Prospettive assistenziali, n. 22, aprile-giugno 1973

 

 

ATTUALITÀ

 

IL SERVIZIO DI MEDICINA SCOLASTICA DELLA PROVINCIA DI TORINO: UN PESSIMO ESEMPIO

 

 

L'Amministrazione Provinciale di Torino, in li­nea con la sua politica contraria alle autonomie comunali, si è sostituita ai Comuni nell'istituzio­ne e nella gestione del servizio di medicina sco­lastica.

Scrive infatti l'assessore all'istruzione, Pic­chioni, nella relazione «Servizio scolastico me­dico sociale psicologico», Risultati e commento dell'attività svolta nell'anno scolastico 1970-71, Provincia di Torino, marzo 1972, «la scelta opera­ta dalla nostra Provincia di intervenire comunque - anche se la legge non riconosce, in questo campo, alle Province un ruolo primario, limitan­done le competenze a situazioni particolari - trae ampie motivazioni a monte di una precisa volontà politica che colloca ai vertici dei propri programmi la tutela della salute e il diritto all'istruzione».

Purtroppo ai «vertici dei propri programmi» la Provincia di Torino non colloca i diritti delle persone, ma l'ampliamento dei propri poteri e il soffocamento della partecipazione (1).

Infatti, se la parola «partecipazione» viene spesso ripetuta nella relazione citata, non cono­sciamo un solo atto di reale coinvolgimento de­gli allievi, dei genitori, delle forze sindacali e sociali nel servizio che pur funziona da anni.

Viene inoltre affermato che il «Servizio Sco­lastico Medico-Sociale-Psicologico dell'Ammini­strazione Provinciale da tempo esplica la pro­pria attività attraverso una organizzazione inter­disciplinare».

Ora la realtà del servizio della Provincia di To­rino è questa:

- nessun pediatra è assunto in ruolo (sono pagati a gettone) ed in tal modo è evidente che essi non hanno alcuna autonomia operativa, non disponendo di nessuna sicurezza nel lavoro;

- non è presente, nemmeno come consulen­te, alcun neuropsichiatra infantile.

Prosegue la relazione della Provincia di Tori­no: «Ma per medicina scolastica qui non si vuo­le intendere, anzi si è rifiutato fin dall'inizio, un intervento di routine fatto di visite mediche e di compilazione di cartelle e conseguenti statisti­che».

Invece le statistiche sono il pezzo forte del servizio, tanto che la pubblicazione citata si compone di 32 pagine di relazione e di ben 42 pagine di tabelle.

Inoltre più avanti, a pagina 8, viene esplicita­mente dichiarato, in netto contrasto con quanto sopra citato, che «i dati delle tabelle allegate si riferiscono all'indagine condotta a livello di dé­pistage sulla popolazione scolastica delle prime classi elementari, per un totale di 4363 sog­getti».

Accuratamente rilevati sono i dati politica­mente insignificanti e perciò innocui come: da­ta e luogo di nascita, settore di occupazione del padre e della madre, livello di istruzione dei ge­nitori, dati sanitari dei ragazzi (condizioni gene­rali, vista, udito, apparato della masticazione, tonsille, cuore, apparato scheletrico, situazione vaccinale), numero dei plessi scolastici, nume­ro degli allievi, ecc.

Questi dati sono spesso rilevati ai soli effetti statistici, senza alcun intervento per modificare la situazione. Ciò vale ad esempio per la situa­zione vaccinale che risulta incompleta a Chivas­so addirittura del 19,8%! Nella relazione sono poi riferite alcune situazioni note anche ai non addetti ai lavori come le seguenti: «L'industria rappresenta l'attività economica prevalente del­la Provincia, infatti la maggior parte della mano d'opera sia maschile che femminile è occupata in aziende industriali e più precisamente, come rilevato dall'IRES, nel settore metalmeccanico, settore “guida” dell'economia» (pag. 9).

E più avanti, sempre a pag. 9, viene riferito: «È necessario segnalare un altro aspetto rileva­to nel corso dell'attività e cioè l'aumento di un fenomeno che si è venuto notoriamente svilup­pando negli ultimi tempi in diretta relazione alla situazione strutturale delle aziende: “il part-far­ming”. Il lavoro agricolo infatti costituisce so­vente un'attività complementare ad una occupa­zione nel settore industriale».

E inoltre «Si nota ancora l'invecchiamento e la femminilizzazione della mano d'opera rurale».

Risparmiamo al lettore altre citazioni.

Nulla invece viene riferito nella pubblicazione sull'inserimento di minori handicappati (nemme­no di quelli lievi!) o disadattati nelle classi co­muni, su un'azione diretta alla soppressione del­le classi differenziali, sull'aiuto fornito agli inse­gnanti, sui contatti avuti con le forze sociali del territorio.

