Prospettive assistenziali, n. 21, gennaio-marzo 1973

 

 

 

DOCUMENTI

 

SENTENZA PENALE CONTRO DIRIGENTI DELL'ONMI, DELLA PREFETTURA E DI ISTITUTI D'ASSISTENZA DI VENEZIA

 

 

Il Pretore di Venezia ha pronunciato la seguente senten­za nella causa penale contro

1) Bagagiolo Alberto, n. Venezia 19-9-1907

2) Cavagnin Lorenzo, n. Benevento 16-12-1917

3) Collenea Isernia, Francesco n. 14-11-28

4) Siggìa Salvatore, n. Agrigento 23-9-1916

5) Bagnato Carlo, n. S. Eufemia 15-1-1907

6) Bazzacco Amabile, n. Asolo (TV) 23-7-1914

7) Mai Soenne, n. Quisitello 10-5-1919

8) Gardenal Emma, n. Codognè (TV) 18-11-29

9) Puppin Giuditta, n. Schio 19-9-1914

10) De Bettin Lucia, n. S. Nicolò Comelico 22-12-19

11) Garaventa Anna Maria, n. Genova 13-7-1930

12) Lorenzi Olga, n. Fumane 6-9-1912

13) De Biasi Giovanna, n. S. Giacomo di Veglia 11-1-27

14) Verzotto Maria, n. S. Giustina di Colle 31-10-1919

 

Imputati

 

Il primo: del reato p. e p. dall'art. 328 C.P. perché nella sua qualità di Presidente del Comitato Provinciale di Venezia dell'O.N.M.I. sino circa al mese di novembre del 1970 ometteva atti del proprio ufficio non vigilando ade­guatamente sulla applicazione delle disposizioni di legge in vigore per la protezione della maternità ed infanzia ed in particolare sul rispetto da parte dei vari Istituti di Assi­stenza per i minori, di cui alle successive imputazioni, dell'inoltro al Giudice Tutelare degli elenchi trimestrali di cui all'art. 314/5° C.C. e sul preventivo conferimento del rico­noscimento di idoneità a funzionare ai Predetti Istituti ex art. 50 R.D. 15-4-1926 nr. 718.

Il secondo: del reato p. e p. dall'art. 328 C.P. perché nel­la sua qualità di Presidente del Comitato Provinciale di Venezia dell'O.N.M.I. dal novembre 1970, ometteva atti del proprio Ufficio non vigilando adeguatamente sull'applica­zione delle disposizioni in vigore della maternità ed in­fanzie ed in particolare sul rispetto da parte di vari Isti­tuti di assistenza per i minori, di cui alle successive im­putazioni, dell'inoltro al Giudice Tutelare degli elenchi tri­mestrali di cui all'art. 314/5° C.C. e sul preventivo confe­rimento del riconoscimento di idoneità a funzionare ai predetti Istituti ex art. 50 R.D. 14-5-26 nr, 718. In Venezia den. del marzo 1971.

Il terzo: del reato p. e p. dall'art. 328 C.P. perché nella sua qualità di Funzionario della Prefettura di Venezia, in­caricato alla vigilanza sull'osservanza delle leggi in ma­teria di Pubblica Assistenza e Beneficenza a norma dell'art. 44 legge 17-7-1890 nr. 6972 mod. dall'art. 13 D.P. 19-8-54 nr. 98, ometteva atti del proprio Ufficio non vigi­lando adeguatamente, tra l'altro sul rispetto di vari Istitu­ti, di assistenza per i minori, di cui alle successive impu­tazioni, dell'obbligo dell'inoltro al Giudice Tutelare degli elenchi trimestrali di cui all'art. 314/5° C.C. e sul conferi­mento del preventivo riconoscimento di idoneità a funzio­nare ai predetti Istituti ex art. 50 R.D. 14-5-1926 nr. 718. In Venezia denunzia del marzo 1971.

Il quarto: del reato p. e p. dall'art. 328 C.P. perché nella sua qualità di medico Provinciale di Venezia fino al set­tembre 1970 e Presidente della Commissione di vigilanza sui brefotrofi ed analoghi Istituti di Assistenza degli illeggittimi di cui alla legge 8-5-1927 nr. 798 e succ. mod. ometteva di eseguire le periodiche visite nei suindicati Istituti di Assistenza.

Il quinto: del reato p. e p. dall'art. 328 C.P. perché nel­la sua qualità di medico Provinciale di Venezia dall'otto­bre 1970 e Presidente della Commissione di vigilanza sui brefotrofi ed analoghi Istituti di Assistenza per illeggit­timi di cui alla legge 8-5-1927 nr. 798 e successive mod. ometteva di eseguire le periodiche visite nei suindicati Istituti di Assistenza. In Venezia denunzia del Marzo 1971.

La sesta: a) del reato ex art. 328 C.P. perché nella sua qualità di Direttrice dell'Istituto «Casa Luigi Maran», avente per finalità l'assistenza dei minori, ometteva di in­viare al Giudice Tutelare gli elenchi trimestrali di cui allo art. 314/5° c.c. Venezia fino al 31-3-1971. b) del reato ex art. 665 C.P. in relazione all'art. 50 R.D. 14-5-1926 n. 718 perché nella sua qualità di Direttrice dell'istituto di cui sub a) ometteva di premunirsi del preven­tivo riconoscimento di idoneità a funzionare previsto dalla suindicata normativa. Venezia denunzia del marzo 1971.

La settima: a) del reato ex art. 328 C.P. perché nella sua qualità di Direttrice dell'Istituto «Maria Immacolata» agli Alberoni di Venezia, avente per finalità l'assistenza dei minori, ometteva di inviare al Giudice Tutelare gli elenchi trimestrali di cui all'art. 314/5° C.C. Venezia fino al 23-4-1971. b) del reato ex art. 665 C.P. in relazione all'art. 50 R.D. 14-5-1926 n. 718 perché nella sua qualità di Direttrice dell'Istituto di cui sub a) ometteva di premunir­si del preventivo riconoscimento di idoneità a funzionare previsto dalla normativa suindicata. Venezia denunzia del marzo 1971.

L'ottava: a) del reato ex art. 328 C.P. perché nella sua qualità di Direttrice dell'Istituto «Solesin», avente per fi­nalità l'assistenza dei minori, ometteva di inviare al Giu­dice Tutelare gli elenchi trimestrali di cui all'art. 314/5° C.C. Venezia sino al 2-7-1971; b) del reato ex art. 665 C.P. in relazione all'art. 50 R.D. 14-5-1926 nr. 718 perché nella sua qualità di Direttrice dell'Istituto di cui sub a), omette­va di premunirsi del preventivo riconoscimento di idoneità a funzionare, previsto dalla suindicata normativa. Venezia denunzia del marzo 1971.

La nona: a) del reato ex art. 328 C.P. perché nella sua qualità di Direttrice dell'Istituto «S. Pio X Canossiane», avente per finalità l'assistenza dei minori, ometteva di in­viare al Giudice Tutelare gli elenchi trimestrali di cui all'art. 314/5° C.C. Venezia fino al febbraio 1971; b) del rea­to ex art. 665 C.P. in relazione all'art. 50 R.D. 14-5-1926 nr. 718 perché nella sua qualità di Direttrice dell'Istituto di cui sub a) ometteva di premunirsi del preventivo ricono­scimento di idoneità a funzionare, previsto dalla suindica­ta normativa. Venezia denunzia del marzo 1971.

La decima: a) del reato ex art. 329 C.P. perché nella sua qualità di Direttrice dell'Istituto «Orfanotrofio La Fon­taine», avente per finalità l'assistenza dei minori, omette­va di inviare regolarmente al Giudice Tutelare gli elenchi trimestrali (dal 30-9-70 - terzo trimestre) di cui all'art. 314/5" C.C. in Venezia fino al 26-5-1971; b) del reato ex art. 665 C.P. in relazione all'art. 50 R.D. 14-5-1926 nr. 718 perché nella sua qualità di Direttrice dell'Istituto di cui sub a) ometteva di premunirsi del preventivo riconosci­mento di idoneità a funzionare prevista dalla suindicata normativa. Venezia denunzia del marzo 1971.

L'undicesima: a) del reato ex art. 328 C.P. perché nella sua qualità di Direttrice dell'Istituto «Orfanotrofio La Fon­taine» in Venezia fino al febbraio 1971 aveva omesso di inviare regolarmente al Giudice Tutelare gli elenchi trime­strali previsti dall'art. 314/5 C.C. Venezia dal 30-9-1970. b) del reato ex art. 665 C.P. in relazione all'art. 50 R.D. 14.6.1926 nr. 718 perché nella sua qualità di Direttrice dell'istituto di cui sub a) fino al febbraio 1971 ometteva di premunirsi del preventivo riconoscimento di idoneità a funzionare, previsto dalla suindicata normativa.

