Prospettive assistenziali, n. 23, luglio-settembre 1973

 

 

DOCUMENTI

 

SENTENZA SULLE LAVORATRICI MADRI ADOTTIVE

LA LEGGE 30-12-1971 N. 1204 SI APPLICA A TUTTE LE LAVORATRICI MADRI, COMPRESE QUELLE ADOTTIVE

 

 

IL PRETORE DI BOLOGNA DR. FEDERICO GOVER­NATORI HA PRONUNCIATO LA SEGUENTE SENTENZA NELLA CAUSA CIVILE PROMOSSA DA:

 

Balice Dima in Grillini elettivamente domicilia­ta in Bologna, presso e nello studio degli avv.ti Lucio Solatti e Luigi Stortoni, che la rappresenta­no e difendono in giudizio come da mandato a margine all'atto di citazione (Attrice).

Contro

S.p.a. Grimeca in persona dell'amministratore unico Angiolino Grillini, elettivamente domicilia­ta in Bologna, presso e nello studio dell'avv. Or­nello Ossorio che unitamente al dr. proc. Ermes Montani, la rappresenta e difende in giudizio co­me da mandato in calce alla copia notificata dell'atto di citazione (Convenuta).

In punto a:

«Reintegrazione nel posto di lavoro e risarcimen­to danni»

 

Conclusioni

 

Il procuratore dell'attrice chiede e conclude:

«Ogni contraria istanza disattesa, udirsi:

1) dichiarare che l'art. 7 L. 30 dicembre 1971 n. 1204 trova applicazione anche nelle ipotesi di affidamento provvisorio di minore in attesa di affidamento preadottivo, di cui all'art. 314/6 C.C.;

2) dichiarare la nullità del licenziamento inti­mato all'attrice il 25 ottobre 1972 perché in vio­lazione della legge 30 dicembre 1971 n. 1204;

3) condannare all'immediata reintegrazione nel posto di lavoro non appena decorso il perio­do di assenza di cui all'art. 7 Legge 20-5-1970 n. 300;

4) condannare al risarcimento dei danni da li­quidare secondo il dettato di legge e le risultan­ze di causa. In ogni caso entro i limiti della com­petenza pretorile.

Con vittoria di spese».

Il procuratore della Società convenuta chiede e conclude:

«Piaccia all'ill.mo Sig. Pretore di Bologna, ogni contraria domanda, tesi ed istanza reietta, previa ogni declaratoria di legge e del caso, respingere le domande proposte dalla sig.ra Balice Dima. Vinte le spese».

 

Svolgimento del processo

 

Dima Balice in Grillini ha chiamato a giudizio la S.p.a. Grimeca con citazione notificata il 17-1­1973 deducendo di lavorare alle dipendenze di tale società dal 6-5-1970 quale operaia di terza categoria. Il 3 ottobre 1972 il Tribunale dei mi­norenni di Bologna aveva affidato ai sensi dell'art. 314/6 C.C. il minore Fabrizio Coletti, na­to il 30 marzo 1972, a Dima Balice e a suo marito, che avevano fatto domanda di adozione speciale.

Il 20 ottobre 1972 la Balice aveva chiesto al datore di lavoro un permesso per 4 mesi, ai sensi dell'art. 7 L. 30-12-1971 n. 1204 (tutela delle la­voratrici madri) per poter assistere il bambino affidatole.

La società Grimeca aveva risposto con lettera 21 ottobre affermando che «la legge citata ri­guarda solo le lavoratrici che hanno generato i figli, e non quelle che li hanno adottati».

La Balice si era assentata dal lavoro per assi­stere il bambino, dopo aver inutilmente cercato di parlare con il datore di lavoro; con lettera del 25 ottobre 1972 veniva licenziata.

La Balice aveva impugnato il licenziamento e promosso quindi il giudizio.

La Società Grimeca si è costituita in giudizio deducendo che la legge 30-12-1971 n. 1204 si ap­plica solo alle lavoratrici che hanno partorito fi­gli, e non a quelle che ne hanno adottati.

Sulla questione dell'applicabilità della legge richiamata al caso, dopo la produzione di docu­menti, la causa è passata in decisione.

 

Motivi della decisione

 

1) «La lavoratrice ha diritto di assentarsi dal lavoro, trascorso il periodo di astensione obbliga­toria di cui alla lettera c) dell'art. 4 della pre­sente legge, per un periodo, entro il primo anno di vita del bambino, di sei mesi, durante il quale le sarà conservato il posto.

La lavoratrice ha diritto, altresì, ad assentarsi dal lavoro durante le malattie del bambino di età inferiore ai tre anni, dietro presentazione di cer­tificato medico.

