Prospettive assistenziali, n. 31, luglio-settembre 1975

 

 

EDITORIALE

 

BILANCIO DELLA PRIMA LEGISLATURA DELLE REGIONI A STATUTO ORDINARIO IN MATERIA DI ASSISTENZA, SANITA' E FORMAZIONE DEGLI OPERATORI SOCIALI E SANITARI (*)

 

 

Sul ruolo svolto dalle Regioni in materia di as­sistenza e di sanità si debbono distinguere due valutazioni: una complessiva e l'altra relativa alla legislazione delle singole Regioni ed è necessa­rio un breve richiamo sulla situazione generale che le Regioni si sono trovate di fronte.

Trent'anni di gestione centralizzata non hanno portato ad alcuna modifica innovativa sostanzia­le e la legge 12 febbraio 1968 n. 132 «Enti ospe­dalieri e assistenza ospedaliera», inizialmente sbandierata come primo passo per la riforma sa­nitaria, è stata nei fatti un'incentivazione ai ri­coveri e un freno all'avvio di un complesso di servizi che assumesse come priorità degli inter­venti la prevenzione.

A livello centrale tutto il settore sanitario con­tinua ad essere incentrato sulla cura (e spesso quale cura!) delle malattie e non su un insieme di servizi diretti ad assicurare il massimo benes­sere fisico e psichico.

Anche la legge 18 marzo 1968 n. 431 a Provvi­denze per l'assistenza psichiatrica A non ha se­gnato una svolta: nuovi manicomi sono stati co­struiti grazie anche a leggi nazionali di finanzia­mento e la segregazione manicomiale non è sta­ta certamente vinta. Nel campo dell'assistenza tutto è rimasto immutato nonostante che l'ur­genza di una riforma globale fosse stata sottoli­neata da tempo (le prime richieste risalgono al 1954 - Commissione parlamentare di inchiesta sulla miseria).

Solo i finanziamenti agli enti pubblici e privati di assistenza sanitaria e sociale sono aumentati accrescendo in tal modo l'area politica del pa­rassitismo.

È contro questa pesante situazione di progres­sivo deterioramento, resa ancora più grave dalla ragnatela di interessi clientelari costituitasi, che si sono scontrate le Regioni, alle quali peraltro sono state trasferite solo limitate competenze.

Ciò nonostante in tre anni (1) l'attività regio­nale nel suo complesso ha inciso profondamen­te sulla vecchia impostazione e gestione dei ser­vizi sanitari e sociali.

Ma prima ancora che le Regioni iniziassero a svolgere le loro funzioni legislative il Governo e le forze politiche di maggioranza si allarmaro­no per le larghe intese raggiunte dai consigli re­gionali nella stesura e approvazione degli statu­ti e poi nella protesta, appoggiata dai Sindacati, dalle forze sociali e dall'opinione pubblica, per il limitato e frammentario trasferimento delle com­petenze alle Regioni stesse.

Il riflesso a livello nazionale fu tale da costrin­gere il Governo di centro-destra presieduto da Andreotti a presentare un disegno di legge, ap­provato nelle scorse settimane, per il completa­mento del trasferimento delle competenze, fi­nanziamenti e personale alle Regioni (2).

Purtroppo praticamente inosservata passò in­vece l'altra iniziativa governativa che sottrasse agli enti locali ogni autonomia in materia di fi­nanza accentrando a livello nazionale le compe­tenze e realizzando la distribuzione dei fondi dal vertice alla periferia sull'esempio delle holding finanziarie (3).

Tale normativa è resa ancora più grave con l'i­stituzione di fondi nazionali specifici per i singo­li servizi come è avvenuto per gli asili nido: se tale sistema si generalizzasse l'autonomia poli­tica delle Regioni e degli enti locali ne risulterà del tutto compromessa, diventando essi nei fatti uffici periferici del Governo centrale.

Non va sottaciuto il ruolo svolto dalla Corte Costituzionale che con le sentenze relative alla beneficenza pubblica (4) e all'assistenza sanita­ria ed ospedaliera respinse i ricorsi presentati dalle Regioni che rivendicavano il pieno trasferi­mento delle funzioni in materia di sanità e assi­stenza.

 

Valutazione complessiva dell'attività regionale nel campo della sanità e dell'assistenza

Pur tenendo conto delle notevoli e forti dispa­rità esistenti nella legislazione delle varie Re­gioni, il giudizio complessivo non può che esse­re positivo.

Infatti le premesse per una organizzazione ra­dicalmente diversa dei settori della sanità e dell'assistenza sono state messe in atto.

Le Regioni Emilia Romagna, Toscana, Umbria e Veneto hanno promulgato leggi per l'istituzione delle unità locali dei servizi sanitari e sociali (5).

Altre due Regioni, Basilicata e Lazio, hanno approvato leggi in materia, ma esse sono state respinte dal Governo (6).

Inoltre sono state approvate dalle Regioni leg­gi concernenti la prevenzione in campo sanita­rio e assistenziale (Calabria, Liguria, Lombardia, Marche, Toscana, Umbria, Emilia-Romagna, ecc.).

Queste iniziative e altre più specifiche che si esamineranno in seguito hanno messo in defini­tiva ed insostenibile crisi il sistema attuale del­la sanità e dell'assistenza.

Inoltre il collegamento stabilito da molte re­gioni con gli enti locali, gli spazi maggiori aperti alla partecipazione delle forze sindacali e sociali hanno modificato i rapporti di forza fra i gruppi favorevoli e quelli contrari alle riforme del set­tore.

Invece nel campo della formazione, riqualifi­cazione, aggiornamento e riconversione degli operatori sanitari e sociali l'iniziativa regionale è stata molto scarsa e non è riuscita non solo ad incidere minimamente sull'impianto generale del sistema che pone ancora la formazione profes­sionale come attività extra scolastica, ma nem­meno a far uscire il dibattito sul problema dalla stretta cerchia degli addetti ai lavori.