La dodicesima: a) del reato ex art. 328 C.P. perché nel­la sua qualità di Direttrice dell'Istituto «Buon Pastore», avente per finalità l'assistenza dei minori, ometteva di in­viare regolarmente al Giudice Tutelare gli elenchi trime­strali di cui art. 314/5° C.C. Venezia dal 22 luglio 1970 al 5 gennaio 1971. b) del reato ex art. 665 C.P. in relazione all'art. 50 R.D. 14-5-26 nr. 718 perché nella sua qualità di Direttrice dell'Istituto di cui sub a), aveva omesso di pre­munirsi del preventivo riconoscimento di idoneità a fun­zionare, previsto dalla suindicata normativa. Venezia de­nunzia del marzo 1971.

La tredicesima: a) del reato ex art. 328 C.P. perché nel­la sua qualità di Direttrice dell'istituto «Mason», avente per finalità l'assistenza dei minori, aveva omesso di invia­re regolarmente al Giudice Tutelare gli elenchi trimestrali di cui all'art. 314/50 C.C. Venezia sino al 6-9-1970; b) del reato ex art. 665 C.P. in relazione all'art. 50 R.D. 14-5-1926 n. 718 perché nella sua qualità di Direttrice dell'Istituto di cui sub a), aveva omesso di premunirsi del preventivo ri­conoscimento di idoneità a funzionare previsto dalla suin­dicata normativa, riconoscimento che otteneva solo in data 20-10-1970.

La quattordicesima: a) del reato ex art. 328 C.P. perché nella sua qualità di direttrice dell'Istituto «Maria Ausilia­trice» avente per finalità l'assistenza dei minori, aveva omesso di inviare al Giudice Tutelare regolarmente gli elenchi di cui all'art. 314/5 C.C. in Venezia sino al 20-10­1970. b) del reato ex art. 665 C.P. in relazione all'art. 50 R.D. 14-5-1926 nr. 718 perché nella sua qualità di Direttrice dell'Istituto di cui sub a) aveva omesso di premunirsi del preventivo riconoscimento di idoneità a funzionare previ­sto dalla suindicata normativa. Venezia denunzia del mar­zo 1971.

 

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Con esposto in data 10-3-1971 l'avv. Ezio Adami, nella sua qualità di presidente della Sezione di Venezia dell'As­sociazione nazionale famiglie adottive, prospettava alla Au­torità Giudiziaria la opportunità di svolgere indagini onde accertare se nell'ambito del distretto della Corte di Appel­lo di Venezia si verificassero o si fossero verificati alcuni di quei deprecabili episodi di maltrattamenti, sfruttamento o altro in danno dell'infanzia abbandonata o comunque as­sistita da istituzioni pubbliche o private che erano stati scoperti in un'altra città d'Italia e che tanto sdegno e clamore avevano sollevato nella opinione pubblica naziona­le. In relazione a ciò, oltre ai vari reati di maltrattamenti, lesioni gravi, abuso di mezzi di correzione già accertati in altre occasioni dall'Autorità Giudiziaria, l'avvocato Adami ricordava come ai vari istituti di assistenza incombesse l'obbligo di inviare al Giudice tutelare con scadenza tri­mestrale l'elenco dei minori assistiti ai sensi dell'art. 314/5 C.C. così determinato dalla Legge 5-6-1967 n. 431 istitutiva dell'adozione speciale; ricordava ancora, come la legge 15-5-1926 n. 718 all'art. 50 stabilisse che tutti gli istituti di assistenza dei minori dovessero essere muniti, prima di iniziare la loro attività, del riconoscimento di ido­neità a funzionare rilasciato dalla sede centrale dell'ONMI. Infine l'esponente ricordava come a carico di alcuni pub­blici funzionari incombesse l'obbligo di sorvegliare l'anda­mento dei predetti istituti di assistenza, vigilando, tra l'al­tro, sull'osservanza di tutte le norme poste dal legislatore a tutela dei minori; tale obbligo essendo espressamente previsto dall'art. 4 RD 24-12-1934 n. 2316 e dall'art. 44 L. 17-7-1890 n. 6972 in rel. art. 13 D.P. 19-8-54 n. 969.

Ciò premesso l'avv. Adami chiedeva espressamente alla Autorità Giudiziaria di accertare se fossero state osserva­te tutte le disposizioni legislative sopra indicate.

Trasmessi gli atti a questo Pretore, prendeva il via una laboriosa istruttoria durante la quale, mentre da un lato le indagini svolte dal Nucleo P.G. portavano ad escludere ogni episodio di maltrattamento o altro in danno dei mi­nori, dall'altro, con la collaborazione insostituibile e pre­ziosa del Giudice Tutelare, si rilevavano numerosi inadempimenti, più o meno rilevanti, ad opera dei numerosi isti­tuti pubblici e privati di assistenza per l'infanzia, all'obbli­go dell'inoltro degli elenchi trimestrali al G.T. e del pre­ventivo riconoscimento di idoneità a funzionare. Si accerta­va, inoltre, come alcuni organi, in particolare al Presiden­te della Sezione di Venezia dell'ONMI, al funzionario della Prefettura di Venezia e al Medico Provinciale di Venezia dovesse farsi carico di non aver diligentemente adempiu­to ai compiti di vigilanza loro spettanti in base a specifi­che disposizioni di legge. Nel corso della fase istruttoria veniva emesso un decreto di archiviazione nei confronti di quattro direttori di istituti a carico dei quali non era sta­to rilevato illecito alcuno; venivano altresì emesse undici sentenze istruttorie nei confronti di altrettanti direttori di istituti ai quali era stato mosso l'addebito di non essersi premuniti del preventivo riconoscimento di idoneità a fun­zionare ed ad alcuni anche quello di non aver inviato l'e­lenco trimestrale di cui all'art. 314/5 C.C. al G.U.: tutti i predetti venivano assolti dai reati loro ascritti con la for­mula perché il fatto non costituisce reato.

Inoltre veniva disposto lo stralcio degli atti nei confron­ti di tre direttori di altrettanti istituti colpevoli solo di non essersi premuniti del preventivo riconoscimento di idoneità a funzionare e nei confronti degli stessi si pro­cedeva con rito monitorio. Infine nei confronti degli odier­ni imputati venivano contestati con ordine di comparizio­ne gli addebiti riportati in rubrica: all'esito della fede istruttoria i quattordici imputati venivano tratti tutti a giu­dizio per rispondere dei reati loro rispettivamente ascrit­ti. Allo odierno dibattimento comparivano solo Bagagiolo Alberto, Gavagnin Lorenzo, Collenea Isernia Francesco, Siggìa Salvatore e Bagnato Carlo; Bazzacco Amabile, Mai Soenne, Gardenal Emma, Puppin Giuditta, De Bettin Lucia, Garaventa AnnaMaria, Lorenzi Olga, De Biasi Giovanna e Verzotto Maria non comparivano senza addurre alcuna ra­gione di impedimento per cui veniva dichiarata la loro contumacia.

L'avvocato Ezio Adami in proprio e la sig.na Purisiol Giovanna si costituivano in limine parte civile intendendo eser­citare l'azione popolare espressamente prevista dagli artt. 82 e 83 L. 17-8-1890 n. 6972.

La difesa di tutti gli imputati si opponeva, al pari del P.M., alla predetta costituzione, motivando ampiamente ta­le atteggiamento con argomentazioni in fatto ed in dirit­to. Questo Pretore, come da ordinanza in atti, dichiarava l'inammissibilità della costituzione di parte civile. Ammes­si alcuni testi indicati tempestivamente dalla difesa di al­cuni imputati, si procedeva all'interrogatorio di quelli pre­senti, che si riportavano, tutti, a quanto dichiarato in istruttoria. Escussi i testi e data lettura degli atti consenti­ti, P.M. e difesa concludevano come in atti.

 

Diritto

 

Prima di passare all'esame delle posizioni dei vari im­putati in relazione agli addebiti loro mossi, una premessa appare doverosa. All'esito delle minuziose indagini svolte durante la fase istruttoria con la preziosa collaborazione del Nucleo di P.G. di Venezia si è acquisita la consolante sicurezza - ribadita anche all'odierno dibattimento dal Ca­pitano dr. Natale Tartaro - che i bambini ricoverati nei vari istituti di assistenza, di Venezia in particolare e di tutta la provincia di Venezia in generale, sono tutti tratta­ti con amorevole cura sia sotto il profilo materiale che sotto quello morale-affettivo. Le reiterate ispezioni dispo­ste da questo Pretore presso vari istituti ed eseguite dai militi del Nucleo nelle più disparate circostanze di tempo (all'ora del pranzo, di sera, durante la ricreazione, duran­te le ore di studio ecc.) e senza preavviso alcuno hanno fornito la certezza che a tutti i bambini viene assicurato dalle religiose che li ospitano nei loro istituti una costante assistenza, pregevole per i mezzi in cui materialmente si concretizza, ma ancor più preziosa per l'affetto e il calore di sentimenti umani con i quali vengono circondati i bim­bi, in un costante sforzo di supplire con l'amore alla mancanza dell'insostituibile calore dalla famiglia che tan­to incide sullo sviluppo psicofisico di questi sventurati bambini. Ciò appare necessario chiarire onde evitare che in qualche modo, nonostante il freddo ma chiaro ed ine­quivoco linguaggio dei capi di imputazione, si voglia pen­sare che questo procedimento abbia qualcosa di analogo con quegli altri processi (di cui si è fatto cenno in pre­messe) che hanno preso origine da episodi di violenza o sfruttamento in danno dell'infanzia «assistita». Tuttavia se ciò è stato opportuno puntualizzare, non può non di me­no disconoscersi che in tema di assistenza pubblico-priva­ta dei minori non sono mai abbastanza le precauzioni e l'impegno non è mai eccessivo, per cui la scrupolosa, pun­tuale e costante osservanza delle norme di legge dettate a tutela dei minori assistiti non può nemmeno porsi in di­scussione; e ciò anche se è agevole convenire che la le­gislazione in materia è caotica e farraginosa.

