Prospettive assistenziali, n. 20, ottobre-dicembre 1972

 

 

DOCUMENTI

 

SENTENZA DEL PRETORE DI RONCIGLIONE

 

 

Il Pretore di Ronciglione dr. Filippo Paone nella udienza del 20 Aprile 1972 ha pronunciato la se­guente sentenza contro

1) Gregori Ildebrando al secolo Alfredo Antonio, n. a Poggio Cinolpo il 8 maggio 1894, res. a Roma - Via S. Ste­fano del Cacco, 26 - Bassano Romano, presso l'istituto l'Assunta; dif. dall'avv. Giorgio Fermanelli, Via Oslavia, 7 Roma.

2) Radicioni Giovanni, n. ad Arcella il 27 novembre 1929, res. a Roma Via S. Stefano del Cacco, 26; presso l'istituto S. Vincenzo di Bassano Romano e con domicilio eletto pres­so il difensore; dif. dall'avv. Filiberto Spada, Corso Um­berto, 17 - Ronciglione.

 

imputati contumaci

 

Entrambi dei seguenti reati, ed in particolare il Gregori quale titolare dell'Istituto l'Assunta di Bassano Romano e il Radicioni quale titolare dell'Istituto S. Vincenzo di Bas­sano Romano:

a) di contravvenzione all'art. 665 del C. P. in relazio­ne all'art. 50 del R. D. 15 Aprile 1926 n. 718 per avere al­loggiato per mercede fanciulli senza il riconoscimento di idoneità da parte della Giunta Esecutiva dell'O.N.M.I.

b) art. 20 R. D. 24 dicembre 1934 n. 2316 per avere omesso di effettuare al locale Comitato di patronato la di­chiarazione di custodire e allevare fanciulli di età minore agli anni 14, fuori della dimora dei genitori e del tutore, e di comunicare i cambiamenti di residenza dei fanciulli.

c) art. 19 R.D. 24 dicembre 1934 n. 2316, punito dall'art. 539 C. P. per aver raccolto fanciulli in stato di abban­dono e comunque essendo venuti a conoscenza del loro stato di abbandono senza dare subito notizie al Comitato di Patronato.

Reati commessi tutti in Bassano Romano dall'agosto 1970 in poi.

 

motivi

 

Il 30 luglio 1969 il dr. Francesco Santanera, all'epoca presidente della Associazione Nazionale Famiglie Adotti­ve, proseguendo una iniziativa della Unione Italiana per la promozione dei diritti del minore, inviava al Procuratore della Repubblica una denuncia nella quale chiedeva che fossero svolte indagini su alcuni Istituti operanti in pro­vincia di Viterbo e che, pur accogliendo ed allevando mino­ri, non erano muniti di autorizzazione dell'O.N.M.I. e aveva­no omesso di segnalare la presenza dei minori stessi ai locali Comitati O.N.M.I.

Per incarico ricevuto dalla Procura, il 6 agosto 1970 la squadra di P.G. di Viterbo inviava un primo succinto rap­porto sui fatti; in seguito gli atti venivano inviati a questo Pretore competente per materia e territorio in ordine all'attività svolta dagli Istituti S. Vincenzo e l'Assunta ope­ranti nel Comune di Bassano Romano.

A seguito della notifica, in data 17 ottobre 1970, di un mandato di comparizione a Gregori Ildebrando e Radicioni Giovanni, titolari rispettivamente degli Istituti l'Assunta e S. Vincenzo, tramite i loro difensori, gli imputati deposita­vano una lunga memoria nella quale, oltre ad alcune ecce­zioni di fatto e di diritto, contestavano in particolare l'ap­plicazione nei loro confronti della contravvenzione di cui all'articolo 665 C.P. sostenendo che il ricovero dei minori veniva da essi praticato non per mercede ma gratuita­mente.

Dopo tale contestazione nasceva la necessità di espe­rire perizia contabile per verificare l'assunto della difesa e tale incarico veniva affidato al rag. Pasquale Ventrella con ordinanza del 5 febbraio 1971, successivamente rinno­vato in data 15 Aprile 1971.

Venivano anche sequestrati documenti, interrogati al­cuni testimoni, e, dopo il completamento dell'elaborato pe­ritale, spiccato decreto di citazione a giudizio contenente le imputazioni di cui in rubrica.

