Prospettive assistenziali, n. 28, ottobre-dicembre 1974

 

 

NOTIZIARIO DELL'ASSOCIAZIONE NAZIONALE FAMIGLIE ADOTTIVE E AFFIDATARIE

 

 

L'ADOZIONE SPECIALE IN PERICOLO

 

A sette anni dall'entrata in vigore della legge sull'adozione speciale (legge 5-6-1967, n. 431), mentre le forze più sensibili ai diritti dei minori fanno un serio bilancio e propongono nuovi in­terventi per superare i limiti di questa legge, quali la sua riforma ed estensione nonché le norme per disciplinare e attuare l'affidamento familiare, un grave attacco viene rivolto all'ado­zione stessa proprio da parte di quei settori che l'hanno da sempre osteggiata.

Infatti la Corte d'Appello di Palermo ha accolto un ricorso, da parte dei genitori di sangue, con­tro le dichiarazioni di adottabilità dei loro cinque figli ed ha rinviato alla Corte Costituzionale gli art. 314/4 - 314/8 - 314/11 - 314/26 del codice civile perché vengano dichiarati incostituzionali. In questi articoli è prevista la possibilità di dichiarare adottabili i minori in situazione di abbandono materiale e morale anche in caso di opposizione da parte dei genitori d'origine.

È chiaro che così si svuoterebbe del tutto l'a­dozione speciale, poiché tutti i genitori faranno opposizione e gli istituti ricominceranno a riem­pirsi invertendo la tendenza che ha visto ridurre drasticamente le presenze negli ultimi anni (dai dati ISTAT risulta che si è passati da 211.026 mi­nori ricoverati in istituto all'1-1-1964 ai 149.619 ricoverati alla data dell'1-1-1971) .

La Corte d'Appello di Palermo poggia le sue argomentazioni sostanzialmente su due tesi. In primo luogo sostiene la superiorità del legame di sangue rispetto ad ogni altro valore e l'impos­sibilità della legge di intervenire e recidere tale legame: leggiamo infatti nella sentenza un'in­terpretazione della Costituzione secondo cui alla famiglia si riconoscerebbe «un'autonomia origi­naria destinata a limitare i poteri del legislatore in ordine alla sua regolamentazione, in quanto con l'espressione "società naturale" si volle ri­conoscere la famiglia come un nucleo sociale primordiale, una comunità originaria che pre­scinde da qualsiasi elemento volontario fra i suoi componenti, comunità preesistente allo Sta­to e con diritti che questo nella sua attività legi­slativa non può render nel nulla perché inalie­nabili, imprescrittibili, anteriori e superiori ad ogni legge positiva».

In altre parole i diritti del sangue sono premi­nenti su quelli delle persone, in particolare dei minori, con buona pace di chi parla di famiglia come ambiente educativo, di maternità e pater­nità che si costruiscono nel rapporto affettivo, ecc. Anni di esperienza in Italia e all'estero, stu­di approfonditi a livello sociale e psicologico, convegni, campagne di stampa; tutto questo non significa nulla per certa magistratura che, più avanti nella sentenza, dichiara che «il legisla­tore (...) non può recidere definitivamente ogni rapporto che discende dal carattere inaliena­bile e imprescrittibile del legame familiare».

Si comprende bene adesso perché l'adozione non è stata applicata in certi ambienti, dove domina ancora quella mentalità retriva che tra­spare da ogni parola della sentenza suddetta: sono la stessa mentalità, gli stessi ambienti, le stesse persone che hanno fatto di tutto perché la legge dell'adozione speciale non passasse in Parlamento.

Intanto presso altri tribunali si accumulano centinaia di domande di adozione da parte di coniugi siciliani, mentre dalle loro parti le ado­zioni sono pochissime e gli istituti pieni di bam­bini. «Idonei istituti» come dice la sentenza quando parla di mezzi di sostegno alle famiglie in difficoltà; quanto siano idonei gli istituti a garantire la crescita della personalità dei minori lo sanno tutti, salvo certi magistrati. O forse il motivo reale di quest'azione è proprio la difesa di un certo tipo di assistenza basata sugli isti­tuti, sul blocco di ogni politica alternativa. Si col­pisce l'adozione speciale perché è uno dei mezzi di rifiuto dell'istituto, è la base di partenza per leggi successive (riforma dell'adozione specia­le, sua applicazione estensiva con l'abolizione della vecchia normativa della cosiddetta «ado­zione ordinaria», norme sull'affidamento fami­liare e sulle comunità alloggio) che mirano a scardinare definitivamente il sistema degli isti­tuti, e che invece cadrebbero tutte nel nulla con lo svuotamento della legge sull'adozione spe­ciale.

In seconda linea la Corte d'Appello di Palermo avanza una seconda motivazione su un piano maldestramente populistico e ben poco credi­bile, dichiarando che «la legge colpisce unica­mente le classi povere».

È il vecchio e trito slogan che l'adozione to­glierebbe i figli ai poveri per darli ai ricchi.

È evidente che le famiglie ricche non abban­donano i figli negli istituti a spese dell'ONMI, ma li lasciano nei collegi di lusso in Svizzera e si deve purtroppo constatare che queste segna­lazioni non arrivano ai tribunali per i minorenni e che essi non fanno nulla per averle.