Ciò premesso, alla stregua della vigente normativa in materia di assistenza e beneficenza pubblica in generale e di protezione dell'infanzia abbandonata in particolare, van­no evidenziate e puntualizzate le responsabilità dei pub­blici funzionari imputati, nel presente procedimento, di aver omesso di esercitare sugli istituti di assistenza i dovuti controlli formali e sostanziali; controlli che, per la particolare delicatezza del settore, per la facilità di abusi e in danno delle persone dei minori e in danno degli enti affidatari e dei privati e pubblici sovvenzionatori (sotto il profilo patrimoniale), rivestono un'eccezionale importanza nell'ambito dell'attività amministrativa dello Stato volta al­la protezione di coloro ai quali, privati nei primi anni di vita dei sostegni e degli affetti familiari, vanno, per im­pegno morale ancor prima che giuridico della società (artt. 3 comma 2", 3° comma 3° e 31 ultima comma Costituzio­ne), evitati con ogni mezzo possibile i danni che a tale si­tuazione conseguono e assicurata comunque pari dignità sociale e parità (effettiva) di diritti rispetto a tutti gli al­tri cittadini. Vanno quindi per prime esaminate le posizio­ni dei prevenuti Bagagiolo Alberto e Gavagnin Armando, l'uno presidente del Comitato ONMI per la provincia di Venezia per il decennio 1960-1970, l'altro presidente tut­tora in carica e succeduto immediatamente al primo, e ciò perché su detta istituzione innanzitutto gravavano gli spe­cifici obblighi, testé menzionati, annoverandoli essa tra i suoi compiti esclusivi ed istituzionali.

Ed in proposito va subito rilevato come il R.D. 24-12-1934 n. 2316 (approvativo del Testo Unico delle leggi sulla ma­ternità ed infanzia) agli artt. 4 e 5 sancisca chiaramente l'obbligo dell'Opera di vigilanza, tramite i suoi organi pro­vinciali, sull'applicazione delle disposizioni legislative e regolamentari per la protezione della maternità e dell'in­fanzia, di controllare altresì tutte le istituzioni pubbliche e private aventi per finalità la protezione delle suddette, pro­vocando, se del caso, l'intervento dell'Autorità governati­va locale in ordine a possibili scioglimenti delle ammini­strazioni di dette istituzioni o addirittura alla chiusura del­le stesse.

Si tratta, com'è agevole osservare, di una forma di con­trollo complesso concernente e l'assistenza materialmente intesa e l'estrinsecarsi delle medesime nell'ambito della legalità; e si tratta inoltre di compiti assolutamente inde­legabili ad altre autorità e facenti capo ai vari Comitati provinciali nelle persone dei loro presidenti, senza biso­gno, per il loro esercizio, di attività alcuna di stimolo proveniente, tramite gerarchico, dal Consiglio Centrale o dal­la Giunta esecutiva.

Per queste ragioni nessuna rilevanza possono avere nel presente processo né l'eventuale concorrente esercizio dell'attività di vigilanza da parte d'altri soggetti a loro vol­ta preposti, né la lamentata (ed accertata) carenza di ini­ziativa e di direttive da parte della sede centrale dell'O­pera.

Ciò premesso l'attività svolta dal Bagagiolo nel non in­differente periodo della sua presidenza, rivela, alla lettura degli atti e dei documenti prodotti, la sua assoluta defi­cienza in ordine all'assolvimento dei compiti di vigilanza sul rispetto delle norme di legge, deficienza che non viene certo annullata o mitigata dall'indubbia e meritoria attività che il Bagagiolo estrinsecò quale Presidente dell'ONMI di Venezia dando impulso ed incremento a tutta una serie di opere e di attività assistenziali a favore dei minori, con ciò rivelando indubbia capacità od operosità proficua. Non ignora inoltre il giudicante la difficoltà del controllo, da parte del giudice ordinario, in materia siffatta ove ampia è la discrezionalità amministrativa in ordine alla scelta dei tempi e dei modi di attuazione; nondimeno, nella fattispe­cie, dubbi non possono nutrirsi sulle gravi omissioni del prevenuto attesoché proprio dalla documentazione da que­sto prodotta a prova dell'attività svolta e dalle ammissioni rese in sede istruttoria è dato trarre conferma della loro esistenza. A meno che non si voglia infatti svuotare com­pletamente di significato la nozione giuridica di «vigilan­za», non si potrà riconoscere la sufficienza a tal fine di una circolare inviata agli istituti assistenziali nel gennaio 1968 e concernente l'obbligo di trasmissione degli elenchi delle persone assistite di età inferiore agli anni 21 al Giu­dice Tutelare (a’ sensi dell'art. 314/5 della legge 5-6-67 n. 431) e la semplice richiesta di istruzioni inoltrata, nello stesso anno, all'ONMI, sede centrale, circa il riconosci­mento di idoneità a funzionare da ottenersi da parte dei singoli istituti, a’ sensi dell'art. 50 RD 14-5-1926 (istruzioni richieste in seguito alle perplessità sorte circa l'applica­bilità della norma testé menzionata a taluni istituti, sorti anteriormente all'anno 1926 e dagli incerti connotati: ciò che quindi non doveva impedire al Bagagiolo di attivarsi nei confronti di tutti gli altri onde indurli all'osservanza dell'obbligo di legge. Cosa che non fu fatta).

Non è sufficiente la circolare, poiché essa si esaurisce in una semplice comunicazione dell'esistenza di un obbli­go, ma nulla dice, prevede, stabilisce circa la possibilità di un susseguente ed effettivo controllo sull'osservanza dello stesso; anzi per assurdo, chiede (nella parte finale) agli istituti stessi di farsi garanti di tali adempimenti in­viandone assicurazione scritta. E che non sia stata suffi­ciente è provato «in re ipsa» alla luce delle numerose mancanze poste in essere dai preposti dei vari istituti (si badi bene che l'indagine sulla carenza ora lamentata si li­mita ad iniziare dai primi mesi del 1970, tralasciando volu­tamente il periodo anteriore comunque coperto di amni­stia).

Quanto agli effetti di tali carenze agevolate dalla man­cata vigilanza pare non si debbano spendere troppe paro­le: parlano da soli quei bambini i cui nominativi non sono stati segnalati al G.T. e per i quali non si è potuta iniziare o si è iniziata in ritardo la procedura per l'adozione spe­ciale. Né sufficiente può essere la richiesta di istruzioni a cui vien data risposta solo nel 1969: infatti, pur ricono­scendo come la tardività di detta risposta ed il decesso del direttore sanitario dell'Opera, dott. Cacciari, abbiano fatalmente rallentato l'istruttoria che precede il riconosci­mento dell'idoneità a funzionare degli enti assistenziali e nella quale gli aspetti igienico-sanitari hanno un posto di primo piano, resta pur sempre il rilievo che dal 1960 al 1968 nulla in tal senso si fece. E comunque, cosa che for­se è più grave ancora, dal giorno in cui pervennero al Co­mitato provinciale di Venezia le istruzioni della sede cen­trale dell'ONMI al giorno di cessazione dalla carica, nulla di sostanziale e concreto fu attuato dal Bagagiolo per far sì che tutti gli istituti avessero, quanto meno, tutti inoltrato la domanda per il riconoscimento di idoneità a funzionare.

Che ciò sia in sommo modo grave ed ingiustificabile è provato dal fatto che il successore del Bagagiolo, Gava­gnin Lorenzo, assunte le sue funzioni e spaventato dall'i­nerzia (nel settore di cui ora parlasi) del suo predecesso­re, in 4 o 5 mesi riuscì, sia pure a prezzo di considere­voli fatiche, ad inoltrare alla Sede Centrale tutte le do­mande, complete di documentazione, di tutti gli istituti.

Ha addotto a sua giustificazione l'imputato, nell'interro­gatorio reso in sede istruttoria e all'odierno dibattimento, la carenza di personale specializzato, le lungaggini buro­cratiche conseguenti all'esclusiva competenza della Sede Centrale dell'Opera per la sua nomina (circostanze con­fermate nella odierna deposizione del teste Zaffarano Mi­chele), la molteplicità di cariche da lui rivestite all'epoca dei fatti con la inevitabile gravosità del lavoro cui doveva provvedere. Osserva questo Pretore come, in un arco di tempo di breve durata, certamente dette circostanze avreb­bero potuto assumere rilievo, se non come cause di forza maggiore quanto meno come elementi incidenti sulla gra­vosità della condotta criminosa, ma come esse invece scoloriscano e finiscano per perdere consistenza ove va­lutate nel periodo di un decennio; e come comunque la lamentata scarsezza di Assistenti sociali, Medici, perso­nale tecnico in genere, non possa aver avuto incidenza in ordine ad un'attività, è bene ricordarlo, di puro controllo formale, abbisognevole solo di impulso iniziale ed esegui­bile, per gran parte, per sua natura, da personale generico.

