Prospettive assistenziali, n. 21, gennaio-marzo 1973

 

 

PROPOSTE DI LEGGE

 

NORME CONCERNENTI L'AFFIDAMENTO FAMILIARE DI MINORI A SCOPO EDUCATIVO

 

 

PROPOSTA DI LEGGE N. 750 PRESENTATA ALLA CAMERA DEI DEPUTATI IL 17-8-1972 DAGLI ONO­REVOLI FOSCHI E CASSANMAGNAGO

 

Relazione

Onorevoli Colleghi! - Sono note le gravissime conseguenze negative dell'istituzionalizzazione dei minori, carenze che hanno notevoli ripercus­sioni sul piano fisico e psichico tanto maggiori quanto più tenera è l'età del minore ricoverato e più prolungata è la durata del ricovero.

Ulteriori aggravanti sono provocate dai cam­biamenti, spesso numerosi, di istituto e dalla lon­tananza dalle famiglie.

Il ricovero in 'istituto provoca fra l'altro danni sul piano affettivo, mancanza di sicurezza, inca­pacità ad acquisire normali rapporti con gli altri, isolamento sociale. Tutto ciò è ampiamente do­cumentato da ricerche scientifiche condotte in Italia e nei vari paesi europei ed extra-europei, ricerche che non possono certamente essere smentite da casi isolati di buona formazione in­dividuale e sociale di adulti che sono stati rico­verati in istituto durante la loro età evolutiva.

Proprio in base alle conseguenze negative dell'istituzionalizzazione è stata approvata la legge 5 giugno 1967, n. 431, che ha introdotto nel no­stro ordinamento giuridico l'adozione speciale.

I benefici effetti dell'adozione speciale tuttavia non si estendono, né si possono estendere a tutti i minori ricoverati in istituto, ma beninteso solo a quelli «privi di assistenza materiale e morale da parte dei genitori o dei parenti tenuti a prov­vedervi» come giustamente prevede l'articolo 314/4 del codice civile.

Occorre proseguire sulla via intrapresa con l'adozione speciale e introdurre nuovi mezzi per superare il ricovero in istituto che rappresenta sempre, al di là delle intenzioni delle istituzioni che provvedono al ricovero, una forma di emar­ginazione dal contesto familiare e spesso anche dall'ambiente sociale.

La presente proposta di legge si pone in que­sta linea, anche se in modo molto limitato.

È certo che è prioritaria una politica sociale che sia diretta allo sviluppo della persona e che pertanto elimini le carenze culturali ed econo­miche, la mancanza di idonei servizi (scuola, sa­nità, lavoro, abitazione, ecc.), gli atteggiamenti di esclusione dei più deboli, fattori tutti che determinano, fra l'altro, il ricovero di decine di migliaia di minori in istituto.

Al riguardo, pur nella considerazione della poca attendibilità dei dati ISTAT, che sono cer­tamente inferiori alla realtà non essendo censiti tutti gli istituti, risulta che erano ricoverati al 31 dicembre 1968:

6.535 minori nei brefotrofi;

80.080 minori negli orfanotrofi;

85.512 minori negli istituti per poveri o abban­donati;

7.891 minori handicappati sensoriali;

3.675 minori handicappati fisici;

14.845 minori handicappati psichici;

13.789 minori di altre categorie;

212.397 Totale minori ricoverati al 31 dicembre 1968.

A questi occorre aggiungere 50.990 minori ac­colti in colonie permanenti (giornate totali di presenza 6.886.505).

Vi è da notare che il numero dei minori rico­verati in istituto è sceso considerevolmente. Infatti al 31 dicembre 1960 erano ricoverati:

8.699 minori nei brefotrofi;

112.956 minori negli orfanotrofi;

87.549 minori negli istituti per minori poveri o abbandonati;

7.624 minori handicappati sensoriali;

3.506 minori handicappati fisici;

10.081 minori handicappati psichici;

11.739 minori di altre categorie;

242.179 Totale minori ricoverati al 31 dicembre 1960.

Dunque la diminuzione dal 1960 al 1968 è stata, secondo i dati ISTAT, di 29.782 minori e cioè del 12,3 per cento.

Questa diminuzione può essere accelerata con lo sviluppo nel nostro paese dell'affidamento fa­miliare a scopo educativo, ferma restando, come si è detto, la necessità primaria dello sviluppo dei servizi.

