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Prospettive assistenziali, n. 24, ottobre-dicembre 1973

 

 

ATTUALITÀ

 

LA REGIONE LOMBARDIA VUOLE EMARGINARE GLI ANZIANI?

 

 

Come è stato osservato nell'articolo sull'argomento pubblicato sul 16, 5 settembre 1973, di Prospettive sociali e sanitarie, pag. 21 e 22, in piena contraddizione con le dichiarazioni a suo tempo fatte nel convegno di Milano del 5-6 febbraio 1972, l'assessore all'assistenza della Regione Lombardia, Peruzzotti, ha presentato la proposta di legge «Interventi per l'assistenza alle persone anziane» (riportata in nota) che ha lo scopo di emarginare gli anziani e di sovvenzionare enti parassitari come gli ECA e le IPAB.

Contro la proposta di legge hanno preso posizione i sindacati CGIL, CISL e UIL (vedasi Il pensionato d'Italia, novembre 1973, pag. 3) ed inol­tre le ACLI di Milano e la Sezione Lombarda dell'Unione italiana per la pro­mozione dei diritti del minore e per la lotta contro l'emarginazione sociale, di cui pubblichiamo le osservazioni trasmesse al Consiglio regionale lom­bardo.

 

 

OSSERVAZIONI IN MERITO AL PROGETTO DI LEGGE REGIONALE: INTERVENTI PER L'ASSI­STENZA ALLE PERSONE ANZIANE (1)

 

1 - Valutazione globale

Una prima valutazione di fondo del progetto di legge nella sua globalità, porta a concludere che ancora una volta ci si sta muovendo secondo una logica tipicamente assistenziale nei confron­ti di problemi che richiedono viceversa una ri­sposta in chiave di eguaglianza di tutti i cittadi­ni relativamente ai diritti fondamentali.

Se è vero che, come ha affermato l'Assessore all'assistenza, questa legge è nata pensando pre­valentemente agli anziani sani, è necessario af­fermare una prospettiva politica secondo cui es­si siano considerati in primo luogo «cittadini» e quindi anche anziani; ciò comporta una rispo­sta alla loro esigenza in termini di servizi fonda­mentali comuni a tutti gli altri cittadini nei set­tori della sicurezza sociale, della casa, della sa­nità, ecc., nell'ambito dei quali si tenga conto in modo specifico anche dei problemi della «terza età».

Per questo motivo, si dovrebbe superare la ca­ratterizzazione dei servizi esclusivamente «per anziani» così come «per handicappati» o «per orfani figli di lavoratori», ecc., per giungere alla programmazione di servizi che affrontino le esi­genze fondamentali dell'uomo in quanto tale, in funzione, quindi del problema anziché della cate­goria di appartenenza.

È fuor di dubbio che la realtà attuale non è su questa linea né a livello di Enti, Organismi ed Associazioni che hanno oggi in appalto la solu­zione dei problemi assistenziali né purtroppo spesso anche a livello di Comuni e Province.

Particolare importanza assume allora il ruolo che la Regione può e deve svolgere per promuo­vere una riqualificazione della spesa e determi­nare - fissando le priorità d'intervento, il piano degli incentivi economici ed i destinatari di es­si - una inversione delle tendenze in atto.

Pur mancando ancora una legge quadro di ri­forma e nei limiti imposti dal decreto delegato, la Regione può fin d'ora prendere come quadro di riferimento una futura organizzazione dei ser­vizi che rispecchi i concetti propri della propo­sta politica dell'Unità Locale dei Servizi; si trat­ta, a nostro avviso, di prevedere la realizzazione di un sistema di servizi di base in grado di sod­disfare globalmente le esigenze fondamentali del cittadino, organizzato attraverso una zoniz­zazione del territorio sufficiente a garantire l'e­sistenza di tali servizi in ogni Unità locale e le possibilità di partecipazione delle forze sociali e sindacali alla loro organizzazione attraverso opportune forme di controllo democratico.

I servizi dei quali è fin d'ora possibile preve­dere la realizzazione dovrebbero quindi essere valutati in ordine a tale scelta politica fonda­mentale.

Per i motivi che spiegheremo, il progetto di legge in discussione non ci sembra che si muo­va su questa linea. Anzi, esso si presenta per lo più come una razionalizzazione del sistema vi­gente; e ciò in aperto contrasto con la linea emersa al recente Convegno regionale sul tema «L'ente locale e i servizi sociali» e con le indi­cazioni politiche fornite dalla legge sull'istituzio­ne dei Comitati sanitari di zona.

In definitiva, si vuol sottolineare che gli scarsi stanziamenti economici a disposizione, anziché tentare di coprire in modo indiscriminato una se­rie di richieste le più diverse (dall'assistenza domiciliare agli ospizi), dovrebbero essere impie­gati per realizzare in modo sufficiente quei ser­vizi che sono in grado di contribuire al supera­mento delle situazioni di emarginazione in cui si trovano interi gruppi sociali e gli anziani in par­ticolare.