Sussiste pertanto il contestato reato di omissione di atti di ufficio nel suo aspetto materiale e psichico (que­st'ultimo avvalorato dalla circostanza che mai l'imputato ha contestato l'esistenza degli obblighi di legge a suo ca­rico o invocato una eventuale dimenticanza, ma solo cer­cato di giustificare per altra via i ritardi e le omissioni) ; valutati globalmente i criteri indicati nell'art. 133 C.P., con­siderata la gravità dei fatti in ragione della loro durata del tempo e della materia oggetto d'oggi, considerata altresì l'incensuratezza del prevenuto, equo stima il Giudicante infliggere allo stesso mesi 2 di reclusione (pena a cui per­viene apportando alla pena base di mesi 3 la riduzione nel­la misura di 1/3 per l'effetto della concessione delle atte­nuanti generiche) e nel ragionevole convincimento che questi si asterrà, per l'avvenire, dal commettere ulteriori reati, sospende, alle condizioni di legge, la pena principale come sopra comminata. A questa segue, de jure, la pena accessoria dell'interdizione temporanea dai pubblici uffi­ci per un anno (periodo minimo previsto dalla legge) trat­tandosi di reato commesso con violazione dei doveri ine­renti ad una pubblica funzione. Quanto al Gavagnin Lorenzo, ritiene il Giudicante che si possa, anzi si debba perve­nire ad una assoluzione con formula ampia del reato ascrit­togli. Va invero osservato, che, ai fini della sussistenza dell'elemento materiale del reato di omissione di atti di ufficio, l'omissione o il ritardo debbono essere in rappor­to causale diretto con la condotta del reo e non con fatto­ri estranei, quali la cattiva organizzazione della P.A., even­tuali disservizi imputabili a causa di forza maggiore o al personale dipendente, gravosa situazione di difficoltà di fatto preesistente (come nel caso in specie). È innegabile, proprio per quanto sopra detto circa le omissioni del Ba­gagiolo, antecessore del Gavagnin, che questo subentrò nel novembre dell'anno 1970 in una eredità per così dire «passiva», nulla o poco essendo stato fatto di quanto era compito del Comitato Provinciale ONMI fare nel campo di cui oggi è causa; ed è logico quindi che il prevenuto, accingendosi all'espletamento di un compito per lui del tutto nuovo, abbia dovuto fatalmente subire l'«handicap» dell'incuria del proprio predecessore oltreché della pro­pria inesperienza. Tali considerazioni vanno fatte ad inter­pretazione dei ritardi, e solo dei ritardi, rilevati anche nel periodo (tuttora in corso) della presidenza del Gavagnin: infatti, in ordine ad eventuali omissioni, nulla al suddetto può essere rimproverato. Esiste, sul punto, in atti una co­piosa documentazione che fornisce la prova positiva come questi si sia largamente attivato per l'osservanza da parte degli istituti dell'obbligo di cui all'art. 50 R.D. 14-5-26, co­me la susseguente istruttoria abbia avuto inizio nei primi mesi del 1971 (le prime relazioni del Direttore Sanitario portano date varianti da febbraio a marzo) in tempo cioè relativamente breve tenuto conto della preesistente situa­zione, come detta attività sia proseguita con notevole in­tensità fino al novembre dello stesso anno. Circa poi la sorveglianza per l'osservanza da parte degli Istituti dell'obbligo di trasmissione degli elenchi dei minori al G.T., se nulla è dato documentalmente accertare, tuttavia le di­chiarazioni verbali dell'imputato di aver preso ripetuta­mente contatto con essi e di aver ricevuto assicurazione in tal senso, trovano oggettivo riscontro nella circostanza, pacifica in causa, che già nel marzo 1971 tutti avevano pro­ceduto ad inviare o a completare gli elenchi trimestrali (anche se qualche caso di ulteriore ritardo per fatti con­tingenti si è verificato).

Il Gavagnin va pertanto assolto perché il fatto non sus­siste.

Parallelamente all'inerzia del Comitato Provinciale ONMI, l'istruttoria ha evidenziato altresì quella dei locali organi dello Stato preposti al controllo nello specifico set­tore: il reato di cui all'art. 328 C.P. è stato infatti contesta­to anche a Collenea Isernia Francesco, funzionario della Prefettura di Venezia, all'epoca dei fatti dirigente la divi­sione V, curante la beneficenza ed assistenza pubbliche. Alcune considerazioni di indole strettamente giuridica vanno, anche in questo caso, premesse all'esposizione dei fatti onde ribattere a talune tesi, avanzate dal patrocinio delle parti e miranti a sostenere l'inesistenza, allo stato attuale della legislazione, di un obbligo siffatto a carico esclusivo del funzionario sopra indicato. Non si può inve­ro fondatamente sostenere l'avvenuta abrogazione tacita del 2° comma dell'art. 44 Legge 17-7-1890 n. 6972 che tale obbligo sancisce, per una serie di argomenti logici, crono­logici, testuali dai quali è dato invece trarre conferma del­la permanenza della figura del consigliere della Prefettura preposto alla vigilanza sulla osservanza delle leggi in ma­teria di pubblica assistenza e beneficenza, argomenti che verranno ora succintamente esaminati.

Nulla ha mutato, in proposito, il D.L. lgt. 22-3-45 n. 173 istitutivo dei Comitati provinciali per l'assistenza e la be­neficenza, poiché vano sarebbe il cercare negli artt. 2, 3, 4 della Legge suddetta (concernenti le attribuzioni dei compiti del Consigliere di Prefettura e art. 44 della sopra citata legge; anzi, dall'art. 7 è offerto un ulteriore spunto per ribadire l'esattezza della tesi qui sostenuta, laddove, illustrando la composizione del Comitato, menziona al n. 6 il Consigliere di prefettura incaricato della vigilanza sul servizio delle opere pie quale membro di diritto. È chiara la volontà della legge di continuare a riservare l'attribuzio­ne «de qua» al più volte menzionato funzionario.

Nessuna innovazione neppure, nello specifico settore dell'assistenza all'infanzia abbandonata, ha comportato l'i­stituzione dell'ONMI ed in particolare il Testo Unico della legge sulla protezione ed assistenza della maternità ed in­fanzia (R.D. 24-12-1934 già citato), ove si pensi che all'art. 5 di detto T.U., a complemento della statuizione dell'obbli­go di vigilanza e controllo gravante sull'Opera, si precisa come restino pur sempre ferme «... le disposizioni della legge 17-7-1890 n. 6972... relative alla tutela ed alla vigilan­za governative sulle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza». Ed infine, se ciò ancora non bastasse, va ri­cordato come l'ultimo comma dell'art. 44 L. 17-7-1890 sia, nella sua attuale formulazione, opera dell'art. 13 D.P.R. 19-8-1934 n. 968: argomento questo, per ragioni di indole cronologica, decisivo, circa la permanenza in vigore del contenuto sostanziale della disposizione originaria. Sgom­brato così il terreno dalle sopra esposte pregiudiziali giu­ridiche, particolari difficoltà non presentano le questioni di fatto, secondo quanto è emerso dalle risultanze istruttorie e dibattimentali: l'obbligo di vigilanza è stato totalmente trascurato per esplicita (quanto involontaria) ammissione del prevenuto stesso («... avendo invitato i vari istituti a provvedere al riconoscimento ho ritenuto aver adempiuto al mio obbligo nella fattispecie...»); in particolare, per lo specifico obbligo di cui all'art. 314/5 legge 5-6-1967, manca addirittura una qualsivoglia attività, seppur in forma lar­vata, del prevenuto essendo le circolari 30-12-67 e 28-5-68, allegate agli atti, opera del suo predecessore (il Collenea Isernia ha ricevuto l'incarico nel 1969); infine, dai verbali delle ispezioni effettuate negli anni 1970 e 1971 (allo sco­po, tra gli altri, di accertare la situazione giuridica dei va­ri istituti) ed acquisiti agli atti del processo, è dato rile­vare come ben 14 istituti nel primo anno, e 2 nel secondo, non fossero stati visitati. Questi verbali, poi, appaiono ol­tremodo utili per dimostrare, unitamente alle considerazio­ni sopra svolte, l'infondatezza dell'assunto del Collenea Isernia secondo il quale l'obbligo di vigilare gli istituti di assistenza incombente sulla Prefettura - e quindi su di lui - non si estenderebbe al controllo degli adempimenti di cui all'art. 50 L. 15-5-26 n. 718 ed all'art. 314/5 C.C.: in­vero detti verbali, compilati su appositi questionari, dimo­strano che si è espressamente fatto riferimento alla sud­detta normativa, accertando se siano stati adempiuti tutti gli obblighi di legge di cui oggi trattasi ad opera dei pre­posti agli istituti!