Ciò è tanto più grave in quanto la ricerca dell'AAI, da noi pubblicata in estratto sul n. 20 di Prospettive assistenziali con il titolo «Come si emarginano gli alunni nella Provincia di Torino», ha dimostrato che le carenze nel settore sono numerose e molto gravi.

È pertanto del tutto gratuita l'affermazione contenuta nella relazione a pag. 3 secondo la quale il servizio della Provincia di Torino «pur riconducendosi nelle sue linee essenziali a una norma legislativa» avrebbe «ampiamente svi­luppato l'azione in una concezione moderna e de­cisamente anticipatrice degli orientamenti di cui ora si prende coscienza».

 

Lettera al Presidente della Provincia di Torino

A seguito di un'intervista concessa dal diri­gente del servizio di medicina scolastica nella quale richiedeva che la Regione Piemonte dele­gasse alle Province le funzioni in materia di me­dicina scolastica, il 21 marzo 1973 l'Unione ita­liana per la promozione dei diritti del minore e per la lotta contro l'emarginazione sociale invia­va al Presidente della Provincia, all'Assessore all'istruzione e ai Capi gruppo consiliari DC, PCI, PLI, PRI, PSDI, PSI della Provincia di Torino la se­guente lettera:

 

1) Il dirigente del servizio di medicina scola­stica, che è anche consigliere di un'importante istituzione pubblica come l'Opera pia ospedali psichiatrici di Torino, sembra ignorare che, in base ai principi costituzionali, il servizio di me­dicina scolastica non può essere inquadrato nell'ambito delle deleghe che la Regione darà alla Provincia.

Infatti la disposizione VIII transitoria della Co­stituzione stabilisce che «Fino a quando non sia provveduto al riordinamento e alla distribuzione delle funzioni amministrative fra gli enti locali restano alle Province ed ai Comuni le funzioni che esercitano attualmente».

2) I D.P.R. 11-2-1961 n. 264 e 22-12-1967 n. 1518 obbligano i Comuni ad istituire il servizio e per­tanto la Regione non può modificare le loro com­petenze in materia, tanto più per il fatto che le disposizioni attuali sanciscono che l'amministra­zione provinciale può istituire o integrare i ser­vizi medico-scolastici solo nei casi in cui i Co­muni o i Consorzi di comuni non siano in condi­zione di provvedervi totalmente.

Pertanto la funzione della Provincia, secondo la legge, è solo supplettiva e/o integrativa di quella dei comuni, ai quali comunque spetta prioritariamente il compito di istituire e gestire questi servizi.

I Comuni hanno inoltre il diritto di svolgere di­rettamente i servizi che nel frattempo siano sta­ti istituiti dalla Provincia.

3) Le prestazioni di medicina scolastica non possono essere separate dagli altri interventi sanitari e sociali. Il bambino e la famiglia sono delle unità che vanno considerate come tali an­che dai servizi.

Non si possono pertanto operare interventi settoriali: essi devono invece essere globali.

Ciò ripropone la prospettiva dell'unità locale dei servizi intesa non come un nuovo ente ma come il complesso dei servizi sociali, sanitari, scolastici, abitativi, ricreativi, ecc. gestiti, con la partecipazione dei cittadini, dai Comuni, dai consorzi di comuni e da articolazioni subcomu­nali e aventi un ambito territoriale comprenden­te circa 50.000 abitanti. (Vedansi al riguardo le proposte di legge presentate in questa legislatu­ra da parlamentari DC, PCI e PSI).

4) È pertanto da considerarsi come del tutto politicamente superato, socialmente sconsiglia­bile e tecnicamente inefficace un servizio di me­dicina scolastica gestito dalla Provincia e per­tanto fra l'altro disancorato dalla realtà sociale per la sua stessa collocazione istituzionale.

5) La Provincia di Torino dovrebbe invece provvedere, d'intesa con i Comuni e Consorzi di Comuni, a decentrare il suo personale per pre­costituire le future unità locali dei servizi e per dare nuovi e più rispondenti contenuti ai supe­rati servizi centralizzati suoi o da essa finanzia­ti come l'assistenza psichiatrica, il Centro di igiene mentale, l'assistenza ai minori, la medici­na scolastica, l'istituto provinciale per l'infanzia, il servizio di affidamento familiare, ecc.

Nello stesso tempo la Provincia dovrebbe as­sumere quelle iniziative che non sono concreta­mente attuabili a livello comunale, come ad esempio la formazione, riqualificazione, aggior­namento degli operatori sociali (limitatamente al settore para-universitario), la programmazio­ne urbanistica, la ricerca, l'assistenza tecnica ai Comuni, ecc..

 

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