Questa situazione è molto preoccupante in quanto senza una decisa svolta nella formazione di base e permanente degli operatori sanitari e sociali non è possibile la messa in atto e lo svi­luppo di servizi realmente alternativi.

 

Valutazioni specifiche

Per una valutazione specifica delle leggi regio­nali è necessario premettere che, mentre nelle materie trasferite le Regioni hanno piena potestà legislativa (l'unico limite è che non contrastino con le leggi nazionali) e quindi sono in grado di imporne l'esecuzione agli enti delegati, il campo di azione è molto più vasto quando la legge re­gionale è di tipo promozionale e cioè prevede provvidenze solo nei confronti degli enti che vo­lontariamente si impegnano a svolgere le fun­zioni previste dalla legge stessa.

Ad esempio rientrano nel primo gruppo le leg­gi di cui alla colonna 5 della tabella allegata e nel secondo gruppo quelle della colonna 6.

I riferimenti che assumiamo per la valutazione specifica delle leggi regionali sono i principi pre­cisati nei tre documenti redatti dal gruppo di la­voro sull'unità locale (7), principi che possono essere così riassunti:

- inscindibilità dei servizi sanitari e sociali e loro stretta connessione con tutti gli altri ser­vizi (assetto del territorio, scuola, casa, tem­po libero, ecc.);

- inscindibilità fra prevenzione sanitaria e so­ciale, cura, riabilitazione e priorità della pre­venzione;

- inscindibilità fra organizzazione dei servizi e formazione di base e permanente degli ope­ratori sanitari e sociali;

- superamento dell'assistenza e passaggio del­la sanità da un sistema incentrato sulla cura ad uno in grado di garantire il massimo be­nessere fisico e psichico;

- non duplicazione fra servizi vecchi e nuovi, ma sostituzione dei vecchi servizi con i nuo­vi con relativo passaggio del personale;

- trasferimento completo delle competenze al­le Regioni in materia di sanità, assistenza e formazione professionale;

- delega delle funzioni sanitarie e socio-assi­stenziali dalle Regioni ai Comuni e loro con­sorzi quali unici enti gestori dell'unità locale;

- equiparazione della formazione professionale di competenza regionale alla scuola pubblica facente capo al Ministero della pubblica istru­zione;

- gestione a livello dell'unità locale di tutti i servizi di base nella linea della rifondazione del Comune;

- partecipazione (intesa come controllo demo­cratico e rifiuto delle forme cogestionali) del­le forze sindacali e sociali quale elemento es­senziale per ottenere sia le riforme, sia la gestione democratica dei servizi.

Le norme di legge in materia di partecipazio­ne non vengono esaminate in quanto sono quasi sempre così generiche da non fornire elementi di valutazione.

Alla luce di quanto sopra le leggi regionali pos­sono essere schematicamente divise in tre grup­pi: con finalità di cambiamento, di razionalizza­zione dell'esistente, di conservazione e/o di in­centivazione degli enti parassitari.

 

Legislazione regionale con finalità di cambia­mento

a) La Regione che si è posta all'avanguardia con una legislazione finalizzata ad un radicale cambiamento è l'Umbria.

Infatti con la legge 14-11-1974 n. 57 (8) sono state istituite le unità locali dei servizi sanitari e sociali, sono state delegate le funzioni ai Co­muni che devono esercitarle in forma consorti­le a livello delle unità locali e sono stabilite una serie di norme in linea con i principi sopra in­dicati.

L'art. 13 della legge n. 57 prevede che a livello di U.L. siano svolte anche le funzioni di cui alla legge 23-2-73 n. 12 (9) che disciplina le funzioni trasferite alla Regione in materia di assistenza agli inabili (minori degli anni 15, anziani, handi­cappati).

Con leggi 6-3-1975 n. 11 e 3-6-1975 n. 39 la Re­gione Umbria ha delegato ai Comuni le funzio­ni relative alle attività per l'assistenza estiva ed invernale a favore dei minori e quelle in mate­ria di musei, biblioteche e archivi di enti locali o di interesse locale, funzioni che anch'esse de­vono essere svolte a livello di U.L.

Inoltre musei, biblioteche e archivi devono es­sere trasformati (art. 1) da luoghi di mera con­servazione a centri di azione culturale e sociale, di attività didattica, di promozione e di ricerca.

Inoltre con legge 3-6-1975 n. 40 sono stati de­finiti gli strumenti di attuazione della disciplina urbanistica e dell'assetto del territorio istituiti i comprensori (coincidenti con le U.L.) e delegate ai Comuni le funzioni amministrative in materia urbanistica, funzioni che devono essere esercita­te anch'esse a livello comprensoriale.

I comprensori, costituiti dal consorzio dei Co­muni del territorio, predispongono il piano ur­banistico comprensorile e concorrono al proces­so di formazione del progetto di piano urbanisti­co territoriale regionale.

Infine vi è da notare che i Comuni possono istituire un unico consorzio per l'esercizio delle funzioni in materia di sanità, assistenza, soggior­ni, urbanistica e assetto del territorio.

Sono altresì da segnalare le leggi di delega ai Comuni in materia di:

- vigilanza sui patronati scolastici. Le funzioni relative ai Consorzi provinciali dei patronati scolastici sono state trasferite alle Province n. 2 del 10-1-73 (10);

- di trasporto degli alunni delle scuole mater­ne pubbliche, dell'obbligo, degli istituti pro­fessionali e delle scuole medie superiori n. 5 del 90-9-73 (10);

- di assistenza all'infanzia pre-scolare n. 45 del 13-92-73.

L'unico neo della legislazione della Regione Umbria è costituito dalla legge 26-4-74 n: 29 «Nor­me per l'assistenza a favore dei minorati della vista» in cui sono prevalsi gli interessi clientela­ri dell'Unione italiana ciechi (11).

Per quanto concerne la formazione e riqualifi­cazione del personale l'unica iniziativa legislati­va è stata la costituzione dell'istituto umbro di ricerche e sperimentazione sull'attività formati­va (n. 38 del 26-5-75).

