Prospettive assistenziali, n. 31, luglio-settembre 1975

 

 

ATTUALITÀ

 

INIZIATIVE PER LA PROPOSTA DI LEGGE POPOLARE E LAVORI PARLAMENTARI

 

 

Segnaliamo innanzi tutto che il Comitato pro­motore nella riunione tenutasi a Roma il 3 luglio ha deciso che a partire dal 15 settembre 1975 abbia inizio, previa vidimazione dei fascicoli da parte dei segretari comunali o dei cancellieri di pretura e di tribunale, la raccolta delle firme (1), raccolta che verrà conclusa, se possibile, entro la fine del corrente anno.

Premessa questa notizia di carattere organiz­zativo, siamo lieti di constatare che si espandono le iniziative in merito alla proposta di legge di iniziativa popolare «Competenze regionali in ma­teria di servizi sociali e scioglimento degli enti assistenziali».

Segnaliamo al riguardo:

1. la lettera inviata dal Segretario confederale della CGIL Verzelli ai comitati regionali CGIL in data 4-6-1975 in cui la riforma dell'assistenza è definita «una battaglia civile e sociale che me­rita di essere sostenuta, non solo perché affianca i lavoratori attivi ai pensionati, agli emarginati sociali e salda tutto il fronte sociale, ma anche perché riconduce ad unità tutte le iniziative che il movimento sindacale promuove per giungere a un nuovo indirizzo di politica sociale».

2. Si è costituito a Milano il Comitato locale per la legge di iniziativa popolare, cui hanno fi­nora aderito le seguenti organizzazioni: FIP-CGIL, ACLI, Unione per la lotta contro l'emarginazione sociale, ANFAA, ARCI-UISP, Magistratura demo­cratica, UDI, PCI e PSI. Per comunicazioni rivol­gersi a: Unione per la lotta contro l'emarginazio­ne sociale, Via Tadino 17, Milano; ACLI, Via della Signora 3, Milano; FIP-CGIL, Corso di Porta Vit­toria 43, Milano.

3. A Pavia, organizzato dalla FIDEP-CGIL, si è svolto il 10 giugno un convegno a sostegno della legge di iniziativa popolare sul tema «Riforma dell'assistenza e ruolo degli enti locali nei ser­vizi sociali».

4. A Torino in data 24 giugno il comitato locale ha inviato alle segreterie regionali, provinciali e cittadine dei partiti una lettera contenente pro­poste programmatiche relative ai problemi dei servizi sociali e sanitari.

Lo stesso comitato nel corso della campagna elettorale ha provveduto all'affissione di un mani­festo di denuncia degli sprechi e del parassiti­smo esistente nel settore dell'assistenza.

5. A Livorno nel quadro del convegno organiz­zato in data 26-27 giugno 1975 dalla FIP-CGIL sul tema «Condizioni socio-economiche degli anzia­ni» è stata presentata la proposta di legge di iniziativa popolare.

6. A Roma in data 9 giugno si è tenuto un di­battito pubblico sulla proposta di legge di inizia­tiva popolare cui hanno partecipato, per il comi­tato promotore, Gianni Selleri dell'ANIEP, Domenico Rosati delle ACLI, Domenico Davoli perla Lega per le autonomie e i poteri locali, Lelio Leli per la FIDEP-CGIL.

7. Organizzato dalle ACLI, dall'Associazione nazionale famiglie adottive e affidatarie e dall'Unione per la lotta contro l'emarginazione so­ciale si è tenuto a Mestre il 6 luglio un incontro­dibattito sul tema «Impegno delle forze popolari per la riforma dell'assistenza in funzione della loro partecipazione democratica alla gestione del­le unità locali dei servizi».

Hanno partecipato rappresentanti di: ACLI, AGESI, AIAS, AISM, ANFAA, ULCES, Movimento cristiani per il socialismo, FGSI, Psichiatria de­mocratica, Sindacato pensionati CGIL, Federazio­ne dei lavoratori ospedalieri, UDI, UILDM, do­centi delle scuole di servizio sociale oltre a nu­merose persone intervenute a titolo personale.

