Prospettive assistenziali, n. 30, aprile-giugno 1975

 

 

EDITORIALE

 

PRIME INIZIATIVE IN MERITO ALLA PROPOSTA DI LEGGE DI INIZIATIVA POPOLARE

 

 

È incominciata in varie parti d'Italia la campagna per la proposta di legge di iniziativa popolare «Competenze regionali in materia di servizi so­ciali e scioglimento degli enti assistenziali».

È in corso la prima fase che ha inizio con:

- la costituzione di comitati informali cittadini o provinciali con i gruppi promotori dell'iniziativa (1) presenti nel territorio con allargamento a partiti, sindacati e altri movimenti che intendono collaborare all'inizia­tiva;

- la raccolta della documentazione sulla situazione locale;

- l'azione informativa con distribuzione del materiale (2);

- l'organizzazione di manifestazioni (convegni, tavole rotonde, dibattiti con i lavoratori e la popolazione, ecc.). In questa fase sarà particolarmente importante verificare se e con quali contenuti le forze politiche hanno inserito nella campagna elettorale per le elezioni regionali, provinciali e comunali il tema della riforma dell'assistenza e dei servizi alternativi.

Le nostre esperienze maturate attraverso le manifestazioni alle quali ci è stato possibile partecipare (Brescia, Genova, Ivrea, Pinerolo, Stradella, Torino, Trento, Voghera) indicano che, fornita una informazione corretta sul problema dell'assistenza: numero degli enti, degli assistiti e dei ricoverati, spesa, interventi alternativi proposti, la proposta di legge è subito accettata per quanto riguarda l'aspetto di razionalizzazione: abolizione dello spreco di 9500 miliardi all'anno, utilizzazione a fini sociali degli ingenti patrimoni degli enti, scioglimento della miriade di enti, organi e uffici, trasferimento delle competenze alle Regioni, gestione da parte dei Comuni e loro Consorzi, eli­minazione di ogni forma di segregazione e di emarginazione.

Più difficile - anche perché, com'è ovvio, ciò non è ottenibile nel breve spazio di una conferenza o di una tavola rotonda - è la presa di coscienza delle cause politiche, economiche e sociali che determinano l'emargina­zione, la ricerca di soluzioni diverse e l'inizio di lotte concrete per ottenere l'attuazione di servizi alternativi.

Un grosso pericolo è costituito dalla tendenza presente in molti gruppi di ridurre le soluzioni alternative ad un cambiamento di mentalità.

Molti sono infatti quelli che, disconoscendo anche in buona fede gli attuali indirizzi politici, economici e sociali come la causa reale dell'emar­ginazione, sono portati a vedere nella situazione attuale una semplice disfun­zione dovuta alla presenza di dirigenti e tecnici non preparati. Ne consegue la tendenza di molte persone e gruppi non politicizzati ad incentrare ogni azione su un cambiamento culturale.

Questo cambiamento è indubbiamente necessario ottenerlo attraverso un'azione informativa e capillare, ma questo non è che uno degli aspetti e nemmeno il prioritario.

Come abbiamo più volte documentato, nel settore dell'assistenza agi­scono grossi interessi, poiché l'emarginazione è intesa come un serbatoio nel quale far confluire e controllare socialmente le persone che per una ragione o per l'altra sono fuori del ciclo produttivo.

Inoltre giocano interessi economici (v. il patrimonio degli enti), interessi clientelari (ad esempio acquisti delle attrezzature e delle vettovaglie, assun­zione del personale), interessi elettorali (v. i risultati elettorali delle cabine interne degli istituti).

È necessario perciò svolgere un lavoro politico con queste persone e gruppi per orientarli sui reali problemi, tenendo però conto nello stesso tempo del loro grado di maturazione e partendo dalla adesione e appoggio ai principi generali della proposta di legge di iniziativa popolare.

 

Collegamento della proposta di legge con i problemi reali

È necessario collegare la proposta di legge di iniziativa popolare con i problemi sociali, dovunque ciò sia possibile. Citiamo qui alcune iniziative intraprese a Torino, non perché esse siano le più significative, ma solo per il fatto che sono quelle che più conosciamo per la nostra partecipazione diretta (3).

Per collegare le singole iniziative sono stati costituiti dei piccoli gruppi di lavoro composti da 4-5 persone appartenenti alle organizzazioni più inte­ressate al problema, mentre il Comitato informale per la proposta di legge di iniziativa popolare ne assumeva la direzione politica generale.