Va però ricordato che la Regione Umbria ha però assunto molte iniziative nel settore con provvedimenti amministrativi.

b) Su una linea di cambiamento si pongono anche 1e leggi della Toscana:

- n. 64 del 7-12-73 «Suddivisione del territorio regionale in zone di intervento nei campi del­la sanità e dell'assistenza» (12);

- n. 46 del 3-8-73 «Interventi a favore dei Co­muni; loro consorzi e comunità montane per attività di assistenza sanitaria e sociale nei settori della maternità, dell'infanzia e dei gio­vani in età evolutiva» (12);

- n. 47 del 3-8-73 «Istituzione dei servizi per la tutela sanitaria dei luoghi di lavoro» (12);

- n. 50 del 20-8-74 «Interventi finanziari regio­nali per l'unificazione dei presidi sanitari e sociali di base. Costituzione dei consorzi so­cio-sanitari» (13).

Con le leggi suddette, oltre a istituire di fatto le Unità locali dei servizi sanitari e sociali, è stata promossa la costituzione di servizi preven­tivi nei luoghi di lavoro e nel territorio.

La critica da fare riguarda l'inserimento delle Province nei consorzi socio-sanitari (14), inseri­mento che va contro la linea della rifondazione del Comune, della partecipazione e che costitui­sce un grave ostacolo ad un effettivo collega­mento dei servizi sanitari e sociali con gli altri servizi.

Al riguardo si segnala che la legge n. 71 del 7-6-75 «Interventi per il diritto allo studio e de­lega delle relative funzioni agli enti locali» de­lega ai Comuni le funzioni relative alle scuole materna e dell'obbligo e alle Province quelle con­cernenti la scuola secondaria superiore ed i cen­tri di formazione professionale.

I Comuni e le Province possono esercitare det­ti compiti in forma consortile e in base ad aggre­gazioni territoriali da definire.

Pertanto diventa problematica sia l'unificazione a livello dell'unità locale degli interventi sanita­ri e sociali con quelli relativi al diritto allo stu­dio, sia la costituzione per le materie sopra indi­cate di consorzi unitari.

Va però osservato al riguardo che il Governo ha disposto il rinvio della legge n. 30 approvata il 1° aprile 1975 «Interventi in materia di assi­stenza sociale e delega di funzioni agli enti loca­li» che prevedeva la delega ai Comuni che do­vevano garantire il coordinamento dei servizi a livello delle unità locali. Gli indirizzi stabiliti della legge erano: prevenzione e rimozione del­le situazioni di bisogno, mantenimento dei sog­getti nel proprio nucleo familiare o reinserimen­to; recupero dei disadattati e degli handicappati, interventi di sostegno economico per evitare i ricoveri, ecc.

Su una linea invece di semplice razionalizza­zione devono collocarsi le leggi della Regione Toscana riguardanti l'assistenza domiciliare agli anziani che, pur affidandone le funzioni ai Comu­ni e costituendo una alternativa al ricovero in istituto, restano nell'ambito della logica degli in­terventi settoriali.

Per quanto riguarda la formazione e riqualifi­cazione del personale, le iniziative sono state le seguenti positive leggi (15):

- n. 63 del 26-10-74 «Norme per la concessio­ne di assegni di mantenimento di operatori sa­nitari già diplomati, dipendenti da enti locali e enti ospedalieri che intendono seguire corsi di ulteriore qualificazione in Italia o all'estero»;

- n. 24 del 7-4-75 «Organizzazione dei corsi di perfezionamento e di aggiornamento del per­sonale educativo ed ausiliario degli asili nido».

Si ricorda infine che il Governo ha disposto il rinvio della legge n. 39 del 1975 «Interventi per la formazione professionale e delega delle rela­tive funzioni agli enti locali», legge però che non disciplinava la formazione professionale re­lativa al settore delle professioni ed arti sanita­rie ausiliarie e dell'assistenza sociale.

c) Anche la legislazione dell'Emilia-Romagna si pone su una linea di cambiamento.

I consorzi socio-sanitari sono stati costituiti volontariamente dai Comuni e dalle Province (ri­guardo alla presenza delle Province valgono le stesse osservazioni fatte per la Regione Tosca­na) a seguito dell'azione promozionale della Re­gione, azione che si è concretizzata con le leggi:

- n. 10 dell'11-11-72 «Istituzione di un fondo per la prevenzione nei settori della medicina e dell'assistenza»;

- n. 51 del 21-11-74 «Norme per il finanziamen­to dei servizi di prevenzione nei settori del­la medicina e dell'assistenza»;

- n. 3 del 16-1-75 «Interventi per finanziamen­to dei centri socio-sanitari realizzati dagli en­ti locali e dai loro consorzi»;

- n. 27 del 7-5-1975 «Concessione di contribu­ti in conto capitale a Comuni per la costru­zione, l'acquisto e il riattamento di apparta­menti polifunzionali» (16).

Positivi gli interventi legislativi e amministra­tivi della Regione Emilia-Romagna nel campo del­la formazione e riqualificazione. Il Governo ha però rinviato la legge regionale n. 17 del 26-3-75 recante «Norme per la formazione degli opera­tori sanitari non medici e disposizioni transito­rie per la formazione degli operatori sociali».

Le leggi emanate in materia di formazione so­no state le seguenti:

- n. 11 del 14-11-72 «Finanziamento di corsi di preparazione per il personale degli asili nido organizzati dalle Amministrazioni provinciali della Regione»;

- n. 12 del 20-2-73 «Istituzione di sessanta bor­se di studio per iscritti alla scuola di igiene e medicina preventiva o sanità pubblica»;

- n. 15 del 14-5-74 «Rifinanziamento, per gli esercizi 1973-1974, della legge regionale 14­11-72 n. 11».

Da segnalare inoltre le leggi:

- n. 16 del 18-5-74 «Costituzione dell'istituto regionale per la sicurezza sociale»;

- n. 32 del 27-7-74 «Istituzione dell'istituto re­gionale della psicopedagogia dell'apprendi­mento».

d) Anche se con alcune riserve, la legislazio­ne della Regione Veneto si pone su una linea di cambiamento.