Servizi che, almeno a livello di programmazio­ne, per poter agire efficacemente sulle cause che determinano il bisogno assistenziale, non posso­no essere «solo assistenziali» oppure «solo sa­nitari» e così via, ma debbono essere concretiz­zati attraverso interventi coordinati in tutti i set­tori interessati; ad es.: sanità, assistenza, edili­zia residenziale, ecc.

Stupisce in tal senso come questo progetto di legge non sembri collegarsi in alcun modo con la legge regionale n. 37, già in vigore, né per quanto riguarda lo spirito (zonizzazione del ter­ritorio, prospettiva dell'Unità sanitaria locale, presenza degli Enti locali democratici, esplicito coinvolgimento delle forze sociali e sindacali), né per quanto riguarda la concreta previsione di collegamento di servizi socio-assistenziali con i servizi sanitari.

 

2 - Punti fondamentali della legge

I servizi per i quali vengono concessi contri­buti sono: assistenza domiciliare, servizio allog­gi, centri diurni di assistenza, case albergo, ca­se di soggiorno, case di riposo.

2.1 - Assistenza domiciliare: non c'è motivo perché ne venga prevista una realizzazione per categoria (per anziani ora, per gli handicappati forse in un'altra legge, e così via) con il solo ri­sultato di creare una serie di artificiose limita­zioni a livello locale dovute a questo tipo di fi­nanziamenti.

Per quale ragione infatti una famiglia con figli piccoli la cui madre venga ricoverata in ospeda­le ed il cui padre debba necessariamente lavo­rare non deve godere di questo servizio fonda­mentale?

2.2 - Servizio Alloggi: consiste nell'assegnazione in uso o in affitto agli anziani di alloggi da parte di Comuni, Consorzi, IPAB ed ECA.

A nostro giudizio, si tratta di una dichiarazione destinata a rimanere sulla carta perché nessun obbligo è previsto nei confronti degli enti sud­detti, né è riconosciuto alcun diritto, nemmeno di ricorso, agli anziani nel caso che gli alloggi di proprietà degli enti suddetti non vengano asse­gnati.

La proposta di legge prevede inoltre che Co­muni, Consorzi di Comuni, IPAB ed ECA «posso­no assegnare alle persone anziane sovvenzioni in conto affitto alloggi».

Considerata l'esiguità dell'intervento finanzia­rio regionale, gli alti costi dell'edilizia specula­tiva e la presumibilmente scarsa disponibilità economica da parte dei Comuni ad intervenire massicciamente nel settore dell'edilizia residen­ziale, è veramente difficile riuscire a pensare che questo tipo di intervento riesca da solo ad affron­tare seriamente il problema dell'abitazione per le persone anziane.

Un problema, che, per altro, si inserisce pie­namente in quelli connessi ai fenomeni di spe­culazione edilizia che sta emarginando dalle no­stre città le classi sociali economicamente me­no difese.

Ben diverso è il tipo di intervento che la Re­gione dovrebbe realizzare; leggendo questo ar­ticolo sembra infatti che l'Ente regionale, non riuscendo ad attuare una politica di edilizia eco­nomica destinata «anche agli anziani» tenda a premiare l'edilizia privata. Poiché gli anziani, da­to l'attuale livello pensionistico, non sarebbero in grado di pagare gli elevati affitti richiesti dai privati, la Regione sembra venire incontro solo a questi ultimi attraverso un assegno al locatore che acquista tutta l'aria ed il peso di un atto di beneficenza.

Anche non volendo affrontare il discorso del­la legge sulla casa, il problema potrebbe essere affrontato più dignitosamente per l'anziano me­diante la corresponsione di contributi ai Comuni perché integrino i redditi delle pensioni (tenen­do conto anche del canone d'affitto) dato che è proprio il basso livello di queste ultime che non garantisce all'anziano il minimo vitale e lo con­duce al ricovero nelle condizioni più disagiate.

Un discorso a parte riguardo le abitazioni, ma che peraltro dovrebbe essere affrontato, è quel­lo relativo alle «barriere architettoniche» ed al­le particolari soluzioni tecniche che dovrebbe­ro essere realizzate almeno in una certa percen­tuale degli appartamenti costruiti con finanzia­mento pubblico per tener conto delle esigenze di persone anziane o, comunque, con particolari difficoltà di movimento.

2.3 - Centri diurni di assistenza: leggendo le vaghe definizioni contenute nel testo dell'arti­colo si direbbe ci si voglia riferire a dei centri sociali di quartiere.

È lecito comunque chiedersi per quale motivo questo servizio sociale (perché di «assisten­za»?) debba essere riservato agli anziani.

In conclusione si tratta di un articolo troppo genericamente definito; pertanto se ne chiede una ristesura che ne chiarisca sostanzialmente i contenuti.

2.4 - Case albergo e case di soggiorno: la legge nazionale 22 ottobre 1971 n. 865 prevede all'art. 48 «la costruzione di case albergo per studenti, lavoratori, lavoratori immigrati e per­sane anziane».

A tale scopo deve essere destinata una quota non superiore al 5% dei fondi messi a disposi­zione per la legge sulla casa.

In tale ambito dovrebbe essere quindi conce­pito l'intervento per quanto riguarda il problema specifico, in modo particolare per l'anziano sano, e non con una legge apposita.