 

Corteo dell'11 aprile

Come si legge nel comunicato stampa (4) del 17 marzo 1975 la sede provinciale di Torino dell'ONMI

«ha minacciato di mettere in mezzo alla strada 1.000 bambini appaltati ad istituti di ricovero, ha bloccato da tempo i sussidi alle famiglie, non ha rispettato gli accordi salariali con i medici dei consultori, i quali intendono sospendere ogni attività dal 1° aprile p.v.

«Anche gli stipendi di tutto il personale (asili-nido, consultori, altri servizi) rischiano di non essere pagati dal 1° maggio prossimo.

«Le condizioni di lavoro del personale sono insostenibili: organici insufficienti che rendono fra l'altro problematica la sostituzione del personale assente per malattie, ferie, congedi straordinari; assunzioni di tipo clientelare (i 2/3 del personale inserviente è stato assunto con contratto a termine, spesso con successive assunzioni); numerose inser­vienti, retribuite come tali, svolgono mansioni di puericultrici; organizzazione gerarchica e spostamenti del personale non giustificati da ragioni di servizio; nessuna istituzione di corsi di riqualificazione e aggiornamento professionale.

«L'ONMI giustifica questa pesante situazione con la mancanza di finanziamenti da parte dell'autorità centrale e vorrebbe strumentalizzare i bambini e le carenze dei propri servizi per ottenere nuovi fondi, per conservare e, se possibile, rafforzare, il proprio potere, rinviando ulteriormente lo scioglimento dell'Ente, scioglimento che coinvolgerebbe gli altri 50.000 organismi assistenziali che sperperano oltre 9.500 miliardi l'anno.

«I numerosi scandali avvenuti in istituti di assistenza, dovuti alla mancanza di con­trolli; l'alta percentuale della mortalità infantile, la scarsità numerica degli asili nido ONMI e la doro impostazione di semplice custodia, sono tutti elementi che dimostrano che l'ONMI è un ente inutile e non qualificato per adempiere alle funzioni di un servizio socio-sanitario.

«Occorre affrontare il problema dell'ONMI e dell'assistenza all'infanzia in modo totalmente diverso, eliminando le vecchie strutture in modo che siano istituiti servizi rispondenti alle esigenze dei bambini oggi assistiti, ma nello stesso tempo provvedendo ad intervenire sulle cause che provocano le richieste di ricovero.

«È intanto da precisare, ancora una volta, che la stragrande maggioranza dei ricoveri è dovuta alla carenza di servizi (asili nido, scuole materne, scuole dell'obbligo a tempo pieno, alloggi e comunità alloggio dell'edilizia economica, ecc.).

«A questo riguardo la Regione Piemonte, a differenza delle altre Regioni, non ha approvato nessuna legge sulla prevenzione sociale e sanitaria ed ha invece finanziato enti parassitari come gli ECA e gli Istituti di ricovero pubblici e privati.

«Anche la Provincia ed il Comune di Torino hanno continuato a gestire l'assistenza in modo clientelare.

«Proposte

«Occorre evitare che si ripeta, anche per l'ONMI, quanto è successo per le mutue e cioè che le carenze siano rappezzate con finanziamenti, il che costituirebbe, come inse­gna l'esperienza, solo uno spreco di denaro ed il rinvio della indispensabile riforma.

«Pertanto si ribadisce l'assoluta urgente necessità della soppressione dell'ONMI (e degli altri Enti parassitari) ed il trasferimento delle funzioni, patrimoni, finanziamenti e personale alle Regioni ed ai Comuni (Unità Locale dei Servizi) con un'azione articolata che garantisca personale e utenti.

«A tempi immediati per evitare che i 1.000 bambini vengano messi in mezzo alla strada, la Regione Piemonte deve assumere le necessarie garanzie perché gli istituti pos­sano ottenere crediti dalle banche.

«La Regione dovrà rimborsare gli interessi passivi agli istituti impegnati ad attuare soluzioni più idonee (ad es. comunità alloggio).

«Il Comune non deve più versare all'ONMI i 130 milioni all'anno, ma assumere la ge­stione diretta di servizi (per es. asili-nido) per un importo di spesa almeno uguale al con­tributo fino ad oggi concesso all'ONMI stesso, utilizzando l'attuale personale e le attuali strutture.

«Alla Regione Piemonte si richiede di approvare la proposta di legge presentata dal Comune di Settimo Torinese, fatta propria dal Consiglio Comunale di Torino e da altri Comuni, di modo che i Comuni possano incominciare ad istituire servizi alternativi.