Da segnalare innanzi tutto la legge n. 64 del 30-5-75 che promuove «la costituzione di con­sorzi per la gestione unitaria dei servizi sociali e sanitari di interesse locale (unità locale dei servizi sanitari e sociali)».

Detti consorzi sono costituiti fra i Comuni e le Province del territorio e al riguardo valgono le osservazioni fatte in precedenza.

Le unità locali devono comprendere, di rego­la, una popolazione compresa fra i 50.000 ed i 100.000 abitanti, parametri che sono troppo ele­vati per consentire una effettiva partecipazione soprattutto nelle zone disperse.

Su una linea di cambiamento si pone anche legge n. 57 del 30-5-75 «Provvedimenti per l'i­stituzione di servizi sanitari ed assistenziali nei settori della prevenzione e riabilitazione». I con­tributi per le attività di prevenzione sono eroga­ti esclusivamente ai consorzi di cui alla legge n. 64.

La riabilitazione degli handicappati fisici, psi­chici e sensoriali comprende: servizi domici­liari per l'educazione psicomotoria, per la fisio­chinesiterapia, per la logopedia, per l'ortottica e per la pleottica; servizi ambulatoriali e centri diurni; cessione in uso di apparecchiature, sus­sidi tecnici, attrezzature e protesi; comunità al­loggio; assistenza economica e sociale alle fa­miglie; centri residenziali per minorati gravis­simi.

Anche se gli stanziamenti sono previsti solo fino al completo riordino delle attività sanitarie e assistenziali, gravi perplessità suscita l'eroga­zione di un contributo regionale annuo di 70 mi­lioni all'Unione italiana ciechi e di altri 70 mi­lioni all'Ente nazionale sordomuti per l'attuazio­ne, anche in collaborazione con le unità locali dei servizi sociali e sanitari, di iniziative rivolte al recupero, alla rieducazione e alla formazione culturale e professionale dei minorati della vi­sta e dell'udito e per il loro inserimento nella società e nel mondo del lavoro. Inoltre il versa­mento di contributi agli enti pubblici e privati che gestiscono centri diurni per la riabilitazione degli handicappati e istituti di ricovero per han­dicappati gravissimi è fatto direttamente dalla Regione anziché dalle unità locali. Positive so­no invece le norme della legge 57 che preve­dono:

- l'erogazione di contributi (40 milioni all'anno) agli enti pubblici che provvedono all'elimina­zione delle barriere architettoniche;

- l'inserimento, fra le attività di prevenzione delle unità locali, dei consultori familiari, pur­ché essi siano intesi come una delle attività di prevenzione e non come un servizio a se stante.

Un giudizio solo parzialmente positivo può es­sere dato alla legge n. 72 del 9-6-75 «Interventi regionali per la realizzazione e il potenziamento dei servizi socio-assistenziali a favore delle per­sone anziane» in quanto da un lato sono previ­sti interventi alternativi (assistenza domiciliare sia sanitaria che sociale, prestazioni economiche tendenti ad assicurare il minimo vitale, assegna­zione di alloggi dell'edilizia economica e popo­lare, centri diurni aperti a tutta la popolazione, casa albergo con appartamenti destinati anche ad altri nuclei familiari o a persone singole) e d'altro lato le case di riposo sono ancora consi­derate una struttura idonea ed è prevista l'ero­gazione diretta da parte della Regione di contri­buti alle istituzioni pubbliche e private di assi­stenza, tagliando fuori le unità locali dei servizi.

Per quanto riguarda la formazione professio­nale la Regione Veneto ha approvato la legge n. 2 del 10-1-75 «Istituzione di corsi di formazione professionale per educatrici di asili nido».

 

Legislazione regionale con finalità miste (di cam­biamento, di razionalizzazione e di incentivazione degli enti parassitari)

Su questa linea contraddittoria si pone la Re­gione Lombardia che ha approvato alcuna legge con contenuti decisamente innovatori, come ad esempio la n. 59 del 9-9-1974 (17) che supera l'a­nacronistico ed elemosiniero concetto di assi­stenza scolastica mediante una serie di inter­venti diretti a garantire il diritto allo studio, sop­prime i patronati scolastici ed i relativi consorzi provinciali, attribuendo competenze, beni, attrez­zature e personale rispettivamente ai Comuni e alle Province.

Sulla stessa linea si pone in parte (essendo stata separata la sanità dall'assistenza) la legge n. 37 del 22-12-72 (18) con la quale sono stati istituiti i Comitati sanitari di zona (comitati che possono costituirsi in Consorzi di Comuni per la gestione delle attività in materia di medicina pre­ventiva, sociale e di educazione sanitaria) e il ter­ritorio regionale è stato suddiviso in zone corri­spondenti alle unità sanitarie locali.

Con legge n. 43 del 5-4-75 la Regione Lombardia ha stanziato 400 milioni per il 1975 per l'e­secuzione di lavori di sistemazione e adeguamen­to delle strutture sanitarie, nonché per la dota­zione di attrezzature per i servizi di cui alla leg­ge 5-12-72 n. 37.

Non a caso le leggi precedenti non conside­rano i servizi sociali (la legge n. 59 prevede che restino alla Regione le funzioni relative «ai ser­vizi sociali e psicopedagogici per l'orientamento delle famiglie e degli alunni»; la legge n. 37 ri­guarda solo la sanità); ciò è dipeso dal fatto che in materia di assistenza l'iniziativa legislativa è stata diretta alla incentivazione degli enti paras­sitari.

Ne è un chiaro esempio la legge n. 16 del 3-4­1974 «Interventi per l'assistenza alle persone anziane» (19) che prevede, oltre a interventi set­toriali nei confronti degli anziani, favorendo in tal modo una emarginazione ancora più accentuata di quella esistente, massicci finanziamenti e un ampliamento notevole degli interventi di enti pub­blici superati (ECA, IPAB) e degli istituti privati preposti alla segregazione degli anziani (case di riposo) e alla loro emarginazione (case di sog­giorno per anziani).