Né ha pregio giuridico alcuno l'osservazione dell'imputato, ribadita dal teste Pintozzi G. Battista, circa la carenza di superiorità gerarchica del funzionario addetto alla di­visione V rispetto agli altri funzionari pari grado della Pre­fettura, nonché di rappresentanza esterna, prerogativa del solo Prefetto, una volta stabilito, com'è stato stabilito, che la legge ad esso faceva carico di vigilare, pur lasciandogli la più ampia libertà circa la scelta dei mezzi: che egli do­vesse giovarsi dell'opera di collaborazione e richiedere constantemente la firma del Prefetto per ogni atto che implicava rapporti con terzi estranei all'Amministrazione degli Interni, non impedisce che la condotta omissiva sia, sul terreno del diritto penale, a lui e solo a lui riferibile, di talché, per giustificare gli omessi controlli, egli avrebbe dovuto addurre un divieto o un rifiuto od un ostacolo qual­siasi provenienti dai suoi superiori gerarchici (vedi, per la posizione del Collenea Isernia in seno alla P.A., la nota 21-5-1971 del vice prefetto reggente dott. Baschieri, alle­gata agli atti).

Per questa condotta, ampiamente provata, va riconosciu­ta la sua penale responsabilità, con la conseguente con­danna alla pena principale di mesi 2 di reclusione previa concessione al prevenuto delle attenuanti generiche in considerazione della sua incensuratezza (pena base 3 me­si - 1/3 62 bis), pena che viene condizionalmente sospesa nella previsione che l'imputato si asterrà per il futuro dal commettere altri reati, ed a quella accessoria dell'interdi­zione temporanea dai pubblici uffici per anni uno.

La posizione dei medici provinciali Siggìa Salvatore e Bagnato Carlo, imputati ancora del reato di omissione di atti di ufficio, nettamente distinta in punto di fatto, può essere oggetto di una trattazione unitaria in linea di di­ritto.

Ai fini della giuridica esattezza delle due imputazioni (e quindi della sussistenza di reati ascritti), va preliminar­mente stabilito se l'art. 17 RDL 8-5-27 n. 798 che prevede la costituzione di una commissione di vigilanza sui bre­fotrofi (di cui è membro di diritto il Medico Provinciale) per opera di decreto prefettizio (commissione cui incom­be l'obbligo di visitare almeno una volta ogni bimestre i brefotrofi) sia stato modificato, ed eventualmente in quale misura, dalla legge 13-3-1958 n. 296 sull'istituzione del Mi­nistero della Sanità. Tale legge dispone, tra l'altro, agli artt. 1 e 2 la devoluzione a detto Ministero delle attribu­zioni un tempo di competenza delle altre amministrazioni statali in materia di sanità pubblica; ed all'art. 6, penulti­mo comma, testualmente stabilisce che «tutte le altre at­tribuzioni del prefetto in materia di sanità pubblica sono devolute al medico provinciale ed al veterinario provinciale secondo le competenze dei rispettivi uffici».

Ritiene questo Pretore che la chiave per la soluzione del quesito proposto consista nello stabilire la natura dell'ispezione di cui all'art. 17 RDL 8-5-27, se cioè essa ri­vesta o meno carattere sanitario, se sia volta o meno ad un controllo sulle condizioni igieniche degli ambienti e di salute fisiopsichica degli assistiti: a tale pregiudiziale do­manda va data risposta affermativa. Invero la lettura della testé menzionata norma rivela come nella composizione di detta commissione di vigilanza l'elemento medico-tecnico abbia una posizione di prim'ordine, considerata la presenza accanto alla figura del Medico Provinciale delle figure dei direttori delle locali cliniche pediatrica e dermosifilopati­ca; e pertanto ben può asserirsi come, a’ sensi del combi­nato disposto degli artt. 17 RDL 8-5-1927 e 6 legge 13-3-58, l'originaria competenza prefettizia si sia trasferita in ca­po al Medico Provinciale, poiché una commissione così composta non può che limitarsi a controlli eminentemente igienico-sanitari.

Per vero l'imputato Siggìa ha prodotto in fotocopia un parere espresso in data 7-12-71 dal Ministero della Sanità sull'argomento testé discusso, in cui lo scrivente giunge a conclusioni diametralmente opposte, ribadendo la perma­nenza dell'esclusiva competenza prefettizia in materia.

Il Giudicante non condivide assolutamente la tesi ivi sostenuta.

E ciò perché la stessa è fondata sull'assorbente rilie­vo, del tutto estraneo ai fatti di causa, che la natura degli istituti di assistenza di cui al 3° comma dell'art. 17 RDL 8-5-1927 non sarebbe tale da giustificare il passaggio di competenza in merito alla «vigilanza» dalla Amministra­zione degli Interni a quella della Sanità, a’ sensi dell'art. 1 L. 13-3-58; cosa che questo Pretore certo non pone as­solutamente in dubbio, essendo pacifico che i brefotrofi e le case di ricezione perseguono finalità pur sempre assi­stenziali e non sanitarie. Non viene però prospettato il problema (come sopra risolto dal giudicante) dell'esisten­za di un controllo pertinente il profilo esclusivamente sa­nitario della attività assistenziale e della logica deduzione quindi che, ai fini dell'unità di indirizzo della specifica at­tività amministrativa, detto controllo sia stato devoluto, ope legis, al Ministero competente a mezzo dei suoi or­gani periferici. Che poi questo controllo tecnico-sanitario si inserisca e si affianchi a tutti gli altri controlli attuati dalle altre autorità preposte alla più ampia sorveglianza dell'attività della pubblica o privata assistenza a favore dei minori, rientra nella logica del sistema, come già pre­cedentemente ricordato, di più organi di controllo apparte­nenti ad istituzioni ed a settori diversi della P.A., tra loro assommantisi e nel contempo differenziati per finalità.

E sorprende infine come nella missiva venga dichiarato che, fin dalla promulgazione della legge 10-3-58, nessuna direttiva sia mai stata data in proposito, ove si consideri che il decreto 10-3-71 con cui l'imputato Bagnato, allora Medico Provinciale, nominava i membri della Commissione di vigilanza, fa espresso riferimento alla suddetta legge; deve forse tutto ciò considerarsi un atto di fantasia, o peggio, una usurpazione di potere posta in essere dal Ba­gnato?!?

Ciò premesso non può non rilevarsi come il dr. Siggìa per tutto l'arco di tempo in cui prestò la sua opera di Me­dico Provinciale di Venezia non attuò mai i controlli sui brefotrofi previsti dall'art. 17 Legge 8-5-1927 n. 798. Lui stesso non ha avuto difficoltà ad ammetterlo precisando, tra l'altro, che tali controlli non vengono effettuati in nes­sun'altra parte d'Italia! Che tale omissione, poi, risalga ad un suo cosciente e volontario intendimento non pare che si possa revocare in dubbio atteso che nella sua specifica posizione non poteva ignorare che un suo più diligente predecessore nel 1960 attuò i suindicati controlli nominan­do apposita commissione. il Siggìa si è evidentemente premurato, qualora avesse avuto qualche dubbio sulla le­gittimità di tale incombente, di chiedere chiarimenti agli organi di Prefettura o di informarli della sua intenzione di non dar più corso ai controlli non ritenendoli di sua spet­tanza. Il Siggìa, invece, non ha fatto che ignorare il prece­dente pur esistente, trascurando l'obbligo su di lui gravan­te con deplorevole incuria.

Il Bagnato, invece, che è pur gravemente responsabile poiché si è oggi appreso che fu lui a precedere fino al 1968 il dr. Siggìa per poi succedere a questi nel 1970, ha cercato di ovviare a tale carenza, tanto è vero che nel mar­zo del 1971 egli aveva provveduto a nominare la commis­sione per i controlli sui brefotrofi. Va tuttavia osservato come la prima ispezione di detta commissione fu effettua­ta solo l'8-6-1971 cioè dopo che questo ufficio aveva richie­sto le copie dei verbali di ispezione eseguite fino ad allo­ra. E va rilevato ancora come alla fine di ottobre nessuna altra ispezione fosse stata ancora effettuata.

Si giustifica il Bagnato da un lato prospettando l'assolu­ta carenza di collaboratori in relazione ai suoi numerosissi­mi incarichi e dall'altro evidenziando la grave malattia agli occhi per cui fu ricoverato in ospedale nel mese di maggio. A tali assunti è agevole opporre che i numerosi e gra­vosi incombenti e l'improvvisa malattia, come non impedi­rono al Bagnato di convocare nel giugno 71 la commissione la cui presidenza fu da lui delegata ad altro membro, così non potevano ostare ad un più regolare funzionamento del­la Commissione che poteva egli ben convocare senza pur prendervi parte. Va ricordato, infatti, che le ispezioni pre­viste dalla L. 8-5-1927 n. 788 sono bimestrali per cui non si riesce a dar valido peso agli assunti difensivi del Ba­gnato.

Vanno, infine, prese in considerazione alcune osserva­zioni fatte dalla difesa del dr. Siggìa in ordine ai termini esatti della contestata imputazione, osservazioni che va­lidamente potrebbero esser fatte proprie dal Bagnato per cui ora vengono esaminate in relazione ad entrambi gli imputati.