Al termine dell'incontro si è costituito un comi­tato unitario provvisorio che si è assunto il com­pito di predisporre una piattaforma operativa da sottoporre a quanti (forze politiche, sindacali, as­sociazioni, gruppi, singole persone) vorranno par­tecipare alle iniziative in merito alla proposta di legge di iniziativa popolare. Per informazioni ri­volgersi a Giacomo Brugnone c/o ACLI provin­ciali, Via De Amicis 2, Mestre.

8. Tra le numerose riviste che hanno dato am­pio spazio alla legge di iniziativa popolare, segna­liamo la rivista «Nuova Società» (n. 58 del 15-6­1975) edita a Torino.

Notizie dell'iniziativa sono state anche riprese dall'agenzia sindacale ASCA n. 12 del 10-6-75, da ACLI-Oggi, numero speciale dedicato alla propo­sta di legge, dal notiziario della FIDEP-CGIL.

L'appoggio esplicito all'iniziativa è stato già espresso dalle riviste Prospettive sociali e sani­tarie, la Rivista di servizio sociale, 30 Giorni (mensile dell'ENDAS), il Comune democratico (della Lega per le autonomie e i poteri locali), Il Pensionato d'Italia (della FIP-CGIL), AIAS-No­tizie.

9. Il Comitato promotore ha risposto ad una lettera di un non meglio identificato «Comitato di difesa dell'ANMIL» che protestava contro la legge di iniziativa popolare, chiarendo gli obiet­tivi della legge medesima nei riguardi delle asso­ciazioni di categoria degli invalidi, per le quali si propone la loro restituzione a compiti di pro­mozione e tutela degli interessi delle categorie assistite, escludendo dalla loro attività la ge­stione diretta dei servizi.

10. Una calda adesione alla legge è venuta dall'Assemblea generale della sezione mutilati e invalidi di guerra di Bologna con un ardine del giorno votato in data 11-5-1975.

11. L'adesione al l'iniziativa è venuta anche dall'Associazione nazionale mutilati, invalidi e fami­glie dei caduti delle Ferrovie dello Stato.

12. Il Comitato promotore ha inviato telegram­mi di protesta alla Presidenza del Consiglio, al Parlamento, e, per conoscenza, agli organi regio­nali, per il rigetto da parte dei Commissari di Governo delle leggi della Regione Toscana e del­la Regione Lazio in materia di servizi sociali.

Il Comitato promotore ha inviato inoltre una lettera al Presidente e ai Membri della Commis­sione istruzione della Camera dei Deputati con­tro l'assegnazione di un contributo dello Stato a favore dell'Ente nazionale sordomuti da desti­narsi alla gestione delle istituzioni scolastiche dell'ente stesso.

 

Lavori parlamentari

Novità importanti sono da segnalare sui piano parlamentare.

a) Il Comitato ristretto, costituitosi l'8-11-1973 alla Camera dei deputati, Commissioni riunite af­fari interni e costituzionali, superate in parte le forti resistenze della DC, è arrivato a concordare un testo unificato il quale, sia pur con grossi limiti, costituisce una base perché finalmente ab­bia inizio il dibattito nella commissione parla­mentare.

Al testo elaborato dal comitato ristretto (2), che è disorganico in alcune sue parti e presenta alcune ripetizioni, si possono fare le seguenti critiche:

- art. 9, comma 3°: alle Province non deve essere delegata alcuna competenza esclusa l'as­sistenza alle ragazze madri per poter assicurare il segreto del parto nel caso in cui intendano non riconoscere il bambino. Per la Valle d'Aosta que­sta tale competenza dovrebbe essere svolta dalla Regione;

- art. 10: occorre sopprimere l'elencazione di cui al punto b), contenuta fra parentesi, ad evi­tare che qualche ente sia dimenticato. Non si capisce poi perché la programmazione regionale fatta in base ai rispettivi statuti debba, a livello locale, in base ad una legge quadro nazionale, obbligare i Comuni a far partecipare organizza­zioni ed enti specifici. Qui esiste però la preoc­cupazione della DC che teme che a livello terri­toriale gli enti privati non siano chiamati neppure alla consultazione preventiva sulla programma­zione;