Prendendo alla lettera il testo del progetto di legge in discussione, si può infatti pensare al rischio che quegli ospizi (praticamente solo per anziani) che non sono in grado (per motivi eco­nomici, mentalità dei dirigenti, insufficienza del personale) di fornire servizi particolari o speci­fici, mediante un semplice cambiamento di deno­minazione, possano concorrere al finanziamento regionale; e nel caso tali ricoveri fossero localiz­zati in zone climatiche, potrebbero pure trasfor­marsi in «case di soggiorno».

2.5 - Case di riposo: indubbiamente, date le disastrose condizioni igieniche e sanitarie di molti istituti, è necessario che la Regione si preoccupi di migliorare lo standard qualitativo in essi riscontrabile, pur eliminando quelle non strettamente necessarie in via transitoria.

Sorprende però che la Regione predisponga fi­nanziamenti per il riattamento degli ospizi senza preoccuparsi in anticipo di determinare:

a) gli standards qualitativi (si prevede sol­tanto che essi saranno determinati entro sei me­si dall'entrata in vigore della legge); standards previsti nella legge sugli asili nido e per le case di soggiorno per minori;

b) un'indagine preliminare sulle persone rico­verate, al fine di aiutare quante più persone pos­sibili a tornare nel proprio ambiente;

c) una forma di controllo sulla prassi del rico­vero, pur sapendo che attualmente una persona può essere ricoverata anche contro la sua volon­tà, a norma dell'art. 154 del R.D. 18 giugno 1933 n. 773;

d) garanzie perché vengano salvaguardati al­cuni precisi diritti dei ricoverati, per esempio la libera disponibilità di una somma di denaro non miserevole, al fine di superare tutte quelle si­tuazioni di abusi e vessazioni che sono oggi trop­po diffuse.

La mancanza di tali garanzie, oltre alle caratte­ristiche peculiari degli istituti (alto numero di ricoverati, orari, regolamenti, potere assoluto del personale, situazioni di sfruttamento all'in­terno), provocano nelle persone anziane un gra­ve decadimento fisico e psichico.

Questo tipo di situazione non si può certo ri­solvere con l'adattamento dei locali degli attua­li istituti e nemmeno con la trasformazione delle case di riposo in case albergo.

Nel tener conto dell'attuale domanda di rico­vero, proveniente per lo più da anziani non com­pletamente autosufficienti, è quindi necessario che si cominci a dare delle risposte in termini di servizi anziché di beneficenza assistenziale.

Si ritiene che le comunità alloggio, di 8-10 po­sti, inserite in modo sparso in comuni case di abitazione o nelle case albergo di un quartiere, il cui personale faccia regolarmente parte dei servizi pubblici comunali, gestite analogamente agli altri servizi del quartiere stesso, possano costituire una soluzione che rispetta nei limiti del possibile la dignità dell'anziano che non può continuare a vivere da solo; soluzione che an­drebbe quindi privilegiata per sostituire gradual­mente gli ospizi.

Tali comunità potrebbero naturalmente essere realizzate anche mediante l'utilizzo di alcuni pic­coli appartamenti singoli con servizi ausiliari co­muni; in tal modo la persona anziana potrebbe mantenere la propria logica indipendenza di abi­tudini e ritmi di vita.

 

3 - Carenze politiche fondamentali

Al di là delle osservazioni relative alla tipolo­gia dei servizi intendiamo sottolineare alcune ca­renze di ordine politico, fondamentali per la va­lutazione della legge in discussione.

3.1 - Il 5-12-1972 il Consiglio Regionale ha ap­provato la proposta di legge n. 37, redatta dalla stessa commissione, relativa all'istituzione dei comitati sanitari di zona.

Non è questa la sede per esprimere valutazio­ni critiche in ordine a questa legge ed alle sue realizzazioni pratiche. A nostro avviso comunque con l'approvazione di tale legislazione la Regio­ne ha formalizzato alcuni principi politicamente qualificanti ai fini della futura organizzazione dei servizi in Lombardia, e di per sé non necessaria­mente esclusivi dell'argomento sanitario, ogget­to della 37.

In particolare:

a) la prospettiva politica: si parte dall'accet­tazione di una futura organizzazione dei servizi sanitari di base nelle Unità sanitarie locali.

L'estensione di tale discorso alla gamma più vasta dei servizi di base porta naturalmente a parlare di Unità locale dei servizi. A nostro avvi­so, cioè, non tanto di un nuovo Ente in più (che sarebbe di per sé da rifiutare) quanto invece di uno strumento organizzativo del complesso dei servizi di base gestiti da Comuni, loro Consorzi o Quartieri; e ciò in una dimensione organizzati­va in cui è possibile realizzare i servizi fonda­mentali e lo sviluppo di adeguate forme parteci­pative.

b) la gestione dei servizi: la legge 37 accetta il principio di una precisa responsabilità dei Co­muni nella programmazione e gestione dei servi­zi a livello locale.

Al di là delle forme in cui tale principio viene concretizzato nel caso specifico, ci interessa os­servare la sostanziale esclusione di Enti diversi dalle decisioni fondamentali in ordine alla rea­lizzazione dei servizi locali.

