Prospettive assistenziali, n. 29 bis, gennaio-marzo 1975

 

 

PROBLEMI DEL PERSONALE DEI SERVIZI

 

 

La proposta di legge prevede la conservazione del posto di lavoro, dei livelli salariali e norma­tivi e della progressione di carriera per tutto il personale trasferito dai vecchi enti. È previsto inoltre che le Regioni debbano provvedere alla formazione, aggiornamento e riqualificazione del personale addetto ai servizi, di modo che sia ef­fettivamente possibile realizzare servizi non emarginanti.

Mentre è in corso un processo di ristruttura­zione e riconversione aziendale, un analogo pro­cesso di ristrutturazione e riconversione dei ser­vizi viene iniziato dai vari enti nazionali e terri­toriali. Essi stanno operando, con ogni sforzo, per la creazione di nuovi interventi: servizi di assi­stenza domiciliare e ambulatoriale da parte dell'ONPI, affidamenti a famiglie, persone e comu­nità alloggio da parte dell'ENAOLI, servizi di me­dicina scolastica da parte dell'Ente per la prote­zione morale del fanciullo, servizi di assistenza domiciliare da parte degli ECA, ecc.

Tutto ciò con l'unico scopo di conservare le de­cine di migliaia di enti esistenti, di impedire una effettiva partecipazione dei cittadini alle deci­sioni e alla gestione dei servizi, di mantenere se­parata l'assistenza dagli altri settori sociali (sa­nità, casa, scuola, ecc.) in modo da lasciare inal­terate le cause che provocano le richieste di as­sistenza e infine di tenere divisi gli assistiti.

Ma la creazione di nuovi servizi settoriali, sen­za eliminare i vecchi servizi, tende tuttavia a ri­durre il numero degli utenti. Così per esempio dove sono stati istituiti servizi di assistenza do­miciliare, il numero dei ricoverati in case di ri­poso è diminuito notevolmente, creando giusti­ficabili preoccupazioni fra i lavoratori delle case di riposo che vedono messo in pericolo il loro posto di lavoro. Queste preoccupazioni, strumen­talizzate dagli amministratori degli enti, portano il personale a difendere l'istituzione.

Da qui la necessità assoluta e molto urgente (in quanto il processo di ristrutturazione dei ser­vizi va avanti) che il personale dei vecchi servizi esca da ogni logica corporativa e lotti per essere inserito nei nuovi servizi, che devono sostituire quelli vecchi.

In questa ottica è da segnalare l'accordo fra Sindacati e Provincia di Torino, anche se esso ha il grosso limite di far riferimento alla Provincia e non ai Comuni e loro consorzi.

L'accordo è tuttavia molto importante in quan­to stabilisce:

- la ripartizione del territorio della Provincia di Torino in 43 zone (future unità locali dei ser­vizi) comprendenti in media 50.000 abitanti;

- l'inserimento nelle zone del personale dell'ospedale psichiatrico con compiti di prevenzio­ne, cura e riabilitazione. Detto personale, pur rimanendo alle dipendenze amministrative dell'Opera Pia Ospedali Psichiatrici, passa alle di­pendenze operative della Provincia di Torino;

- la costante verifica del lavoro delle équipes psichiatriche di zona con le forze sociali ed i cit­tadini del territorio mediante assemblee indette almeno una volta al mese;

- il lavoro di gruppo. A tale riguardo l'art. 9 del regolamento speciale dei servizi psichiatrici di zona prevede: «La gestione e l'operatività del­la équipe psichiatrica pluriprofessionale avviene in modo comunitario, collegiale. Tale tipo di ge­stione ed operatività tende a superare: le posi­zioni gerarchiche, l'obiettiva frammentazione del­le attività e la rigidità dei ruoli professionali. Es­sa viene realizzata mediante riunioni, con la par­tecipazione tecnica e personale di tutti i compo­nenti l'équipe, per la distribuzione delle attività e del potere decisionale, fra tutti i componenti stessi. I campi operativi vengono disposti in base alle capacità, attitudini, competenze specifiche, nell'ambito del programma generale di lavoro, deciso consensualmente e responsabilmente da tutta l'équipe»;

- l'istituzione della scuola per infermieri ad indirizzo psichiatrico e di corsi di riqualificazione e aggiornamento per tutto il personale delle équi­pes.

 

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Nota: Le lotte portate avanti nell'ospedale psi­chiatrico di Torino hanno ridotto il numero dei ricoverati da 4800 a 2800.

Altri 800 ricoverati, soprattutto anziani, da tempo aspettano di essere dimessi, ma mancano i servizi di appoggio.

Risultati ancora più positivi sono stati raggiun­ti in altre città (Perugia, Arezzo, Reggio Emilia, ecc.).

 

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Questo accordo dimostra che il personale di­pendente da enti diversi dal Comune può aprire immediatamente (senza cioè attendere l'emana­zione delle pur necessarie leggi di riforma nazio­nale e regionale) vertenze per rivendicare il pas­saggio nei nuovi servizi a livello delle future unità locali dei servizi, conservando la dipenden­za amministrativa e tutti i benefici conquistati presso l'ente in cui attualmente lavorano, pas­sando però alle dipendenze operative dei comu­ni e loro consorzi.

In tal modo i lavoratori dei servizi otterrebbe­ro due risultati di fondamentale importanza:

- la garanzia effettiva della conservazione del posto di lavoro essendo inseriti nei nuovi servizi. (Tale garanzia non può certo essere raggiunta re­stando in servizi ormai condannati dall'opinione pubblica e dal progresso sociale);

- la partecipazione attiva alla costruzione del­le riforme e la possibilità effettiva di gestire il processo di ristrutturazione e riconversione dei servizi in modo che il processo stesso sia attua­to in linea con gli interessi dei lavoratori dei ser­vizi e della classe lavoratrice.

Di questo problema dovrebbero farsi carico non solo i sindacati di settore (enti locali, ospe­dalieri, pensionati), ma tutto il movimento nel suo complesso.

Ci rendiamo ben conto degli enormi problemi che ha oggi il sindacato in fabbrica nella lotta per il posto di lavoro e contro la cassa integra­zione, ma la ristrutturazione e la riconversione delle aziende è un tutt'uno con quella dei servizi. E se non si mette certo in discussione la centra­lità della fabbrica quale riferimento essenziale, non bisogna che il sindacato per operare nella fabbrica trascuri il territorio in cui i lavoratori vivono.

Per i corsi di riqualificazione, aggiornamento e riconversione professionale che dovrebbero es­sere richiesti per il passaggio dai vecchi ai nuo­vi servizi, pur avendo già oggi le Regioni in que­sta materia ampie possibilità legislative e am­ministrative, nella proposta di legge tali compe­tenze sono state ribadite (art. 1, lettera c).

 

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