Prospettive assistenziali, n. 22, aprile-giugno 1973

 

 

DOCUMENTI

 

CGIL, CISL, UIL DEL PIEMONTE

DOCUMENTO SUL PIANO DI SVILUPPO DELL'I.R.E.S. (1)

 

 

1. Premessa

Per quanto concerne l'assistenza, queste Or­ganizzazioni sindacali ribadiscono le osservazio­ni scritte presentate in occasione della consul­tazione sui decreti delegati: l'obiettivo di fondo da perseguire non è quello di una assistenza di­versa o migliore, ma quello dell'istituzione di servizi sociali aperti a tutti e del superamento delle condizioni socio-economiche che provoca­no la richiesta di assistenza.

Come indicato sul documento sopra citato, ta­le trasformazione postula talune fondamentali condizioni che la Regione nei suoi organi deci­sionali - Consiglio regionale e Giunta di gover­no - deve attuare nelle materie di sua compe­tenza e deve promuovere per quelle di compe­tenza dello Stato:

- un adeguato trasferimento di stanziamenti dai consumi privati ai consumi collettivi;

- l'unificazione di tutti i servizi ed interven­ti sociali nelle unità locali dei servizi, onde evi­tare il riprodursi dei fenomeni di divisione e settorializzazione;

- la gestione dei servizi a livello locale (uni­tà locale dei servizi e comprensori) come rispo­sta alle esigenze che si manifestano nella zona, con la previsione di una serie di controlli politi­ci e con l'attribuzione alle Regioni delle funzioni di programmazione e di coordinamento;

- un sistema di servizi sanitari, curativi e riabilitativi, configurato in modo da assicurare l'armonico sviluppo fisico e psichico della perso­na in tutti gli ambienti in cui essa è inserita; ciò pone il problema di uno stretto raccordo e di un'impostazione unitaria tra servizi sanitari e sociali;

- la scuola come momento di informazione e di formazione a carattere globale e permanen­te, servizio collettivo soggetto a controllo poli­tico mediante la partecipazione dei lavoratori; in tale quadro si collocano l'esigenza della scuola a tempo pieno, di un'edilizia scolastica rinnova­ta, di un preciso rapporto col territorio, della ri­duzione del numero di allievi per classe, dell'a­bolizione delle classi differenziali, dell'inseri­mento nelle scuole comuni degli invalidi fisici, psichici, sensoriali, ecc.;

- l'assetto del territorio nel senso di dare importanza al complesso delle attrezzature so­ciali rispetto al contesto della residenza e delle attività produttive e non viceversa; ciò è possi­bile solo nella misura in cui si individui un mo­dello alternativo di sviluppo urbano fondato sul riequilibrio sostanziale della tipologia di insedia­mento, secondo una diversa logica dei rapporti sociali e della distribuzione delle risorse;

- l'impostazione della ricerca scientifica de­stinata ai fini sociali, servizio per la collettività e non strumentale della produzione monopolisti­ca. Vi è pure l'esigenza di provvedere al più pre­sto alla formazione, aggiornamento e riqualifi­cazione, su un piano generale, del personale a cui verranno affidati compiti inerenti all'attuazio­ne del sistema dei servizi sociali. È necessario superare, in questo quadro, l'artificiosa distinzio­ne tra personale amministrativo e tecnico, per l'affermazione della figura professionale dell'o­peratore sociale, che, in relazione ai bisogni so­ciali e alle risposte programmate, esercita spe­cifiche funzioni.

 

2. Richieste generali

In merito agli aspetti più specifici dell'assi­stenza si riportano le richieste presentate da queste Organizzazioni sindacali alla Presidenza, agli Assessori e ai Capi gruppo della Regione Piemonte l'11 aprile 1972:

- accertare le cause del ricovero per la pro­gressiva eliminazione delle istituzionalizzazioni (ospedali psichiatrici compresi) ;

- bloccare la costruzione e l'acquisto di nuo­vi istituti per minori, anziani, handicappati (ge­rontocomi, psicogerontocomi, conviti per spasti­ci, per subnormali, per ciechi, ecc.) ;