Gli imputati restavano contumaci al dibattimento nel corso del quale venivano escussi numerosi testimoni, per la maggior parte funzionari di ministeri ed enti che ave­vano elargito contributi agli Istituti.

Al termine, sentite le richieste del P.M. e le arringhe di difesa veniva data infine lettura del dispositivo in atti. Nel merito delle singole imputazioni occorre osservare quanto segue: le imputazioni di cui ai capi b) e c) della rubrica addebitano agli accusati di non aver comunicato ai Comitati di Patronato (attualmente Comitati Comunali) di custodire e allevare fanciulli di età inferiore degli anni 14 fuori della dimora dei genitori, il cambiamento di resi­denza di costoro, e di aver raccolto fanciulli in stato di abbandono.

In realtà è emerso dalle dichiarazioni dei funzionari dell'ONMI citati a testimoniare come detti Comitati non siano stati istituiti non solo nel Comune di Bassano Romano, ma praticamente in tutta la provincia di Viterbo. Non essendo stati istituiti detti Comitati gli imputati, anche volendo, non avrebbero potuto eseguire l'obbligo di legge per cui gli stessi vanno assolti con ampia formula dalle due ultime imputazioni ricorrendo una evidente ipotesi di reato impos­sibile (art. 49 C.P.).

La prima imputazione è invece certamente sussistente: l'art. 665 C.P. ha infatti carattere meramente sanzionatorio rispetto al precetto contenuto nell'art. 50 del R.D. 15 apri­le 1926 n. 718 il quale dispone che gli «Istituti, i comitati e le associazioni di carattere pubblico o privato che in tutto o in parte intendono comunque provvedere alla pro­tezione e alla assistenza della maternità e dell'infanzia de­vono essere precisamente riconosciuti idonei a tale fun­zione...».

La norma del C.P. in verità presta il fianco ad una in­terpretazione estensiva in quanto la formulazione lettera­le della stessa consente di ritenerla applicabile in ogni ipo­tesi di «ricevimento di persone in convitto o cura», in­dipendentemente dalla corresponsione di una mercede, pur­ché sia richiesta licenza o dichiarazione all'autorità. Ma ta­le controverso aspetto dell'applicabilità della norma resta superato dal fatto che in concreto come appresso sarà di­mostrato, gli istituti di Bassano alloggiavano persone per mercede.

Né osta poi all'applicabilità della norma (precettiva) la circostanza che detta attività fosse svolta da enti ecclesia­stici perché a parte l'ovvia considerazione che le attività non esclusivamente ecclesiastiche sono disciplinate da leggi dello Stato, nell'art. 5 della legge 27 maggio 1929 n. 848 è espressamente stabilito che gli «Istituti ecclesia­stici civilmente riconosciuti, in quanto esercitano attivi­tà di carattere educativo, assistenziale e comunque di in­teresse sociale a favore di laici, sono sottoposti a leggi ci­vili concernenti tali attività».

Premesso che nessuna posizione di favore si dà certa­mente quando tali attività siano svolte da enti di fatto, si deve pertanto concludere che l'art. 50 del R.D.L, 1926 n. 718 è certamente applicabile agli enti ecclesiastici che dia­no assistenza ai minori anche se per avventura detta assi­stenza corrisponda ai fini di «caritas» e religiosi indicati nello statuto. Nel caso in esame è abbondantemente pro­vato che gli enti Monastero S. Vincenzo (riconosciuto con D.P.R. 2. 5. 1957) e il Pio Sodalizio delle Suore Riparatrici del Santo Volto di N.S.G.C. (riconosciuto con D.P.R. 14 novembre 1961) hanno alloggiato a vario titolo minori die­tro corresponsione di mercede. È bene precisare che la no­zione di mercede equivale a quella di prezzo, di corrispet­tivo, e che quindi il reato contravvenzionale può essere escluso (quando non si acceda alla tesi, più sopra accenna­ta che la norma, per i luoghi di convitto e cura, possa pre­scindere dalla nozione di mercede) soltanto quando l'al­loggio e il ricevimento vengano offerti del tutto gratuita­mente: si ha quindi mercede quando la prestazione venga effettuata dietro corrispettivo, indipendentemente dal fatto che il prezzo possa contenere un guadagno.

