Prospettive assistenziali, n. 21, gennaio-marzo 1973

 

 

ATTUALITÀ

 

DECENTRAMENTO DI SERVIZI PROPOSTO DAL COMUNE DI TORINO

 

 

Come avevamo già scritto nell'editoriale del n. 20, il Comune di Torino, con delibera del 7-7-­1972, ha deliberato l'istituzione di un centro di servizi assistenziali di base nel quartiere Van­chiglia-Vanchiglietta (abitanti 48.000).

L'iniziativa deve essere seguita attentamente poiché, nelle intenzioni della Giunta, dovrebbe da un lato costituire l'avvio di una unità locale e d'altro lato, essere una sperimentazione da estendere a tutti i quartieri di Torino.

L'iniziativa ha un aspetto molto positivo per quanto concerne la richiesta del Comune di To­rino di sostituirsi, per la parte operativa, agli en­ti istituzionalmente competenti per le diverse «categorie» di assistiti, mediante la stipulazio­ne di convenzioni che prevedano l'obbligo degli enti stessi a versare al Comune di Torino gli one­ri economici relativi alle prestazioni fornite.

 

Servizi previsti

Come si legge nella delibera istitutiva del 7-7­1972, questi sono i quattro servizi previsti: segre­tariato sociale, servizio sociale polivalente (1) assistenza economica, aiuto domiciliare.

Il primo, grave inconveniente, come rilevavamo già nell'editoriale dello scorso numero, è deter­minato dalla settorialità dei suddetti servizi. In­fatti il personale è stato ripartito come segue:

servizio di segretario sociale:

2 addetti

servizio professionale di zona:

5 assistenti sociali

servizio assistenza economica:

2 addetti e 2 accertatori

servizio di assistenza domiciliare:

1 economa e 6 collaboratrici domestiche

Mentre, proprio per evitare la settorializzazio­ne degli interventi (la cui motivazione politica è: dividi e comanda), tutto il personale dovrebbe costituire un'unica équipe che, al suo interno, si ripartisca in modo da assolvere l'intera gamma delle prestazioni (2). Ciò renderebbe anche pos­sibile sia una rotazione del personale in base al­le esigenze del servizio, sia una minore gerar­chia e burocrazia dei ruoli. Vediamo infatti già apparire l'economa nell'organico del servizio di assistenza domiciliare, la cui funzione si confi­gura evidentemente come «capo» del servizio suddetto (3).

Inoltre il riferimento territoriale deve sempre essere tenuto presente ed allora è necessario in seguito, mano a mano che il numero degli opera­tori sociali aumenta, dividere il territorio in sot­tozone operative in modo che in ciascuna di es­se vi sia un'unica équipe che affronti in modo globale i problemi della zona.

 

Tipo di unità locale

I servizi istituiti dal Comune di Torino nel quar­tiere Vanchiglia-Vanchiglietta sono solamente assistenziali, e questo crea il forte sospetto di una precisa scelta politica, diretta alla creazione di unità locali distinte in base alla competenza: unità locale dei servizi assistenziali, unità locale dei servizi sanitari, unità locale dei servizi sco­lastici, ecc. Prevedendo per ogni unità locale - proprio in omaggio al principio già ricordato: di­vidi e comanda - una diversa direzione tecnica e, secondo alcuni, addirittura anche una diversa direzione politica, il Comune di Torino intende muoversi nella creazione di unità locali di servizi assistenziali: ne troviamo conferma nel fatto che non sono stati inseriti i servizi di medicina scola­stica (équipe medica ed équipe psico-pedagogi­ca), la condotta medica, i servizi parascolastici e neppure è previsto un collegamento funzionale con essi.

 

Tipi di interventi

Così i servizi decentrati a Vanchiglia-Vanchi­glietta non sono per nulla innovativi, anzi essi rappresentano in effetti un sistema di controllo «sul posto» per impedire o frenare le istanze dei cittadini.