Nella legge oggi in discussione dovrebbero, quindi, individuarsi precisi meccanismi attraver­so cui condizionare l'attività degli Enti operanti nel settore dell'assistenza agli anziani alle scel­te dell'Ente locale democratico. Ciò sarebbe pos­sibile finanziando direttamente solo i Comuni.

c) il controllo democratico: costituisce un al­tro principio sostanzialmente accettato dalla leg­ge sanitaria per quanto riguarda le Organizzazio­ni Sindacali e le forze sociali ed appena accen­nato nel testo di legge ora in discussione.

d) la zonizzazione: per cui i servizi fondamen­tali vengono organizzati su di una base dimen­sionale (50-80.000 abitanti) tale da consentire sia la previsione di concrete forme partecipative quanto di una sufficiente disponibilità di mezzi per organizzare i servizi necessari alla comunità locale. Una situazione evidentemente non riscon­trabile nel caso del Comune di 2.000 o di 2 mi­lioni di abitanti.

Inoltre tale legge appare caratterizzata dalla scelta dell'intervento preventivo come metodo per affrontare il bisogno di servizi.

Nulla di tutto questo appare nei progetto di legge ora in discussione nel quale non viene pre­vista la zonizzazione, i Consorzi di Comuni pos­sono riguardare territori del tutto diversi dai Co­mitati Sanitari di Zona, la gestione dei servizi viene affidata agli Enti più diversi oltre che ai Comuni, la partecipazione ed il controllo demo­cratico sono previsti in modo del tutto evasivo, i servizi sono tipicamente assistenziali e preve­dono strutture organizzative del tutto indipen­denti da quelle degli altri servizi di base.

A nostro parere una scelta politicamente coe­rente con la precedente comporterebbe vicever­sa la trasformazione dei Comitati Sanitari di Zo­na in Comitati Sanitari e Sociali di Zona, nell'am­bito delle attività dei quali sia possibile indivi­duare anche i servizi necessari ad evitare situa­zioni di emarginazione delle persone anziane.

3.2 - Il progetto di legge ora in discussione, pur rifiutando l'ipotesi dell'Unità locale dei ser­vizi, non definisce chiaramente il ruolo dei co­muni nella gestione degli stessi.

In realtà i Comuni (anche quelli di 2000 abitan­ti che non si vogliono consorziare) sembrano chiamati a continuare un'azione di finanziamen­to di Enti pubblici e privati attraverso il mecca­nismo delle rette, nonché ad un'attività di scelta fra servizi del tutto diversi (dall'assistenza do­miciliare all'ospizio) gestiti da altri Enti, finan­ziati direttamente dalla Regione.

Di fatto poi le richieste per i contributi da par­te di questi ultimi dovrebbero essere «istruite» e classificate dalle Amministrazioni provinciali che verrebbero così ad assumere un ruolo di me­diazione tra l'Ente e la Regione del tutto ingiusti­ficato: il potere di programmazione che la legge assegna ai Comuni si tradurrebbe solo nella pos­sibilità di emettere un parere vincolante sulle richieste degli altri Enti nel periodo di 30 giorni, trascorso il quale la valutazione si intende po­sitiva.

Un periodo di tempo che non tiene assoluta­mente conto dei tempi tecnici delle «macchine» comunali lombarde.

A nostro parere, in una legge di questo tipo, l'unica possibilità di dare un potere ai Comuni consiste nel finanziare direttamente solo questi ultimi.

Le scelte in ordine agli eventuali Enti diversi da finanziare dovrebbero così essere affrontate a livello comunale; solo in tal modo sarà possi­bile evitare di mettere questi ultimi costante­mente di fronte al fatto compiuto.

Ma la scelta politica relativa alla tipologia de­gli interventi da realizzare ed a quelli da privile­giare deve essere propria della Regione trattan­dosi di una scelta in ordine alla programmazione globale dei servizi.

Nel momento in cui la legge finanziasse in mo­do indiscriminato una tipologia di servizi con­traddittoria, come quella prevista in questo caso, di fatto la Regione verrebbe a delegare proprio tale attività di programmazione.

3.3 - La funzione dei tecnici ed operatori so­ciali è indubbiamente fondamentale nella realiz­zazione di qualsiasi tipo di servizio. Anzi si può dire che il livello dei servizi organizzati potreb­be essere valutato in funzione del numero e del­la tipologia dei tecnici ed operatori impiegati.

La proposta di legge in esame fa un riferimen­to a costoro solo a proposito del servizio di as­sistenza domiciliare parlando genericamente di «équipes pluriprofessionali»; è veramente poco.

Non un accenno è infatti riscontrabile a propo­sito del tipo di operatori che si reputano neces­sari per il funzionamento dei servizi proposti né, tantomeno, degli standards qualitativi e quanti­tativi.

È veramente preoccupante che non si preve­dano forme di preparazione dei tecnici necessa­ri né di riqualificazione degli operatori che oggi lavorano nel settore.

Forse anche la Regione Lombardia intende con­tinuare a fondare la propria attività assistenzia­le sul volontariato, sul sotto impiego e sulle con­dizioni di sfruttamento che oggi si devono regi­strare in tanti ospizi ed istituti italiani?