«A tempi brevi, in attesa dello scioglimento dell'ONMI, la Regione Piemonte e l'ONMI stesso devono stipulare una convenzione che, garantendo il posto di lavoro del personale dell'ente e l'attuale dipendenza amministrativa, lo trasferisca alle dipendenze operative dei Comuni, in analogia a quanto concordato dai Sindacati con la Provincia di Tarino per il personale degli Ospedali Psichiatrici.

«I Comuni dovranno gestire i servizi direttamente abolendo l'attuale incivile prassi dell'appalto dei bambini ed il mercato speculativo delle "rette" (ciò avviene anche per gli anziani e gli handicappati).

«Regione Piemonte, Provincia e Comune di Torino devono intervenire sull'ECA di Torino e sulle Opere Pie affinché gli ingenti patrimoni oggi impiegati, spesso a scopi spe­culativi, vengano utilizzati per servizi alternativi da gestirsi da parte dei Comuni».

 

Proprio nello stesso periodo era diventato scottante il problema degli anziani, dal momento che una delibera approvata dalla maggioranza del Con­siglio di Amministrazione dell'Opera Pia «Istituto di Riposo» di Torino, Corso Unione Sovietica 220, chiedeva alla Regione Piemonte il passaggio dell'ente a centro di riabilitazione per invalidi di qualsiasi età, sia per quelli che già si trovavano ricoverati, sia per nuovi utenti da trattare ambulatorial­mente e a domicilio.

Tale politica, diretta a trovare nuovi spazi operativi alle opere pie, era ed è presente in altri istituti di ricovero che stanno cercando di ottenere il riconoscimento come ospedali geriatrici o gerontocomi o infermerie. Era pertanto necessario e urgente reagire a questa nuova linea portata avanti dalla DC. Si è subito organizzato un corteo, il primo di questo genere a To­rino al quale hanno partecipato oltre 500 persone. Sono stati distribuiti 50.000 volantini.

Il riferimento unificante era dato dagli slogan: «Basta con l'appalto di bambini e anziani ad istituti di assistenza», «Vogliamo servizi non emargi­nanti gestiti direttamente dai Comuni e programmati dalla Regione».

Si è stabilito che il corteo partisse dalla sede del Comune ed arrivasse alla sede della Regione Piemonte. Mentre si teneva il comizio di chiusura, aveva luogo un confronto con gli assessori regionali alla sanità e all'assi­stenza, dal quale è uscito l'impegno della Regione ad appoggiare presso gli istituti di credito le richieste di anticipazione di cassa degli istituti, l'assun­zione a carico della Regione degli interessi passivi da rimborsare sotto for­ma di contributi straordinari.

È stata invece respinta dagli assessori regionali la richiesta di far parte di una delegazione del Consiglio regionale e delle forze sindacali e sociali che si recasse dal Ministro della sanità per sollecitare lo scioglimento dell'ONMI.

 

Convegni organizzati

In data 11 e 12 aprile 1975 è stato organizzato un convegno sui servizi sanitari e sociali di quartiere, di cui riferiamo a parte.

Un altro convegno ha avuto luogo il 19 e 20 aprile sul tema «Per l'inte­grazione scolastica degli handicappati». Le relazioni, incentrate su espe­rienze concrete già avviate, sono state tenute da Franco Ferro di La Spezia, Alessandra Ginsburg e Giorgio Testa di Roma, Silvana Appiano di Milano, Andrea Canevaro di Bologna, da Gianni Dolino, Walter Ferrarotti e Fernanda Mauro di Torino.

Il materiale di lavoro, fornito ai partecipanti e riassunto nel «volan­tone» di invito, comprendeva un documento introduttivo al convegno, i dati sulla situazione di Torino relativi alle scuole materne, elementari, medie inferiori e centri di formazione professionale, un documento di un gruppo di operatori del servizio medíco-psico-sociale del Comune di Torino, l'estratto di due articoli sull'inserimento scolastico pubblicati su Prospettive assisten­ziali, alcuni interventi di un incontro fra operai, datori di lavoro, insegnanti e genitori di handicappati sul problema dell'inserimento lavorativo degli han­dicappati (Parma, marzo 1973), l'articolo di G. Testa «Dall'interno dell'isti­tuzione».

Svolte le relazioni nella mattinata del 19, nel pomeriggio i partecipanti si sono divisi in tre gruppi di lavoro: il primo trattava i problemi connessi all'integrazione degli handicappati nella scuola dell'obbligo, il secondo i ser­vizi dell'unità locale, il terzo la formazione professionale e l'inserimento sociale e lavorativo.