Rileva il Siggìa la indeterminatezza della imputazione nella parte in cui precisa il lasso di tempo preso in esame dall'accusa: invero il capo di imputazione recita: «nella sua qualità di Medico Provinciale... fino al settembre 1970» così lasciando, a detta della difesa, indeterminato il termine della contestazione. L'assunto non merita pregio alcuno. Invero la imputazione, facendo riferimento alla at­tività del Siggìa quale Medico Provinciale sino al settem­bre 1970, epoca in cui cessò dalla carica, esattamente ed inequivocabilmente prende in esame tutto il periodo in cui il prevenuto ne esercitò le funzioni, determinando solo il momento di cessazione dalle stesse per meglio inquadra­re la posizione dell'imputato in relazione alla posizione del successore. Non quindi incertezza ed indeterminatezza, ma chiara e precisa puntualizzazione delle responsabilità nel tempo.

Si duole ancor la difesa della indeterminatezza della imputazione laddove si dice «... ometteva di eseguire le periodiche visite nei suindicati istituti di assistenza»; per cui, non sarebbe precisato quali sarebbero «i suindicati istituti» mentre per tutti gli altri imputati di omissione di controllo si è fatto riferimento ai vari istituti indicati nel seguito del capo di imputazione. Anche a tale assunto è agevole opporre che per il Siggìa nella imputazione si è fatto riferimento alla Commissione di vigilanza sui Brefo­trofi per cui è per detti istituti che va presa in considera­zione la sua colpevole omissione. Né rilevanza alcuna ha il fatto che i Brefotrofi non siano stati indicati nominati­vamente poiché tale omissione avrebbe rilievo se delle ispezioni fossero state eseguite in alcuni di essi ed in al­tri no, il che, ovviamente, non è del caso di specie. Ultimo rilievo, apparentemente più valido, è quello se­condo cui erroneamente è stato indicato nel capo di impu­tazione che il Medico Provinciale è Presidente della Com­missione di vigilanza, mentre, semmai, egli ne è solo mem­bro. Tale rilievo non merita pregio. Invero se, come in pre­cedenza precisato, è cessata la competenza del Prefetto a seguito della istituzione del Ministero della Sanità, non potrà esser certo costui a nominare la commissione ed a indicarne il Presidente. È pur vero, invece, che essendo stata trasferita la competenza del Prefetto al Medico Pro­vinciale è a costui che, ope legis, spettane tali incombenti.

Per contro è esatto l'appunto che il Medico Provinciale non è necessariamente il presidente della Commissione, potendo indicare altri a tale funzione. A tal proposito, a parte la indicativa e significativa considerazione che il dr. Bagnato nel nominare il 9-3-1971 la Commissione indicò se stesso quale Presidente (!), giova rilevare come la posi­zione dei prevenuti sia comunque ben precisamente deli­neata con riferimento alla loro qualifica di Medici Provin­ciali ed alla colpevole omissione delle ispezioni nei Brefo­trofi; cioè l'indicazione di Presidente della Commissione trova la sua ragion d'essere nella qualifica di Medico Pro­vinciale, qualifica che certo non può esser messa in dub­bio, e che da sola giustifica l'attribuzione della responsa­bilità per la omissione dei periodici controlli. Invero il Me­dico Provinciale, sia esso presidente o membro della com­missione, doveva lui provvedere comunque a nominare ed a convocare la commissione, per cui la carenza di attività della stessa non può che farsi risalire sempre e comunque al Medico Provinciale.

Va affermata, in conclusione, la penale responsabilità di entrambi gli imputati; essendo però nettamente differen­ziate in fatto, le rispettive posizioni (secondo quanto pri­ma si è anticipato), equa ritiene il Giudicante, concesse ad entrambi le attenuanti generiche, irrogare al Bagnato la pena pecuniaria nella misura di L. 100.000 di multa (p.b. 150.000 - 1/3 62 bis) ed al Siggìa quella detentiva, nella misura di mesi due di reclusione (p.b. 3 mesi - 1/3 62 bis), pene cui segue l'interdizione dai pubblici uffici per anni uno.

Agli stessi viene concesso il beneficio della sospensio­ne condizionale sotto le comminatorie di legge. Passando ora all'esame della posizione delle altre nove imputate, cioè delle religiose direttrici di vari istituti aventi per finali­tà, prevalente o concorrente, l'assistenza dei minori, giova premettere che in punto di fatto gli addebiti loro mossi non possono esser revocati in dubbio, atteso che le omis­sioni riscontrate a loro carico sono state accertate a se­guito di un minuzioso e preciso lavoro di controllo esegui­to con la collaborazione del Giudice Tutelare - per quan­to di sua spettanza - tra la documentazione esistente presso la cancelleria della «volontaria giurisdizione» della Pretura Unificata di Venezia. Per quelle religiose, poche per la verità, che hanno contestato in fatto l'addebito sarà agevole, nel considerare in seguito distintamente le loro posizioni, dimostrare il contrario. Pertanto il maggior im­pegno dovrà esser profuso, al pari di ciò che ha fatto la difesa che, ovviamente, ha cercato di dimostrare il con­trario, nell'esame della sussistenza dell'elemento psicolo­gico concretizzante la fattispecie delittuosa prevista dall'art. 328 C.P. Un'altra considerazione di carattere genera­le e preliminare si impone a questo proposito; in materia di adozione speciale e più precisamente con riferimento all'obbligo previsto dall'art. 314/5 C.C. in ordine allo inol­tro al G.T. degli elenchi trimestrali dei minori ricoverati negli istituti assistenziali, punto aspramente controverso in dottrina ed anche tra i giudici di merito (in specie i giudici tutelari) in carenza assoluta di un indirizzo chiari­ficatore del Supremo Collegio, è se tali elenchi debbano esser comprensivi dei nominativi di tutti i minori ricove­rati, a prescindere dalla loro età, oppure se debbano com­prendere solo quelli dei minori degli anni otto.

Questo Pretore, ritenendo di dover aderire alla preva­lente corrente interpretativa in materia e considerato che la ragione dell'incombente previsto dall'art. 314/5° consi­ste nel permettere al G.T. di segnalare al Tribunale dei Minorenni il nominativo dei fanciulli per i quali sussistono i presupposti dello stato di adottabilità ai sensi e per gli effetti della normativa vigente in materia di adozione spe­ciale ex L. 5-6-1967 n. 431, ha limitato l'indagine nei con­fronti delle religiose oggi imputate solo agli elenchi da costoro inviati, ed ancor più a quelli non trasmessi, limi­tatamente ai minori degli anni 8 ricoverati negli istituti da loro diretti.

Tutto ciò premesso appare opportuno sgomberare il ter­reno dalle imputazioni di violazione dell'art. 665 C.P. in rel. art. 50 R.D. 14-5-26 n. 718 addebitate alle religiose Gar­denal Emma, Puppin Giuditta, Bettin Lucia, Garaventa An­naMaria, Lorenzi Olga, e Verzotto Anna Maria rispettiva­mente direttrici degli istituti «Solesin», «S. Pio X - Ca­nossiane», «Orfanotrofio La Fontaine» (la De Bettin e la Garaventa), «Buon Pastore» e «Maria Ausiliatrice». Giova ricordare come il R.D. 14-5-1926 n. 718 «Approvazio­ne del regolamento per l'esecuzione della legge 10-12-25 n. 2277, sulla protezione e l'assistenza della maternità e dell'infanzia» all'art. 50 preveda che «Gli istituti... pubbli­ci o privati che, in tutto o in parte, intendono comunque provvedere alla protezione ed all'assistenza della materni­tà e della infanzia devono esser previamente riconosciuti idonei a tale funzione... dalla Giunta esecutiva dell'Opera nazionale». «Per ottenere la dichiarazione... devono pre­stare apposita domanda per mezzo del Presidente della Federazione della Provincia in cui hanno la loro sede prin­cipale...». L'importanza di tale norma e dell'incombente dalla stessa previsto appare in tutta la sua entità: grave sarebbe se vi fossero degli istituti che provvedono all'as­sistenza dei minori senza esser stati previamente ricono­sciuti idonei a tale funzione a seguito del controllo di tut­ti i requisiti richiesti in modo indispensabile per tale atti­vità! Purtroppo, però, a Venezia al maggio '71 solo un isti­tuto aveva ottenuto la preventiva autorizzazione! Gli altri non ne erano ancora in possesso oppure erano stati di­chiarati esenti da tale obbligo in virtù di una circolare n. 850 della presidentessa dell'ONMI, on. Gotelli, secondo la quale gli istituti sorti prima del 1926, data di entrata in vi­gore della legge istitutiva dell'ONMI, non dovevano esser muniti del riconoscimento di idoneità a funzionare. Questo Pretore non ritiene assolutamente di dover condividere ta­le principio, ma non può ignorare come i direttori dei vari istituti sorti prima del 1926 dovessero legittimamente ri­tenersi esenti dall'obbligo di cui sopra in quanto ciò era stato loro espressamente dichiarato proprio da quella au­torità, che, eventualmente, tale riconoscimento avrebbe dovuto conferire. Sulla scorta di questi presupposti ben 11 direttori di istituti che si trovavano nelle condizioni ora ac­cennate sono stati prosciolti in istruttoria dall'addebito di cui all'art. 665 C.P. perché il fatto non costituisce reato, es­sendosi riconosciuto che anche se nella fattispecie in esa­me si verteva interna di contravvenzioni, purtuttavia non si poteva non tener presente la legittima buona fede degli imputati ai quali non si poteva muover alcun addebito di colpa. Essendosi oggi accertato in maniera inequivocabile che anche gli istituti «Solesin», «S. Pio X Canossiane», «Orfanotrofio La Fontaine», «Buon Pastore» e «Maria Au­siliatrice», sono sorti prima del 1926 e che per tale fatto sono stati dichiarati espressamente esenti dall'obbligo del preventivo riconoscimento di idoneità a funzionare con deli­bera del Comitato Provinciale ONMI di Venezia in esecu­zione della citata circolare n. 850, anche le imputate Gar­denal Emma, Puppin Giuditta, De Bettin Lucia, Garaventa AnnaMaria, Lorenzi Olga e Verzotto AnnaMaria, dovranno esser mandate assolte da tale imputazione perché il fatto non costituisce reato non essendo addebitabile alle stesse alcun elemento di colpa in conseguenza delle decisioni dell'autorità che dalla legge è stata incaricata di conferire il riconoscimento stesso.