 

4 - Conclusioni

In definitiva, a conclusione delle osservazioni sopra esposte, da parte nostra si ritiene indi­spensabile che la commissione attui un ripensa­mento dell'intero testo del progetto di legge, la cui ristesura ci auguriamo tenga conto dei se­guenti elementi fondamentali:

a) definizione di una serie di interventi eco­nomici, sotto forma di incentivi, nei confronti di quei Comuni che vogliano realizzare servizi in settori diversi (casa, sanità, assistenza, lavoro) che di fatto prevengano o contrastino le situa­zioni di emarginazione in cui si trovano «an­che» (ma non solo) le persone anziane in Lombardia.

Sono dunque da rifiutare i servizi «di cate­goria».

La tipologia dei servizi proposti dovrà essere chiaramente definita e gli incentivi distribuiti secondo meccanismi di validità generale.

b) Organizzazione dei servizi sociali in stret­ta connessione con i servizi sanitari attraverso l'estensione delle competenze dei Comitati Sa­nitari di Zona o, perlomeno, mediante un preciso collegamento a questi ultimi nell'organizzazione, nelle competenze, nella zonizzazione e nelle for­me di partecipazione e di controllo democratico da parte delle organizzazioni sociali e sindacali.

Tali forme di collegamento dovranno essere comunque chiaramente definite nel testo della legge.

c) Definizione della tipologia, delle caratteri­stiche e del numero degli operatori richiesti per il funzionamento dei servizi; oltre alla prepara­zione di nuovi tecnici si ritiene importante pre­vedere opportune forme di riqualificazione dei lavoratori che già sono inseriti nel settore assi­stenziale. Solo in tal modo sarà possibile parla­re di servizi anziché di interventi di beneficenza.

d) Definizione degli standards richiesti a ri­coveri ed istituti assistenziali in ordine alla pos­sibilità che i Comuni utilizzino in via transitoria finanziamenti regionali per sovvenzioni nei loro confronti; finanziamenti che comunque la Regio­ne non effettuerà direttamente ad Enti ed Istitu­zioni diverse dagli Enti locali democratici e loro Consorzi.

 

 

 

 

(1) Testo della proposta di legge della Giunta della Re­gione Lombardia, presentata il 26-4-1973.

Art. 1

La Regione, riaffermando l'impegno a promuovere una politica di assistenza all'anziano che gli consenta di con­tinuare a partecipare, anche dopo l'età del pensionamen­to, all'attività sociale e culturale nell'ambito della comu­nità di appartenenza, assegna a Comuni, consorzi di Co­muni. Enti comunali di assistenza e istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza, contribuiti per la creazione e lo sviluppo di servizi intesi a favorire l'autosufficienza dell'anziano e ad evitarne l'emarginazione.

Nell'assegnazione dei contributi viene data precedenza alle richieste presentate da Comuni e consorzi di Comuni.

Art. 2

La politica dei servizi per l'anziano deve in primo luogo assicurare, nel quadro di un corretto assetto urbanistico, possibilità di scelta ed in particolare offrire alternative alla istituzionalizzazione.

A tale fine possono essere concessi contributi per i sottoelencati servizi: a) assistenza domiciliare; b) servizio alloggi; c) centri diurni di assistenza; d) case-albergo; e) case di soggiorno; f) case di riposo.

Art. 3

Si intende per assistenza domiciliare quel complesso di prestazioni effettuate da équipes pluriprofessionali al do­micilio dell'anziano, per consentirgli una esistenza auto­noma in seno alla comunità di appartenenza.

Il servizio di assistenza domiciliare deve essere prefe­ribilmente collegato al servizio alloggi di cui all'art. 5.

I contributi regionali per l'assistenza domiciliare sono concessi agli enti di cui all'art. 1 della presente legge in misura proporzionale al numero delle persone assistite ed in relazione al numero di ore di aiuto domiciliare prestato. I contributi stessi non potranno eccedere la somma di L. 120.000 annue per persona.

Art. 4

Alle domande di contributo per il servizio di assistenza domiciliare di nuova istituzione, deve essere allegato il preventivo di spesa nonché il relativo piano di interventi con l'indicazione del personale addetto e del numero dei beneficiari del servizio; per i servizi già esistenti deve essere allegata la relazione programmatica, il conto con­suntivo dell'esercizio precedente ed il bilancio preventivo dell'esercizio in corso.

Art. 5

Il servizio alloggi fornisce un'alternativa alla sistemazio­ne in complessi ricettivi a carattere comunitario, dando in uso o in affitto a canone di favore a persone singole o coniugate alloggi di proprietà degli Enti di cui all'art. 1 o dei quali gli Enti abbiano comunque la disponibilità.

In via transitoria, in attesa della realizzazione di adegua­ti programmi di edilizia popolare, gli Enti stessi possono altresì assegnare alle persone di cui al comma preceden­te sovvenzioni in conto affitto per alloggi le cui condizio­ni di abitabilità e di locazione siano state da essi verifi­cate.

Le sovvenzioni in conto affitto saranno versate ai bene­ficiari sotto forma di assegni da pagarsi all'ordine del locatore.