- art. 13: sia il PCI che il PSI si sono dichia­rati nettamente contrari. Qui c'è da una parte l'apparente libertà della regione di decidere, ma in ben pochi casi si potrà dimostrare che le IPAB non garantiscono il perseguimento dei propri sco­pi. In ogni caso la cosa più grave è la riprivatizza­zione delle IPAB (che sono oltre 9.000 e che spesso hanno ingenti patrimoni) che rientrereb­bero nella disciplina degli articoli 10-11-12 che riguardano l'assistenza privata. Avremmo inoltre uno spezzettamento dell'intervento assistenziale, un regalo ai privati di patrimoni pubblici che po­trebbero invece essere utilizzati globalmente per i servizi sociali;

- art. 15, allegati A e B: l'allegato A riguarda quasi tutti gli enti nazionali ad esclusione dell'AAI, dell'Ente morale del fanciullo e della Fon­dazione Pro Juventute Don Gnocchi, ecc., sui quali la DC si è riservata di discutere, ma con scarse possibilità di una revisione della sua posi­zione. È evidente che l'elenco dovrebbe essere completo. L'allegato B riguarda invece 1'elenco degli enti di diritto pubblico che hanno anche ca­rattere associativo, ai quali sottrarre le compe­tenze assistenziali.

b) L'altro comitato ristretto, istituito dalla Commissione sanità della Camera dei Deputati, ha terminato i lavori presentando, sulla base delle proposte di legge DC, PCI e PSI, un testo unificato per lo scioglimento dell'ONMI a decor­rere dal 1° gennaio 1976.

È previsto il trasferimento di tutte le compe­tenze e finanziamenti dell'ONMI alle regioni a statuto ordinario e speciale, con assorbimento nelle regioni stesse delle funzioni relative all'as­sistenza ai nati fuori del matrimonio di cui al R.D.L. 8-5-1972, n. 798.

Gli immobili, mobili, attrezzature e quant'altro costituisce patrimonio dell'ONMI sono trasferiti alle Regioni; la sede centrale è destinata al de­manio dello Stato.

Il personale è trasferito alle Regioni e allo Stato. Al riguardo vi è una forte spinta corpora­tiva, appoggiata dalla CISL, per l'assegnazione del personale alla sede nazionale all'INPS.

I locali, le attrezzature ed il personale degli asili nido sono trasferiti ai Comuni.

È altresì prevista la concessione all'ONMI di un contributo straordinario di 27 miliardi per il saldo dei debiti. La proposta è molto pericolosa e sarebbe molto più opportuno che questo con­tributo non venisse assegnato all'ONMI, ma al Ministero del Tesoro quale organismo liquidatore dell'ente.

 

*  *  *

 

È evidente che i due testi dei Comitati ristretti rappresentano un notevole passo avanti, ma è anche certo, come insegna l'esperienza, che tut­to verrà messo in atto per affossare le due ini­ziative. La proposta di legge di iniziativa popo­lare, nella misura in cui susciterà un'ampia mo­bilitazione, può costituire lo strumento decisivo per vincere il sottogoverno e il clientelismo che continuano a sfruttare l'assistenza e gli assistiti e che hanno impedito finora l'approvazione di una legge di riforma.

 

 

 

 

(1) I fascicoli vanno richiesti a Gaetano Arciprete, c/o ACLI, Via Ergisto Bezzi 25, Roma, tel. 586021 e 586031.

(2) Testo del Comitato ristretto

Art. 1 - In attuazione alle norme costituzionali concer­nenti l'assistenza sociale e allo scopo di assicurare a tutti i cittadini l'effettivo diritto al pieno e libero sviluppo della loro personalità rimuovendo le cause che ne ostacolano lo sviluppo, la Repubblica organizza, nel quadro della sicurez­za sociale, idonei servizi ed adeguati interventi economici. È garantita la libertà delle -iniziative private.

Art. 2 - Gli obiettivi previsti dall'articolo precedente si realizzano mediante:

1) un sistema di servizi sociali territoriali integrati ed armonizzati con i servizi sanitari e formativi di base e con gli altri settori collegati allo sviluppo sociale;

2) prestazioni economiche.