Condizione indispensabile per l'introduzione delle norme proposte sull'affidamento familiare a scopo educativo è l'adeguamento dell'adozione speciale alle disposizioni della Convenzione eu­ropea sull'adozione dei minori e a questo riguar­do verrà presentata una apposita proposta di legge.

Con la presente proposta di legge si intende non soltanto recare un contributo alla de-istitu­zionalizzazione dei minori, ma anche ovviare agli inconvenienti che limitano gli affidamenti in atto oggi in varie parti d'Italia. Fra di essi si segna­lano quelli disposti dai tribunali per i minorenni, dagli uffici distrettuali di servizio sociale dei tri­bunali per i minorenni, da province (come ad esempio quella di Torino che ha approvato una apposita delibera istitutiva del servizio di affida­mento familiare a scopo educativo) e da altri enti.

Con l'articolo 1 della proposta di legge, tenen­do presente quanto detto sopra sullo sviluppo dei servizi, si è inteso delimitare il campo di azione dell'affidamento familiare evitando che siano avviati in affidamento familiare:

i minori la cui situazione è risolvibile con un aiuto economico e/o sociale al nucleo fami­liare d'origine;

i minori adottabili con adozione speciale.

Si intende inoltre consentire l'affidamento fa­miliare dei minori dichiarati in stato di adottabi­lità per i quali non è realizzato l'affidamento pre­adottivo, come avviene oggi per i minori con handicaps fisici, psichici o sensoriali o con di­sturbi del comportamento o del carattere. L'equiparazione dei focolari all'affidamento fa­miliare a scopo educativo consente, fra l'altro, di rendere meno burocratici la loro costituzione ed il loro funzionamento.

In tal senso è, ad esempio, la legislazione fran­cese e la delibera sull'affidamento familiare ap­provata dall'Amministrazione provinciale di To­rino.

In particolare con la suddetta equiparazione non è più richiesta per l'istituzione dei focolari la preventiva autorizzazione dell'ONMI di cui all'articolo 50 del regio decreto 15 aprile 1926, n. 718.

L'art. 2 prevede che i genitori possano affidare i propri figli nell'ambito dei poteri inerenti alla patria potestà.

Una regolamentazione di detti affidamenti vio­lerebbe detto diritto ed inoltre impedirebbe e ostacolerebbe gli affidamenti di emergenza (per ricovero in ospedale o per altra assenza improv­visa dei genitori) o per altri motivi (di studio, di vacanza o di salute ecc.).

L'autorità giudiziaria ha comunque il potere di intervenire nell'ambito familiare (d'origine, affi­datario) nei limiti in cui ciò gli è consentito nei riguardi delle altre famiglie.

Il non inserimento del punto a) dell'articolo 2 potrebbe essere interpretato dall'autorità giudi­ziaria come implicito divieto della legge ai geni­tori di procedere liberamente ad affidare i pro­pri figli.

La segnalazione all'autorità giudiziaria e/o ai servizi sociali degli affidamenti di cui al punto a), eventualmente decorso un certo periodo di tem­po, è stata ritenuta inopportuna per evitare inge­renze esterne ed anche inutile per le note gra­vissime carenze di personale e di funzionamento dei tribunali per i minorenni, dei giudici tutelari e dei servizi sociali.

Con la previsione di cui alla lettera b) dell'ar­ticolo 2 si vogliono modificare le norme esistenti che consentono agli enti di assistenza di proce­dere agli affidamenti familiari anche contro la volontà dei genitori del minore, come previsto ad esempio dagli articoli 176 e 177 del regio decreto 15 aprile 1926, n. 718 (regolamento dell'ONMI) e dall'articolo 32 del regio decreto 29 dicembre 1927, n. 2822 (regolamento per l'assistenza ai nati fuori del matrimonio) e nello stesso tempo si vuole consentire alle famiglie d'origine di chie­dere l'intervento dei servizi sociali per l'affida­mento consensuale dei propri figli. Nei casi con­tenziosi è previsto l'affidamento familiare da par­te del tribunale per i minorenni.

Con l'articolo 3 si intende garantire la famiglia d'origine, precisando che i genitori dell'affidato conservano tutti i diritti e doveri inerenti alla patria potestà, salvi i casi di privazione, decaden­za o sospensione.