- istituire servizi alternativi non dopo ma contestualmente allo sviluppo coordinato dei ser­vizi sociali di base, assicurando la continuità delle prestazioni necessarie; e cioè:

a) assistenza domiciliare per minori, anziani, handicappati;

b) abolizione delle classi differenziali e delle scuole speciali, fatto che richiede ad esempio la piena applicazione dei D.P.R. sulla medicina scolastica;

c) promozione, a seconda dei casi, dell'ado­zione e dell'affidamento familiare a scopo edu­cativo dei minori;

d) applicazione non emarginante delle nuove leggi (case, asili nido, ecc.) prevedendo focolari per minori e pensionati per anziani, inseriti nel­le comuni case di abitazione.

e) creazione di servizi culturali, ricreativi sportivi, di tempo libero aperti a tutti i cittadini;

f) utilizzo dell'istituto della delega agli Enti locali, soprattutto ai comuni, ai consorzi di co­muni in vista della creazione delle unità locali dei servizi;

g) riconoscimento dei comitati di controllo democratici;

h) progressivo assorbimento da parte degli Enti locali delle funzioni oggi svolte da altre istituzioni (ONMI, ONPI, Patronati scolastici, ECA, IPAB, case di rieducazione, centri di assi­stenza ai carcerati e alle loro famiglie, ecc.). In particolare a queste superate istituzioni non do­vranno essere attribuiti altri finanziamenti che quelli obbligatori per legge.

Nel documento sopra citato si richiedeva inol­tre alla Regione Piemonte:

- il superamento da parte della Regione di ogni tentazione tecnocratica attuando il massi­mo impegno democratico nei rapporti con l'opi­nione pubblica, le amministrazioni locali elettive, i sindacati, le organizzazioni sociali sia in meri­to alla situazione attuale, sia in relazione alle iniziative da assumere a livello legislativo e am­ministrativo in modo da dare concreta applica­zione ai principi di partecipazione espressi dal­lo statuto della Regione Piemonte;

- l'immediata regolamentazione delle funzio­ni trasferite alla Regione, ferma restando la ne­cessità di una costante iniziativa politica per il trasferimento integrale alla Regione di tutte le competenze di cui all'art. 117 della Costituzione;

- l'avvio con la massima urgenza e la più sollecita gradualità possibile di iniziative dirette al superamento dell'attuale sistema assistenzia­le usando l'intero spazio dei poteri costituzio­nali;

- la creazione urgente di strutture democra­ticamente controllate che consentano la forma­zione del personale necessario per i nuovi servi­zi e per la riqualificazione, aggiornamento e ri­conversione degli operatori attualmente impe­gnati nelle strutture esistenti.

 

3. Unità locali dei servizi e comprensori

Il superamento degli interventi assistenziali, la necessità di servizi unitari, l'effettiva partecipa­zione dei lavoratori alle decisioni e gestione dei servizi, il collegamento reale fra prevenzione so­ciale (e non solo sanitaria), cura e riabilitazione postulano la creazione di unità locali dei servizi e dei comprensori.

Per Unità locali dei servizi intendiamo non un nuovo Ente, ma il complesso di servizi sanitari, sociali e scolastici, abitativi, culturali, ricreativi, gestiti dai comuni e dai consorzi di comuni o da articolazioni subcomunali aventi una dimensione territoriale comprendente all'incirca 50.000 abi­tanti e controllati dal cittadini.

Per comprensori intendiamo non un nuovo en­te ma il complesso dei servizi che non possono essere svolti a livello di unità locali dei servizi.

La gestione dei comprensori deve essere as­sicurata dal consorzio dei comuni interessati. Al riguardo è necessario che la Regione pro­muova, con la partecipazione delle amministra­zioni locali e delle forze politiche e sociali e for­nendo una adeguata e tempestiva informazione, la zonizzazione del territorio della Regione, ed evitando in tal modo di essere preceduta da ini­ziative di zonizzazione come quella attuata dall'INAM di Torino.