La mattina del 20 si è conclusa con il dibattito, al termine del quale è stata approvata all'unanimità la seguente mozione:

 

«I partecipanti al Convegno "Per l'integrazione scolastica degli handicappati" pro­mosso da CGIL CISL UIL, ACLI, MCE, Coordinamento dei Comitati di Quartiere (al Conve­gno hanno aderito AIAS, ANFAA, ANFAAS, Associazione di lotta contro le malattie mentali, Centro di animazione di Moncalieri, Centro base delle Vallette, CESPEC, Collettivo di alter­nativa all'emarginazione, Comitato di difesa del fanciullo, Comitato torinese per la proposta di legge "Competenze Regionali in materia di servizi sociali e scioglimento degli Enti assi­stenziali", Comunità di via Terni 50, Consiglio di azienda RAI-TV, Consiglio delegati dell'Uni­versità, Consiglio di fabbrica Pirelli di Settimo, Convitto di Pomaretto (Torre Pellice), Magi­stratura Democratica, Movimento Federalista Europeo, PCI Segreteria Provinciale e Regio­nale, PSI Segreteria Provinciale e Regionale, Unione Donne Italiane comitato provinciale, Unione Italiana Ciechi, Unione italiana per la promozione dei diritti del minore e per la lotta contro l'emarginazione sociale), tenutosi a Torino il 19/20 aprile 1975, partendo da precise e puntuali analisi dell'attuale organizzazione sociale e delle situazioni concrete circa l'inse­rimento scolastico di handicappati (ciechi, spastici, insufficienti mentali ecc.) hanno esa­minato in questo quadro le condizioni necessarie per rendere possibile l'inserimento stesso.

Le lotte portate avanti specialmente in questi ultimi anni contro l'impostazione clas­sista della scuola, il nozionismo e la selettività hanno aperto contraddizioni notevoli.

Si tratta ora di allargare questi spazi e di utilizzare tutte le possibilità derivanti dai nuovi organismi scolastici elettivi.

Un ruolo importante può e deve essere svolto, come risulta da alcune positive inizia­tive legislative ed operative, dalle Regioni e dai Comuni, per quanto concerne le attività che si possono definire parascolastiche.

Le lotte per una scuola radicalmente diversa e cioè formativa hanno consentito di at­tuare inserimenti di handicappati nella scuola comune. La generalizzazione di questi inseri­menti comporta un rilancio delle lotte da parte delle forze sindacali, politiche e sociali.

Iniziative vanno assunte al più presto per collegare realmente la scuola con il territo­rio, con la popolazione e cioè con tutta la realtà.

Al riguardo i partecipanti denunciano le posizioni assunte dalla Commissione istituita dal Ministero della Pubblica Istruzione e dalla proposta di legge governativa già approvata dalla Camera dei Deputati e in discussione al Senato, che sono dirette alla conservazione e potenziamento delle strutture speciali, riservate cioè ai soli handicappati.

Denunciamo inoltre quanto previsto dalla legge della Regione Piemonte n. 27 del 2-2-1974 che conserva il carattere assistenziale degli interventi parascolastici e che, per fare della scuola un corpo separato, trasforma i distretti scolastici e i consigli di istituto i primi in enti gestori dell'orientamento professionale, dell'assistenza scolastica e degli interventi medico-psico-pedagogici ed i secondi in altri enti gestori delle biblioteche e dei sussidi didattici.

La Regione Piemonte invece di predisporre interventi alternativi ha continuato a finan­ziare gli enti e gli istituti predisposti alla emarginazione e alla segregazione dei minori e in particolare degli handicappati.

I partecipanti rilevano altresì che il Provveditorato agli Studi e il Comune di Torino continuano ad ostacolare le iniziative di inserimento, arrivando all'assurdo di lasciare aule vuote (come alla scuola Gemelli) pur di evitare contatti fra allievi handicappati e non.

 

Proposte

Le lotte per l'inserimento degli handicappati nelle normali strutture prescolastiche e scolastiche vanno condotte nell'ambito delle lotte che il movimento operaio e le sue orga­nizzazioni politiche, sindacali e sociali portano avanti per la costruzione di un modello al­ternativo di sviluppo che privilegi i consumi sociali e soddisfi le esigenze reali dei lavora­tori, dei cittadini e della comunità.

In questo quadro i partecipanti individuano le seguenti rivendicazioni specifiche:

1) abrogazione di tutte le leggi e disposizioni che sanciscano la discriminazione scolastica e sociale degli handicappati. In tal senso si auspica che la Corte Costituzionale dichiari anticostituzionale la legge 1463 del 26-10-1952 che prevede l'obbligo per i ciechi di fre­quentare scuole elementari ad essi riservate;

2) modifica del disegno di legge governativo n. 3331 nel senso di andare alla eliminazione completa delle strutture speciali;

3) trasferimento completo alle Regioni di tutte le competenze statali e dei relativi finanzia­menti in materia di servizi sanitari, sociali, culturali, ricreativi ecc.