Con questa disciplina si intende anche intro­durre una distinzione netta fra l'affidamento fa­miliare e l'affidamento preadottivo.

È altresì previsto l'affidamento familiare con rottura dei rapporti con i genitori d'origine, ma tale provvedimento è limitato ai casi indicati e deve essere disposto dal tribunale per i mino­renni

L'intervento del tribunale per i minorenni nell'ipotesi che «siano stati dichiarati in stato di adottabilità e l'affidamento preadottivo non si sia realizzato», è previsto per limitare il mercato dei bambini.

L'articolo 4 è diretto a disciplinare gli even­tuali conflitti fra i genitori e gli affidatari e la for­mulazione è stata ricavata da quella proposta dal Comitato ristretto della Commissione Giustizia per i conflitti fra i genitori (modifica dell'articolo 316 del codice civile).

Detta indagine sociale è simile a quella pre­vista dalla Convenzione europea sull'adozione, per la cui ratifica il Governo ha presentato al Se­nato della Repubblica nella V legislatura il dise­gno di legge n. 1591.

L'articolo 6 prevede l'intervento dei servizi so­ciali per il buon andamento degli affidamenti fa­miliari.

Per quelli disposti direttamente dai genitori, i servizi sociali possono intervenire solo su richie­sta dei genitori o degli affidatari.

Con l'ultimo comma si intende chiarire che ai servizi sociali sono conservati gli obblighi previsti dalle leggi sull'assistenza (ad esempio la corresponsione del rimborso delle spese alla fa­miglia affidataria).

L'articolo 7 riproduce con alcune modifiche l'articolo 20 della proposta di legge n. 3277 pre­sentata dall'onorevole Padula nella V legislatura.

Ad evitare che persone inidonee per età o per altri motivi (l'affidamento familiare potrebbe es­sere stato disposto direttamente dai genitori) possano trovare nelle norme previste dal pre­sente articolo una scappatoia per procedere all'adozione speciale nonostante la loro inidoneità, è stato previsto che esse debbano avere i requi­siti di cui all'articolo 314/2, esclusi solamente quelli relativi alla convivenza e al matrimonio. Ciò anche per evitare il mercato delle adozioni.

Pertanto, mentre nessun limite di età è previsto per gli affidamenti familiari, detti limiti di età e gli altri requisiti di cui all'articolo 314/2 sono previsti per la trasformazione degli affida­menti in adozioni.

È stato aggiunto l'avverbio «direttamente» al primo comma per evitare che l'adozione possa essere pronunziata senza che gli adottanti ab­biano avuto in casa il minore, poiché la frase, «hanno provveduto ininterrottamente per alme­no cinque anni», potrebbe essere interpretata concedendo l'adozione a coniugi o persone che hanno provveduto a minori lasciandoli però rico­verati presso istituti di assistenza o presso terzi.

L'articolo 8 viene proposto nella considerazio­ne che il tribunale per i minorenni di Torino ha disposto nel giugno 1971 che la sua competenza nei confronti dell'articolo 333 del codice civile è limitata ai minori che vivono con i genitori.

Ha dichiarato pertanto, la sua incompetenza a procedere all'affidamento familiare di un figlio di ignoti (fra l'altro dichiarato in stato di adottabi­lità e gravemente handicappato sul piano intel­lettuale). Secondo il tribunale per i minorenni di Torino sarebbe competente per gli affidamenti fa­miliari il giudice tutelare (che nel caso in esame è di diverso avviso) in tutti i casi in cui il mi­nore ha un tutore.

Di qui l'inserimento del secondo comma.

Il primo comma invece riproduce alla lettera il primo comma della modifica proposta dal Comi­tato ristretto della Commissione Giustizia. salvo la sostituzione della parola «giudice» con tribu­nale per i minorenni, ritenendosi preferibile che le decisioni al riguardo siano collegiali.

La prima parte dell'articolo 9 riproduce l'arti­colo 8 della proposta di legge n 3277 presentata dall'onorevole Padula nella V legislatura. Al ri­guardo si segnala l'assurdità della sospensione della dichiarazione di adottabilità quando sia in corso un procedimento di dichiarazione giudizia­le di paternità o di maternità e il minore sia in stato di abbandono.