Art. 3 - I servizi sociali sono volti a mantenere i citta­dini nel loro ambiente familiare e sociale e di conseguenza sono prevalentemente servizi sociali aperti a carattere do­miciliare o di centri diurni. Essi tendono al recupero e ad reinserimento nel nucleo familiare e nel normale ambiente di vita di tutti i cittadini che per qualsiasi causa ne siano stati esclusi, evitando interventi di tipo emarginante.

Art. 4 - Le prestazioni di natura economica sono:

a) ordinarie, sotto forma di pensione sociale, a tutti quei cittadini che per età, inabilità o per altri motivi indi­pendenti dalla loro volontà non possono accedere al lavoro, siano sprovvisti di mezzi necessari per vivere e non usu­fruiscono di trattamento assicurativo previdenziale;

b) straordinarie, per quei cittadini che si trovino in temporanea esigenza di prestazioni economiche.

Le prestazioni economiche ordinarie sono definite con apposite leggi dello Stato.

Le prestazioni straordinarie sono disciplinate con leggi regionali.

Art. 5 - Ai fini dell'erogazione dei servizi sociali e delle prestazioni economiche si prescinde da ogni forma di diffe­renziazione dipendente da particolari condizioni giuridiche o di inabilità dei richiedenti. Le prestazioni di servizio so­ciale spettano a tutti i cittadini italiani, agli apolidi e ai cittadini stranieri che si trovino nel territorio italiano an­che se non assimilati ai cittadini italiani ovvero che non risultino appartenenti a Stati per i quali sussiste il tratta­mento di reciprocità.

Art. 6 - Spetta alla Presidenza del Consiglio dei Ministri:

- la funzione di indirizzo e di coordinamento in ma­teria di servizi sociali, delle attività delle Regioni che at­tengano ad esigenze di carattere unitario, anche in attua­zione degli obiettivi del programma economico nazionale;

- regolare le questioni di ordine internazionale ed i rapporti con organismi stranieri ed internazionali operanti nel settore sociale;

- provvedere agli oneri per l'assistenza degli stra­nieri, in relazione alle convenzioni internazionali ed in con­formità a quanto disposto dall'art. 5;

- predisporre, in base alle vigenti leggi, idonei inter­venti in caso di calamità o per altre esigenze di carattere eccezionale e straordinario.

Art. 7 - La potestà legislativa e la funzione amministra­tiva riguardanti ,il sistema dei servizi sociali, che a norma dell'art. 117 e 118 della Costituzione competono alle Regio­ni, sono esercitate nell'ambito dei principi contenuti nella presente legge.

Salvo quanto previsto nell'articolo precedente, con l'en­trata in vigore della presente legge cessano le funzioni amministrative in materia di assistenza e beneficenza ed attività ad esse inerenti esercitate dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, dal Ministero dell'Interno, dal Mini­stero di Grazia e Giustizia, dalle altre Amministrazioni del­lo Stato, nonché da ogni altro ente pubblico.

Dalla stessa data le funzioni medesime sono trasferite alle Regioni.

Art. 8 - Le Regioni, per attuare le finalità contenute negli articoli precedenti, adottano il metodo della programmazio­ne degli interventi assistenziali, in conformità alle norme degli Statuti Regionali da coordinare con gli obiettivi gene­rali dello sviluppo regionale.

Con le leggi regionali devono essere fissate:

1) Le norme generali per la istituzione, organizzazio­ne e gestione delle unità locali dei servizi sociali, e delle altre istituzioni assistenziali.

Le unità locali dei servizi sociali e le altre istituzioni assistenziali debbono essere gestite direttamente dai co­muni singoli o associati e devono prevedere la partecipa­zione dei cittadini alla gestione dei servizi.

2) I livelli qualitativi e le forme delle prestazioni, pri­vilegiando gli interventi diretti alla prevenzione.

3) I requisiti del personale addetto ai servizi sociali. La Regione, ai fini di cui al precedente comma, d'intesa coi comuni, provvede alla ripartizione del territorio regio­nale in comprensori comunali, intercomunali ed infracomu­nali e favorisce l'associazione dei comuni.