Per contro Bazzacco Amabile, Mai Soenne e De Biasi Giovanna, rispettivamente direttrici degli Istituti «Maran», «Maria Immacolata» e «Mason» devono essere dichiara­te responsabili del reato di cui all'art. 665 C.P. loro ascrit­to. Invero la Bazzacco ha ammesso di aver inoltrato la do­manda per il riconoscimento nel marzo del 1971 (su consi­glio dei superiori) pur provvedendo alla assistenza dei mi­nori dal 1970. La Mai invece ha dichiarato che nel 1969 fe­ce domanda per ottenere il riconoscimento ottenendolo solo nel luglio 1971: giova peraltro rilevare come sino a tale data si sia pienamente realizzata sia sotto il profilo materiale che sotto quello psicologico la fattispecie con­travvenzionale in esame e come l'ottenimento del ricono­scimento non costituisca certo un'esimente per l'omissio­ne fino ad allora realizzatasi; infatti va ribadito come il ri­conoscimento di idoneità debba esser ottenuto prima di intraprendere l'attività assistenziale e non dopo. Analoghe considerazioni possono farsi nei confronti di De Biasi Giovanna che ha dichiarato di aver «presentato nel termine prescritto la domanda all'ONMI, ma la autorizzazione ci è pervenuta per ritardo», sol che si pensi che a tutto il 1971 l'istituto Mason risultava in piena attività senza essere ancora munito di autorizzazione! Non vi è dubbio che que­ste religiose debbano oggi rispondere penalmente della lo­ro omissione in quanto «agevolate» dal mancato o insuf­ficiente intervento degli organi di controllo: ma per costo­ro già si è determinata la penale responsabilità.

Passando ora all'esame degli addebiti relativi alla viola­zione dell'art. 328 C.P. si osserva che l'istituto Maran, di­retto da suor Bazzacco, ha inviato al G.T. il primo elenco ex art. 314/5 C.C. in data 31-3-1971 pur avendo iniziato l'at­tività di assistenza dei minori degli anni 8 già dal 1970: si giustifica la imputata assumendo che, non essendo sorto l'istituto con finalità assistenziali, ma avendo assunto tale onere per ragioni di «umanità e comunque contingenti», ciò «agevolò la sua dimenticanza nell'inviare gli elenchi», cosa che fece successivamente perché consigliata dai suoi superiori.

Giova a questo proposito esaminare gli assunti difensi­vi della Bazzacco tendenti a dimostrare l'assoluta carenza dell'elemento psicologico doloso necessario per la configu­razione della fattispecie delittuosa di cui all'art. 328 C.P.: e ciò in quanto tali assunti, sostanzialmente, riflettono la te­si difensiva di tutte le altre imputate. Invero il reato in esame è punito a titolo di dolo generico che, per fermo orientamento del Supremo Collegio, deve intendersi «con­sapevolezza e volontà di omettere un atto del proprio uffi­cio unitamente alla consapevole volontà di agire in viola­zione dei doveri imposti dall'Ordinamento giuridico» (v. Cass. 2-6-69 in Giust. pen. 70 - II pag. 676). Alla stregua di tale precisazione, tuttavia, erroneo sarebbe estendere al massimo il concetto di «dimenticanza» che la Bazzac­co fa proprio, attesoche, diversamente, si giungerebbe quasi all'assurdo di ammettere ogni omissione, lasciando esente da responsabilità solo quella inattività che si possa far risalire ad un preordinato disegno specifico della volon­tà dell'agente rivolta all'ottenimento di determinate finali­tà, cioè, in altri termini, al dolo specifico.

Nel caso di specie, invero, la «dimenticanza» della Baz­zacco deve più rettamente qualificarsi come «incuria» e «trascuratezza». È invero solo ad atteggiamento così qua­lificabile che deve farsi risalire l'omesso invio degli elen­chi al G.T.: trattasi di un atteggiamento caratteristico a tutte le altre religiose le quali, pur benemerite per il mo­do in cui assistono i fanciulli, non si son rese conto del­la gravità delle loro omissioni, affrontando l'incombente lo­ro imposto dalla legge con negligenza assoluta, espletando­lo nei casi migliori solo quando ne avevano tempo, senza puntualità, senza, cioè, porre la doverosa attenzione e la necessaria volontà per dar esecuzione allo stesso. E tutto ciò, per le ragioni sopra esposte, non può definirsi «col­posa dimenticanza» bensì «dolosa trascuratezza», e per­tanto qualificante pienamente, sotto il profilo psicologico, il reato in esame. l'assoluta genericità delle giustifica­zioni della Bazzacco consente di superare tali precisazioni in diritto che traggono la loro forza dal comportamento, in fatto, addebitato alla stessa e provato inequivocabilmente. Pertanto, non potendosi escludere nella prevenuta la con­sapevolezza del dovere alla cui osservanza era tenuta, l'omissione accertata non può che farsi risalire ad un suo «indebito» e quindi colpevole atto di volontà.

Suor Mai Soenne, direttrice dell'Istituto «Maria Imma­colata» agli Alberoni, ha trasmesso per la prima volta gli elenchi al G.T. il 28-4-1971, e, per quanto attiene l'aspetto psicologico del reato addebitatole, essa è confessa. Infatti ha dichiarato: «ammetto che all'inizio non diedi la dovuta importanza all'obbligo dell'inoltro degli elenchi trimestra­li», per cui, «oberata dal lavoro» ritardò l'inizio delle ope­razioni stesse. «Fu così che nell'aprile-maggio 1970 iniziai la ricerca e la raccolta di tutti i dati... così che solo nell'a­prile 1971 riuscii a presentare il primo elenco...». Pare che a tali giustificazioni, a prescindere anche da quanto detto in occasione dell'esame della posizione della precedente imputata Bazzacco Amabile, non necessiti commento al­cuno: Gardenal Emma, direttrice dell'Istituto «Solesin» ha trasmesso i primi elenchi al G.T. solo nel luglio 1971 pur ospitando nel 1970 minori degli anni 8 (Sinibaldi Margheri­ta e, sia pur per poco, Sinibaldi Mirella). La imputata ha ammesso che la segnalazione della sola Sinibaldi Marghe­rita fu effettuata solo nell'aprile 1971 inviando l'elenco er­roneamente al Tribunale dei Minorenni.

A prescindere dalla considerazione che la Gardenal non dà la minima giustificazione del ritardo ammesso, giova osservare come la stessa abbia precisato che l'elenco in­viato al Tribunale dei Minorenni... «da notizie da me ap­prese non è reperibile»! Col che anche il suo parziale as­sunto difensivo, già di per sé poco credibile, appare tutto da dimostrare.

La trascuratezza e quindi la responsabilità di suor Pup­pin Giuditta, direttrice dell'Istituto «Canossiano S. Pio X» è ammessa dalla stessa che, assunto l'incarico il 30 agosto 1970, ha fatto pervenire al G.T. il primo elenco in data 24 febbraio 1971! la prevenuta ha cercato giustificazione alcuna, che, d'altra parte, poco agevole sarebbe stata da trovare.