Non è certamente per una dichiarazione giudi­ziale che il genitore stabilirà dei legami affettivi. Con la seconda parte della modifica proposta si intende ovviare al gravissimo inconveniente della separazione di un minore dalle persone che lo allevano per dichiararlo in stato di adottabi­lità ed affidarlo ad altra famiglia.

Per i minori il legame affettivo deve prevalere: è preferibile infatti di gran lunga che un minore continui a vivere in una famiglia affidataria e la sua situazione giuridica sia, ad esempio, di fi­glio di ignoti, piuttosto che essere sradicato dal­la sua famiglia per avere lo status giuridico di figlio legittimo.

Qualsiasi esperto in psicologia o pedagogia può confermare questa tesi.

Con l'articolo 10 si propone la soppressione dell'affiliazione a condizione che sia ammesso il riconoscimento dei figli adulterini e sia resa pos­sibile, con una procedura snella e non onerosa, il cambiamento del cognome nell'interesse del minore.

L'affiliazione viene infatti oggi utilizzata per questi motivi.

Non si deve invece consentire che l'affiliazio­ne diventi un'alternativa all'adozione, perché fra l'altro potrebbe diventare un mezzo per sottrar­re i figli ai genitori, dei quali, ai sensi dell'arti­colo 406 del codice civile, è prevista la sola au­dizione e non la prestazione del consenso.

Si intende cioè evitare che gli affidamenti fa­miliari con rapporti con la famiglia di origine pos­sano essere trasformati in affiliazioni con il con­seguente passaggio della patria potestà dai geni­tori agli affidatari.

 

Testo della proposta di legge

 

Art. 1.

L'affidamento familiare può essere disposto quando:

a) il minore è stato dichiarato in stato di adottabilità e non può essere attuato l'affidamen­to preadottivo;

b) il minore, che non è in situazione di ab­bandono materiale e morale da parte dei geni­tori o dei parenti tenuti a provvedervi, che ecce­zionalmente o temporaneamente non ha il nucleo familiare idoneo a provvedere al suo allevamen­to, educazione e istruzione, e la situazione non sia risolvibile con un aiuto economico e/o so­ciale al nucleo familiare d'origine.

È equiparato all'affidamento familiare a scopo educativo il collocamento in focolari. Essi devo­no accogliere un massimo di otto soggetti, ave­re caratteristiche familiari e svolgere sistema­ticamente tutte le attività nell'ambito sociale esterno.

I focolari non possono sorgere in località iso­late o prive di servizi e devono avere personale idoneo.

Essi devono inoltre assicurare costanti rap­porti personali fra il minore ed i suoi familiari, salvo diversa disposizione dell'autorità giudi­ziaria.

 

Art. 2.

L'affidamento familiare può essere disposto:

a) direttamente dai genitori, nell'ambito dei poteri inerenti la patria potestà, senza inter­vento dei servizi sociali e dell'autorità giudi­ziaria;

b) dai servizi sociali dei comuni, dei con­sorzi dei comuni e delle province con il consenso dei genitori o delle persone fisiche che provve­dono direttamente all'allevamento, educazione e istruzione del minore;

c) con provvedimento del tribunale per i mi­norenni.

In questo caso l'autorità giudiziaria può pre­scrivere alle famiglie d'origine e affidatarie nor­me sull'allevamento, educazione e istruzione del minore, ed ai servizi sociali disposizioni per il buon andamento dell'affidamento familiare.

Nei casi di revoca non consensuale dell'affida­mento familiare, il tribunale per i minorenni de­cide in base alla procedura di cui all'articolo 4.

 

Art. 3.

I genitori dell'affidato conservano tutti i diritti e doveri inerenti alla patria potestà, salvo nei casi di privazione, decadenza o sospensione nel­le ipotesi di legge.

Gli affidatari esercitano tali diritti e doveri li­mitatamente alle esigenze quotidiane ed indif­feribili.

L'affidamento familiare può essere disposto dal tribunale per i minorenni con interruzione dei rapporti con i genitori nei casi in cui è stata di­chiarata la privazione, decadenza o sospensione della patria potestà, ovvero i minori sono stati dichiarati in stato di adottabilità e l'affidamento preadottivo non si è realizzato.

 

Art. 4.

Nei casi di disaccordo fra i genitori e gli affi­datari e se sussiste un grave pregiudizio agli interessi del minore, la famiglia affidataria può adottare i provvedimenti provvisori, urgenti ed indifferibili.