Il segretariato sociale infatti apparentemente si configura, come si legge nella relazione dell'Assessore all'Assistenza «come un Centro d'in­formazione, inteso come consulenza e orienta­mento non solo nel settore assistenziale, ma in ordine a tutte le risorse disponibili per le più va­rie esigenze, da quelle comuni a tutti come la casa, il lavoro, la tutela della salute, la cultura, il tempo libero, ecc. a quelle proprie di cittadini in età o situazioni particolari: bambini, anziani, immigrati, disadattati, ecc. a quelle di interesse degli enti delle comunità per la conoscenza glo­bale dei problemi».

Poiché a tutti è noto che l'informazione «isti­tuzionale» (vedasi il caso clamoroso della RAI­-TV) è sempre di parte, è cioè una manifestazione diretta a orientare politicamente gli utenti nella direzione voluta dalle autorità costituite, è faci­le prevedere che il segretariato non sarà «so­ciale», ma solo manipolativo. Ce lo conferma la sopra riportata definizione in cui si parla esplici­tamente di «orientamento (...) verso tutte le ri­sorse disponibili», il che esclude ogni informa­zione diretta sia alla analisi delle cause che de­terminano la mancanza delle risorse sia all'indi­viduazione dei responsabili di tali carenze.

Le funzioni del servizio sociale polivalente non sono molto chiare. Nella relazione si legge infat­ti che «è un intervento professionale di assisten­ti sociali volto ad affrontare problemi complessi di natura psico-sociale, derivanti da motivi sia d'ordine generale sia individuale, non risolvibili con una specifica prestazione d'altri servizi del Centro o di servizi specialistici». Più avanti vie­ne poi precisato che «mentre il servizio sociale professionale, in quanto servizio di base si occu­pa dei problemi d'ordine generale - non patolo­gici - del singolo o del nucleo familiare (proble­mi della casa, della salute, del lavoro, della vita di relazione, ecc.), gli interventi verranno indirizzati ai servizi specialistici qualora si eviden­zino elementi tali da richiedere approfondimenti diagnostici o trattamenti specifici». Per servizi specialisti viene precisato che si intendono qui quelli che utilizzano operatori specializzati o équipes interdisciplinari e operano con finalità di prevenzione o di cura in riferimento ad un pro­blema particolare (es. sanitario, psicologico, psi­chiatrico, ecc.) quando questo assume o si pre­vede possa assumere natura patologica». Poiché il servizio professionale di zona (composto da 5 assistenti sociali) ha anch'esso il compito di «centro di smistamento» ai servizi cosiddetti specialistici, non si comprende quale sia in con­creto la differenza fra questo servizio e il se­gretariato sociale. In più questo compito di smi­stamento è non solo inutile, ma dannoso, perché diretto a consolidare il principio vecchio, ma sempre caro ai politici e molto comodo per i tecnici, della distinzione fasulla fra servizi di ba­se competente per i problemi generali non pato­logici, ed i servizi specialistici per i casi indivi­duali patologici.

Qualche esperto ci chiarirà poi come si possa pensare che si rivolgano ad un servizio di assi­stenza le persone con problemi generali non pa­tologici; a noi sembra una elucubrazione senza senso questa ricerca di «distinguo». Ma un pe­ricolo maggiore è sottinteso nell'assistenza eco­nomica, la cui motivazione di fondo ci sembra essere quella di «monetizzazione» della caren­za di servizi, impostazione che è del tutto uguale alla monetizzazione della salute nelle fabbriche. Vengono infatti previsti una serie di erogazioni economiche:

a) sussidi continuativi a tempo indetermina­to per «anziani inferiori ai 60 anni e inabili non collocabili soli o in coppia con o senza congiunti a carico con reddito inferiore al minimo vitale»;

b) sussidi continuativi temporanei per le «persone o nuclei familiari il cui reddito effetti­vo non raggiunge il minimo salariale più assegni familiari a causa di una temporanea situazione di crisi» (ad esempio in caso di disoccupazione determinata da età avanzata o da condizioni pre­carie di salute, invalidità, licenziamento per cau­se indipendenti dalla volontà dell'utente, difficol­tà di reperire posti di lavoro nella qualifica dell'utente, ecc.) ;