I periodi di assenza di cui ai precedenti commi sono computati nell'anzianità di servizio, esclusi gli effetti relativi alle ferie e alla tredicesima mensilità o gratifica natalizia».

Questo il testo integrale dell'art. 7 della legge 30 dicembre 1971 n. 1204.

Il Pretore ritiene tale norma applicabile nel caso, come sostiene l'attore.

 

2) Particolare oggetto della tutela dell'art. 7 citato, di cui si chiede l'applicazione nel presen­te giudizio, non è solo o preminentemente l'in­teresse della lavoratrice ad assistere il proprio figlio, ma l'interesse della nuova creatura venu­ta al mondo, nel particolare e delicato momento del suo primo sviluppo fisico e psichico, ad ave­re nella misura più ampia possibile l'insostitui­bile e continua presenza della madre.

Tale interesse, oggettivamente considerato, co­stituisce la base del diritto della lavoratrice ma­dre di assentarsi dal lavoro, proprio perché è considerato prevalente, per evidenti ragioni so­ciali, sul diritto del datore di lavoro alla presta­zione del dipendente.

La dimostrazione di quanto si asserisce è for­nita in modo chiaro dal capoverso dello stesso articolo, che prevede il diritto all'assenza dal la­voro della madre nel caso di malattia del bimbo, fino ai tre anni di età di questo: è cioè l'interesse del bambino ad ispirare tale norma.

Risulta altresì evidente che tali norme sono una diretta applicazione dei principi costituziona­li che regolano la famiglia, ed il dovere e diritto dei genitori di «mantenere, istruire, ed educare i figli», e in particolare della direttiva richiamata all'art. 31 cpv. Costituzione, per cui la Repubblica «protegge la maternità, l'infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale scopo».

Individuata così sommariamente la ragione del­la norma va ricercato l'ambito della sua applica­zione.

La legge 5 giugno 1967, n. 431, sull'adozione speciale, con tutte le sue articolate disposizioni, oltre che a dare attuazione ai generali principi costituzionali sopra richiamati provvede alla com­plementare specifica attuazione della norma dell'art. 30 cpv. della Costituzione, secondo cui «nei casi di incapacità dei genitori, la legge provvede a che siano assalti i loro compiti».

È per questa ragione che i presupposti fonda­mentali che devono esistere perché si renda possibile l'adozione speciale di un minore consi­stono nello stato di abbandono materiale e mo­rale di un bambino da parte dei genitori, e nella volontà e nella idoneità di una diversa coppia di coniugi di diventare padre e madre di tale bam­bino in luogo dei genitori naturali (assumendo­ne tutti i diritti e i doveri), sotto il controllo e per decisione del Tribunale per i Minorenni. Sotto il profilo giuridico l'adozione speciale ha l'effet­to di attribuire all'adottato «lo stato di figlio le­gittimo degli adottanti» (art. 314/26 C.C.) di conseguenza attribuisce ai genitori adottivi il diritto-dovere di allevare, mantenere, istruire ed educare il figlio loro affidato.

Ecco dunque stabilito lo scopo e l'effetto del­la adozione speciale: fare diventare il bambino abbandonato figlio, a tutti gli effetti, dei genitori adottivi; far diventare i coniugi adottivi genitori del bambino, sotto tutti gli aspetti.

E quando si dice a tutti gli effetti, sotto tutti gli aspetti, si intende appunto menzionare la ap­plicazione di tutte le norme che regolano il rap­porto tra genitori e figli nel nostro ordinamento, e ciò indipendentemente dalla specifica colloca­zione sistematica delle norme che disciplinano particolari aspetti del rapporto tra genitori e figli.

Ecco dunque chiarito brevemente come e per­ché l'art. 7 L. 30-12-1971 n. 1204 (nei termini spe­cificatamente indicati dalla norma) si applica di­rettamente anche al caso della lavoratrice che abbia adattato un bambino.

L'obiezione del contenuto, secondo il quale la legge 30-12-1971 n. 1204 si applicherebbe solo alle lavoratrici che abbiano generato un figlio, ha senso solo ove le disposizioni della legge, fac­ciano riferimento esplicito e inequivocabile al fatto fisico della generazione, e alle sue conse­guenze dirette, e siano rivolte a regolare l'interesse alla tutela sanitaria della lavoratrice ma­dre, nel senso biologico del termine. L'obiezione non ha invece consistenza e fondamento ove si voglia genericamente e indistintamente riferire alle norme che prendono in diretta considerazio­ne l'interesse alla tutela del bambino neonato, anche se - naturalmente - in rapporto con la madre. Sotto questo profilo non si possono por­re differenze, dal punto di vista legale, e sotto l'aspetto, preso in considerazione dalla legge, dell'interesse del bambino, tra la lavoratrice che ha generato e la lavoratrice che ha adottato il bambino: il rapporto, sotto il profilo giuridico, viene regolato in modo uniforme, con l'applica­zione diretta della norma, in virtù di una necessa­ria interpretazione sistematica.