I contributi regionali per il servizio alloggi sono di due tipi:

a) contributi annui costanti per l'acquisto, il riattamen­to di alloggi, nella misura indicata al 3° comma dell'art. 8 della presente legge;

b) contributi commisurati all'entità delle sovvenzioni in conto affitto erogate dagli Enti di cui al 1° comma del presente articolo o alla differenza tra i canoni di favore praticati dagli Enti stessi ed i canoni di mercato; tali con­tributi non potranno comunque superare L. 120.000 annue per alloggio.

Art. 6

Alle domande di contributo di cui al precedente art. 5, devono essere allegati: progetto di massima dell'opera, nel caso di contributi per il riattamento di alloggi; plani­metria nel caso di contributi per l'acquisto di alloggi; do­cumentazione circa l'entità degli interventi in conto affit­to a carico degli Enti richiedenti, nel caso di contributi di cui alla lettera b) del 4° comma; piano di finanziamento e, nel caso in cui siano previste operazioni di mutuo, dichia­razione dell'istituto di credito dalla quale risulti che il medesimo è disposto a concedere il mutuo.

Alle domande di contributo deve in ogni caso essere allegata la relazione riguardante l'iniziativa programmata.

Art. 7

I centri diurni di assistenza forniscono, a livello resi­denziale (di quartiere o di Comune), servizi integrati di ri­storo e tempo libero e prestazioni dirette ad assicurare alle persone anziane effettive possibilità di vita autonoma.

Detti centri debbono essere preferibilmente collegati con servizi di carattere sanitario e culturale e devono essere aperti alla comunità.

Agli Enti di cui all'art. 1 della presente legge sono con­cessi, per la realizzazione di centri diurni di assistenza, i contributi di cui all'art. 8, secondo le modalità previste dagli artt. 10 e 11 della presente legge.

Art. 8

Le case albergo forniscono agli ospiti servizi generali di tipo alberghiero, senza specifici interventi assistenziali; le case di soggiorno forniscono servizi analoghi in zone climatiche e sono aperte anche ad altre categorie di citta­dini. I contributi per le case albergo e le case di soggior­no sono di due tipi: a) contributi annui costanti per l'acqui­sto, la costruzione, il riattamento e l'ampliamento degli edifici; b) contributi per l'acquisto di attrezzature ed ar­redi. I contributi di cui alla lettera a) possono essere con­cessi fino ad un massimo del 5°% della spesa ritenuta am­missibile, per un periodo non eccedente i 20 anni.

I contributi di cui alla lettera b) possono essere con­cessi fino ad un massimo del 60% della spesa ammissi­bile.

Art. 9

Le case di riposo forniscono agli ospiti, oltre ai servizi generali di tipo alberghiero, anche servizi specifici di ca­rattere assistenziale, servizi di tempo libero, nonché ser­vizi di assistenza sanitaria generica.

Le case di riposo, ove non ubicate in zone climatiche, devono essere di norma destinate ad accogliere anziani residenti nel Comune o nel comprensorio.

Per le case di riposo possono essere concessi contribu­ti per il riattamento degli edifici, nella misura di cui al 3° comma del precedente art. 8, purché non comporti un aumento della capacità ricettiva.

Possono beneficiare dei contributi di cui al precedente comma anche gli enti diversi da quelli indicati nell'art. 1 i quali operino prevalentemente in favore di assistiti a carico degli Enti locali sulla base di convenzioni stipulate con gli enti stessi e sottoposte a speciale approvazione della Giunta regionale.

Art. 10

Alle domande di contributo di cui alla lettera a) dell'art. 8 ed al 3° comma dell'art. 9 devono essere allegati:

1) documentazione sulla natura giuridica dell'ente ed eventuali statuti e regolamenti interni; 2) progetto di mas­sima dell'opera nel caso di contributi di costruzione, riat­tamento o ampliamento; 3) relazione illustrativa; 4) docu­mentazione sulla disponibilità e le caratteristiche dell'area nel caso di contributi di costruzione; 5) piano di finanzia­mento con l'indicazione dell'istituto di credito al quale si intenda ricorrere nel caso in cui siano previste opera­zioni di mutuo; 6) consuntivo relativo all'esercizio prece­dente e bilancio preventivo relativo all'esercizio in corso; 7) convenzioni di cui al precedente art. 9, comma 4°.

Art. 11

Alle domande di contributo di cui alla lettera b) dell'art. 8 devono essere allegati: 1) preventivi di spesa; 2) relazione illustrativa; 3) consuntivo relativo all'esercizio precedente e bilancio preventivo relativo all'esercizio in corso; 4) regolamento interno della casa.

Art. 12

I regolamenti interni delle case albergo, case di sog­giorno e case di riposo per le quali siano concessi contri­buti ai sensi della presente legge, devono prevedere for­me di partecipazione degli ospiti e dei rappresentanti del­le forze sociali, consentire la massima libertà compatibile con le esigenze di vita comunitaria ed agevolare l'ac­cesso di visitatori.