La Regione provvede altresì alla qualificazione e riquali­ficazione del personale e assicura la necessaria assistenza tecnica per i servizi sociali.

Art. 9 - Le province concorrono alla elaborazione del programma di sviluppo dei servizi sociali che le rispettive regioni debbono formulare nell'ambito della propria com­petenza territoriale e svolgono le funzioni amministrative che potranno essere loro assegnate dalle leggi regionali.

Le competenze assistenziali attualmente svolte dalle province sono trasferite ai comuni singoli o associati. Con legge regionale può essere attribuita alla Provincia la realizzazione di quei servizi socio-assistenziali che per livello di specializzazione, tipo di utenza e ambito territo­riale non siano utilmente realizzabili dalle unità locali dei servizi sociali.

Restano salve le competenze delle province autonome di Trento e Bolzano, alle quali sono comunque applicabili, compatibilmente con il loro ordinamento costituzionale, gli articoli 11 e 14 della presente legge.

Art. 10 - I Comuni singoli o associati:

a) assicurano l'esercizio degli interventi sociali se­condo le finalità generali della presente legge e secondo la normativa regionale attraverso la gestione diretta e decen­trata del complesso dei servizi sociali localizzati nel loro territorio;

b) assicurano il diritto fondamentale dei cittadini di partecipare a tutti i livelli e nei vari momenti alla program­mazione, gestione e controllo dei servizi sociali. La parteci­pazione è assicurata attraverso l'intervento degli utenti, delle famiglie e delle formazioni organizzate nel territorio (sindacati; organizzazioni femminili di massa; associazioni di categoria e di utenti; libere formazioni di cittadini quali i comitati dei genitori e i comitati scuola famiglia; rappre­sentanze delle iniziative assistenziali esistenti nella zona; nonché di tutte le altre formazioni organizzate non previste nell'elenco precedente) nelle forme e nei modi previsti dalla legge regionale;

c) concorrono alla formazione degli obiettivi del pro­gramma regionale di sviluppo dei servizi sociali di cui all'articolo 8 della presente legge;

d) stipulano, se del caso, convenzioni con istituzioni private di assistenza capaci di erogare prestazioni confor­mi a quanto stabilito dalla normativa regionale con esclu­sione assoluta di quelle che agiscono a scopo di lucro.

Art. 11 - È garantita la libertà di costituzione e di atti­vità alle associazioni, fondazioni ed altre -istituzioni con finalità di assistenza e di servizio sociale.

Art. 12 - Presso il competente Assessorato regionale è istituito un registro per la iscrizione delle istituzioni pri­vate che intendono essere consultate nella fase preparato­ria della programmazione dei servizi sociali e concorrere alla stipulazione delle convenzioni previste dalla lettera d) dell'articolo 10.

La legge regionale stabilisce le norme per il controllo e la vigilanza sulle attività di tali istituzioni, prevedendone la cancellazione nei casi di gravi violazioni delle norme di leg­ge o di inadempienza degli obblighi assistenziali.

Per le istituzioni operanti in più regioni l'iscrizione è effettuata nel registro tenuto presso l'assessorato della Re­gione in cui l'istituzione ha la sede legale.

L'iscrizione nel registro delle istituzioni private è dispo­sta con decreto del Presidente della Giunta regionale pre­vio accertamento delle condizioni stabilite a norma della presente legge e delle leggi regionali, sentiti i comuni della regione nel territorio dei quali l'istituzione opera.

Contro la mancata iscrizione è ammesso ricorso ai tri­bunali amministrativi regionali ed al Consiglio di Stato.

Art. 13 - (non concordato). Le regioni, entro un biennio dall'entrata in vigore della presente legge, adottano appo­sito piano che, in conformità degli obiettivi della program­mazione regionale, sentiti i comuni e gli enti interessati, disponga in ordine alla sopravvivenza, trasformazione, fu­sione ed estinzione delle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza.

Le istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza che per l'attività assistenziale svolta, per l'efficiente organizza­zione strumentale e di personale, possono garantire il per­seguimento dei propri scopi in aderenza ai fini di cui alla presente legge, rientrano nella disciplina prevista negli ar­ticoli 10, 11 e 12, secondo le modalità stabilite dai consigli di amministrazione.