Infatti l'interesse del bambino, quale costitu­zionalmente e legislativamente assunto ad ogget­to della tutela, è realmente identico nei due ca­si: ogni diversità sarebbe palesemente discrimi­natoria, irrazionale e perciò stesso incostituzio­nale.

Vale la pena di esemplificare per rendere chia­ro il ragionamento.

È evidente che le norme della legge 30-12-1971 n. 1204 che prendono in riferimento i fatti della gestazione e del parto (quali ad esempio gli artt. 2, 3, 4, 5) non trovano applicazione nel rap­porto di adozione; ma non vi è ragione umana e giuridica che consenta di differenziare ragione­volmente la madre naturale dalla madre adotti­va, ad es., per quanto attiene al diritto della la­voratrice di assentarsi dal lavoro «durante le malattie del bambino di età inferiore a 3 anni, dietro presentazione di certificato medico», di cui all'art. 7 cpv. della legge citata!

Inoltre, non si può argomentare (come fa il convenuto) dalla asserita specialità delle leggi di tutela della maternità della lavoratrice e sull'adozione l'impossibilità di una interpretazione sistematica delle norme.

Nel nostro diritto, infatti, l'art. 14 delle dispo­sizioni sulla legge in generale esclude solo la applicazione analogica delle leggi penali e di «quelle che fanno eccezioni a regole generali ed altre leggi». E a ben vedere, per quanto si è detto prima, le disposizioni sulla tutela delle la­voratrici madri e quelle sull'adozione speciale non sono norme che facciano eccezione a regole generali o ad altre leggi: esse sono applicazioni di direttive costituzionali. In particolare la legge sulla tutela delle lavoratrici madri si colloca nel quadro della generale direttiva dell'art. 3 cpv. della Costituzione, che affida alla Repubblica, - e perciò al Parlamento che fa le leggi, come al giudice che deve applicarle nei casi concre­ti -, il compito di rimuovere gli ostacoli di or­dine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'uguaglianza dei cittadini, impedisco­no il pieno sviluppo della persona umana e l'effet­tiva partecipazione di tutti i lavoratori all'or­ganizzazione politica economica e sociale del Paese.

Non è necessario insistere sul fatto che la tu­tela della lavoratrice per l'adempimento dei do­veri della maternità (e più ancora se questa sia consapevole e volontaria, quale è prevista dalla adozione speciale), è un interesse che favorisce lo sviluppo della persona nel quadro della comu­nità. La tutela della paternità e della maternità adottiva si traduce comunque di fatto nella pro­tezione del bambino abbandonato, che viene ap­punto affidato a coniugi che appaiono maturi per il compito della sua formazione, anche per sot­trarlo ai deleteri ben conosciuti effetti della ca­renza affettiva e della istituzionalizzazione dei minori. Per questa ragione la disciplina dell'ado­zione speciale ha assunto un più spiccato ca­rattere pubblicistico, attesa la funzione più si­gnificativamente sociale attribuita alla famiglia adottiva.

 

3) Risolta dunque la questione dell'applica­zione dell'art. 7 L. 30-12-1971 n. 1204 anche alla madre adottiva, si deve esaminare se la norma possa essere applicata anche all'affidamento tem­poraneo preadottivo; quello cioè che riguarda il minore Fabrizio Coletti e la famiglia di Dima Ba­lice in Grillini.

Il Pretore ritiene che la norma sia applicabile anche all'affidamento preadottivo di cui all'art. 314/20 C.C.; anzi, per meglio far aderire le nor­me alle intenzioni del legislatore e alle esigenze della realtà tutelata, giudica che la norma si ap­plichi anche all'affidamento temporaneo di cui all'art. 314/6 C.C., quale è quello disposto dal Tribunale dei Minorenni di Bologna a favore dei coniugi il 10-10-1972, (come risulta dal provve­dimento agli atti) proprio perché la necessità di una particolare tutela dell'infante, nei primi me­si della sua vita, non deve essere posposta alle altrettanto ragionevoli esigenze di cautela e di ponderatezza che conducono ad una programma­ta durata del procedimento che si conclude col decreto di adozione.

Genitori non ci si improvvisa: le difficoltà dell'apprendere ad adempiere il compito di allevare, mantenere, educare ed istruire i figli valgono an­che per i genitori adottivi. La formazione della famiglia adottiva richiede del tempo; oltre alle verifiche e agli accertamenti che precedono lo stesso affidamento, la stessa possibilità dell'ab­binamento del minore abbandonato ad una cop­pia di coniugi aspiranti all'adozione, e cioè la formazione della famiglia adottiva viene control­lata in concreto dal Tribunale anche e soprattut­to nella fase dell'affidamento temporaneo prea­dottivo.