c) sussidi straordinari per «le persone o nuclei familiari di cui alla precedente lettera b) che presentino bisogni tipici non soddisfatti dal sussidio temporaneo »;

d) sussidi continuativi temporanei per le «persone o nuclei familiari che presentino par­ticolari situazioni di bisogno non previste dal minimo vitale (4) e che si prolungano nel tempo (pagamento medicinali per cure costose, assi­stenza per particolare invalidità di un componen­te della famiglia (ciechi, sordomuti, spastici, ecc.), dieta particolare e costosa (es. per diabe­tici, T.B.C., gestanti, ecc.), pagamento trasporto handicappati per accesso ai servizi (es. riabilita­tivi, scolastici, ecc.)».

e) sussidi straordinari per «tutti coloro, in­dividui o nuclei, che si trovano a dover affrontare una spesa straordinaria per bisogni non previsti dal minimo vitale che non sono in grado di soste­nere pagamento di protesi, strumenti ortopedici, pagamento debiti per interventi medico-chirurgici eccezionali non sostenuti in parte, o interamente da enti previdenziali; pagamento spesa per visi­ta a un membro della famiglia accolto in un ospe­dale o istituzione fuori città; installazione del te­lefono necessario per particolari situazioni di inabilità; spese per convalescenza non sostenute in parte o interamente da enti previdenziali)»;

f) sussidi straordinari di emergenza per «tutti coloro che sono utenti potenziali di tutti gli altri tipi di sussidio, ma sono in attesa del re­lativo accertamento e versano in situazione di grave bisogno per cui risulti indispensabile un intervento urgente»;

g) sussidio straordinario promozionale per «coloro che non possono o non vogliono reinse­rirsi nella società a causa di problemi personali che non riescono a risolvere autonomamente. L'intervento economico in questo caso è uno de­gli strumenti che possono essere utilizzati per il recupero sociale degli individui, anche in vista della tutela dei minori eventualmente coinvolti».

Come si vede dall'elencazione sopra riferita, sono previsti massicci interventi economici con i gravi rischi fra l'altro di:

1) concepire le prestazioni economiche so­stitutive della mancanza di servizi come un co­modo mezzo per «indennizzare» i cittadini, im­pedendo in concreto la istituzione dei servizi ca­renti;

2) porre il Comune come «ente riparatore» delle carenze dello Stato, come ad esempio nel caso delle prestazioni economiche integrative delle basse pensioni e per quelle erogate in at­tesa delle prestazioni previdenziali;

3) costituire uno strumento che facilita la permanenza della disoccupazione e della sottoc­cupazione o la mancanza di servizi come asili ni­do, scuole materne, scuola a tempo pieno, ecc. (v. il sussidio di cui alla lettera c) ;

4) dare spazio alla speculazione edilizia pri­vata e agli alti affitti a danno dello sviluppo dell'edilizia pubblica (v. il sussidio di cui alla let­tera c).

E passiamo al servizio di aiuto domestico che comprende, come indicato nella delibera istituti­va «prestazioni svolte da collaboratrici dome­stiche (consistenti nella preparazione dei pasti, acquisto di generi vari, ecc.) a favore delle per­sone anziane, malate o comunque non autosuffi­cienti, a persone singole o nuclei familiari che si trovino in difficoltà per evento improvviso (es. malattia della madre, ricovero ospedaliero, ecc.)».

Vogliamo innanzi tutto sottolineare un aspetto positivo: il servizio è rivolto non solo, come pur­troppo si riscontra sovente, agli anziani, ma a tut­ti i cittadini che ne abbiano la necessità. Rilevia­mo però la «stranezza» dell'affermazione, con­tenute dalla delibera suddetta «si fa riserva di svolgere anche prestazioni infermieristiche me­diante idoneo personale, qualora se ne riscontri la necessità», poiché il servizio si rivolge so­prattutto agli anziani e alle persone malate. Ri­torniamo al riguardo al problema di fondo del non previsto collegamento (secondo noi dovrebbe però trattarsi di integrazione) fra i servizi socia­li, sanitari, ecc.