Numerosi e concordanti elementi dimostrano come negli Istituti di Bassano i minori certamente non venissero al­loggiati gratuitamente; molti altri lasciano intendere inoltre che la mercede corrisposta costituisse il corrispettivo di una prestazione di alloggio esercitata con criteri aziendali e quindi a fine di lucro e con profitto.

La perizia contabile ha potuto accertare che nel decen­nio 1961 - 1970 furono corrisposti al S. Vincenzo da mini­steri dello Stato (Sanità, Interno, Finanze), da Enti Vari (ANCR, ONPI, Provincia di Viterbo, Istituto Professionale radio TV, vari comuni, ONMI, ONIG, C.P.A di varie provin­cie, Prefetture, ENAOLI, etc.) nonché da privati la somma di L. 814.859.729. Analogamente la stessa relazione perita­le riferisce che all'Assunta furono erogati da enti pubblici e da privati, nel decennio 1961-1970 L. 839.991.355. Le ci­fre indicate sono attendibilissime perché si riferiscono sol­tanto a quelle somme delle quali è stata comprovata l'ef­fettiva erogazione e sono quindi certamente approssima­te in grande difetto non essendo state ovviamente consi­derate altre somme (esempio donazioni, versamenti, etc.) delle quali, pur essendo presumibile che siano state versa­te, non ne è stato reperito il documento di entrata (vedi Vol. V ultimo documento: il Gregori era autorizzato a non tenere il bollettario di riscossione). Dette somme furono tutte versate perché i due Istituti effettuassero prestazioni di assistenza in favore di minori. Nella gran parte dei casi gli enti pubblici stipulavano con gli Istituti vere e proprie convenzioni di ricovero che, come hanno potuto spiegare i funzionari responsabili, prevedevano il pagamento di una retta giornaliera. E non può quindi certo dubitarsi che i versamenti effettuati a tale titolo costituissero il corrispet­tivo di una prestazione.

Altre somme furono versate da Enti pubblici a titolo di «contributo» oppure per lavori da eseguire: anche in que­sti casi tra l'elargizione e la prestazione può rinvenirsi un rapporto di reciproca interdipendenza perché detti versa­menti venivano effettuati con il dichiarato fine che fossero utilizzati direttamente o indirettamente per l'«assistenza» ai minori.

Per quanto riguarda i versamenti effettuati dai privati, l'assunto della difesa che si trattasse di modeste elargi­zioni «libere», è clamorosamente smentito da numerosi documenti rinvenuti dai quali emerge come le persone che affidavano i propri minori ai due Istituti assumevano delle vere e proprie obbligazioni per il pagamento della retta mensile, dei libri, della cancelleria, del medico, delle me­dicine e di «tutte quelle spese giudicate necessarie dalla Direzione a bene dell'alunno». Distinte di cambiali presen­tate all'incasso, ricevute di accreditamento di effetti incas­sati, elenco di nominativi di «alunni morosi da passare all'avvocato», lettere in cui è scritto che la pagella scola­stica non sarebbe stata consegnata se non fossero stati pa­gati i debiti, dicono quanto liberi siano stati i versamenti dei privati, (vedi Vol. V.). Ritiene il Giudicante che quanto sopra detto dimostri di già, abbondantemente, la sussisten­za di una «mercede» la cui nozione ai fini dell'applicabilità dell'art. 665 C.P., come si è accennato, può ben prescin­dere dall'effettivo conseguimento di un guadagno.