La posizione delle imputate Garaventa Anna Maria e De Bettin Lucia va esaminata insieme atteso che le stesse si son succedute nella direzione dell'istituto «Orfanotrofio La Fontaine» la prima fino al febbraio 1971 e la seconda a tut­to oggi. Invero nel controllo degli elenchi inviati dal pre­detto Istituto si è rilevato che dopo l'elenco del marzo 1970, un solo altro elenco di data 30-9-70 veniva depositato il 2-11-70 e successivamente bisognava attendere il 26 mag­gio 1971 per ritrovarne un altro. È la stessa De Bettin che al G.T. ebbe a dichiarare il 27-5-1971 «non mi risulta che dopo il novembre 1970 siano stati trasmessi elenchi». Con ciò dando la prova della responsabilità penale della Gar­denal che in sede istruttoria ha dichiarato di ritenere di aver inviato regolarmente gli elenchi. Ma sia essa che la De Bettin hanno precisato di aver spedito gli elenchi per posta «non raccomandata» elenchi che peraltro non sono mai pervenuti a questo ufficio; tanto che la De Bettin con­segnò al G.T. gli elenchi, che lei asseriva aver spediti nel febbraio, il giorno 27-5-1971 quando cioè venne chiamata dal predetto magistrato a render conto dell'inspiegabile omissione. Le giustificazioni addotte dalle imputate in or­dine allo smarrimento, oltre che per la contraddizione delle loro deposizioni, non possono di per se stesse aver acco­glimento. Per esse vale quanto ricordato a proposito di suor Bazzacco in ordine alla consapevolezza dell'obbligo su loro gravante (consapevolezza pienamente ammessa) ed alla volontarietà della loro omissione risalibile ad un at­teggiamento di deplorevole trascuratezza.

Suor Lorenzi Olga, direttrice dell'Istituto «Buon Pasto­re» non ha inviato gli elenchi trimestrali dal 22-7-1970 al 5-1-1971: la stessa ha contestato il fatto in sede istruttoria asserendo che in data 1-10-1971 fu inoltrato al G.T. altro elenco. Ha aggiunto di aver affidato l'elenco ad una suora del suo istituto che lo avrebbe consegnato ad un usciere che, a sua volta, l'avrebbe consegnato al cancelliere: gio­va invece osservare come tale elenco non sia mai perve­nuto a questo ufficio mentre l'elenco del luglio 1970 venne da suor Lorenzi spedito per posta il 3 settembre 1971 con lettera accompagnatoria di scuse per il ritardo!

È quindi agevole rilevare l'insostenibilità in fatto degli assunti della prevenuta che, unitamente agli altri elementi probatori acquisiti ed esposti, forniscono indirettamente anche la prova del dolo addebitabile alla stessa, con le ca­ratteristiche ed i limiti già indicati a proposito di suor Bazzacco.

Suor De Biasi Giovanna, direttrice dell'Istituto «Mason», contesta di non aver inviato regolarmente al G.T. gli elenchi in questione; peraltro dall'esame della documenta­zione giacente presso la Cancelleria della Volontaria Giu­risdizione di questa Pretura si è accertato che la predetta fino al settembre 1970 non aveva inviato elenchi di sorta: giova inoltre ricordare come la predetta al G.T. che le con­testava tale carenza ribadì che avrebbe fatto pervenire le copie degli elenchi che si asseriscono mancanti: ed invero il 19-5-1971 la stessa depositava le copie relative agli elen­chi del 1-3-1970 e del 15-6-70; e ciò stimando ben scarsa la attenzione l'inquirente al quale fu ed è agevole rilevare come le «copie» dimesse, siano invece delle «prime bat­tute» evidenziabili ictu oculi (tra l'altro sono anche firma­te!) e quindi predisposte, molto probabilmente, ad hoc proprio in quei giorni del maggio 1971.

D'altra parte, se gli elenchi fossero stati inoltrati si sa­rebbero stati pur ritrovati, come tutti gli altri. Pertanto an­che per la De Biasi valgono le medesime considerazioni svolte per la precedente imputata Lorenzi Olga: è eviden­te la macroscopica trascuratezza alla quale si è ovviato solo nel settembre 1970 e dalla quale la imputata tenta di esimersi con giustificazioni non certo «ortodosse».

Infine suor Verzotto Maria, direttrice dell'Istituto «Ma­ria Ausiliatrice», non ha trasmesso al G.T. i prescritti elen­chi sino alla fine di ottobre 1970: essa si giustifica col dire che impiegò quasi un anno per impratichirsi nella direzione dell'Istituto venendo così a conoscenza in ritardo dell'ob­bligo gravante e riconoscendo le precedenti omissioni. Ta­li giustificazioni non paiono attendibili, a prescindere poi dalla considerazione che l'asserita ignoranza non avrebbe nella fattispecie validità alcuna, risolvendosi in ignoranza su norma penale (arg. Cass. 12-6-69 in Giust. pne. 70 - II pag. 676).

Per tutte queste ragioni va affermata la penale respon­sabilità di Bazzacco Amabile, Mai Soenne, Gardenal Emma, Puppin Giuditta, De Bettin Lucia, Garaventa AnnaMaria, Lorenzi Olga, De Biasi Giovanna e Verzotto Maria in ordi­ne al reato di omissione di atti di ufficio loro rispettiva­mente ascritto e, concesse a tutte le attenuanti generiche in considerazione della loro incensuratezza, va loro irrogata (a pena di Lire 60.000 di multa ciascuna (p.b. 90.000 - 1/3 62 bis). A tutte le predette va ancora inflitta la pena ac­cessoria dell'interdizione dei pubblici uffici per la durata di 1 anno.

A Bazzacco Amabile, Mai Soenne e De Biasi Giovanni, giuste le considerazioni sopra svolte, va irrogata anche la pena di L. 20.000 di ammenda ciascuna per il reato ex art. 665 C.P. per il quale sono state riconosciute responsabili (p.b. 30.000 - 1/3 62 bis). A tutte e nove le religiose so­pra indicate, nella ragionevole previsione che si asterranno per il futuro dal commettere altri reati, viene concesso il beneficio della sospensione condizionale della pena.

Alla conclusione del presente procedimento necessita puntualizzare brevemente alcune considerazioni per quan­ti, imputati e difensori, hanno più o meno decisamente ac­cusato di incuria il Giudice Tutelare, chiamandolo quasi a condividere la loro posizione di imputati, per non avere egli sorvegliato che fossero regolarmente inoltrati al suo ufficio gli elenchi trimestrali ex art. 314/5 C.C. segnalan­do le eventuali omissioni! A costoro è estremamente age­vole obiettare che, mentre a tutti gli odierni imputati è fatto carico ex lege un determinato obbligo (per il diretto­re degli istituti di inoltrare gli elenchi e per gli organi di controllo di vigilare che ciò venga fatto), al G.T. la legge fa solo carico di riferire «al Tribunale per i Minorenni sulle condizioni di quelli fra i ricoverati o assistiti che ri­sultano in situazione di abbandono» (art. 314/5 u.c. C.C.). Da cui è agevole trarre l'ulteriore considerazione che il G.T. che non vede giungere alcun elenco da un determina­to Istituto né alcuna segnalazione di irregolarità da parte degli organi di vigilanza, è legittimato a ritenere che in detto Istituto non siano ricoverati minori degli anni 8 e ciò proprio perché allo stesso non spetta alcuna attività di vi­gilanza e controllo per la quale il legislatore ha esplicita­mente previsto degli organi amministrativi ad hoc. Superflua pare ogni ulteriore considerazione!

 

P. Q. M.

 

Dichiara Bagagiolo Alberto, Collenea Isernia Francesco, Siggìa Salvatore, Bagnato Carlo, Bazzacco Amabile. Mai Soenne, De Biasi Giovanna responsabili dei reati loro ri­spettivamente ascritti e Gardenal Emma, Puppin Giuditta, De Bettin Lucia, Garaventa Annamaria, Lorenzi Olga e Ver­zotto Maria responsabili del reato di omissione di atti di ufficio di cui al capo a) della rispettiva imputazione e, con­cesse a tutti le attenuanti generiche, li condanna:

Bagagiolo Alberto a mesi 2 di reclusione, Collenea Iser­nia Francesco a mesi 2 di reclusione, Siggìa Salvatore a mesi 2 di reclusione, Bagnato Carlo a L. 100.000 di multa, Bazzacco Amabile per il reato p. e p. ex art. 328 C.P. a L. 60.000 di multa e per il reato ex art. 665 C.P. a L. 20.000 di ammenda.

Mai Soenne per il reato ex art. 328 C.P. a Lire 60.000 di multa e per il reato ex art. 665 C.P. a L. 20.000 di ammenda. De Biasi Giovanna per il reato ex art. 328 C.P. a L. 60.000 di multa e per il reato ex art. 665 C.P. a L. 4.000 di ammenda, Gardenal Emma a L. 60.000 di multa, Puppin Giu­ditta a L. 60.000 di multa;

De Bettin Lucia a L. 60.000 di multa;

Garaventa Annamaria a L. 60.000 di multa;

Lorenzi Olga a L. 60.000 di multa;

Verzotto Maria a L. 60.000 di multa.

Sospensione condizionale della pena per tutti.

Dichiara tutti i predetti imputati interdetti dai pubblici uffici per 1 anno.

Assolve Gardenal Emma, Puppin Giuditta, De Bettin Lu­cia, Garaventa Annamaria, Lorenzi Olga e Verzotto Anna­maria dal reato ex art. 665 c.p. loro rispettivamente ascrit­to e di cui al capo b) delle rispettive imputazioni perché il fatto non costituisce reato. Assolve Gavagnin Lorenzo dal reato ascrittogli perché il fatto non sussiste.

 

Venezia, 24 marzo 1972

IL CANCELLIERE f.to F.MUZIO - IL PRETORE f.to PISANI

 

 

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