I genitori e gli affidatari possono ricorrere al tribunale per i minorenni indicando i provvedi­menti che ritengano più opportuni.

Il tribunale per i minorenni, sentito il minore in tutti i casi in cui è in grado di esprimere il suo parere e comunque se di età superiore ai 14 anni, i genitori e gli affidatari, adotta le deter­minazioni che ritiene più utili nell'interesse del minore.

 

Art. 5.

Prima di procedere agli affidamenti familiari di cui alla lettera b) dell'articolo 2, i servizi so­ciali devono effettuare una appropriata indagine sociale sulla famiglia d'origine, sul minore e sul­la famiglia affidataria.

L'indagine sociale dovrà, nella misura appro­priata a ciascun caso, vertere in particolare sui seguenti elementi:

1) la personalità, la salute e la situazione economica e sociale delle famiglie d'origine e affidatarie, la loro vita familiare, le loro attitu­dini e le loro esigenze educative;

2) le motivazioni che spingono le famiglie d'origine e affidatarie all'affidamento familiare;

3) la personalità, le esigenze e la salute del minore;

4) il parere del minore, se è in grado di esprimerlo, sull'affidamento familiare.

Per gli affidamenti familiari, di cui alla lettera c) dell'articolo 2, questa indagine dovrà essere affidata dal tribunale per i minorenni ai servizi sociali degli enti pubblici di assistenza all'infan­zia, che sono tenuti ad effettuarla gratuitamente, o ad un gruppo di esperti.

Sono a carico dello Stato, senza alcuna rivalsa, tutte le perizie per gli accertamenti e le indagini del giudice tutelare, del tribunale per i mino­renni e della sezione per i minorenni della corte di appello.

 

Art. 6.

I servizi sociali sono tenuti a collaborare, se­guire e controllare il buon andamento degli affi­damenti familiari disposti ai sensi delle lettere b) e c) dell'articolo 2.

Sono pure tenuti a fornire dette prestazioni per gli affidamenti familiari disposti ai sensi del­la lettera a) dell'articolo 2 su richiesta dei geni­tori o degli affidatari.

I servizi sociali sono altresì tenuti a fornire tutte le altre prestazioni previste dalle leggi spe­ciali.

 

Art. 7.

Anche in presenza della dichiarazione di adot­tabilità, l'adozione può essere richiesta dai co­niugi o dalle persone singole che hanno provve­duto ininterrottamente e direttamente per alme­no cinque anni all'allevamento, educazione e istruzione dell'affidato, sempre che nello stesso periodo il nucleo familiare d'origine non si sia attivamente interessato del proprio nato o i ge­nitori siano stati dichiarati decaduti o privati della patria potestà.

Si applicano l'articolo 314/2, esclusi i requisiti della convivenza e del matrimonio, e, in quanto applicabili, gli articoli da 314/8 a 314/28 del co­dice civile.

 

Art. 8.

L'articolo 333 del codice civile è sostituito dal seguente:

«Quando la condotta di uno o di entrambi i genitori non è tale da dare luogo alla pronunzia di decadenza prevista dall'articolo 330, ma ap­pare comunque pregiudizievole al figlio, il tribu­nale per i minorenni, secondo le circostanze, può adottare i provvedimenti convenienti e può an­che disporre l'allontanamento di lui dalla resi­denza familiare.

Tali provvedimenti possono altresì essere pre­si per i minori in affidamento familiare comunque esso sia stato disposto e per quelli ricoverati presso istituzioni pubbliche o private di assisten­za quando la condotta degli affidatari o la siste­mazione in istituto è pregiudizievole ai minori stessi».

 

Art. 9.

Il primo comma dell'articolo 314/10 del codice civile è soppresso.

Nel secondo comma dell'articolo 314/10, le pa­role «Analoga sospensione può essere disposta dal tribunale per i minorenni» sono sostituite con le parole «Il tribunale per i minorenni può ordinare la sospensione del procedimento di adottabilità».

All'articolo 314/10 è inoltre aggiunto il se­guente comma: «Il tribunale per i minorenni de­ve, in particolare, tenere conto dei legami affet­tivi eventualmente stabilitisi fra il minore e le persone che provvedono direttamente al suo alle­vamento, educazione e istruzione».

 

Art. 10.

Sono soppressi gli articoli del codice civile da 404 a 413 compresi.

 

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