Abbiamo sempre sostenuto, e le posizioni dell'Associazione nazionale famiglie adottive e affi- datarie non lasciano dubbi, che la dichiarazione di abbandono e di adottabilità di un minore è un fatto grave cui si deve giungere solo quando ogni altro intervento sul piano economico e so­ciale è stato inutile, che le vere cause dell'ab­bandono non sono da imputarsi ad un rifiuto di genitori «cattivi», ma sono da ricercarsi nelle situazioni economiche e sociali di vera miseria morale e materiale in cui sono costrette a vivere tante famiglie, che l'adozione non deve essere intesa come una soluzione di comodo che per­mette di sistemare i casi più gravi senza inter­venire sulle cause che stanno a monte, che solo una radicale riforma di tutto il sistema assisten­ziale con l'abolizione delle migliaia di enti inu­tili e la realizzazione di una efficace rete di ser­vizi sociali, nel quadro di una politica della fa­miglia totalmente nuova, può incominciare a ri­solvere i problemi di quelle «classi povere» che paiono stare tanto a cuore ai magistrati della Corte di Appello di Palermo. Proprio per queste nostre posizioni, per la lotta che conduciamo per una effettiva prevenzione dell'abbandono, chiediamo di essere presi sul serio quando di­fendiamo l'adozione. Non può invece essere cre­dibile chi dice di difendere le «classi povere» con un discorso come quello della Corte d'Ap­pello di Palermo.

Infine non si riesce a capire come nel mare di leggi e regolamenti antisociali e antidemocra­tici che quotidianamente ledono i diritti delle famiglie vittime del nostro sistema assisten­ziale, si chieda l'abolizione di una legge aperta e moderna, estremamente rispettosa dei diritti delle persone. A meno che si pensi di ricorrere al mercato dei bambini per risolvere i problemi dei minori abbandonati. Infatti, mentre la legge sull'adozione speciale prevede dei precisi requi­siti da parte degli adottanti (almeno cinque anni di matrimonio, differenza di età con l'adottando di almeno 20 anni e non più di 45, selezione presso il Tribunale per i minorenni) nonché la dichiarazione di adottabilità nei riguardi del mi­nore e la totale recisione dei legami con la fa­miglia d'origine, le norme vecchie che regolano la cosiddetta «adozione ordinaria», l'unica for­ma che resterebbe di fatto con l'accoglimento della tesi della Corte d'Appello di Palermo, non recidono i vecchi legami, non integrano com­pletamente il minore nella nuova famiglia, non richiedono alcun requisito agli adottanti (per cui al limite una persona sola, anziana può adottare un neonato), non prevedono alcuna selezione da parte del Tribunale per i minorenni.

In questa situazione è facile organizzare un vero e proprio mercato di bambini: basta la com­piacente collaborazione di una ostetrica o di un ufficiale di stato civile. Questa non è fanta­scienza: il mercato dei bambini è già fiorente proprio nelle regioni molto vicine al luogo da dove parte l'attacco all'adozione speciale. L'ado­zione speciale è in sostanza la migliore solu­zione oggi possibile per poter intervenire nei confronti dei minori in totale situazione di ab­bandono morale e materiale.

La legge prescrive che l'adottabilità possa es­sere dichiarata solo quando «la mancanza di assistenza non sia dovuta a forza maggiore».

Inoltre la legge sull'adozione speciale prescri­ve che il tribunale per i minorenni interroghi i genitori e che «ove ne ravvisi l'opportunità» impartisca ai genitori stessi «prescrizioni ido­nee a garantire l'assistenza morale, il manteni­mento, l'istruzione e l'educazione del minore». Inoltre la legge stabilisce che il tribunale per i minorenni può sospendere il procedimento di adottabilità quando «risulta che la sospensione può riuscire utile nell'interesse del minore».

Infine la legge dà ai genitori tre gradi di ri­corso: al tribunale per i minorenni che ha di­chiarato lo stato di adottabilità, alla sezione per i minorenni della Corte di Appello e alla Corte di Cassazione.

Risulta pertanto evidente che la legge sull'adozione speciale tutela adeguatamente i di­ritti della famiglia d'origine.

Ma è altrettanto evidente che quando il bam­bino è in situazione di totale abbandono mate­riale e morale, allora debbano essere tutelati i suoi diritti.

 

 

CONCESSA L'ADOZIONE ORDINARIA IN MAN­CANZA DELL'ASSENSO DEL GENITORE D'ORI­GINE

 

Con decreto del 14 maggio 1973 steso dal presidente Moro, il tribunale per i minorenni di Roma ha stabilito che l'adozione ordinaria può essere concessa anche nel caso in cui non sia possibile ottenere l'assenso del genitore (nel caso in esame dovuto esclusivamente all'impos­sibilità di reperire la madre).

Siamo ben lontani dalla sentenza del tribunale di Lecce del 30 ottobre 1957 in cui si era addi­rittura arrivati a stabilire che «è causa di nul­lità dell'adozione la mancanza di assenso del genitore naturale dell'adottando, anche se la filiazione naturale sia riconosciuta o dichiarata dopo il provvedimento d'adozione».

Molto cammino è stato compiuto dal 1957 ad oggi per il riconoscimento dei diritti dei minori privi di famiglia.

Rimane tuttavia il fatto che oggi non si giu­stifica più la sopravvivenza dell'adozione ordi­naria, istituto giuridico con esclusive finalità patrimoniali, anche se, come nel caso del prov­vedimento del tribunale per minorenni di Roma, esso viene giustamente utilizzato, in mancanza di altre finalità, per assicurare un inserimento familiare.

Resta pertanto la necessità di arrivare al più presto ad una modifica dell'adozione speciale che consenta la soppressione dell'adozione or­dinaria e dell'affiliazione, come prevede la pro­posta di legge n. 1911/Camera riportata sul n. 23 di Prospettive assistenziali.

 

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