Le istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza che presentino livelli di servizi sociali inadeguati sono dichia­rate estinte con provvedimenti del Presidente della Giunta regionale e i loro beni devoluti secondo le indicazioni con­tenute negli statuti, o in loro mancanza, ai rispettivi comu­ni per essere destinate alla costituzione ed all'attività delle unità locali dei servizi sociali.

Avverso i provvedimenti del Presidente della Giunta re­gionale è data facoltà alle istituzioni pubbliche di assisten­za e beneficenza di far ricorso ai sensi della legge 6 dicem­bre 1971, n. 1034.

Art. 14 - Gli enti comunali di assistenza sono soppressi e le relative dotazioni sono trasferite al rispettivo comune per essere destinate alla costituzione ed all'attività delle unità locali dei servizi sociali.

Art. 15 - Con la presente legge sono sciolti gli enti pub­blici nazionali che svolgono a qualsiasi titolo attività di as­sistenza sociale, compresi comunque quelli inseriti nell'al­legato «A» e le istituzioni di assistenza e beneficenza pub­blica a carattere nazionale o pluriregionale.

Sono trasferite alle Regioni a decorrere dal 1-1-1976 le competenze e le attività assistenziali degli organismi di cui all'allegato «B».

Il governo della Repubblica, sentite le regioni e le orga­nizzazioni sindacali più rappresentative, previo parere di una commissione parlamentare, composta di 9 deputati e 9 senatori nominati dai Presidenti delle rispettive Camere, è delegato ad emanare, entro 1 anno dall'entrata in vigore della presente legge per il trasferimento alle regioni del personale di cui ai comma 1 e 2 del presente articolo te­nendo conto delle competenze e funzioni del personale stesso e conservandogli il grado e il trattamento economico raggiunto all'entrata in vigore della presente legge.

L'ufficio del Ministero del Tesoro, istituito con legge 4 dicembre 1956 n. 1404, entro un anno dall'entrata in vigore della presente legge provvede a trasferire i patrimoni im­mobiliari e le relative attrezzature degli enti di cui all'al­legato «A» alle regioni nel cui territorio sono localizzati.

Tutti i beni trasferiti alle regioni e ai comuni in forza degli articoli della presente legge debbono essere destinati esclusivamente all'assistenza pubblica nei modi e nelle forme stabiliti dalla legge regionale anche nel caso di tra­sformazione patrimoniale.

Art. 16 - Dall'applicazione della presente legge nessun pregiudizio può derivare alle posizioni giuridiche ed econo­miche acquisite dal personale che sarà trasferito alle re­gioni o presso altre amministrazioni dello Stato ai sensi del precedente articolo 7.

Art. 17 - Agli oneri derivanti dalla presente legge si provvede con i fondi dei bilanci degli enti locali comunque destinati ad interventi aventi finalità assistenziali e dal fondo comune di cui all'articolo 8 della legge 16 maggio 1970 n. 281 maggiorati:

a) dai capitoli di spesa relativi ad attività assisten­ziali e di beneficenza pubblica svolte dagli organi dello Stato a decorrere dall'anno successivo a quello dell'entrata in vigore della presente legge;

b) dall'importo dei contributi ordinari e straordinari a favore di enti pubblici e privati di assistenza e benefi­cenza comunque erogati dallo Stato;

c) dai contributi di natura previdenziale erogati in fa­vore dell'ENAOLI e dell'ONPI;

d) dai patrimoni finanziari degli enti nazionali sop­pressi, costituiti da obbligazioni, azioni e altri titoli, depo­siti bancari e liquidità monetaria;

e) dagli utili delle lotterie nazionali;

f) da una percentuale del 5 per cento sulle spese per l'edilizia sociale da destinare alla costruzione di edifici per i servizi sociali;

g) dalle quote degli utili di gestione degli istituti di credito devolute in base ai rispettivi statuti a finalità as­sistenziali.

 

Allegati A e B (omissis).

 

www.fondazionepromozionesociale.it