Come si è detto (vedi il punto 2, lettera h), la Regione deve intervenire per il progressivo as­sorbimento da parte delle Unità locali dei servizi e dei comprensori delle funzioni oggi svolte da istituzioni burocratiche come ONMI, ENAOLI, ECA, patronati scolastici, ecc.

A tal fine occorre che, per gli enti di cui non ha competenza legislativa, la Regione promuo­va la stipulazione di convenzioni (sull'esempio di quelle in corso fra Provincia di Torino e Opera Pia Ospedali psichiatrici e fra Comune di Tori­no e ENAOLI) per l'assunzione da parte degli En­ti locali elettivi delle funzioni oggi svolte dagli Enti burocratici. A questi ultimi non solo non do­vranno essere concessi dalla Regione altri finan­ziamenti oltre quelli obbligatori per legge, ma la loro funzione dovrà essere limitata a quella di semplici uffici pagatori per i servizi di loro com­petenza assunti dagli Enti locali elettivi.

Per quanto concerne invece gli Enti comuna­li di assistenza, la Regione può stabilire con pro­prie leggi che le funzioni di accertamento sia­no svolte dai Comuni e pertanto gli ECA diven­terebbero anch'essi, fino al momento del loro scioglimento con legge nazionale, dei semplici uffici pagatori.

In modo analogo la Regione dovrebbe proce­dere nei confronti dei Patronati scolastici (si segnala al riguardo che da tempo il Comune di Milano gestisce direttamente le attività di patro­nato scolastico).

Inoltre la Regione Piemonte deve utilizzare le leggi vigenti per lo scioglimento, fusione delle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza per favorire il loro passaggio alla gestione diret­ta dei comuni.

Infine la Regione deve intervenire sul piano po­litico e amministrativo affinché i patrimoni spes­so ingenti dell'ECA, delle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza siano utilizzati per la creazione, con gestione diretta dei comuni, dei servizi.

Ovviamente i trasferimenti suddetti ai Comu­ni non devono essere semplicemente meccani­ci, ma devono comportare un radicale cambia­mento come indicato nei principi enunciati al punto 1 e fatti propri all'unanimità dal Consiglio regionale piemontese nella seduta del 14 otto­bre 1971 (osservazioni allo schema di decreto delegato in materia di beneficenza pubblica) e del 14 luglio 1972 (osservazioni agli schemi dei decreti presidenziali concernenti il riordinamen­to dei Ministeri dell'Interno e di Grazia e Giusti­zia).

 

4. Delega funzioni

In linea con quanto sopra, queste Organizza­zioni sindacali chiedono che la Regione Piemonte disciplini con la massima urgenza le funzioni ad essa trasferite dai decreti delegati in modo da dare un concreto inizio al superamento dell'intervento assistenziale e in modo particolare da procedere alla rapida deistituzionalizzazione dei minori, adulti, anziani, inabili e profughi og­ni ricoverati in istituti.

 

5. Assistenza psichiatrica

Queste Organizzazioni sindacali chiedono inol­tre l'avvio della contrattazione più volte richiesta per quanto concerne l'assistenza sanitaria in ge­nerale e psichiatrica in particolare. e per una diversa organizzazione delle colonie estive e in­vernali. (Vedi al riguardo il documento presen­tato dalle Organizzazioni sindacali provinciali di Torino sulla Assistenza Psichiatrica nel gennaio scorso).

 

6. Formazione, riqualificazione, aggiornamento e riconversione

Per programmare e attuare nuovi servizi oc­corre un coinvolgimento dei lavoratori e in par­ticolare di quelli addetti ai servizi.

Questo coinvolgimento può però essere reale solo se il personale può utilizzare strutture e strumenti da concordare per la sua riqualifica­zione, aggiornamento e riconversione.

La riqualificazione, aggiornamento e riconver­sione del personale in servizio deve saldarsi con la formazione del nuovo personale, con concreto avvio della formazione permanente e aperta a successivi sbocchi.

Al riguardo è necessario che la Regione, oltre a legiferare per quando di sua competenza, si impegni a fondo affinché tutto il settore della formazione, e non solo quello relativo agli ope­ratori sociali, sia inserito nell'ambito della scuo­la pubblica.

