Prospettive assistenziali, n. 25, gennaio-marzo 1974

 

 

ATTUALITÀ

 

PATRIA, FAMIGLIA E TEMPO LIBERO: LA GIOVENTÙ DEL LITTORIO TRASFORMATA IN MINISTERO

 

 

Con il disegno di legge n. 258 dell'1-8-1972, d'iniziativa dei senatori della D.C., Baldini e Mazzoli, si tenta di far partire un nuovo carrozzone: il Ministero della gioventù, della famiglia e del tempo libero, che dovrebbe riu­nire i beni e le attività della ex GIL.

Mentre la riforma del diritto di famiglia segna il passo, mentre la scuola tenta invano di trovare un nuovo rapporto tra sistema scolastico e sviluppo socio-economico, mentre lo Stato accentratore e retrivo di sempre fa di tutto per impedire che l'ordinamento regionale funzioni creando difficoltà di ogni genere, i due senatori hanno pensato a far sì che «giovani ed adulti si rendano coscientemente compartecipi e corresponsabili del gene­rale benessere (!!!) e della tranquillità sociale attraverso il ringiovanimento della istituzione ed una più attiva integrazione della vita comunitaria». E sin qui potrebbe essere solo un bel festival di ovvietà o il solito linguaggio burocratico e fumistico, se non ne vedessimo subito dopo il processo invo­lutivo e reazionario che sotto il problema del riassetto dei Ministeri fa opera di pressione perché le Regioni non trovino quello spazio effettivo di autonomia che loro spetta dalla Costituzione.

Si tratta infatti - dice il disegno di legge - di porre le basi «di una politica organica in favore del consolidamento della famiglia e della più aperta socializzazione dei giovani. Una tale politica deve avere nella ammi­nistrazione dello Stato un organo centrale pienamente responsabile e so­prattutto capace di porre sul piano più elevato della politica governativa la famiglia e la gioventù in tutte le loro implicazioni possibili».

Mentre molto lentamente sindacati, studiosi, operatori sociali, cittadini si muovono alla individuazione di una dimensione territoriale di riferimento dei servizi sociali e comunitari, attraverso i quali si realizzi l'unificazione tra attrezzature scolastiche, sportive, scientifiche, sanitarie e culturali e alla cui gestione partecipi la collettività tramite le istituzioni democratiche locali, così che sia l'utente a formulare proposte aderenti alla realtà per evitare il minimo di spreco, questo disegno di legge genera grave preoc­cupazione.

Non solo i Ministeri sono rimasti pachidermi inefficienti e parassitari, ma lo Stato burocratico dimostra ancora e sempre la sua avidità, rivendi­cando a se stesso la possibilità di intervenire sulla salute, sulla casa, sulla famiglia, sul cittadino con il rischio che il tradizionale solco tra istituzione e popolazione si approfondisca a tutto vantaggio delle forze reazionarie. Un commento più esteso meriterebbero poi l'incameramento dei beni della ex GIL, il cui patrimonio di impianti sportivi (comprese le colonie marine) fu calcolato nel dopoguerra sui 70 o 80 miliardi, e la gestione dei proventi destinati ad iniziative in favore dei giovani ed attualmente gestiti dal CONI. Poiché sinora non si scorge ancora un disegno organico di inter­venti, un inserimento dello sport in una concreta ipotesi di sviluppo, non si vorrebbe che, di fronte alla imponenza di tali compiti e alla loro com­plessità e implicanza, il rischio fosse ancora una volta la mancanza di pre­cisi progetti a chiara destinazione popolare (1). «CONI, federazioni e so­cietà (2) costituiscono la struttura dello sport agonistico. Altri organismi debbono amministrare lo sport inteso come educazione, formazione, diver­timento, tempo libero». In questo senso il tempo libero può diventare un grosso affare in tutte le direzioni. Infatti oggi nessuno più nega l'incidenza dello sport sulla società e quindi sulla vita politica e la qualità di tramite che esso può rappresentare, e non vorremmo quindi che si preparasse una operazione complessa che come la ex GIL utilizzasse tutte le istituzioni tradizionali compresa la famiglia per creare una educazione a fine unico.

Allora un ministero della gioventù, della famiglia e del tempo libero, usato per controllare, frenare le richieste sociali «nelle famiglie, nelle scuole, nelle comunità dei giovani», potrebbe esser destinato ad eludere quel discorso didattico e politico che ha percorso per qualche tempo la scuola italiana, negli spazi aperti dalle lotte degli studenti, di alcuni pro­fessori, delle organizzazioni sindacali.

E poiché già ci siamo domandati (3) «in quali rivoli si disperdano attraverso i sedici ministeri che hanno competenze assistenziali i 1700 mi­liardi che il bilancio dello Stato stanzia a questi fini, quanto di queste non disprezzabili risorse si polverizzi sterilmente per coloro che si trovano in stato di bisogno, ma provvidamente forse per le strutture burocratiche preposte alla rete dei vari istituti grandi medi e piccoli», non vorremmo che questo nuovo Ministero diventi nel migliore dei casi un «Chiamate Roma 3131» che raccomandi ai giovani di camminare per la giusta strada, da bravi, ignorando i Celestini del nostro paese; che curi «il consolida­mento e l'efficienza dell'unità familiare» senza andare alle radici dei feno­meni sociali e, in particolare di quelli relativi all'infanzia abbandonata ed esclusa.

 

 

(1) Una recente indagine statistica ha rivelato che dei sette milioni di giovani com­presi tra i 17 e 25 anni, il 49%, degli uomini e il 79% delle donne non praticano sport.

(2) Libro verde dello sport, 1971, a cura del CONI.

(3) Il Paese dei celestini, Einaudi, 1973, introduzione.

 

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