Altri esempi di leggi clientelari sono:

- la n. 100 del 20-6-75 «Fondo (di L. 100 mi­lioni) per la concessione di contributi alle se­zioni provinciali dell'Unione italiana ciechi»;

- la n. 75 del 9-6-75 che prevede l'erogazione di contributi (300 milioni all'anno per 20 anni) a fondo perduto a enti pubblici e privati per la costruzione, acquisto, riattamento e amplia­mento di edifici per case albergo, case di riposo e centri diurni per anziani;

- la n. 56 del 3-9-74 che prevede l'erogazione di contributi regionali a enti pubblici e priva­ti per la costruzione, riattamento di edifici destinati a soggiorni di vacanza e per il loro arredamento, per le attrezzature e gli impian­ti igienico-sanitari. Lo stanziamento è di 900 milioni annui.

Per quanto riguarda la formazione e riqualifi­cazione degli operatori sanitari e sociali, la Re­gione Lombardia ha approvato la legge n. 93 del 16-6-75 la quale però accentra ogni competenza nella Regione, anche se l'art. 10 precisa che «La Regione riconosce in via prioritaria i Centri di formazione professionale istituiti dai Comuni, dalle Province, dai loro Consorzi e dalle Comu­nità montane». Si tratta in sostanza solamente dell'ovvio riconoscimento della priorità dei Cen­tri degli enti locali rispetto a quelli di privati, ma nessun spazio politico è dato agli enti locali non essendo stata ad essi conferita alcuna delega in materia di formazione professionale.

 

Legislazione regionale con finalità di razionaliz­zazione

Fra le Regioni, la cui legislazione ha avuto fi­nalità di semplice razionalizzazione dell'esisten­te possiamo includere il Lazio e la Liguria.

A) Per quanto concerne il Lazio ci siamo ba­sati sulla legislazione approvata e dobbiamo ri­conoscere che il giudizio sarebbe stato certa­mente diverso se si poteva comprendere la leg­ge «Riorganizzazione e integrazione dei servizi sanitari e sociali della Regione e istituzione del­le unità locali per i servizi sociali e sanitari», approvata dal Consiglio regionale il 28-4-75 e rin­viata dal Governo.

Con la legge n. 62 del 19-9-74 la Regione Lazio ha disposto un intervento legislativo riguar­dante «Norme per lo sviluppo dei servizi di pre­venzione e riabilitazione per gli handicappati». Tale legge (lo stanziamento è di 1 miliardo per il 1974 e 75) assegna contributi ai Comuni, consor­zi di Comuni, Comunità montane e consigli di circoscrizione che provvedono all'istituzione dei servizi di prevenzione e diagnosi precoce, delle unità territoriali di riabilitazione, delle attività di inserimento e di formazione.

L'approvazione di una legge settoriale - ri­guardante cioè i soli handicappati - non va cer­to nella direzione dei servizi aperti a tutti, dell'unità locale dei servizi e di una partecipazione non corporativa.

Anche la definizione di handicappato suscita notevoli perplessità per l'ampiezza dello spazio interpretativo che consente. L'art. 2 stabilisce in­fatti «Ai fini della presente legge per handicap­pato si intende la persona che, in seguito ad un evento morboso o traumatico intervenuto in epo­ca pre, peri e post-natale, presenti una menoma­zione delle proprie condizioni fisiche, psichiche e/o sensoriali e, pertanto, sia oggetto o candi­data a processi di emarginazione».

Da segnalare inoltre che con deliberazione del Consiglio regionale del 27-11-74 n. 367 è stato concesso un contributo straordinario per il 1974 di 40 milioni all'Unione italiana ciechi.

Non risulta che la Regione Lazio abbia assun­to provvedimenti legislativi in materia di forma­zione degli operatori sanitari e sociali.

B) La legge della Regione Liguria n. 1 del 15-1-74 (integrata dalla legge n. 15 del 28-5-74) dispone interventi nei confronti degli anziani: servizio alloggi (dotazione o affitto alloggi e spe­se di installazione ed uso del telefono) e assi­stenza domiciliare sanitaria e sociale.

I contributi sono erogati dalla Regione ai Co­muni, Consorzi di Comuni, Province e Comunità montane che realizzano gli interventi di cui so­pra. Lo stanziamento complessivo è di 400 mi­lioni all'anno.

Sul piano istituzionale la legge suddetta, oltre che essere di tipo settoriale, aggiunge un ente - la provincia - alla miriade di istituzioni at­tualmente competenti nel campo degli anziani, ente che viene a sovrapporsi - con tutte le gra­vi interferenze note - alla gestione di comuni e loro consorzi (unità locale dei servizi).

La legge n. 35 del 9-9-74 delega ai Comuni, ai consorzi di comuni e province l'espletamento delle funzioni amministrative in materia di tute­la della salute dei lavoratori negli ambienti e luoghi di lavori. Lo stanziamento annuo è di 252 milioni.

Infine la legge n. 32 del 9-6-75 dispone contri­buti a Province, comuni, loro associazioni per l'i­stituzione e il funzionamento di servizi domici­liari per handicappati fisici, psichici e sensoria­li e per l'istituzione od il potenziamento di cen­tri ambulatoriali di riabilitazione polivalente. Lo stanziamento annuo è di L. 150 milioni.

In sostanza le leggi emanate dalla Regione Liguria, pur avendo alcuni contenuti positivi, non contengono, soprattutto sul piano istituzionale, nessuna premessa di cambiamento, anzi - co­me abbiamo detto - aumentano la confusione esistente.

 

Legislazione regionale diretta alfa conservazione dell'esistente o alla incentivazione degli enti pa­rassitari

I)  Regione Abruzzo  Diretta alla conservazione dell'esistente, contraria alla creazione delle uni­tà locali e alla partecipazione è la legge della Regione Abruzzo n. 56 del 6-6-75 che delega alle Province le funzioni amministrative in materia di formazione professionale, di assistenza sco­lastica, di beneficenza pubblica (per quanto ri­guarda il mantenimento degli inabili) e di assi­stenza estiva e invernale in favore dei minori.