Sotto l'aspetto giuridico l'affidamento, sia ai sensi dell'art. 314/6 sia ai sensi dell'art. 314/20, crea un rapporto nuovo rispetto alla situazione preesistente tra il bambino e gli affidatari, e tra gli affidatari, il bambino e i terzi.

Senza entrare in particolari, superflui agli ef­fetti di questa decisione, si può osservare che tali rapporti giuridici anticipano, senza trasfor­mazioni radicali, ma come effetti interinali e provvisori di una fattispecie in formazione, gli effetti del decreto di adozione: né potrebbe es­sere logicamente differente.

Sotto l'aspetto giuridico-formale tale fenomeno è ben conosciuto; basti richiamare come esem­pio, per rimanere nella materia dei provvedimenti riguardanti la tutela delle persone, gli effetti in­terinali nei procedimenti di inabilitazione e di interdizione. Anche in questi casi si opera sullo status dell'individuo, con effetti nei confronti di terzi, nei limiti della necessità di tutela dei dirit­ti fondamentali della persona.

Nello stesso modo questo giudice ritiene che possano essere anticipati in via provvisoria all'affidamento preadottivo, temporaneo o definiti­vo, gli effetti giuridici dell'instaurazione del rap­porto di filiazione, (che vedrà la sua definitiva stabilizzazione con l'adozione), tra il bambino af­fidato e gli affidatari, aspiranti genitori adottivi, in quello che è lo scopo principale immediato e sostanziale dell'adozione speciale e la ragione stessa dell'affidamento: la cura della salute fi­sio-psichica del minore nel suo primo anno di vita. Ciò, come è ben noto, ed è stabilito legisla­tivamente, presuppone la possibilità di una con­tinua, assidua presenza ed assistenza della ma­dre.

Ove non si ritenesse possibile l'applicazione della norma dell'art. 7 in via anticipata e provvi­soria agli affidamenti preadottivi sarebbero fru­strate le ragioni che sorreggono la esigenza di sottrarre prima possibile il bambino alle conse­guenze negative dell'abbandono e della istituzio­nalizzazione.

Ecco perché non può non trovare applicazione anche all'affidamento preadottivo l'art. 7 L. 30-12­1971 n. 1204, con il conseguente diritto della ma­dre lavoratrice affidataria di un minore all'assen­za dal lavoro per un periodo di 4 mesi nel primo anno di vita del bambino.

L'interpretazione adottata trova conforto nel parere espresso dall'Adunanza Generale del Con­siglio di Stato, II sezione, 19-2-1970, n. 225, in senso favorevole all'accoglimento di un ricorso straordinario al Capo dello Stato di un dipenden­te statale per la mancata corresponsione della quota di aggiunta di famiglia per un minore avuto in affidamento.

Anche in questo caso era stato eccepito che la legge non avrebbe espressamente disciplinato l'aggiunta di famiglia per li minori affidati: ma co­sì non si teneva conto della interpretazione si­stematica delle norme.

Vale anche la pena di notare che il parere del Consiglio di Stato è stato adottato dall'Ammini­strazione dello Stato, come risulta dalla circo­lare del Ministero del Tesoro del 27-3-1971 n. 19.

Inoltre, va considerato che la stessa interpre­tazione, con specifico riferimento all'applicazio­ne dell'art. 7 della legge 30-12-1971 n. 1204, è stata fatta propria da alcune amministrazioni lo­cali di questa regione (si cita per tutte la delibe­razione n. 17091 del Consiglio comunale di Bologna del 7 maggio 1973 approvata all'unanimità) e dal Comune di Milano, anche in relazione all'affidamento temporaneo preadottivo.

 

4) Risolta così la prima e fondamentale que­stione di diritto del presente giudizio il Pretore ritiene che per poter decidere sugli altri aspetti della controversia sia necessario compiere atti­vità istruttoria: pertanto si provvede a ciò con separata ordinanza.

 

P. Q. M.

 

Il Pretore

 

Decidendo parzialmente la controversia, dichiara che l'art. 7 L. 30-12-1971 n. 1204 trova ap­plicazione nel caso dell'affidamento temporaneo preadottivo disposto dal Tribunale dei Minorenni di Bologna il 10 ottobre 1972, del minore Fabri­zio Coletti a Dima Balice in Grillini, dipendente quale operaia di terza categoria della S.p.a. Gri­meca;

provvede con separata ordinanza per la prose­cuzione della causa.

 

Bologna, 24-5-1973.

IL PRETORE (dr. Federico Governatori)

 

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