attento e approfondito riesame delle capacità pedagogiche del personale preposto alla Divisione di pneumo­tisiologia, in modo che si possa procedere ad una adeguata integrazione della preparazione o all'allontanamento di coloro che dovessero dimo­strarsi incapaci di accettare i più elementari prin­cipi psicologici e pedagogici a tutela dei minori.

In proposito, il Collegio invita i Responsabili dell'Ospedale pediatrico a voler comunicare a questo Tribunale ogni iniziativa che dovesse es­sere intrapresa ai fini sopraindicati e riserva in ogni caso un eventuale ulteriore e più approfon­dito esame della situazione.

Considerata, infine, anche per effetto del tem­po trascorso, l'opportunità di dare esecuzione al­le disposizioni imposte con la maggiore rapidità possibile e tenuto conto dell'urgenza che le circo­stanze richiedono, attribuisce al presente decre­to efficacia immediata.

 

P. Q. M.

 

Il Tribunale

 

Letti gli artt. 314/6; 314/8; 333-336 Cod. Civ.; 38 Disp. Att. Cod. Civ.; 737 e segg. Cod. Proc. Civ.;

Sentito il parere del P.M.;

Delibera quanto segue:

1) Ordina che entro un mese dalla data di no­tificazione del presente provvedimento i minori C.B., E.R., M.F., M.G., M.E., M.G., M.A., e P.P., vengano dimessi dalla Divisione di pneu­motisiologia dell'Ospedale «Giovanni XXIII» e restituiti alle rispettive famiglie, in quanto com­pletamente ristabiliti. Nel caso in cui i minori suddetti siano già stati dimessi, i responsabili dell'Ospedale pediatrico suddetto sono invitati a darne comunicazione a questo Tribunale, indican­do anche la data di avvenuta dimissione ed il do­micilio del minore;

2) Invita la Direzione sanitaria del suddetto Ospedale pediatrico a comunicare, entro un me­se dalla data di notificazione del presente prov­vedimento, se i minori C.T., L.R., M.G., M.S. e R.C., ospiti della Divisione pneumotisiologica dell'Ospedale che sono risultati bisognosi di un periodo prudenziale di osservazione, peraltro già decorso, siano stati dimessi dall'Ospedale stes­so, indicando - in caso positivo - la data di di­missione dei minori ed il domicilio dei minori stessi.

Nel caso in cui i minori stessi o alcuni di loro siano tuttora ricoverati, verranno trasmesse det­tagliate notizie sulle loro condizioni di salute, con riserva da parte del Tribunale della facoltà di disporre eventuali accertamenti suppletivi in merito;

3) Invita i responsabili del suddetto Ospeda­le a trasmettere trimestralmente gli elenchi e le schede nominative relative ai minori ospiti della Divisione di pneumotisiologia e del Centro han­dicappati, con scadenze alla fine dei mesi di mar­zo, giugno, settembre e dicembre di ciascun an­no e a decorrere dal dicembre 1974. Invita inol­tre gli stessi responsabili a segnalare trimestral­mente tutti i minori, comunque ricoverati nell'Ospedale e considerati «lungodegenti», anche se ospitati in altri reparti ospedalieri, ed a co­municare immediatamente - come già avviene - le situazioni di abbandono di minori, con par­ticolare riguardo a quelli guariti e non rientrati in famiglia, malgrado le sollecitazioni rivolte ai genitori. Sottolinea le responsabilità anche pena­li che possono conseguire ad un eventuale ina­dempimento (art. 328 C.P.);

4) Prospetta ai responsabili dell'Ospedale suddetto la necessità di conformarsi il più possi­bile agli attuali orientamenti educativi, che si pro­pongono il fine di superare o attenuare la istitu­zionalizzazione di minori e di realizzare per i mi­nori stessi condizioni di vita simili a quelle fa­miliari. Sottolinea, pertanto, la necessità che il personale delle due divisioni venga integrato dal­la presenza di uno psicologo e di un pedagogista, che siano in grado di dare una valida guida e di­rezione pedagogica alla vita dei piccoli ospiti. Sollecita maggiore apertura verso l'esterno, con la promozione di un ancor più frequente rappor­to con le famiglie dei minori, che vanno solleci­tate ed aiutate a incontrare i figli ed a riprenderli con sé (anche con l'istituzione di un particolare servizio di pullmann che possa favorirlo), sia - anche - facendo frequentare ai minori la scuo­la esterna a Molfetta, ogni qual volta le loro con­dizioni di salute lo rendano possibile. Sollecita per la Divisione di pneumotisiologia la formazio­ne di gruppi-famiglia, l'istituzione di una équipe che possa coordinare gli interventi e dare una direzione pedagogica agli stessi ed invita all'os­servanza delle altre indicazioni date in motiva­zione;

5) Sottopone all'attenzione dei responsabili dell'Ospedale pediatrico «Giovanni XXIII» l'op­portunità di disporre la sospensione cautelare dai suoi compiti di Suor X. X. per le ragioni indicate nella motivazione e la necessità di un appro­fondito riesame delle capacità pedagogiche del personale preposto alla Divisione di pneumotisio­logia, sì da poter procedere ad una adeguata in­tegrazione della preparazione del personale, che ne abbia bisogno o all'allontanamento - con at­tribuzione eventuale di compiti che li tengano lontani dai minori - di coloro che dovessero di­mostrarsi operativamente incapaci di accettare i più elementari principi psicologici e pedagogici posti a tutela dei minori.

Invita, pertanto, i responsabili dell'Ospedale a voler comunicare a questo Tribunale ogni even­tuale iniziativa tendente a realizzare i punti so­praindicati, con riserva di eventuale ulteriore esame della situazione da parte di questo Tri­bunale;

6) Dispone che copia del presente decreto venga trasmessa al Presidente ed al Direttore sanitario dell'Ospedale «Giovanni XXIII», con invito ad adempiere alle prescrizioni formulate in precedenza; che altre copie vengano trasmes­se al Giudice tutelare di Molfetta e alla Stazione dei carabinieri di Molfetta, affinché seguano l'a­dempimento delle prescrizioni che precedono, al Procuratore della Repubblica di Trani, perché ven­ga allegata agli atti già trasmessi con nota n. 132 del 14 marzo 1974, al Procuratore della Re­pubblica di Bari, al P.M. in sede, alla Regione Puglia - Assessorato Sanità;

7) Attribuisce al presente decreto efficacia immediata.

 

Bari, lì 14 novembre 1974.

IL PRESIDENTE (DOTT. VINCENZO LORUSSO)

 

 

www.fondazionepromozionesociale.it