Come se le materie trasferite fossero asso­lutamente neutre, non è precisato alcun indiriz­zo politico e nemmeno tecnico per l'attuazione delle deleghe: in parole povere si tratta di una legge assolutamente assurda.

La legge n. 52 del 31-12-74 riguarda invece l'i­stituzione di un fondo annuo di 500 milioni per la prevenzione e l'assistenza sanitaria, che pre­vede l'assegnazione di contributi ai Comuni, loro Consorzi, Comunità montane e Province che ge­stiscono, in proprio o mediante convenzione con altri enti, attività in materia di medicina scola­stica, del lavoro, di neuropsichiatria infantile, di tutela della salute degli anziani, di lotta contro le malattie sociali, di educazione sanitaria, di tu­tela della maternità e dell'infanzia, di igiene am­bientale e dell'alimentazione. Anche questa leg­ge non stabilisce alcun indirizzo o criterio per cui è da prevedere che il caos esistente aumen­terà non essendo state delimitate né le aree di intervento, né precisato l'ente competente (Co­muni, Comunità montane, Province, loro con­sorzi).

Di stampo clientelare è la legge n. 44 del 15­5-75 «Provvidenze in favore dei mutilati e inva­lidi civili» che stabilisce l'erogazione di contri­buti regionali (30 milioni all'anno) alle Sedi pro­vinciali di L'Aquila, Chieti, Pescara e Teramo dell'Associazione nazionale dei mutilati e invalidi civili «allo scopo di favorire il potenziamento dell'attività assistenziale».

Infine vi è da segnalare che con deliberazione del Presidente della Giunta Regionale n. 356 del 27-6-74 è stata disposta l'erogazione di un con­tributo di L. 40 milioni all'Unione italiana ciechi.

II)  Regione Basilicata  Prima di esaminare la le­gislazione approvata, si ricorda che nella seduta del 22-2-75 il Consiglio regionale aveva approva­to una legge relativa all'istituzione delle unità locali dei servizi sanitari e sociali che prevedeva l'istituzione di consorzi obbligatori fra Comuni e Province, la competenza regionale nella forma­zione del personale medico, la soppressione de­gli ECA.

Essendo stata la legge rinviata dal Governo il Consiglio regionale la riesaminò apportando alcune modificazioni e il Governo la respinse per la seconda volta.

Non essendo state assunte altre iniziative, la legge regionale è venuta a decadere allo scadere della prima legislatura, lasciando il sospetto che fa costituzione delle unità locali non interessas­se in fondo poi molto.

Inoltre la Regione Basilicata ha emesso la leg­ge n. 1 del 3-1-75 «Norme per la concessione di contributi per la costruzione, l'ampliamento ed il miglioramento di edifici destinati a servizi sanitari e sociali», in cui non è precisato alcun in­dirizzo politico e tecnico.

I contributi, il cui importo complessivo è di 300 milioni all'anno, sono destinati ai Comuni e alle istituzioni pubbliche di assistenza e benefi­cenza.

Sulla linea dell'incentivazione degli enti pa­rassitari sono:

- la legge n. 49 del 9-6-75 che istituisce un fon­do di 50 milioni all'anno per contributi alle sezioni provinciali dell'Unione italiana ciechi, all'Ente sordomuti e ai Centri AIAS;

- la legge n. 33 del 16-12-74 che prevede la de­lega ai Consigli dei distretti scolastici dei compiti di assistenza scolastica. Evidente­mente i 50.000 enti, organi e uffici pubblici di assistenza sono pochi!

III)  Regione Calabria  Molto carente è la legge n. 14 del 17-9-74 «Interventi nel settore della me­dicina preventiva» poiché da un lato prevede che la Regione promuova la costituzione di con­sorzi per i servizi sanitari e sociali tra i comuni aventi una popolazione complessiva non inferio­re a 20.000 abitanti, (senza peraltro che sia stato definito l'azzonamento) e d'altro lato stabilisce l'erogazione di contributi per la realizzazione de­gli indirizzi (non precisati) di medicina preventi­va e l'assegnazione di attrezzature tecnico-sa­nitarie (acquistate dalla Regione) a Comuni e lo­ro consorzi, alle Province, alle Comunità monta­ne e ad enti e istituti pubblici che svolgono at­tività sanitaria. La spesa annua prevista è di ben 2 miliardi.

Con la legge n. 28 del 3-6-75 la Regione Calabria ha stabilito l'erogazione di un contributo per il 1975 di 100 milioni al comitato regionale e alle sezioni provinciali dell'Ente sordomuti e agli isti­tuti per sordomuti.

Da segnalare che la Regione Calabria con la legge n. 29 del 3-6-75 ha delegato ai distretti sco­lastici le funzioni relative al diritto allo studio per le scuole secondarie superiori e quelle con­cernenti l'assistenza sociale, medico-psico-peda­gogica e l'orientamento professionale di tutte le scuole a partire dalla materna, nonché i compiti di assistenza a favore dei lavoratori studenti e degli adulti che frequentano scuole o corsi per il compimento dell'obbligo scolastico o degli stu­di di grado superiore. Le altre funzioni in mate­ria di diritto allo studio relative alle scuole ma­terne e dell'obbligo sono state delegate ai Co­muni i quali - precisa la legge - possono affi­dare la gestione dei fondi ai consigli di istituto.