Art. 13

Le richieste per i contributi previsti dalla presente leg­ge, sottoscritte dai legali rappresentanti degli Enti di cui agli artt. 1 e 9, ultimo comma, ed accompagnate dalle do­liberazioni degli organi competenti dalle quali risulti l'im­pegno ad attuare l'iniziativa per la quale si richiede il con­tributo, condizionatamente alla concessione del contributo stesso, devono pervenire entro il 31 marzo di ogni anno alle Amministrazioni provinciali territorialmente compe­tenti, cui è affidata l'istruttoria delle domande e la predi­sposizione dello schema di piano con l'ordine di priorità delle richieste, in base alle esigenze locali.

Ai fini della valutazione delle domande, presentate da enti diversi dai Comuni e consorzi di Comuni, l'Ammini­strazione provinciale promuove parere vincolante del Co­mune territorialmente competente. Il parere deve essere emesso entro 30 giorni dalla richiesta; trascorso tale ter­mine senza che il Consiglio comunale si sia pronunciato, il parere si intende favorevole.

Entro il 30 giugno le Amministrazioni provinciali tra­smettono alla Giunta regionale gli schemi di cui al primo comma, unitamente alla relativa documentazione.

Art. 14

Entro il 15 settembre di ogni anno, su proposta della Giunta, il Consiglio regionale approva il piano di riparti­zione dei contributi, con l'indicazione della spesa ammes­sa a contributo per ogni singolo Ente.

In seguito all'approvazione del piano di ripartizione dei contributi, l'Amministrazione regionale comunica agli Enti inclusi nel piano stesso il termine entro il quale dovranno essere presentati i progetti esecutivi delle opere, eventuali contratti di mutuo con il piano di ammortamento nonché, quando si tratti degli Enti di cui all'art. 1, le relative deli­berazioni con l'annotazione dell'esecutività delle medesime.

Art. 15

I provvedimenti di concessione dei contributi sono adot­tati con decreto del Presidente della Giunta regionale. Con i provvedimenti di concessione dei contributi di costruzione, riattamento o ampliamento, sono approvati i progetti esecutivi delle opere e sono fissate le date di inizio e ultimazione dei lavori.

Entro due mesi dalla data di inizio dei lavori risultante da verbale vistato dagli organi periferici dell'assessorato regionale ai Lavori pubblici, verrà erogata la prima rata di contributo; le altre annualità verranno erogate entro il 30 settembre di ogni anno.

Art. 16

Alla vigilanza sui lavori provvede l'assessore regionale ai Lavori pubblici per mezzo dei propri uffici.

La nomina dei collaudatori avviene con decreto del Pre­sidente della Giunta regionale, traendoli dall'elenco di cui all'art. 2, lettera f), della legge regionale G giugno 1972, n. 11.

Per la vigilanza sulla realizzazione dei servizi di cui agli articoli 3 e 5 della presente legge, l'Amministrazione re­gionale potrà avvalersi degli uffici delle Amministrazioni provinciali.

Art. 17

La Giunta, e per essa l'assessore competente, esplica attività promozionale e di coordinamento nei servizi di as­sistenza alle persone anziane finanziati coi contributi di cui alla presente legge.

Art. 18

L'erogazione dei contributi per l'acquisto di attrezzature ed arredi e dei contributi per il servizio assistenza domi­ciliare e sussidi in conto affitto, viene disposta con il prov­vedimento di concessione ed avviene in un'unica soluzione. Il provvedimento di concessione fissa la data di avvio del servizio di assistenza domiciliare e del servizio alloggi. Gli enti beneficiari, al termine dell'esercizio finanziario, so­no tenuti a documentare all'Amministrazione regionale l'av­venuto acquisto degli arredi ed attrezzature ed a presen­tare il rendiconto della gestione dei servizi di cui agli artt. 3 e 5 della presente legge con l'elenco nominativo degli assistiti.

Art. 19

Sugli immobili costruiti, riattati, ampliati o acquistati con i contributi di cui alla presente legge è costituito vin­colo ventennale di destinazione.

La Giunta regionale può autorizzare lo svincolo antici­pato quando ciò sia richiesto da motivi di pubblico in­teresse.

Art. 20

I mutui eventualmente contratti dagli Enti di cui all'art. 1 cui siano stati assegnati contributi in annualità per gli scopi previsti dalla presente legge, possono essere ga­rantiti in tutto o in parte dalla Regione.

La concessione della garanzia e le relative modalità so­no deliberate dalla Giunta regionale.

Art. 21

Le spese sostenute dalle Amministrazioni provinciali per l'espletamento dei compiti previsti dalla presente leg­ge sono a carico della Regione.

Esse verranno rimborsate annualmente con decreto del Presidente della Giunta regionale, su deliberazione della Giunta stessa, secondo i criteri concordati con le Ammi­nistrazioni provinciali.

Art. 22

Entro 6 mesi dall'entrata in vigore della presente legge saranno emanate nonne per determinare gli standards strutturali ed organizzativi cui dovranno rispondere le ca­se albergo, le case di riposo e le case di soggiorno per poter beneficiare dei contributi di cui alla presente legge.