 

Proposte alternative

Sul centro dei servizi a Vanchiglia-Vanchigliet­ta vi è stata una serie di riunioni fra le forze po­litiche, sindacali e sociali di quartiere e pubbli­chiamo il documento sottoscritto da: Comitato di quartiere Vanchiglia-Vanchiglietta; Rappresen­tanti sindacali CGIL, CISL, UIL alla commissione per la costituzione del centro sociale; 12°, 20° e 48° Sezione del P.C.I.; Sezione del P.S.I. «A. Co­sta», Acli di S. Giulia; Consiglio pastorale della Parrocchia di S. Croce, Unione italiana per la promozione dei diritti del minore e per la lotta contro l'emarginazione sociale.

Il documento, che riportiamo integralmente esprime le alternative alla proposta del Comune di Torino.

 

 

PIATTAFORMA RIVENDICATIVA SUI QUATTRO SERVIZI PROPOSTI DAL COMUNE DI TORINO PER VANCHIGLIA VANCHIGLIETTA (GENNAIO 1973)

 

1. Premessa

1.1. Da alcuni anni, in parecchie città e anche a Torino, è sorto un movimento di forze politiche, sindacali e di base che all'interno della strategia delle riforme pone il problema del decentramento dei servizi, decentramento inteso non come sem­plice trasferimento alle zone periferiche di com­petenze burocratiche, ma come acquisizione da parte della popolazione di una maggiore parteci­pazione e controllo sui problemi del territorio e delle comunità locali.

1.2. Questo movimento si collega con l'azione portata avanti e ancora in corso per il trasferimento di una parte delle competenze dello Stato e degli enti pubblici alle Regioni.

1.3. Confluiscono in questo movimento due ti­pi di esperienze:

a) quella dei comitati di quartiere che, spes­so fra molte difficoltà e anche con carenze, si sono posti l'obiettivo di suscitare la partecipazio­ne della popolazione perché assumesse in pro­prio la valutazione dei problemi della zona e la proposta e il controllo delle soluzioni;

b) quella delle lotte delle riforme dirette nei tempi lunghi ad un nuovo assetto sociale e, come obiettivo intermedio, ad ottenere un sem­pre maggior trasferimento di fondi dai consumi privati alle spese sociali.

Di qui le iniziative per ottenere riforme di struttura e non di semplice razionalizzazione nel campo della tutela della salute, della scuola, dei­la casa, dell'assetto del territorio, etc.

1.4. Da queste lotte o da quelle condotte in particolare nel campo della assistenza è emersa l'ampiezza degli interventi di tipo assistenziale:

almeno 1.500 miliardi di spese senza calcolare le pensioni, numero degli assistiti che oggi si può valutare sul 16% della popolazione e che si avvia, se non intervengono cambiamenti, al 20%-25%, centri di potere economico ed elettorale.

1.5. L'insufficienza di iniziative politiche del Comune e del Governo nei confronti degli anzia­ni, dei pensionati in genere, degli handicappati e relative famiglie, dei sottoccupati e dei disoccu­pati fa sì che questi costituiscano una massa che il potere costituito cerca di utilizzare per la sua politica diretta a riaffermare la subordinazione della classe operaia e a negare sostanziali rifor­me nel paese.

1.6. Per la classe operaia e per le sue organiz­zazioni si pone quindi il problema politico di fon­do di costruire una unità di classe e di lotta che tenda a superare le differenze create dal sistema capitalistico.

1.7. Pertanto l'obiettivo non può essere quello della riforma dell'assistenza, ma deve essere quello del suo superamento. Deve quindi essere affrontato con iniziative specifiche nel quadro del cambiamento sociale e delle riforme della sanità, della scuola, dell'assetto del territorio, etc.

1.8. Ne risulta, anche, di conseguenza, che le iniziative nel campo della assistenza devono es­sere coerenti con le lotte che si fanno per le ri­forme.