IV)  Regione Campania  La legislazione della Regione Campania è estremamente carente. In­fatti le leggi approvate sono:

- n. 34 del 9-8-74 «Interventi integrativi di as­sistenza sociale a favore di lavoratori in con­dizioni di bisogno», che affida agli ECA 1'e­rogazione di contributi ai lavoratori che han­no subito sospensione o riduzione di salari e di stipendi. Le sovvenzioni sono disposte dalla Giunta regionale. Lo stanziamento è di 250 milioni per il 1974;

- n. 38 del 9-8-74 «Istituzione fondo regionale (di 100 milioni annui) per la concessione di contributi alle Sezioni provinciali dell'Unione italiana ciechi della Campania»;

- n. 56 del 9-11-74 «Assistenza sanitaria ai fa­miliari dei lavoratori emigrati all'estero e agli stessi lavoratori in temporaneo rimpatrio»;

- n. 14 dell'1-4-75 «Provvedimenti in favore dei lavoratori emigrati e delle loro famiglie», che privilegia il ricovero in istituto dei figli dei lavoratori emigrati all'estero o nel territorio nazionale;

- n. 49 del 5-6-75 «Provvidenze a favore dei sor­domuti» che prevede l'erogazione di un con­tributo annuo di L. 15 milioni all'Ente sordo­muti e istituisce un fondo di 35 milioni per la creazione di un centro diagnostico regionale presso un ente ospedaliero;

- n. 24 del 28-4-75 «Contributo annuo (di 150 milioni) alla Fondazione Villaggio dei ragazzi di Maddaloni a titolo di concorso nelle spese di gestione».

Anche per la Regione Campania gli enti pub­blici esistenti sono pochi, per cui con legge n. 2 del 13-1-75 ha delegato tutte le funzioni riguar­danti il diritto allo studio ai distretti scolastici.

Ma non basta «I distretti scolastici - precisa l'art. 12 della legge n. 2 - adempiranno alle funzioni amministrative delegate o affidate a mez­zo del Comune o dei Comuni rientranti nel terri­torio di competenza, nonché dei patronati scola­stici ovvero di altre unità operative locali che potranno essere istituite dai loro organi rappre­sentativi e gestionali». È così possibile assicu­rare un massiccio sviluppo del clientelismo e del parassitismo.

V)  Regione Marche  La Regione Marche solo in fine di legislatura si è ricordata dei problemi sanitari e sociali ed ha emanato la legge n. 40 del 21-5-75 «Costituzione consorzi tra gli enti locali per il potenziamento dei servizi sociali e di prevenzione».

Non è indicato alcun indirizzo o criterio (il pro­gramma annuale deve essere redatto dalla Giun­ta a sua discrezione) ed è solo precisato il cam­po di azione: costituzione e potenziamento dei servizi relativi alla medicina e igiene del lavoro, alla lotta contro le malattie sociali, medicina pre­ventiva e scolastica, tutela della maternità e dell'infanzia. I consorzi sono previsti fra Comuni e Province e non è definito l'ambito territoriale di intervento. Lo stanziamento è di 500 milioni all'anno. In tal modo la Giunta continua ad accen­trare ogni potere e non stupisce al riguardo che con delibera del 5-10-73 n. 1045 la Giunta regio­nale abbia deliberato di assegnare L. 100.000 all'ECA di Caldarola perché le destinasse al Sig. P.P.

VI)  Regione Molise  Alla Regione Molise spet­ta senza alcun dubbio il primato della legislazio­ne emarginante approvata nel corso della prima legislatura approvata.

Con la legge n. 22 del 20-12-1972 «Ricovero di minori, vecchi e inabili indigenti» non solo ha interpretato come «ricovero» in tutti i casi (20) la competenza «mantenimento degli inabili al lavoro» trasferita dallo Stato.

Hanno addirittura diritto al ricovero: i minori appartenenti a famiglia di almeno cinque figli conviventi e a carico, gli iscritti negli elenchi dei poveri o degli aventi diritto all'assistenza sanita­ria obbligatoria da parte del Comune, i vecchi e gli inabili che non si trovano in condizioni di provvedere alla loro sussistenza!

Tutte le competenze sono riservate alla Regio­ne e l'assessorato regionale all'assistenza per accertare lo stato di bisogno è tenuto ad assu­mere le informazioni dagli ECA.

Inoltre con legge 21-1-75 n. 10 la Regione Molise ha disposto l'erogazione di contributi fino al 100 per cento della spesa non solo alle Provin­ce, Comuni e loro consorzi e comunità montane, ma anche alle IPAB e agli enti pubblici e privati che operano senza fini di lucro per finanziare la costruzione, completamento, ampliamento, siste­mazione e miglioramento degli edifici destinati, all'assistenza all'infanzia, al ricovero degli an­ziani e degli invalidi (oltre che ad ospedali e con­valescenziari).

Infine con la legge n. 2 del 13-1-75 la Regione ha istituito un fondo regionale annuo di L. 20 mi­lioni da erogare come contributo all'Unione ita­liana ciechi.

VII)  Regione Piemonte  L'attività legislativa della Regione Piemonte è stata diretta alla in­centivazione degli enti parassitari.

Con legge n. 27 del 2-9-74 (modificata dalla n. 39 del 4-6-1975) sono state affidate ai distretti scolastici le funzioni relative all'assistenza so­ciale e medico-psico-pedagogica e all'orientamen­to professionale nei riguardi degli allievi delle scuole materne e dell'obbligo; ai consigli di cir­colo e di istituto sono state addirittura attribui­ti i compiti concernenti gli attrezzi speciali per la ginnastica correttiva!

A sua volta la legge n. 28 del 16-5-75 destina 400 milioni all'anno per 35 anni alle istituzioni pubbliche e private di assistenza per la costru­zione, ampliamento, completamento o ristruttu­razione di case di riposo e di istituti di ricovero per minori.

Inoltre con legge n. 21 del 29-7-74 è stato di­sposto il finanziamento (800 milioni all'anno) di servizi per l'assistenza domiciliare agli anziani, agli inabili e ai minori, nonché di centri di incon­tro riservati ai soli anziani. I contributi sono ero­gati ai Comuni, consorzi di comuni e Comunità montane con una popolazione complessiva supe­riore ai 15.000 abitanti, favorendo in tal modo la creazione di consorzi non utilizzabili per le unità locali. Gli enti suddetti possono gestire diretta­mente il servizio o convenzionarsi con istituzioni pubbliche e private.

Infine con legge n. 37 del 3-6-75 sono stati stan­ziati complessivamente 120 milioni per contribu­ti all'Unione italiana ciechi per gli anni 75 e 76.