Art. 23

Per l'attuazione delle provvidenze previste all'art. 3, ter­zo comma e all'art. 5, lettera b) della presente legge, è autorizzata la spesa di L. 1.500 milioni per l'anno 1973, di L. 2.000 milioni per l'anno 1974 e di L. 2.000 milioni per l'anno 1975.

Per l'attuazione delle provvidenze previste all'art. 5, let­tera a), all'art. 7, terzo comma, all'art. 8, lettera a), e al­l'art. 9, terzo comma, è autorizzato il limite di impegno di spesa di L. 300 milioni per l'anno 1973, di L. 500 milioni per l'anno 1974 e di L. 800 milioni per l'anno 1975, ai fini della concessione dei contributi in annualità e per la du­rata di anni venti.

Per l'attuazione delle provvidenze previste all'art. 7 ed all'art. S, secondo comma lettera b), è autorizzata la spe­sa di L. 400 milioni per l'anno 1973 e di L. 500 milioni per ciascuno degli anni 1974 e 1975.

Per il rimborso delle spese sostenute dalle Amministra­zioni provinciali ai sensi dell'art. 21 è autorizzata per l'an­no 1973 la spesa di L. 30 milioni; per gli anni successivi l'annuale stanziamento verrà iscritto nella misura occor­rente negli stati di previsione della spesa corrente dei bi­lanci regionali di competenza.

Art. 24

Per gli oneri a carico del bilancio 1973 determinati in complessive L. 2.230 milioni si fa fronte mediante riduzio­ne, rispettivamente per L. 1.530 milioni e per L. 700 milio­ni, degli stanziamenti dei capitoli 1722 - «Fondo globale per il finanziamento delle spese correnti derivanti da nuo­vi provvedimenti legislativi regionali» - e 2722 - «Fon­do globale per il finanziamento delle spese in conto capi­tale derivanti da nuovi provvedimenti legislativi regiona­li» - iscritti nello stato di previsione della spesa del bi­lancio regionale 1973, nel quale vengono istituiti:

- al titolo I, sezione V, rubrica 3ª:

il capitolo 752, categoria III, con la denominazione «Con­tributi a Comuni, consorzi di Comuni, Enti comunali di as­sistenza e istituzioni pubbliche di assistenza e beneficen­za, per l'assistenza domiciliare agli anziani e per l'eroga­zione ai medesimi di sovvenzioni a sollievo degli oneri di locazione di alloggi» e con la dotazione di L. 1.500 milioni;

- al titolo li, sezione V, rubrica 2ª:

il capitolo 2140, categoria X, con la denominazione «Con­tributi in annualità a Comuni, consorzi di Comuni, Enti co­munali di assistenza e istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza, per l'acquisto, la costruzione, il riattiva­mento e l'ampliamento degli edifici adibiti a case albergo e case di soggiorno per anziani; per il riattamento degli edifici destinati a case di riposo per anziani; per l'acqui­sto ed il riattamento di alloggi per anziani, per la realiz­zazione di centri diurni di assistenza per anziani - 1° an­nualità del primo limite di impegno ventennale» e con la dotazione di L. 300 milioni;

il capitolo 2141, categoria X, con la denominazione «Con­tributi in capitale a Comuni, consorzi di Comuni, Enti co­munali di assistenza, e istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza, per l'acquisto di arredi e attrezzature di case albergo e di case di soggiorno e di centri diurni di assistenza per anziani» e con la dotazione di L. 400 mi­lioni.

Al rimborso delle spese sostenute dalle Amministrazio­ni provinciali a norma del quarto comma dell'articolo pre­cedente, si provvede per l'anno 1973 con il capitolo 800 «Spese per l'esercizio delle funzioni delegate dalla Re­gione ai Comuni ed alle Provincie» iscritto «per memo­ria» nello stato di previsione della spesa del bilancio re­gionale 1973 al titolo I, sezione V, rubrica 3ª, capitolo che viene dotato dello stanziamento di L. 30 milioni.

Per gli anni 1974 e 1975 gli stanziamenti per le spese autorizzate come al precedente articolo, verranno iscritti negli stati di previsione della spesa dei rispettivi bilanci regionali di competenza nei capitoli corrispondenti a quelli come sopra istituiti per il 1973.

Le annualità di spesa conseguenti ai limiti di impegno assunti per gli anni 1973, 1974 e 1975 verranno iscritte ne­gli stati di previsione della spesa dei bilanci regionali di competenza a tutto il 1994.

Le spese in conto capitale autorizzate per gli anni 1973, 1974 e 1975 e non impegnate negli esercizi di competen­za, potranno essere utilizzate negli esercizi successivi a norma del secondo comma dell'art. 36 del R.D. 18 novem­bre 1923, n. 2440 e successive modificazioni.

Le somme stanziate annualmente per le spese corren­ti previste dalla presente legge e non impiegate nell'eser­cizio di competenza, possono essere utilizzate nell'eser­cizio successivo.

Art. 25

In via transitoria, e limitatamente all'anno 1973, le do­mande di contributo, di cui all'art. 13, devono venir presen­tate alle Amministrazioni provinciali entro sessanta gior­ni dall'entrata in vigore della presente legge ed il piano di ripartizione dei contributi viene approvato dal Consiglio regionale entro il 30 novembre.

 

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