1.9. Si rifiutano quindi, ad esempio:

- i servizi sanitari riservati a particolari «categorie» come ad es. i gerontocomi, gli ospe­dali geriatrici;

- le classi differenziali, le scuole speciali, i centri per spastici, per subnormali, ecc.;

- le case albergo e le case di riposo per an­ziani, gli istituti chiusi o a semi-internato per mi­nori privi di sostegno familiare (handicappati o non handicappati).

1.10. Si chiede invece che le prestazioni par­ticolari e quelle specialistiche siano fornite nell'ambito dei normali servizi (abolizione delle classi differenziali, inserimento degli handicap­pati nelle classi comuni o, transitoriamente, o per i casi più gravi, in classi speciali presso le scuole comuni, servizi di prevenzione, cura e riabilitazione aperti a tutti i cittadini con presta­zioni geriatriche agli anziani, alloggi individuali o per piccole comunità per anziani, per minori privi di sostegno familiare, inseriti nel normale contesto abitativo, ecc.).

1.11. L'esistenza del settore assistenziale è un segno rivelatore delle disfunzioni del sistema politico e sociale e qualsiasi riforma, che non tenda al progressivo estinguersi dei bisogni as­sistenziali, non rappresenta altro che una razio­nalizzazione della discriminazione e della disu­guaglianza. Occorre, pertanto, operare affinché cresca nelle masse la coscienza della necessità di lottare per risolvere i problemi che stanno a monte dell'assistenza (distribuzione del reddito, organizzazione del lavoro, sistema di sicurezza sociale, servizi sociali, organizzazione del terri­torio, ecc.) anche partendo da proposte alterna­tive sull'unità locale dei servizi.

 

2. Osservazioni specifiche sui servizi proposti

2.1. SEGRETARIATO: Deve produrre la più am­pia documentazione (da mettere a disposizione del quartiere) sulle attività del Centro e promuo­vere campagne di informazione e formazione sui diversi settori e problemi dell'assistenza e della sicurezza sociale, compresi anche i problemi del­la pianificazione familiare. Si rivendica inoltre la piena agibilità di idonei locali del Centro per riunioni e attività varie di documentazione per gli abitanti del quartiere.

2.2. SERVIZIO SOCIALE PROFESSIONALE: Si rivendica il decentramento e l'unificazione nel centro dei servizi specialistici, in primo luogo quelli comunali e provinciali; in particolare ci ri­feriamo alla medicina scolastica, alla medicina preventiva e riabilitativa, all'igiene mentale e al­la medicina psichiatrica, ai servizi per handicap­pati, ai servizi per l'affidamento familiare e le co­munità alloggio per minori o per anziani, agli in­vii in colonia, ecc.

2.3. ASSISTENZA DOMICILIARE: Per rendere plausibile la possibilità di evitare l'istituzionaliz­zazione e coerentemente alla tendenza verso l'u­nificazione di tutti i servizi, rivendichiamo che l'assistenza domiciliare sia affiancata da un ser­vizio infermieristico e da un servizio sanitario comprendente, in attesa della riforma sanitaria, almeno la medicina geriatrica, preventiva e ria­bilitativa.

2.4. ASSISTENZA ECONOMICA: a) A questa servizio non deve essere attribuito più del 25% dei fondi stanziati per i quattro servizi nel primo anno di attività e per ogni anno successivo la percentuale deve decrescere almeno dell'1%.

b) Riguardo alle diverse categorie di assi­stenza proposte dal Comune si rivendica:

1) per il sussidio continuativo a tempo in­determinato: il 33% del salario medio conforme alle richieste dei Sindacati per il minimo di pen­sione e in attesa della riforma del sistema pen­sionistico;

2) per il sussidio continuativo temporaneo nessun stanziamento, ma invece uno stretto col­legamento con l'Ufficio di collocamento. Non si deve assecondare la tendenza al gonfiamento dei sussidi di disoccupazione e della cassa integra­zione, ma promuovere una diversa politica eco­nomica;

3) per il sussidio straordinario nessun stan­ziamento. Non si devono finanziare i proprietari di alloggi, ma bisogna promuovere una diversa politica della casa e dei servizi. Ancor meno poi il servizio deve promuovere il lavoro straordi­nario;