Per avere un'idea della concezione assisten­ziale della Regione Piemonte basta ricordare che con decreto del Presidente della Regione n. 4174 del 28-10-75 lo statuto dell'istituto Prinotti di To­rino è stato modificato prevedendo, fra l'altro, la possibilità di «accogliere, in apposito reparto, sordomute adulte bisognose da adibire ai lavori interni dell'istituto»!

VIII)  Regione Puglia  Le leggi approvate dalla Regione Puglia sono state le seguenti:

- n. 22 del 25-8-73 «Fondo regionale per gli ospedali, il servizio regionale di pronto soc­corso, i centri di diagnostica per le insuffi­cienze e le minorazioni psichiche, fisiche e sensoriali», centri che possono essere gesti­ti da Comuni o da enti ospedalieri;

- n. 22 del 4-7-74 «Delega alle Province di fun­zioni amministrative in materia di pubblica assistenza». La legge non indica alcun indi­rizzo per l'esercizio delle deleghe e stabilisce solamente che la retta giornaliera di ricove­ro e l'assegno sostitutivo di assistenza non superino le 2000 lire al giorno. Evidentemente la delega alle Province va in direzione oppo­sta alle Unità locali;

- n. 37 del 12-11-74 «Provvidenze a favore de­gli emigrati»;

- n. 46 del 30-12-74 «Concessione di contributi (150 milioni all'anno) alle Sezioni Provinciali dell'Unione italiana ciechi della Puglia»;

- n. 30 dell'8-4-75 «Norme per la formazione professionale del personale paramedico» che affida tutti i poteri alla Giunta regionale e se­para la formazione degli operatori dei servi­zi sanitari da quelli dei servizi sociali.

 

Conclusioni

Dall'esame della legislazione delle Regioni a statuto ordinario emergono in modo evidente le linee politiche diverse, spesso contrastanti ed anche opposte che sono state perseguite.

Pur in presenza di un trasferimento estrema­mente parziale e frammentario delle competenze statali e di due sentenze antiregionaliste della Corte Costituzionale, alcune Regioni hanno get­tato le basi per servizi realmente alternativi, re­stando tuttavia da verificare se l'obiettivo per­seguito è la rifondazione del Comune.

Altre Regioni invece, per potersi porre su una linea di cambiamento, devono modificare gli in­dirizzi assunti nella scorsa legislatura.

La diversa situazione politica determinatasi con il voto del 15 giugno determinerà certamen­te in molte Regioni una legislazione più avanza­ta, ma permangono i rischi della razionalizzazio­ne e della settorializzazione dei servizi e della pluralità degli organismi preposti ai vari servizi di base sanitari, assistenziali, scolastici, abitati­vi, culturali, ricreativi e sociali in genere.

Particolare attenzione dovrà essere rivolta al­la legislazione regionale e ai regolamenti delle unità locali in materia di partecipazione: al ri­guardo vi è il pericolo che essa sia svilita in for­me cogestionali o ingabbiata da norme burocra­tiche.

 

 

(*) In questo articolo non è stata presa in esame la legislazione in materia d'asili nido (che dovrebbero far parte del settore educativo e non di quello sanitario e socio-assistenziale), di assistenza ospedaliera e di soggiorni di vacanza.

(1) L'esercizio delle funzioni trasferite dallo Stato alle Regioni ha avuto inizio dal 1° aprile 1972 (legge 28 dicem­bre 1971 n. 1121).

(2) Si veda in questo numero l'articolo «Completamento del trasferimento delle competenze dallo Stato alle Re­gioni».

(3) Esempi tipici di holding finanziarie sono l'IFI (gruppo Agnelli) che controlla la società FIAT, IFIL, SAI, Magneti Marelli, Acqua Marcia, Unicem, Rinascente, Autostrada Torino-Milano ecc. e la Montedison che controlla la società Mon­tefibre, Standa, Carlo Erba, Banco Lariano, Snia Viscosa, Cotonificio Alcese, Fisac, Fondiaria Vita, Fondiaria Incendio, Italia Assicurazioni, ecc.

(4) V. l'editoriale del n. 19 di Prospettive assistenziali.

(5) Nella Regione Emilia-Romagna i consorzi per i servizi sanitari e sociali sono stati istituiti in tutta la Regione su iniziativa diretta dei comuni. La Regione si è limitata a svolgere un'azione promozionale ed ha provveduto a finanziare i consorzi stessi e le iniziative assunte.

(6) La Regione Lombardia ha ripartito il territorio in zone sanitarie, in ciascuna delle quali agisce un comitato sani­tario di zona con compiti di programmazione. Numerosi sono i comitati che si sono costituiti in Consorzio per la gestione dei servizi: vigilanza igienico-sanitaria ed esercizio delle attività di medicina preventiva, sociale e di educazione sanitaria.

(7) I documenti sono stati pubblicati da Prospettive assistenziali:

- N. 27 - ridefinizione del concetto di unità alla luce delle leggi e proposte di legge e delle esperienze in atto;

- N. 30 - l'unità locale e la riforma sanitaria;

- N. 30 - l'unità locale e la formazione di base e permanente degli operatori dei servizi.

(8) Pubblicata sul n. 29 di Prospettive assistenziali.

(9) Pubblicata sul n. 21 di Prospettive assistenziali.

(10) Pubblicata sul n. 21 di Prospettive assistenziali.

(11) Pubblicata sul n. 28 di Prospettive assistenziali.

(12) Pubblicata sul n. 25 di Prospettive assistenziali.

(13) Pubblicata sul n. 29 di Prospettive assistenziali.

(14) V. Prospettive assistenziali, n. 29, pag. 38 e 39.

(15) Le due leggi sono riportate in questo numero.

(16) La legge è pubblicata in questo numero.

(17) La legge è stata pubblicata sul n. 28 di Prospettive assistenziali.

(18) La legge è stata pubblicata sul n. 21 di Prospettive assistenziali.

(19) V. l'articolo «La Regione Lombardia vuole emarginare gli anziani?» in Prospettive assistenziali n. 24.

 

 

 

 


 

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