Questo trasferimento deve comprendere le competenze attuali del Ministero della Sanità ai sensi della legge 30-3-1971 n. 118, competenze che attualmente sono esercitate per finanziare istituti di ricovero e per segregare migliaia di handicappati o presunti tali. Tale trasferimento comporta la soppressione di tutti gli enti (patronati scolastici, ONMI, ENAOLI, ecc.);

4) per arrivare ad ottenere un unico riferimento politico ed amministrativo a livello locale, la Regione Piemonte deve prevedere una unica zonizzazione per le unità locali dei ser­vizi dei distretti scolastici e dei consigli di quartiere;

5) la gestione di tutte le attività sanitarie, sociali, ricreative, deve essere assicurata diret­tamente dai Comuni e dai loro consorzi, unificando nei confronti di tutta la popolazione i servizi e gli interventi oggi frantumati e destinati a particolari categorie.

Tali servizi devono privilegiare la prevenzione sanitaria e sociale e assicurare la mas­sima riduzione possibile dell'insorgere di handicaps, di disadattamenti o di malattie. Devono inoltre assicurare nel normale ambiente scolastica le prestazioni riabilitative;

6) Programmazione da parte della Regione Piemonte della formazione professionale e inse­rimento degli handicappati nei normali centri. Gestione diretta delle attività relative da parte degli enti locali elettivi;

7) inoltre la Regione Piemonte per quanta concerne la programmazione degli enti locali sulla gestione deve assicurare a tutto il personale insegnante e dei servizi una forma­zione permanente, tale che da un lato assicuri un continuo aggiornamento tecnico e scientifico e d'altro lato fornisca gli strumenti per la sperimentazione di nuove attività;

8) l'intervento della Regione Piemonte e degli enti locali deve consentire il passaggio del personale dai vecchi servizi ai nuovi servizi alternativi che i lavoratori e la popolazione richiedono con sempre maggior forza».

 

Corteo del Primo Maggio

Al corteo del 1° maggio hanno partecipato gli aderenti delle organizza­zioni che fanno parte del Comitato torinese per la proposta di legge di ini­ziativa popolare ed hanno sfilato insieme al sindacato enti locali.

Durante la manifestazione sono stati distribuiti 10.000 volantini il cui testo riportiamo per disteso.

 

 

 

 

 

 

(1) Il Comitato promotore della proposta di legge di iniziativa popolare è composto da: ACLI, ARCI, Associazione italiana assistenza spastici, Associazione italiana sclerosi multipla, Associazione nazionale assistenti sociali, Associazione nazionale famiglie adottive e affidatarie, Associazione nazionale famiglie di fanciulli subnormali, Associazione nazionale invalidi esiti poliomielite, Associazione per i bambini sordi, ENARS, ENDAS, Federazione italiana dipendenti enti pubblici CGIL, Federazione italiana pensionati CGIL, Lega per le autonomie e i poteri locali, Psichiatria democratica, Unione donne italiane, Unione per la lotta contro l'emarginazione sociale.

(2) La proposta di legge e relativa relazione, insieme con l'elenco e indirizzi del Comi­tato promotore e le modalità di raccolta delle firme, è disponibile gratuitamente presso la Segreteria nazionale di coordinamento, presso ACLI, Via Ergisto Bezzi 23, Roma, tel. 58.60.21 e 58.60.31. Prospettive assistenziali ha predisposto un numero speciale (29 bis) disponibile al prezzo politico di Lire 500 + Lire 100 per spese di spedizione.

(3) Prospettive assistenziali è interessata a pubblicare materiale riguardante iniziative concrete che si pongano su una linea alternativa. Siamo pertanto grati a tutti coloro che vorranno collaborare con l'invio di documenti, resoconti, volantini, ecc.

(4) Il comunicato stampa è stato firmato da ACLI, sede provinciale; Associazione fa­miglie adottive e affidatarie, Torino; Associazione per da lotta contro le malattie mentali; Centro di animazione sociale, Moncalieri; Collettivo di alternativa all'emarginazione; Comu­nità di via Terni 50, Torino; Convitti di Pomaretto, di Torre Pellice e Comitato Difesa del fanciullo; Coordinamento dei comitati di quartiere; PCI, segreteria provinciale; Unione don­ne italiane, Comitato Provinciale; Unione per la promozione dei diritti del minore e per la lotta contro l'emarginazione sociale.

 

 

 

 

 

 

 


 

 

 



 


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