4) i prestiti in attesa di prestazioni previ­denziali siano rigorosamente limitati nel tempo. I sussidi per bisogni atipici siano erogati solo ol­tre i 180 giorni di malattia;

5) per il sussidio straordinario di emergen­za nessun stanziamento; si solleciti l'espleta­mento degli accertamenti;

6) il sussidio straordinario promozionale sia erogato solo a ex-carcerati e dimessi da O.P. e per un breve periodo;

7) si istituisca un fondo per i lavoratori in lotta per la difesa dell'occupazione;

8) per l'intervento per accesso ai servizi nessun sussidio; i servizi devono essere pubbli­ci, sufficienti e gratuiti.

 

3. Gestione e controllo

3.1. La gestione del Centro dei servizi sociali spetta al Comune, che ne ha la responsabilità istituzionale. Gli Enti non elettivi, con i quali ver­ranno stipulate le convenzioni, dovranno erogare i fondi e mettere a disposizione le attrezzature e il relativo personale. Alle trattative per le con­venzioni deve essere presente la Commissione politica.

3.2. A partire dalla data di apertura del Cen­tro, l'attuale Commissione politica deve cessare le sue funzioni. La gestione del Centro compete­rà al Comune ed ai tecnici del Centro, i quali ul­timi devono trovare un modo di decidere e di la­vorare non gerarchizzato e settorializzato, ma col­legiale e unitario. Questi organi di gestione sono affiancati dalla Commissione consiliare sui pro­blemi dell'assistenza.

3.3. Deve essere istituita una Commissione di controllo autonoma e democratica composta da rappresentanti sindacali (preferibilmente almeno 4 delegati appartenenti a consigli di fabbrica del­la zona), quattro membri del Comitato di quartie­re, quattro membri eletti dall'assemblea di quar­tiere e sempre revocabili. Le funzioni ed i poteri di questa Commissione debbono essere:

a) diritto di partecipazione e di parola alle riunioni di tutti gli organismi del Centro, delle quali deve essere preventivamente avvisata, e a quelle della Commissione consiliare quando trat­tino di problemi relativi al Centro;

b) ogni proposta relativa al Centro deve es­sere vagliata, prima di diventare esecutiva, dalla Commissione di controllo che può presentare delle controproposte sulle quali il Comune deve discutere e pronunciarsi;

c) facoltà autonoma di proposta: anche su ciò il Comune deve discutere e pronunciarsi;

d) controllo preventivo del bilancio comuna­le per quanto concerne i fondi destinati al Cen­tro, controllo del bilancio preventivo e di tutta la gestione finanziaria del Centro;

e) accesso a tutta la documentazione del Centro;

f) piena agibilità della sede del Centro per riunirsi e convocare riunioni.

 

 

 

(1) Il servizio sociale polivalente è stato successivamente denominato «servizio professionale di zona».

(2) Si vedano le tabelle 1 e 2 e pag. 5-6 del n. 20 di Prospettive assistenziali.

(3) È inoltre previsto per i 4 servizi, oltre al personale di segreteria composto da 1 applicata dattilografa, 1 applicata addetta all'archivio e 2 uscieri, un funzionario a metà tempo e 1 assistente sociale coordinatore.

(4) Nella relazione si legge che « nei vari calcoli fatti per individuare il minimo vitale sono state considerate alcune voci che paiono fondamentali accettate dal presente modello, che: si riferiscono ad esigenze primarie: alimentari, igiene della persona e sanità, governo della casa, vita di relazione, elettricità, gas, combustibili, riscaldamento ».

Il minimo vitale mensile è risultato di L. 40.600 per il capo famiglia e per i conviventi oltre : 13 anni, di 32.500 per i familiari e i conviventi dai 14 ai 18 anni; di L. 36.540 (idem c.s., ma dai 7 ai 13 anni); di L. 20.300 (idem c.s., ma da 0 a 6 anni); l'affitto è escluso.

Il minimo salariale è stato calcolato in L. 95.000 al netto delle trattenute previdenziali, più gli assegni familiari.

 

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