 

7. Bilanci

Queste Organizzazioni sindacali devono denun­ciare non solo che nessuna delle iniziative ri­chieste è stata attuata o avviata (esclusa l'ap­provazione della legge regionale sugli asili nido, che peraltro accoglie solo in minima parte le ri­chieste presentate in materia con specifico do­cumento da queste Organizzazioni sindacali), ma anzi che gli atti concreti assunti dalla Regione Piemonte fino ad oggi vanno nella direzione op­posta.

In particolare si è constatato che il primo bi­lancio della Regione Piemonte è stato un atto pu­ramente di ordinaria amministrazione che ha re­cepito in modo acritico quello che prima, in ma­teria di assistenza, facevano il Ministero dell'In­terno e le Prefetture e che conserva le cose co­sì come stavano prima della istituzione delle Re­gioni.

Inoltre i criteri del recente stanziamento di 7 miliardi e mezzo per ospedali sono diretti al po­tenziamento di strutture segregative.

Vedasi in particolare: 680 milioni per l'ospe­dale geriatrico dell'INRCA, 600 milioni per il nuo­vo ospedale psichiatrico di Novara, 600 milioni per lo psicogerontocomio di Alessandria; nessu­no stanziamento invece per centri sanitari inte­grati (ospedalieri e ambulatoriali) di quartiere con compiti di prevenzione, cura e riabilitazione.

Questi centri costituirebbero un avvio concre­to dell'Unità locale dei servizi ed anche un ser­vizio che contribuirebbe a ridurre i bisogni assi­stenziali.

Ciò premesso, queste Organizzazioni sindaca­li chiedono che nel Bilancio 1973 siano inseriti i capitoli di spesa necessari, in particolare, per l'adozione, nel 1973, dei seguenti interventi:

1) Per tutta la materia sulla quale la Regione ha competenza legislativa, emanazione di leggi che consentano ai Comuni e consorzi l'assunzio­ne diretta della gestione di servizi attualmente svolti da altre istituzioni (es. ECA, Patronati sco­lastici), in attesa che queste ultime vengano sciolte con leggi nazionali;

2) zonizzazione del territorio in funzione del­le Unità locali dei servizi e dei comprensori, ad evitare che si determinino a livello settoriale si­tuazioni di fatto contrastanti con gli indirizzi ge­nerali;

3) potenziamento o istituzione delle strutture preventive, curative e riabilitative anziché quel­le segregative o comunque emarginanti, con con­cessione agli Enti locali che, nel quadro della predisposizione delle Unità locali dei servizi, isti­tuiscano o potenziano servizi sanitari e sociali integrati:

a) medicina ed igiene del lavoro;

b) tutela della maternità e infanzia;

c) medicina scolastica;

d) igiene ambientale e dell'alimentazione;

e) tutela della salute fisica e psichica degli anziani:

f) igiene mentale;

g) lotta contro le malattie sociali;

h) educazione e statistica sanitaria.

4) Iniziativa legislativa per la qualificazione professionale del personale addetto ai servizi, tenendo conto del necessario collegamento con i problemi della riqualificazione del personale dei servizi.

5) Promozione di piani di intervento integrati fra servizi omogenei gestiti da Enti diversi (es. integrazione fra i piani di attuazione della legge sugli asili nido ed i progetti di ristrutturazione dell'assistenza agli illegittimi, di competenza del­la Provincia), allo scopo di creare le condizioni reali per la costruzione dell'Unità locale dei ser­vizi.

6) Promozione di convenzioni fra gli Enti pub­blici nazionali (ONMI, ENAOLI, ecc.) e i Comuni o consorzi, allo scopo di consentire a questi ul­timi la gestione diretta anche dei servizi ancora formalmente soggetti a un potere centralizzato, in attesa di leggi nazionali di scioglimento.

7) Promozione di comitati di controllo sulla gestione dei servizi, e finanziamento per la mes­sa a disposizione dei locali e strutture necessa­rie per la loro attività.

 

 

 

(1) Il documento dell'I.R.E.S. è stato pubblicato sul n. 19 di Prospettive assistenziali, pag. 27 e segg.

 

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