Comunque concreti elementi di prova confutano l'ultima ipotesi della difesa e dimostrano invece non solo lo scopo ma l'effettivo conseguimento di un lucro. Il grande diva­rio, evidenziato dalla perizia contabile, tra le entrate e le uscite accertate (S. Vincenzo L. 814.859.729 di entrate e L. 8.191.766 di uscite; ]'Assunta L. 842.062.765 di entrate e L. 2.071.410 di uscite) ; il patrimonio accumulato di L. 1.213.800.000 (vedi perizie S. Vincenzo pag. 19 punto 17); l'entità delle rette corrisposte dai privati e che a volte venivano ad integrare quelle versate da enti pubblici, (ve­di Vol. V), il possesso di una florida azienda agricola (132 ettari di terreno, 180 bovini, 70 suini, 6 cavalli, 2.000 pol­li, trattori, macchine, etc.); sono tutti elementi dai quali è lecito desumere come nel complesso l'attività esercita­ta dai due Istituti fosse redditizia. Da quanto sopra indicato deve quindi concludersi come sussistano certamente tutti i presupposti per l'applicabilità dell'art. 665 C.P. La di­fesa del Gregori ha poi invocato la buona fede dei suoi as­sistiti assumendo che gli stessi senza colpa erroneamente credevano di essere stati autorizzati alla loro attività quan­do nel 1951 il Prefetto di Viterbo rilasciò per l'Assunta una dichiarazione nella quale è scritto «... detto prevento­rio per bambini è autorizzato a funzionare anche per l'av­venire». In realtà come si evince dai documenti esibiti dal dr. Siliberti, segretario dell'ONMI (vedi Vol. bis) dal 1965 in poi le visite ispettive degli assistenti sociali tras­sero conclusioni estremamente negative su entrambi gli Istituti tanto da suggerirne la chiusura; dette relazioni fu­rono portate a conoscenza dei responsabili di detti Istitu­ti e non è quindi ragionevole credere che gli stessi rite­nessero di essere stati riconosciuti funzionalmente idonei alla loro attività. Gli imputati sono pertanto colpevoli della imputazione loro ascritta al capo a) ma tenuto conto della gravità dei reati e della capacità a delinquere degli stessi desumendole dagli elementi tutti di cui all'art. 133 C. P. appare equo infliggere la pena pecuniaria, e non quella de­tentiva, e da determinare in L. 150.000 di ammenda; nella determinazione della pena si è in particolare considerato l'incredibile lassismo dei poteri pubblici in materia di assi­stenza e la vischiosità di certe strutture burocratiche che hanno indubbiamente facilitato la condotta dei colpevoli. Le pene sopra indicate possono essere ridotte di un terzo per effetto degli artt. 62 bis, 63, e 65 C. P. in quanto en­trambi gli imputati appaiono meritevoli di attenuanti gene­riche: il Gregori per la sua avanzata età e il Radicioni per la minor partecipazione nel reato. Le spese seguono la soccombenza. Nel corso del dibattimento sono poi emerse alcune circostanze che vanno segnalate all'attenzione delle autorità indicate in dispositive.

 

P. Q. M.

 

Il Pretore visti gli artt. 479 C.P.P. e 49 C.P. assolve Gregori Ildebrando e Radicioni Giovanni dei reati loro ascritti alle lettere b) e c) della rubrica perché i fatti non costituiscono reati;

visti gli artt. 483 e 488 C.P.P. dichiara Gregori Ildebrando e Radicioni Giovanni colpevoli della contravvenzione loro ascritta al capo a) e come tali li condanna ciascuno in con­corso di attenuanti generiche alla pena di L. 100.000 di ammenda, nonché in solido al pagamento delle spese pro­cessuali. Dispone che le pene sopra inflitte restino so­spese alle condizioni di legge e che di esse non venga fatta menzione nei certificati del casellario.

Dispone la trasmissione degli atti al Procuratore della Repubblica di Viterbo ed al Pretore di Viterbo perché cia­scuno nelle proprie competenze:

1) promuova ai sensi dell'art. 10 della legge 27 maggio 1929 n. 848 l'azione di nullità delle donazioni e degli acqui­sti effettuati dal S. Vincenzo e l'Assunta senza l'autorizza­zione di cui all'art. 17 C.C. e 9 della prevista legge 1929 n. 848.

2) provveda alla registrazione, d'ufficio, nel registro del­le persone giuridiche degli Enti che non hanno adempiu­to a tale obbligo.

3) valuti l'opportunità di promuovere azione penale:

- per la contravvenzione di cui all'art. 35 C. C. per la mancata iscrizione nel registro delle persone giuridiche;

- per i delitti di omissione di atti d'ufficio (art. 328 C.P.) in relazione alla mancata istituzione dei Comitati Comunali ONMI;

- per quanto riscontrabile in ordine alla mancata utiliz­zazione dei contributi elargiti così come prospettato nella perizia d'ufficio in atti.

Ordina inoltre lo stralcio della lettera in data 20.1.1972 dell'Unione italiana per la promozione dei diritti del mino­re, e la trasmissione al proprio ufficio, per ulteriori accer­tamenti in ordine alla mancata istituzione dei servizi di medicina sociale denunciati nella predetta nota.

Manda la Cancelleria per l'esecuzione.

IL PRETORE (Filippo Paone)

 

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